Il concetto di comunismo digitale proposto da Maurizio Ferraris richiama l’attenzione sulla possibilità di utilizzare il valore dei dati digitali (big data) a beneficio della umanità intera.[1] L’attuale situazione distribuisce in modo diseguale il valore dei dati tra le aziende tecnologiche e la società in generale.
Un intervento politico adeguato potrebbe portare benefici sociali più diretti rispetto ai benefici indiretti generati dalle tecnologie digitali introdotte dalle aziende tecnologiche.[2]
Indice degli argomenti
Dati digitali come nuova risorsa: dalla prosumption al plusvalore
Sebbene il comunismo digitale riconosca l’idea comunista classica di una distribuzione equa delle risorse nella società, esso se ne distingue su molti fronti, in particolare per la base teorica proposta per interpretare i dati digitali.
I dati digitali sono il risultato di varie attività umane svolte su diverse piattaforme web. Le attività di consumo hanno prodotto un nuovo tipo di oggetto, ossia il dato digitale, che a sua volta può essere capitalizzato per altri scopi. Di conseguenza, si è assistito a un aumento di iniziative basate sui dati che hanno generato valore per la società. La capacità dei dati digitali di fungere da “materia prima” per le imprese data-driven e il fatto che i dati siano generati principalmente dalle attività delle persone online hanno portato alla nascita di termini come “prosumption” (produzione + consumo).[3]
Tuttavia, manca un dibattito sul valore prodotto dagli utenti del web (produttori di dati / soggetti dei dati), e ancor più manca un intervento istituzionale volto a una distribuzione equa di tale valore.
Le disruption tecnologiche e la disuguaglianza dei dati
Questa carenza è la causa dell’enorme disuguaglianza socio-economica e politica tra le iniziative basate sui dati (ad esempio le Big Tech) e le altre imprese, istituzioni o il pubblico in generale (plusvalore).
La manifestazione più evidente di tale disuguaglianza si trova nelle disruption causate dalle nuove tecnologie nei campi del lavoro, della politica, dell’istruzione, della privacy, ecc.[4] L’iniqua distribuzione del valore dei dati ha provocato profonde fratture nel tessuto sociale di diversi paesi in varie forme.
I dati come oggetti sociali: una risorsa rinnovabile e informativa
Vale la pena chiedersi perché la distribuzione diseguale di altre risorse non causi interruzioni immediate e apparenti come nel caso dei dati digitali. La risposta risiede nella natura dei dati digitali come oggetto sociale.[5] I dati digitali sono un oggetto sociale perché contengono informazioni su un’interazione avvenuta tra due o più parti che fanno parte della società.
Pertanto, i dati parlano della società — cioè degli esseri umani e delle loro attività in essa — e queste interazioni avvengono quotidianamente. Di conseguenza, a differenza di altre risorse come il petrolio, i dati diventano quantitativamente una risorsa rinnovabile e qualitativamente informativi sui bisogni umani.
Dal comunismo digitale al Webfare: teoria e pratica della redistribuzione
Il vantaggio quantitativo e qualitativo dei dati digitali è stato ampiamente capitalizzato dalle aziende tecnologiche private per i propri benefici economici, mentre è stato solo parzialmente utilizzato dalle imprese pubbliche per fornire benefici sociali. Il comunismo digitale mira a introdurre un approccio più sintetico per redistribuire il valore socio-economico dei dati digitali. Esso propone il progetto Webfare come strumento pratico per realizzare questa sintesi e come concreto intervento politico.[6]
Sulla base del quadro teorico del comunismo digitale, il Webfare diventa una piattaforma per umanisti, tecnologi, burocrati, imprese e organizzazioni della società civile, finalizzata a riflettere su modalità per rendere la governance dei dati e la distribuzione del loro valore più eque e sostenibili.
Gli oggetti sociali come fondamento teorico della governance dei dati
Una comprensione errata dei dati digitali e della loro produzione ha portato a misure di governance inadeguate, come la creazione di silos di dati, regolamentazioni che ostacolano un migliore utilizzo dei dati, o violazioni della privacy.[7] L’interpretazione dei dati digitali come oggetti sociali fornisce la base teorica per ridefinire le misure di governance dei dati al fine di consentire una distribuzione equa del loro valore.[8]
L’approccio dell’“oggetto sociale” colma il vuoto teorico necessario per la standardizzazione dei dati e rende la redistribuzione del valore dei dati nella società un imperativo, non un’opzione. Di conseguenza, essa richiede un intervento politico per essere realizzata, da affiancare però anche a interventi tecnologici adeguati, che vengono discussi nella sezione successiva.
Il ruolo dei tecnologi nell’attuazione del comunismo digitale
La soluzione teorica proposta dal comunismo digitale richiede l’intervento dei tecnologi per essere messa in pratica. Devono esistere tecnologie adeguate — come quelle basate sul principio della privacy by design, o quelle atte a potenziare l’autonomia individuale — per permettere un uso dei dati e delle tecnologie digitali in modo più giudizioso e prudente.[9]
Umanisti e tecnologi: una sinergia necessaria per il Webfare
Gli umanisti possono individuare i problemi che riguardano la società e proporre soluzioni a livello teorico. Tuttavia, essi mancano spesso delle competenze necessarie per concretizzarle; ciò, a sua volta, sottolinea l’importanza dei tecnologi nel progetto Webfare. Le competenze di questi ultimi non solo offrono l’opportunità di realizzare le soluzioni proposte dagli umanisti, ma consentono anche di migliorare tali soluzioni sul piano pratico. Non tutte le proposte teoriche avanzate dagli umanisti sono perfette: esse devono essere adattate e affinate in base ai diversi contesti.
La collaborazione con i tecnologi permette agli umanisti di rendere le proprie soluzioni più attuabili; allo stesso modo, il dialogo con gli umanisti spinge i tecnologi a riconoscere e valutare le disruption che le loro innovazioni provocano nella società.
Webfare come ponte interdisciplinare verso tecnologie sostenibili
Per realizzare l’ambizione del comunismo digitale, il progetto Webfare riunisce umanisti, tecnologi e altri attori con l’obiettivo di favorire l’emergere di nuove tecnologie capaci di affrontare le sfide del nostro tempo. Esso colma il vuoto di un approccio interdisciplinare necessario per rendere le tecnologie digitali più sostenibili.
Superare la divisione tra sviluppo tecnologico e critica umanistica
Attualmente, da un lato ci sono i tecnologi, che sviluppano, implementano e diffondono tecnologie all’avanguardia spesso senza una piena consapevolezza del loro impatto sociale; dall’altro, ci sono gli umanisti, che criticano costantemente le innovazioni tecnologiche senza una conoscenza approfondita delle stesse. Un dialogo costruttivo tra i due ambiti consentirebbe la creazione di tecnologie in grado di generare risultati positivi dall’emergere delle tecnologie data-driven.
Il dialogo interdisciplinare come motore dell’innovazione responsabile
Webfare è una piattaforma che incoraggia un approccio interdisciplinare nell’affrontare le disruption causate dalle tecnologie digitali basate sui dati. Lo sviluppo dei sistemi di conoscenza ha subito nel tempo una compartimentazione tra i diversi rami del sapere, riducendo al minimo l’interazione tra di essi. La natura onnipervasiva delle tecnologie impone di superare tali divisioni, affinché esperti di vari ambiti possano collaborare. Ovviamente, un filosofo non può dedicare la vita a imparare la programmazione, né un programmatore a studiare l’Etica Nicomachea; ma una piattaforma che consenta di condividere le proprie competenze attraverso il dialogo e la cooperazione può produrre benefici sinergici.
Dal mondo accademico all’industria: il Webfare come ecosistema collaborativo
Il risultato finale del progetto Webfare sarà la capitalizzazione dei dati digitali per lo sviluppo di tecnologie e iniziative digitali capaci di amplificare i benefici dei dati per la società. Webfare non limita la collaborazione tra umanisti e tecnologi a un semplice esercizio accademico: al contrario, essa promuove un coinvolgimento diretto con i portatori di interesse industriali e imprenditoriali che offrono servizi data-driven alla società. Questi attori includono sia organizzazioni pubbliche sia private che gestiscono i dati di decine di migliaia di utenti. Webfare si configura dunque come una piattaforma volta a colmare il divario comunicativo tra industria e mondo accademico.
Privacy e autonomia al centro del progetto Webfare
Al centro di Webfare vi è l’ambizione di portare benefici agli individui (soggetti dei dati) utilizzando i dati che essi stessi producono attraverso le diverse piattaforme digitali. L’obiettivo viene perseguito riunendo umanisti, tecnologi e altri attori rilevanti per affrontare il conflitto tra valore sociale ed economico del digitale, offrendo allo stesso tempo tecnologie che migliorano la privacy e l’autonomia degli individui.
Le infrastrutture digitali pubbliche come precursori del Webfare
Il numero crescente di infrastrutture digitali pubbliche (Digital Public Infrastructures, DPIs) può essere considerato come un precursore di Webfare in questo senso. Tuttavia, tali infrastrutture necessitano di un approccio più coordinato per affrontare in modo efficace le questioni legate alla governance dei dati.
Cosa sono le DPI: definizione e caratteristiche fondamentali
La digitalizzazione della fornitura di beni e servizi, così come delle transazioni nei settori pubblico e privato, ha portato all’emergere delle infrastrutture digitali pubbliche (Digital Public Infrastructure, DPI).
Un’analisi delle diverse definizioni date al concetto di DPI la descrive come una combinazione di assetti istituzionali, sistemi tecnologici e partecipazione degli attori coinvolti, finalizzata a facilitare lo scambio di beni e servizi attraverso mezzi digitali.
Gli investimenti nazionali nelle infrastrutture digitali pubbliche
Gli Stati nazionali di tutto il mondo hanno investito nello sviluppo di proprie infrastrutture digitali pubbliche per offrire ai cittadini i benefici delle iniziative basate sui dati in modo più efficiente ed equo.
I principi delle DPI: dai partenariati pubblico-privato alla privacy by design
Lo sviluppo, l’implementazione e l’utilizzo delle DPI si fondano spesso su partenariati pubblico-privato (PPP). Attraverso tali partenariati, le DPI mirano a costruire sistemi tecnologici che garantiscano inclusione, apertura, modularità, centralità dell’utente, privacy-by-design e solide forme di governance.[10]
Casi di successo delle DPI nel mondo: sanità, finanza e servizi pubblici
Esistono numerosi esempi a livello globale che dimostrano come le DPI abbiano contribuito a migliorare la vita delle persone grazie a tecnologie basate sui dati. Nel settore sanitario, i Paesi che disponevano di infrastrutture digitali pubbliche più solide hanno potuto prendersi cura meglio dei propri cittadini durante la crisi del COVID-19.[11] Sul piano finanziario, l’iniziativa Pix promossa dalla Banco Central do Brasil e il sistema UPI (Unified Payments Interface) dell’India rappresentano due esempi di DPI volte a promuovere l’inclusione finanziaria e il benessere economico generale.[12] Nel campo dei servizi pubblici, la soluzione X-Road, sviluppata in Estonia per migliorare l’erogazione dei servizi ai cittadini, è oggi adottata in oltre dodici Paesi grazie alla sua efficienza e interoperabilità.[13]
I limiti attuali delle DPI e il contributo del Webfare
Esistono molti altri esempi di DPI che hanno saputo valorizzare i dati digitali per migliorare il benessere sociale in diversi settori. Tuttavia, resta ancora molto da fare per renderle più efficaci. Un punto cruciale che merita attenzione riguarda i meccanismi di condivisione dei dati tra le parti coinvolte in una DPI.
Sebbene gli attori delle DPI cerchino di sfruttare il valore dei dati per ottenere benefici socio-economici, l’attuale comprensione dei dati digitali e le regolamentazioni basate su tale comprensione limitano la possibilità di sfruttarne pienamente il valore.
Webfare e DPI: verso un modello europeo di benessere digitale
In questo contesto, il progetto Webfare assume un’importanza particolare, poiché si fonda su una comprensione dei dati digitali come oggetti sociali. Esso trae ispirazione dalle DPI già esistenti di successo, ma al contempo mira a creare una base teorica e operativa per un tipo di DPI capace di superare le problematiche attuali legate alla gestione dei dati.
Webfare cerca di trovare il giusto equilibrio tra valore socio-economico e tutela della privacy, ponendo il benessere sociale al centro. Mettere il benessere sociale al centro non significa sminuire l’autonomia individuale: al contrario, Webfare, attraverso le competenze dei suoi tecnologi, adotta tecnologie che rafforzano la privacy per garantire che l’attuazione delle misure di welfare segua un approccio “dal basso verso l’alto” (bottom to top), invece del consueto modello “dall’alto verso il basso” (top to bottom).
Il ruolo strategico del Webfare nella costruzione della DPI europea
In sintesi, il comunismo digitale trova la sua realizzazione concreta nel progetto Webfare, che a sua volta impara dalle DPI esistenti e contribuisce al loro sviluppo a livello globale. Pur non essendo l’unico attore in grado di creare una DPI su vasta scala, Webfare può fornire un tassello fondamentale per la costruzione di una DPI indigena nel contesto europeo.
È inoltre significativo che il progetto nasca in un momento in cui i portatori di interesse in tutta Europa stanno lavorando per sviluppare una DPI capace di rispondere in modo adeguato ai bisogni della popolazione.[14] In tale quadro, Webfare può svolgere un ruolo cruciale nell’elaborare una roadmap per lo sviluppo di una DPI europea orientata al benessere sociale, alla privacy e all’equità dei dati.
Note
[1] Ferraris, M. (2025). Comunismo Digitale: Una Proposta Politica. Torino: Einaudi
[2] Coyle, D., & Diepeveen, S. (2021). Creating and governing social value from data [Conference presentation]. IARIW-ESCoE Conference on Measuring Intangible Capitals and their Contribution to Growth, RSA House, London
[3] Žilinskaitė, R. (2025). How do we prosume? A formal typology of prosumption. Acta Sociologica, 68(3), 344-356. https://doi.org/10.1177/00016993251317952 (Original work published 2025)
[4] Sestino et al. (2023). Decoding the Data Economy: A Literature Review of Its Impact on Businesses, Society, and Digital Transformation. European Journal of Innovation Management.
[5] Ferraris, M. (2009). Documentalità: Perché è necessario lasciar tracce. Torino: Laterza
[6] https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/webfare-una-terra-promessa-digitale-come-i-dati-creano-valore-per-lumanita/
[7] Huang, Y.-N., et al. (2025). Perceptual and technical barriers in sharing and formatting metadata accompanying omics studies. Cell Genomics, 5(5).
[8] Ferraris, M. (2021). Documanità. Torino: Laterza.
[9] Lnenicka, M., Hervert, P., & Horak, O. (2024). Understanding big data and data protection measures in smart city strategies: An analysis of 28 cities. Urban Governance, 4(4), 255–273. https://doi.org/10.1016/j.ugj.2024.12.008
[10] Clark, J., Marin, G., Ardic Alper, O. P., & Galicia Rabadan, G. A. (2025). Digital Public Infrastructure and Development: A World Bank Group Approach (Digital Transformation White Paper; Vol. 1). World Bank. http://hdl.handle.net/10986/42935
[11] Tan, S. B., Chiu-Shee, C., & Duarte, F. (2022). From SARS to COVID-19: Digital infrastructures of surveillance and segregation in exceptional times. Cities, 120, 103486. https://doi.org/10.1016/j.cities.2021.103486
[12] https://www.bcb.gov.br/en/financialstability/pix_en; https://business.cornell.edu/hub/2024/12/20/indias-unified-payments-interface-has-revolutionized-its-digital-payments-market/
[13] https://e-estonia.com/solutions/interoperability-services/x-road/
[14] EuroStack Initiative. (2025). Deploying the EuroStack: What’s needed now. Retrieved October 16, 2025, from https://eurostack.eu/the-white-paper/










