L’11 dicembre 2025 il Presidente Donald J. Trump ha firmato l’Executive Order “Ensuring a National Policy Framework for Artificial Intelligence”, con l’obiettivo dichiarato di costruire uno standard nazionale “minimamente gravoso” e di contrastare l’attuale pluralità di regimi statali in materia di IA.
Indice degli argomenti
Che c’è nell’ordine esecutivo Trump sull’AI l’11 dicembre
L’atto dispone l’istituzione, entro 30 giorni, di una AI Litigation Task Force presso il Dipartimento di Giustizia (DOJ), dedicata a impugnare leggi statali ritenute incompatibili con la policy federale.
Prevede inoltre la valutazione, entro 90 giorni, del Dipartimento del Commercio sulle leggi statali definite “onerose”, con possibile rinvio al DOJ. Infine, introduce una Policy Notice collegata ai fondi BEAD per escludere dagli “non-deployment funds” gli Stati associati a leggi qualificate come “onerose”, entro i limiti del diritto federale. Da qui la domanda centrale: quale fondamento costituzionale sostiene una politica nazionale dell’IA che usa il contenzioso come strumento ordinante del federalismo e la spesa federale come leva di conformazione regolatoria?
Ordine esecutivo intelligenza artificiale: obiettivo di unificazione del mercato
L’ordine esecutivo del dicembre 2025 è presentato come un atto di indirizzo che assume l’intelligenza artificiale come infrastruttura dell’economia e della sicurezza nazionale, con una grammatica tipica delle fasi di competizione strategica: unificazione del mercato, riduzione dei costi di compliance, accelerazione dell’innovazione, presidio della leadership globale. In questo quadro, l’eterogeneità degli interventi statali viene assunta come fattore di disarticolazione del mercato nazionale e come elemento di vulnerabilità, perché incide sulla prevedibilità regolatoria per operatori che sviluppano e distribuiscono sistemi di IA su scala interstatale.
Frammentazione statale e costi sistemici
La regolazione statale viene letta come fonte di costi sistemici e come possibile veicolo di pressioni normative che incidono sull’architettura e sugli output dei modelli, con effetti che travalicano i confini territoriali dei singoli Stati. La narrazione istituzionale trasforma così un problema di coordinamento regolatorio in una questione di assetto costituzionale del federalismo, nel quale l’interesse nazionale alla standardizzazione assume rilievo prevalente rispetto alla dimensione sperimentale tradizionalmente attribuita agli Stati.
La AI Litigation Task Force e l’ordine esecutivo intelligenza artificiale
Su tale sfondo, l’ordine disegna una governance multilivello nella quale il Dipartimento di Giustizia ricopre un ruolo centrale attraverso l’istituzione della AI Litigation Task Force, incaricata di selezionare e impugnare leggi statali ritenute incompatibili con la cornice federale, facendo del contenzioso costituzionale il perno di una strategia di uniformazione indiretta. Questa scelta centralizza il processo giudiziario poiché lo rende capace di produrre standard attraverso la costruzione di precedenti e di orientare l’azione normativa statale mediante il rischio selettivo di impugnazione.
Dipartimento del Commercio e qualificazione delle leggi “onerose”
Accanto alla leva giudiziaria, l’ordine affianca la valutazione del Dipartimento del Commercio sulle leggi statali “onerose”, con la possibilità di rinvio al DOJ. Il coinvolgimento del Commercio e delle agenzie federali completa l’assetto, affidando a strutture amministrative il compito di qualificare l’impatto delle discipline statali su interstate commerce, disclosure e libertà di espressione, così da fornire basi tecniche e argomentative all’azione giudiziaria e finanziaria.
Preemption: come l’ordine esecutivo intelligenza artificiale usa il contenzioso
È fondamentale evidenziare che l’ordine interviene sul terreno della preemption attraverso una tecnica che privilegia l’azione giudiziaria e amministrativa rispetto alla deliberazione congressuale, collocando la questione dell’IA entro una dinamica di uniformazione progressiva del diritto applicabile. L’assenza di una legge federale organica rende centrale il ruolo del DOJ, chiamato a promuovere contenziosi mirati contro discipline statali giudicate incompatibili con la policy nazionale. Ne deriva una preemption selettiva e dinamica, costruita caso per caso.
Interessi federali e circolazione interstatale
Il criterio ordinante risiede nella tutela dell’interesse federale alla circolazione interstatale delle tecnologie e dei servizi digitali, adottato come parametro di valutazione della legittimità delle scelte normative locali. La preemption acquisisce così una dimensione affidata alla capacità del contenzioso di produrre standard interpretativi capaci di orientare l’azione dei legislatori statali e di ridurre la variabilità regolatoria attraverso l’effetto conformativo delle decisioni giudiziarie. In questo assetto, l’autonomia normativa degli Stati subisce una compressione indiretta, per la combinazione tra rischio di impugnazione e pressione finanziaria.
Dormant Commerce Clause e ordine esecutivo intelligenza artificiale
A conferma della torsione centripeta, l’ordine richiama la Dormant Commerce Clause come strumento di controllo delle discipline statali dell’IA. L’atto assume a premessa che molte leggi statali producano effetti extraterritoriali, incidendo su modelli, dati e servizi destinati a operare su scala nazionale e globale. Questa qualificazione consente di ricondurre la regolazione dell’IA entro la categoria di attività economiche intrinsecamente interstatali, sottraendole alla sfera di intervento esclusivo delle police powers locali.
Mercato unitario come criterio di ordinamento
La Dormant Commerce Clause opera così come vettore di uniformazione normativa sulla struttura tecnica dei sistemi di IA e sulla loro distribuzione oltre i confini territoriali. La regolazione viene attratta entro una concezione del mercato nazionale come spazio unitario di circolazione tecnologica, nel quale l’interesse federale alla coerenza e alla prevedibilità delle regole opera come criterio di ordinamento del settore. L’unità del mercato assume valore giuridico e sistemico anche perché consente di qualificare i sistemi di IA come veicoli di contenuti rilevanti per l’esercizio delle libertà fondamentali.
Primo Emendamento: l’output algoritmico come espressione protetta
Su tale base, l’ordine colloca l’IA nell’orbita del Primo Emendamento, attraverso la qualificazione dell’output algoritmico come espressione protetta, con un effetto di traslazione della regolazione tecnologica dal piano economico a quello delle garanzie costituzionali. Gli obblighi statali di disclosure, reporting e valutazione dei modelli vengono ricondotti a interventi idonei a incidere sulla libertà di comunicazione e sulla circolazione delle informazioni, assimilando l’architettura algoritmica a un veicolo di contenuti dotati di rilevanza espressiva.
“Truthful outputs” e limiti alle competenze statali
Il riferimento ai “truthful outputs” svolge una funzione ordinante di particolare intensità: introduce un criterio sostantivo di legittimità dell’intervento pubblico fondato sulla tutela della veridicità dell’output, attribuendo al livello federale il ruolo di garante di un ecosistema informativo coerente con le libertà costituzionali. Questa impostazione ridefinisce il perimetro delle competenze statali in settori connessi alla protezione dei diritti e alla regolazione dei mercati, perché colloca la disciplina dell’IA in una cornice nella quale la libertà di parola e di informazione diventa prioritaria.
Spending Clause, fondi BEAD e ordine esecutivo intelligenza artificiale
Sul piano dei poteri federali, la logica di uniformazione trova sviluppo nell’uso della Spending Clause come strumento di conformazione regolatoria. Il collegamento tra accesso ai fondi BEAD e valutazione delle leggi statali secondo il parametro dell’onerosità introduce una condizionalità che incentiva l’allineamento normativo, sfruttando il nesso tra infrastrutture digitali, sviluppo tecnologico e interesse nazionale. Tale tecnica richiama la tradizione giurisprudenziale sul potere di spesa federale e ne ripropone i criteri classici in una chiave aggiornata.
Condizionalità e limiti del diritto federale
La condizionalità viene presentata come ancorata ai limiti del diritto federale, ma opera come incentivo strutturale all’allineamento normativo, nel linguaggio della competitività e dell’innovazione. Ne deriva una pressione indiretta sugli Stati, che si somma al rischio di impugnazione selettiva, contribuendo alla trasformazione del federalismo regolatorio verso un assetto più centripeto. In questa configurazione, il contenzioso e la spesa federale agiscono insieme come strumenti di standardizzazione progressiva.
Il ruolo delle agenzie nell’ordine esecutivo intelligenza artificiale
L’ordine affida alle agenzie federali un ruolo strutturante nell’assetto giuridico dell’IA, fondato sulla capacità di produrre criteri operativi idonei a orientare il mercato nazionale. L’intervento di FCC, FTC e Dipartimento del Commercio ha rilievo centrale: l’elaborazione tecnica delle categorie regolative definisce l’estensione concreta dell’interesse federale e ne traduce il contenuto in parametri applicabili ai rapporti economici. La mediazione amministrativa agisce come vettore di unificazione materiale.
Anticommandeering e unificazione “senza imposizioni dirette”
Il principio di anticommandeering trova una riformulazione interna al sistema, nella quale l’unità federale prende corpo attraverso l’autorità interpretativa delle strutture amministrative, senza imposizioni dirette sugli apparati locali. L’unificazione materiale deriva così dalla definizione federale degli standard, che orienta il comportamento dei soggetti privati e delimita la discrezionalità normativa degli Stati, completando la triangolazione tra contenzioso, spesa federale e governance amministrativa.












