L’Open Banking si trova in una fase di consolidamento infrastrutturale: i dati tecnici mostrano una crescita robusta, ma l’utilizzo effettivo da parte dei consumatori rimane ancora agli esordi.
Il nuovo rapporto della Banca d’Italia “Rapporto sull’Open Banking in Italia” a cura di Carlo Cafarotti e Ravenio Parrini, analizza l’evoluzione del settore tra il 2020 e il primo semestre del 2024, restituendo una fotografia dettagliata di questo paradosso ed evidenziando come un sistema tecnicamente maturo stenti a tradursi in servizi diffusi nella vita quotidiana degli utenti.
I dati mostrano una crescita significativa dei servizi e delle chiamate API, ma anche un uso ancora circoscritto, concentrato sulle imprese e ostacolato da bassa consapevolezza degli utenti, concorrenza di strumenti tradizionali e scarsa internazionalizzazione degli operatori. Le prospettive future si legano alle nuove normative europee PSD3, PSR e SPAA, che mirano a rafforzare l’ecosistema e spingere verso l’Open Finance.
Indice degli argomenti
Le origini normative e il funzionamento dell’open banking
L’Open Banking nasce con la seconda direttiva europea sui servizi di pagamento (PSD2, 2015) e consente a soggetti terzi autorizzati, le Third Party Provider (TPP), di accedere, con il consenso del cliente, ai dati dei conti correnti detenuti presso banche o istituti di pagamento (Account Servicing Payment Service Providers, ASPSP).
L’obiettivo è creare un ecosistema finanziario più aperto e competitivo, favorendo l’innovazione nei servizi digitali: aggregatori di conti, applicazioni di personal finance management, strumenti di pagamento diretti o di scoring creditizio basati su dati transazionali aggiornati. In Italia, l’accesso ai conti avviene tramite interfacce standardizzate (API) messe a disposizione dalle banche. Queste connessioni sono spesso gestite da Piattaforme di Open Banking (POB) come CBI-Globe, CEDACRI, Fabrick e Nexi-SIA, che centralizzano la comunicazione tra operatori e garantiscono sicurezza e interoperabilità.
Il sistema di monitoraggio della Banca d’Italia
Dal 2020 la Banca d’Italia ha introdotto un sistema di osservazione semestrale per seguire in modo continuativo l’evoluzione dell’Open Banking nazionale. Questo monitoraggio si concentra sui flussi generati dalle Application Programming Interface (API) che consentono alle terze parti di interagire con i conti bancari, analizzando la frequenza e la natura delle chiamate, la quantità di operazioni informative (AIS) e dispositive (PIS), la loro distribuzione sul territorio e le caratteristiche delle infrastrutture che le supportano. Il Rapporto non si limita a contare le connessioni, ma ne interpreta le tendenze: valuta l’intensità d’uso, la stabilità e l’affidabilità delle interfacce, i tempi medi di risposta e la percentuale di errori.
A questi indicatori tecnici si affiancano le analisi sulla composizione del mercato, che distinguono tra operatori nazionali e stranieri, individuando la loro presenza e concentrazione. Le informazioni raccolte provengono da fonti diverse: le piattaforme di sistema (POB) che gestono la maggior parte del traffico, la Matrice dei Conti che registra i dati finanziari degli intermediari e le segnalazioni di vigilanza rivolte agli istituti non aderenti. Insieme, questi elementi forniscono un quadro completo delle dinamiche di crescita, della qualità del servizio e della maturità del mercato dell’Open Banking in Italia.
I numeri della crescita: chiamate API e transazioni
Dall’analisi della Banca d’Italia emerge un quadro articolato e numericamente denso. Le chiamate API relative ai servizi di Open Banking hanno superato i 237 milioni nel primo semestre del 2024, in crescita di oltre il 50 per cento rispetto all’anno precedente. Il numero di accessi informativi (AIS) ha raggiunto i 168 milioni nello stesso periodo, mentre le operazioni dispositive (PIS) sono aumentate del 9 per cento tra il 2022 e il 2023, ma con un valore complessivo delle transazioni cresciuto del 196 per cento: da circa 6 miliardi a oltre 17 miliardi di euro.
L’importo medio per singola operazione ha superato i 2.200 euro, contro i 1.400 del 2023. Questa dinamica conferma che l’Open Banking si consolida come infrastruttura ad alta intensità di valore, prevalentemente nel segmento business to business, dove le imprese utilizzano l’integrazione con i sistemi ERP per gestire in modo automatico tesoreria, pagamenti e riconciliazioni.
Il divario tra B2B e retail e i limiti geografici
Il settore retail rimane, invece, marginale: soltanto lo 0,13 per cento dei bonifici online viene oggi effettuato tramite Open Banking. Le cause principali risiedono nella scarsa percezione del vantaggio per l’utente finale e nella concorrenza di strumenti consolidati come carte di pagamento e wallet digitali. La distribuzione geografica mostra una netta prevalenza di operatori italiani, che rappresentano circa il 60 per cento del traffico informativo e quasi l’80 per cento di quello dispositivo.
La capacità di internazionalizzazione resta però limitata: su venti TPP italiane autorizzate, solo una opera effettivamente all’estero. Nei principali mercati europei, al contrario, la propensione a offrire servizi oltreconfine supera il 50 per cento. La Francia, con 26 TPP autorizzate, e la Lituania, con 14, si distinguono come hub europei dell’Open Banking, mentre l’Italia resta un mercato prevalentemente domestico.
Performance tecniche e maturità del sistema
Le performance tecniche delle interfacce API sono in costante miglioramento. Il tasso medio di errore è sceso dal 7,6 per cento del 2021 a valori inferiori al 5 per cento nel 2024. I tempi di risposta medi, compresi tra 600 e 700 millisecondi, si avvicinano agli standard europei, con operatori di punta capaci di scendere sotto i 100 millisecondi. Questo progresso riflette l’impegno degli intermediari nel potenziare infrastrutture, capacità di rete e standard di sicurezza.
In sintesi, l’Open Banking in Italia appare come un ecosistema in consolidamento, forte di basi tecnologiche solide e di una crescita costante, ma ancora lontano da un uso di massa e da una reale piena integrazione nei comportamenti finanziari quotidiani.
Le sfide culturali e strategiche per l’adozione di massa
Le conclusioni del Rapporto delineano una fotografia in chiaroscuro. L’infrastruttura dell’Open Banking in Italia è ormai stabile, sostenuta da piattaforme solide e da un quadro di vigilanza evoluto, ma il livello di utilizzo resta modesto. Le analisi della Banca d’Italia mettono in evidenza un’adozione ancora marginale, dovuta non solo alla complessità tecnica, ma anche a un ritardo culturale e strategico che limita la capacità di coglierne i benefici.
Il documento sottolinea come l’assenza di incentivi economici per le banche, l’insufficiente conoscenza del servizio da parte del pubblico e la mancanza di un chiaro valore percepito abbiano frenato la crescita. I consumatori non trovano ancora una motivazione concreta per cambiare abitudini, mentre le imprese, più sensibili all’efficienza e ai costi, rappresentano oggi il principale motore dell’espansione.
L’istituto centrale invita quindi a un salto di qualità che non sia solo tecnologico. Occorre migliorare la qualità delle interfacce e la gestione del supporto tecnico, garantire standard di servizio omogenei e incentivare la collaborazione tra operatori nazionali e internazionali.
È necessario anche promuovere la dimensione estera delle TPP italiane, affinché possano competere alla pari con gli attori europei più dinamici.
Verso l’open finance: nuove normative e prospettive
Le prospettive di evoluzione dipenderanno dall’attuazione del nuovo quadro regolatorio europeo.
La direttiva PSD3 e il regolamento PSR dovrebbero ampliare il perimetro dell’Open Banking, mentre lo schema SPAA, SEPA Payment Account Access, introduce un modello più sostenibile, basato su una logica di remunerazione e su servizi a valore aggiunto.
Questi strumenti potranno correggere alcune asimmetrie della PSD2, stimolando innovazione e concorrenza. In prospettiva, l’Open Banking è destinato a diventare il primo tassello di un ecosistema più ampio, l’Open Finance, dove i dati dei conti, degli investimenti e delle assicurazioni confluiranno in ambienti interoperabili e sicuri. La sfida sarà coniugare questa apertura con la tutela della privacy e la sicurezza delle transazioni. Se riuscirà in questo equilibrio, l’Italia potrà passare da un modello di accesso ai conti a un sistema integrato di servizi finanziari, nel quale l’intelligenza dei dati diventa la leva per nuove forme di efficienza, personalizzazione e innovazione.








