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App directory Chatgpt: ecco come sfruttare lo store potenziato



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Dal 17 dicembre 2025 OpenAI abilita submission e pubblicazione di app in ChatGPT, con directory interna per scoprirle e collegarle all’account. L’obiettivo è trasformare la chat in un hub operativo che coordina strumenti esterni e azioni concrete, dal delivery alla produttività. Ecco come sfruttare la novità

Pubblicato il 19 dic 2025

Giovanni Masi

Computer Science Engineer



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Ecco un’app store potenziato di Chatgpt, con una directory integrata. Il 17 dicembre 2025 OpenAI ha compiuto un passo che somiglia più a una scelta di architettura industriale che a un semplice aggiornamento di prodotto.

Come funziona il nuovo app store Chatgpt

Gli sviluppatori possono inviare app per la revisione e la pubblicazione in ChatGPT e, in parallelo, gli utenti hanno a disposizione una directory interna per scoprirle e collegarle al proprio account.

L’idea è spostare il baricentro della conversazione dall’assistente che risponde a un assistente che coordina strumenti esterni, con un percorso di distribuzione che ricorda, almeno concettualmente, i marketplace software tradizionali.

Il punto non è soltanto aggiungere nuove integrazioni. OpenAI sta cercando di rendere la chat il luogo in cui si inizia e si conclude il lavoro, senza continui passaggi fra schede, applicazioni e servizi. Ecco perché, nella comunicazione ufficiale, le app vengono descritte come un modo per portare nuovo contesto nella conversazione e abilitare azioni concrete come ordinare la spesa, trasformare una scaletta in una presentazione o cercare un appartamento. In questa cornice, la directory delle app diventa il meccanismo di scoperta e, per gli sviluppatori, il canale di pubblicazione.

App store in ChatGPT: dove si trova la directory e come si collega un servizio

Dal lato utente la scoperta passa da elementi dell’interfaccia ormai standard. La directory si può raggiungere dalla sezione Apps nell’area laterale oppure dalle impostazioni, dove si collega un’app completando l’eventuale autorizzazione. Una volta attiva, l’app diventa richiamabile direttamente nella conversazione, per esempio selezionandola dagli strumenti disponibili o digitando il suo nome preceduto da “@”, così da far capire a ChatGPT che in quel passaggio deve usare proprio quel servizio.

Dal concetto di integrazione alla chat come luogo di lavoro

Con l’avvio delle submission, OpenAI ha anche semplificato la terminologia. Dal 17 dicembre 2025 i “connector” vengono rinominati “app” per offrire un’esperienza più unificata. Il termine copre sia le app con interfacce interattive dentro la chat, sia quelle che collegano in modo sicuro servizi e dati esterni per permettere a ChatGPT di recuperare informazioni rilevanti durante la conversazione. In pratica convivono due famiglie: da una parte esperienze ricche, con componenti UI e flussi guidati, dall’altra integrazioni orientate alla ricerca e al recupero di contesto.

Che cosa possono fare le app in ChatGPT e quali limiti hanno

Questa unificazione chiarisce anche il perimetro delle capacità. Le app possono presentare elementi interattivi in chat, offrire funzioni di ricerca su fonti collegate, supportare attività di deep research e, in alcuni casi, sincronizzare contenuti in anticipo per avere informazioni aggiornate disponibili “on demand”.

Due famiglie di esperienze, tra UI e recupero di contesto

Il termine “app” include sia esperienze “ricche” con componenti UI, sia integrazioni che collegano in modo sicuro servizi e dati esterni. È una distinzione che conta perché definisce come l’utente interagisce con lo strumento: flussi guidati e interfacce dentro la chat, oppure chiamate orientate a ricerca e contesto durante la conversazione.

Conferma dell’utente e vincoli sulle azioni esterne

Alcune app possono inoltre eseguire azioni di scrittura o modifica su un servizio esterno, ma con un vincolo importante: la conferma dell’utente prima di compiere azioni fuori da ChatGPT. L’accesso è progettato per essere ampio: le app risultano disponibili a tutti gli utenti autenticati, con eccezioni legate al piano e alla disponibilità geografica del partner.

L’Apps SDK e il ruolo del Model Context Protocol

Il pilastro tecnico dell’ecosistema è l’Apps SDK, indicato come la via consigliata per impacchettare e pubblicare esperienze di app, comprese quelle basate su strumenti collegati tramite MCP (Model Context Protocol). OpenAI lo presenta come un SDK pensato per costruire esperienze “native per la chat” in cui logica e interfaccia sono progettate per un contesto conversazionale. La scelta non è banale, perché sposta l’attenzione dalle API tradizionali e dai bot che vivono altrove a interazioni che si svolgono in una singola finestra e in un’unica sessione, con stati, permessi e feedback integrati.

L’Apps SDK si appoggia al Model Context Protocol, un protocollo aperto che standardizza il modo in cui un modello collega strumenti e dati esterni. OpenAI sottolinea che l’SDK estende MCP per permettere agli sviluppatori di definire non soltanto il comportamento dell’app, ma anche componenti e interazioni dell’interfaccia. La promessa implicita è un livello di portabilità maggiore rispetto alle integrazioni proprietarie.

Dal punto di vista dei casi d’uso, i primi esempi pubblici aiutano a capire dove vuole andare la piattaforma. In queste settimane si sono viste integrazioni orientate alla creatività e alla produttività, come l’uso di strumenti Adobe dentro la conversazione per ritoccare immagini, progettare grafiche o gestire PDF, oppure esperienze consumer che trasformano suggerimenti e pianificazione in azioni, per esempio costruendo un carrello della spesa con un servizio di delivery.

Un esempio concreto chiarisce bene il cambio di paradigma. Dopo aver collegato l’app di Adobe Photoshop, l’utente può caricare un’immagine direttamente nella chat e scrivere una richiesta del tipo “Adobe Photoshop, aiutami a sfocare lo sfondo mantenendo il soggetto nitido”. A quel punto l’editing avviene come parte del dialogo e può proseguire per iterazioni successive, ad esempio chiedendo di aumentare esposizione e contrasto senza alterare i toni della pelle, oppure di applicare un effetto creativo leggero.

Requisiti per pubblicare un’app in ChatGPT e passaggi di review

L’apertura delle submission non equivale a una pubblicazione automatica. OpenAI imposta un processo di revisione e una serie di requisiti minimi, con linee guida dedicate a qualità, sicurezza e trasparenza. Per gli sviluppatori, il flusso tipico parte dalla costruzione dell’app e dai test in Developer Mode, poi passa alla submission sulla piattaforma OpenAI.

Prerequisiti tecnici: server pubblico e CSP

La documentazione descrive prerequisiti espliciti. L’organizzazione deve essere verificata sul dashboard della piattaforma e, per completare verifica e submission, serve un ruolo con privilegi adeguati. Sul piano tecnico, l’app deve esporre un server MCP su un dominio pubblicamente accessibile e non può appoggiarsi a endpoint locali o di test. OpenAI richiede inoltre una Content Security Policy che consenta solo i domini necessari.

Gestione della review e manutenzione dopo la pubblicazione

Una volta inviato, il progetto entra in coda di review. La piattaforma prevede anche vincoli di gestione, per esempio una sola versione in revisione alla volta per ciascuna app. Se l’app viene approvata, lo sviluppatore può pubblicarla nella directory; se non viene approvata, OpenAI comunica le ragioni e prevede la possibilità di ripresentare la submission dopo le modifiche. Dopo la pubblicazione, nomi e descrizioni degli strumenti risultano bloccati per motivi di sicurezza e gli aggiornamenti richiedono un nuovo ciclo di revisione.

Europa, data residency e vincoli operativi nella fase iniziale

In questa fase iniziale esiste inoltre una limitazione importante per chi opera in Europa. I progetti con data residency nell’Unione Europea non possono al momento inviare app in revisione e bisogna usare un progetto con data residency globale. È un elemento che suggerisce come la governance dei dati e le scelte infrastrutturali stiano influenzando direttamente la velocità con cui l’ecosistema può aprirsi in modo uniforme.

Privacy e controllo: come le app in ChatGPT gestiscono dati e autorizzazioni

OpenAI insiste su un principio di base: l’utente resta in controllo. Quando si collega una nuova app, ChatGPT mostra quali dati potrebbero essere condivisi con la terza parte e rende disponibile l’informativa sulla privacy dell’app. La regola richiesta agli sviluppatori è minimizzare la raccolta dati e chiedere solo ciò che serve a far funzionare il servizio. Questo approccio è coerente con il fatto che molte app, soprattutto quelle che lavorano su file e sistemi aziendali, possono intercettare contenuti sensibili.

Memory, training e differenze tra piani

La documentazione di supporto chiarisce che, se la funzione Memory è attiva, un’app può sfruttare informazioni rilevanti dalle memorie per rendere le risposte più personalizzate. Inoltre, per gli utenti Free, Plus, Go e Pro, OpenAI può usare informazioni accessibili tramite app per addestrare i modelli quando l’impostazione “Improve the model for everyone” è attiva, mentre per Business, Enterprise ed Edu l’uso a fini di training non avviene di default.

Audit e reversibilità nelle organizzazioni

Nei contesti professionali, l’adozione è accompagnata da elementi di audit. La documentazione del centro assistenza indica che le conversazioni, incluse quelle che usano app, sono disponibili tramite strumenti di compliance e che le chiamate alle app vengono registrate, un punto chiave per organizzazioni che devono dimostrare tracciabilità e controllo. In parallelo, l’esperienza utente resta progettata per essere reversibile: un’app può essere disconnessa in qualunque momento e, una volta disattivata, perde immediatamente l’accesso.

Monetizzazione e 2026: cosa aspettarsi dall’ecosistema delle app in ChatGPT

L’apertura della directory sposta inevitabilmente la discussione sul denaro. OpenAI, per ora, adotta un’impostazione prudente. Nella fase iniziale gli sviluppatori possono indirizzare l’utente verso il proprio sito o verso un’app nativa per completare transazioni di beni fisici. L’azienda dichiara di voler esplorare opzioni ulteriori, inclusi beni digitali, man mano che osserverà come utenti e sviluppatori costruiscono e interagiscono.

Questo approccio ha due conseguenze. Da una parte riduce la complessità regolatoria e operativa di gestire pagamenti interni fin da subito, dall’altra lascia aperta una domanda centrale per l’ecosistema: quali incentivi economici renderanno sostenibile investire in app “chat-native”. È plausibile che, come in altri marketplace, la visibilità e la distribuzione diventino valuta tanto quanto i ricavi diretti, soprattutto se ChatGPT inizierà a suggerire app in modo proattivo basandosi su contesto e pattern d’uso.

L’apertura delle submission segna un cambio di fase. ChatGPT smette di essere soltanto un’interfaccia verso un modello e diventa un contenitore di esperienze. Questo ha impatti sul modo in cui si progettano prodotti software: la UI non è più solo un’applicazione autonoma, ma può essere un “momento” dentro una conversazione che già contiene obiettivi, vincoli, file e memoria.

Per gli sviluppatori, la directory offre un vantaggio evidente: la distribuzione potenziale verso una base utenti enorme, insieme a un framework di revisione che, se ben eseguito, può aumentare fiducia e adozione. Per gli utenti, il rischio opposto è la saturazione: se tutto diventa app, la scoperta e la qualità diventano i veri colli di bottiglia. È per questo che OpenAI parla di segnali di utilità reale e soddisfazione dell’utente come criteri per una distribuzione potenziata e per l’eventuale raccomandazione in conversazione.

Nel breve termine è ragionevole aspettarsi due linee evolutive. La prima riguarda l’ampliamento del catalogo, con nuove integrazioni consumer e professionali e con l’arrivo graduale del primo gruppo di app approvate nel nuovo anno. La seconda riguarda la maturazione delle regole, in particolare su monetizzazione, requisiti di sicurezza e controlli granulari sui dati.

Se OpenAI riuscirà a bilanciare apertura e governance, la directory potrebbe diventare il luogo dove gli agenti e i workflow conversazionali incontrano davvero il software, con un passaggio culturale importante: non si “apre un’app per fare una cosa”, si inizia una conversazione e si lascia che l’ecosistema trovi lo strumento giusto.

Riferimenti essenziali citati nel testo

OpenAI, “Gli sviluppatori possono ora inviare app a ChatGPT” (17 dicembre 2025): https://openai.com/it-IT/index/developers-can-now-submit-apps-to-chatgpt/

OpenAI, “Developers can now submit apps to ChatGPT” (17 dicembre 2025): https://openai.com/index/developers-can-now-submit-apps-to-chatgpt/

OpenAI, “Introducing apps in ChatGPT and the new Apps SDK” (6 ottobre 2025): https://openai.com/index/introducing-apps-in-chatgpt/

OpenAI Developers Documentation, “Submit your app” (Apps SDK): https://developers.openai.com/apps-sdk/deploy/submission

OpenAI Developers Documentation, “App submission guidelines” (Apps SDK): https://developers.openai.com/apps-sdk/app-submission-guidelines/

OpenAI Help Center, “Submitting apps to the ChatGPT app directory” (aggiornato dicembre 2025): https://help.openai.com/en/articles/20001040-submitting-apps-to-the-chatgpt-app-directory

OpenAI Help Center, “Apps in ChatGPT” (aggiornato dicembre 2025): https://help.openai.com/en/articles/11487775

The Verge, “The ChatGPT app store is here” (18 dicembre 2025): https://www.theverge.com/news/847067/openai-app-store-directory-sdk-chatgpt

Engadget, “OpenAI just launched an app store inside ChatGPT” (18 dicembre 2025): https://www.engadget.com/ai/openai-just-launched-an-app-store-inside-chatgpt-133049586.html

Reuters, “Adobe plugs Photoshop, Acrobat tools into ChatGPT” (10 dicembre 2025): https://www.reuters.com/technology/adobe-plugs-photoshop-acrobat-tools-into-chatgpt-2025-12-10/

OpenAI, “Apps in ChatGPT” (pagina prodotto, dicembre 2025): https://chatgpt.com/features/apps/

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