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Venture Capital: l’Italia tiene nonostante le turbolenze globali



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Il primo semestre 2025 mostra stabilità per il venture capital italiano, con più operazioni ma meno capitali investiti. Un equilibrio che riflette la resilienza del settore in un contesto di incertezze economiche e geopolitiche

Pubblicato il 8 ott 2025

Paolo Anselmo

Presidente Associazione IBAN



Responsabili per la Transizione Digitale parità salariale; registrazione fattura intra UE; credito di imposta beni strumentali 4.0 parità retributiva venture capital italiano i-business

In un contesto internazionale caratterizzato da incertezza e volatilità, il mercato italiano del Venture Capital mantiene la sua stabilità nel primo semestre dell’anno. E non mancano i segnali per immaginare una seconda parte di 2025 in crescendo.

Stabilità come valore in un contesto incerto

Nei primi sei mesi di questo 2025, infatti, il Venture Capital italiano registra una situazione di stabilità rispetto allo stesso periodo del 2024. Detta così la rilevazione non sembra rappresentare un fatto particolarmente significativo, eppure è sufficiente ampliare il proprio orizzonte analitico per rendersi conto che in questa fase storica riuscire a non subire le conseguenze di improvvisi scossoni imprevisti è già di per sé un risultato notevole.

Stabilità significa stabilire una piattaforma solida di partenza da cui poter guardare in avanti senza doversi particolarmente preoccupare di ciò che si ha alle spalle. Per il Venture Capital italiano un bel modo per approcciare la seconda parte del 2025 e non è da escludere che i prossimi mesi possano fornire dati ulteriormente incoraggianti, anche alla luce di alcuni primi piccoli segnali registrati in queste settimane.

Più operazioni, meno capitali: i numeri del rapporto VeM

Giusto e doveroso prima di tutto partire dai numeri e dai dati presentati dal rapporto semestrale 2025 del Venture Capital Monitor (VeM) sulle operazioni di VC in Italia, studio avviato nel 2008 dall’Osservatorio dalla LIUC – Università Cattaneo, promosso da AIFI e realizzato con il contributo di Intesa Sanpaolo Innovation Center e KPMG, con il supporto istituzionale di CDP Venture Capital SGR e IBAN – Italian Business Angel Association.

Complessivamente il primo semestre 2025 si è chiuso con 153 operazioni (initial e follow on) contro le 129 registrate lo scorso anno nello stesso periodo di tempo (+18,6%). Invece l’ammontare investito in startup innovative italiane si attesta a 443 milioni di euro, in contrazione del 9% rispetto ai 488 milioni totalizzati nella prima metà dello scorso anno. Una diminuzione da ascrivere principalmente al fatto che in un mercato del Venture Capital non ancora maturo come quello italiano, per quanto stabile come si è già avuto modo di sottolineare, la presenza o meno di mega deal incide in modo evidente sui risultati.

Corporate e Business Angel, due pilastri dell’ecosistema italiano

Attenzione poi a una presenza sempre più importante del segmento corporate all’interno delle operazioni che vengono concluse. Come emerge dal rapporto, infatti, con riferimento all’attività di corporate venture capital nel primo semestre dell’anno si conferma l’evidenza recente che vede una notevole presenza di imprese nei round di venture capital. In particolare è stata registrata la partecipazione delle corporate negli investimenti a supporto delle realtà imprenditoriali nascenti o nella fase di primo sviluppo in circa il 20% dei round in società italiane.

In tutto questo i Business Angel italiani hanno investito quasi 22,5 milioni di euro in startup del nostro Paese nel primo semestre 2025, un dato allineato con quello riferito allo stesso periodo del 2024. Un elemento positivo in un contesto che continua ad essere certamente ricco di complessità da affrontare. Nonostante questo, i Business Angel continuano a mantenere saldo il loro ruolo di supporto e presenza concreta al fianco delle startup e di tutto il settore dell’innovazione italiano, guardando con ottimismo a quelle che saranno le operazioni e gli investimenti che caratterizzeranno la seconda parte dell’anno. Ottimismo che non può che essere alimentato anche da dati come quelli forniti da Intesa Sanpaolo Innovation Center.

I segnali incoraggianti di luglio e le prospettive di crescita

Nell’analisi dei dati semestrali del VeM, infatti, Intesa Sanpaolo Innovation Center segnala un numero relativo al mese di luglio che induce a un moderato ottimismo per il prosieguo del 2025: “I dati confermano che l’ecosistema italiano del VC è sostanzialmente stabile anche di fronte alle tensioni geopolitiche che hanno impattato da aprile i mercati finanziari globali, innescando volatilità e incertezza. Si conferma, anche in Italia, una maggiore prudenza da parte degli investitori mentre per le startup in fase early stage è più difficile trovare capitali.

Ad ogni modo, i segnali registrati a luglio sono confortanti per la crescita dei capitali investiti all’inizio della seconda metà dell’anno. A luglio sono già stati censiti investimenti per oltre 100 milioni di euro. Se il trend dovesse proseguire porterebbe al recupero e al miglioramento dei volumi annui. I segnali di luglio, insieme alla pubblicazione dei decreti attuativi del DL Concorrenza del dicembre 2024, fanno sperare per la ripresa degli investimenti VC nella seconda metà dell’anno”.

Il potenziale delle casse previdenziali nel venture capital

Un altro elemento che potrebbe fornire una spinta importante agli investimenti nel Venture Capital è quello delle casse previdenziali che potranno intervenire anche loro in operazioni di investimento con maggiore incisività. Una notizia che certamente non può che essere accolta in maniera favorevole, consapevoli di come una regolamentazione chiara, il più possibile snella e cristallina nella sua comprensione, rappresenti una componente imprescindibile per avere effetti concreti e duraturi. Il potenziale di questo, di fatto, nuovo ingresso tra gli attori del Venture Capital è certamente notevole.

In un suo rapporto, il centro studi The European House Ambrosetti rileva che a fine 2023 di 21 casse previdenziali presenti in Italia solo 11 investivano in venture capital, per un totale di circa 311 milioni. Lo 0,29% del totale delle loro attività. Sempre The European House Ambrosetti, però, rimarca che raggiungendo la soglia di investimenti in venture capital pari al 10% del massimo degli investimenti qualificati detenibili da parte di Casse previdenziali e Fondi pensione potrebbero essere mobilitati fino a 2 miliardi di euro a sostegno dell’innovazione e della crescita delle imprese innovative in Italia. Muovendo da questo presupposto, gli investimenti istituzionali di Casse e Fondi pensione potrebbero attivare tra i 6,4 e i 16,7 miliardi di euro di valore aggiunto per il sistema-Paese, pari allo 0,3-0,8% del PIL italiano riferito all’anno 2024.

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