28 novembre

Perché molti giornali scioperano e che c’entra l’AI



Indirizzo copiato

Lo sciopero dei giornalisti del 28 novembre arriva con un contratto fermo al 2016, editori in affanno e l’intelligenza artificiale (AI) che entra stabilmente nelle redazioni, imponendo nuove regole su tutele, competenze e responsabilità professionale

Pubblicato il 28 nov 2025

Maurizio Carmignani

Founder & CEO – Management Consultant, Trainer & Startup Advisor



sciopero giornalismo AI

Lo sciopero del 28 novembre di molte testate giornalistiche riporta al centro una frattura che attraversa da anni il sistema dell’informazione: un contratto nazionale scaduto dal 2016, un modello di business sotto pressione e l’arrivo dell’intelligenza artificiale che accelera la trasformazione del lavoro giornalistico.

La protesta non è solo sindacale: segnala la necessità di una nuova architettura professionale e tecnologica, capace di tenere insieme sostenibilità economica, qualità dell’informazione e diritti di chi in redazione lavora ogni giorno.

https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/giornalismo-aumentato-come-lai-sta-cambiando-le-redazioni

Sciopero giornalisti e AI: cosa racconta davvero la protesta

Dalle 6 del mattino di venerdì 28 novembre i siti di numerose testate italiane non sono stati aggiornati. Le edizioni cartacee del giorno successivo arriveranno in edicola, ma con una produzione ridotta.

È l’effetto dello sciopero proclamato dalla Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), che denuncia un immobilismo contrattuale con pochi precedenti: il contratto nazionale è fermo al 2016.

Nove anni sono un’intera era tecnologica. In questo arco di tempo le redazioni hanno attraversato il crollo dei ricavi pubblicitari, l’ascesa delle piattaforme digitali, la disintermediazione social, la crisi del cartaceo e l’ingresso dell’intelligenza artificiale.

Una trasformazione profonda che richiederebbe un aggiornamento di tutele, ruoli e competenze. Invece, sul piano contrattuale, tutto è rimasto sostanzialmente immobile.

Dallo sciopero dei giornalisti all’AI in redazione: le richieste sul lavoro

La Fnsi lega lo sciopero a tre questioni centrali: la difesa dei salari e delle condizioni di lavoro, la tutela dei collaboratori e dei freelance – oggi colonna portante ma spesso invisibile dell’ecosistema informativo – e la necessità di introdurre norme sul corretto utilizzo dell’intelligenza artificiale nei processi editoriali.

L’AI entra a pieno titolo tra le rivendicazioni perché modifica non solo la produttività, ma la struttura stessa della professione.

Senza trasparenza sui processi, responsabilità chiare e formazione continua, il rischio è che la tecnologia venga usata come leva per comprimere i costi e ridurre l’autonomia, anziché per aumentare qualità e capacità d’inchiesta.

Come gli editori leggono sciopero, giornalisti e intelligenza artificiale

La Fieg, dal canto suo, replica ricordando che negli ultimi dieci anni le imprese editoriali hanno visto dimezzarsi i ricavi.

Gli editori rivendicano di avere difeso l’occupazione, evitando licenziamenti di massa grazie agli strumenti di settore, e accusano il sindacato di non voler affrontare una modernizzazione profonda del contratto.

Secondo le imprese, l’impianto attuale non è più compatibile con il modello digitale: norme rigide, scarsa facilità di inserimento dei giovani, tutele rimaste ancorate a logiche degli anni Settanta.

Anche sull’intelligenza artificiale la posizione è netta: servono codici etici aziendali, non vincoli contrattuali. La distanza tra le parti fotografa una tensione più ampia: come conciliare la sostenibilità economica delle testate con un giornalismo che resti autonomo, qualificato e credibile?

L’anno della svolta tecnologica nelle redazioni italiane

La protesta arriva nel momento forse più delicato della trasformazione digitale. Il 2025 è l’anno in cui l’intelligenza artificiale smette di essere un test da laboratorio e diventa un elemento strutturale della produzione giornalistica/.

Negli Stati Uniti circa il 9% degli articoli pubblicati contiene elementi generati da AI, soprattutto nelle testate locali.

Nelle redazioni l’AI non scrive “al posto” dei giornalisti, ma interviene prima: analizza documenti, trascrive interviste, sintetizza testi, propone titoli, individua pattern.

Un aiuto reale, ma anche un potenziale fattore di spostamento dell’equilibrio professionale. In Italia, dove molte imprese editoriali operano con margini minimi, la tecnologia rischia di diventare un acceleratore delle fragilità se usata non per aumentare valore, ma per comprimere il lavoro.

Come l’AI entra nei flussi di lavoro giornalistici

L’adozione dell’AI generativa nelle redazioni segue spesso logiche di sperimentazione rapida, con strumenti introdotti prima sul desk digitale e poi estesi al resto della testata.

Quando questi strumenti restano opachi, senza linee guida condivise e senza un monitoraggio chiaro degli effetti, diventa difficile capire se stiano davvero aumentando la qualità o solo velocizzando la produzione di contenuti.

Identità professionale e responsabilità nell’epoca dell’AI

Il punto centrale non è se usare o meno l’AI, ma come governarla. Come avevamo scritto
https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/giornalismo-aumentato-come-lai-sta-cambiando-le-redazioni/, il modello più sostenibile è quello ibrido, in cui la tecnologia potenzia il lavoro umano e non lo sostituisce.

Ma questo equilibrio funziona solo se sono chiari i confini della responsabilità editoriale. Chi verifica una sintesi automatica? Chi corregge un dato generato da un modello che non comprende il contesto?

Chi decide se una notizia è rilevante? La delega non può essere trasferita all’algoritmo. Senza un presidio umano forte, l’automazione rischia di trasformarsi in standardizzazione, appiattimento, perdita di credibilità.

In questa cornice, lo sciopero diventa anche una richiesta di riconoscimento simbolico: il giornalismo non può essere ridotto a una catena di montaggio digitale.

Sciopero, giornalisti e AI tra nuove competenze e rischi di lock-in

Il Tow Center for Digital Journalism ha messo in guardia dal rischio di lock-in: redazioni che, affidandosi totalmente a piattaforme esterne, perdono progressivamente autonomia fino a delegare la selezione dei temi e la definizione dell’agenda informativa.

Allo stesso tempo, le esperienze virtuose non mancano. Strumenti come Digital Democracy hanno permesso inchieste di grande impatto, come il caso californiano che ha rivelato astensioni strategiche nei voti legislativi.

L’AI può amplificare il rigore, non sostituirlo. Il punto è che servono competenze nuove: capacità di leggere e verificare output algoritmici, alfabetizzazione tecnica, conoscenza delle policy, consapevolezza sui bias dei modelli.

Il giornalismo aumentato non nasce spontaneamente: richiede investimento, cultura professionale e governance.

Il futuro del lavoro giornalistico

Il future of work nelle redazioni si gioca sul bilanciamento tra dipendenza tecnologica e nuove competenze.

Se la tecnologia viene imposta “dall’alto” come mera leva di efficienza, il rischio è che il lavoro giornalistico venga dequalificato. Se invece l’innovazione è accompagnata da formazione strutturata, trasparenza sugli strumenti e coinvolgimento dei giornalisti nelle scelte, l’AI può diventare un moltiplicatore di qualità.

Perché sciopero, giornalisti e AI chiedono un nuovo patto contrattuale

Il rinnovo contrattuale non può più limitarsi alla dimensione retributiva. Deve diventare uno strumento di regolazione dell’ecosistema tecnologico.

Significa definire procedure di trasparenza sull’uso dell’AI, garantire la supervisione umana obbligatoria, proteggere la proprietà intellettuale dei contenuti utilizzati per addestrare i modelli, prevedere formazione strutturata e tutele specifiche per i collaboratori.

Senza una cornice chiara, la tecnologia rischia di diventare un moltiplicatore di asimmetrie: tra redazioni e piattaforme, tra giornalisti stabilizzati e precari, tra agenzie e testate locali.

Un contratto come patto sull’AI

Un nuovo contratto nazionale può trasformarsi in un vero patto sull’AI: fissare limiti, regole e responsabilità condivise, anziché lasciare che ogni testata negozi in solitudine con fornitori tecnologici e piattaforme globali.

In questo senso lo sciopero chiede non solo aumenti salariali, ma governance del cambiamento.

Governare l’AI nel presente per non inseguire il futuro

Lo sciopero del 28 novembre non è una rivendicazione nostalgica. È un segnale politico e professionale sulla necessità di guidare la trasformazione, non subirla.

L’intelligenza artificiale non è un nuovo giornalista, non ha intenzioni, non comprende le implicazioni morali delle scelte editoriali. Nell’epoca degli algoritmi che generano risposte, la qualità dell’informazione dipenderà da chi saprà continuare a fare le domande giuste.

Per farlo servono persone, non soltanto modelli. Un contratto aggiornato, una governance dell’AI e un sistema editoriale sostenibile sono le condizioni per permettere al giornalismo di restare ciò che è sempre stato: un presidio di verità, metodo e responsabilità democratica.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati