L’entusiasmo che ha inizialmente travolto il mondo tecnologico negli ultimi tre anni con l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa sta conoscendo una fase di rallentamento.
Non si tratta, come qualcuno teme, di un blocco definitivo, ma di un cambio di passo che potrebbe rivelarsi decisivo per l’evoluzione del settore. Dopo i progressi esponenziali visti dopo il lancio di ChatGPT nel 2022, i segnali che arrivano dalla Silicon Valley e dai laboratori di ricerca indicano che la corsa forsennata dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) sta mostrando limiti concreti.
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Dalle promesse all’impatto reale
Per anni la narrativa dominante è stata quella di una traiettoria senza ostacoli: più dati, più potenza di calcolo, modelli più capaci. La cosiddetta “legge di scala” sembrava un dogma.
Ogni nuova versione di GPT, Claude o Gemini mostrava salti in avanti tangibili, alimentando la percezione che il traguardo dell’intelligenza artificiale generale (AGI) fosse ormai quasi imminente. Ma l’uscita di GPT-5 ha rotto questa concezione, questo incantesimo in quanto il modello, pur migliorato in stabilità ed efficienza, non ha introdotto la rivoluzione che in molti si aspettavano.
Un gran numero di utenti esperti ha parlato di “incremento incrementale”, sottolineando come l’upgrade sia apparso più un perfezionamento di un qualcosa di già esistente piuttosto che di una svolta epocale. Alcuni benchmark del settore hanno evidenziato addirittura performance inferiori rispetto a competitor emergenti, portando ad una reazione immediata: delusione nei forum specializzati, dubbi tra analisti, e un brusco risveglio per chi puntava tutto sulla narrativa della crescita senza fine.
I limiti tecnici che frenano l’innovazione: dati e calcolo
Dietro a questo rallentamento c’è un dato di fatto, le risorse disponibili non sono infinite.
Negli ultimi cinque anni le aziende hanno sfruttato tutto il bacino di dati testuali liberi sul web. Oggi, invece, la caccia si è spostata su accordi con editori e detentori di copyright, ma non è chiaro se questo possa bastare a mantenere il ritmo di sviluppo aspettato.
Parallelamente, il consumo di potenza computazionale ha raggiunto livelli mai visti: GPT-4 era stato addestrato con migliaia di chip Nvidia, GPT-5 con centinaia di migliaia di unità di nuova generazione.
Un processo che comporta costi energetici e ambientali elevatissimi. Secondo alcuni analisti, il modello economico stesso rischia di diventare insostenibile: investimenti miliardari per miglioramenti marginali, con ritorni incerti e sempre più dipendenti dall’hardware.
Il fantasma di un nuovo “inverno dell’AI”
Non mancano i parallelismi storici. Negli anni ’80, infatti, l’intelligenza artificiale visse una fase di entusiasmo seguita da un brusco crollo, il cosiddetto “AI winter”. Allora le promesse non mantenute e la mancanza di applicazioni redditizie portarono a un rapido disinvestimento.
Oggi lo scenario è diverso, le applicazioni della AI generativa sono già diffuse e utilizzate in settori chiave, dal customer service alla ricerca farmaceutica. Il rischio di un ridimensionamento drastico delle aspettative, tuttavia, rimane.
Gli esperti avvertono che un eccesso di hype può tradursi in una fuga degli investitori, con effetti a catena sull’intero ecosistema. «Il pericolo – ha dichiarato Stuart Russell, docente di Berkeley – è che, se gli investimenti vengono percepiti come eccessivi rispetto ai risultati, si assista a un crollo improvviso».
Verso nuovi modelli e paradigmi emergenti
Se i modelli linguistici mostrano segnali di saturazione, altre aree restano promettenti. Molti ricercatori parlano di “world models”, architetture capaci di apprendere dal mondo fisico oltre che dal linguaggio, integrando immagini, video e interazioni reali. Si tratta di sistemi che potrebbero abilitare applicazioni più sofisticate: robotica, guida autonoma, assistenti digitali con memoria persistente.
Yann LeCun, capo scienziato di Meta, ha definito questa fase come “l’inizio di un nuovo paradigma”, sottolineando che la frontiera non è finita, ma richiede strategie diverse: «Stiamo entrando in una fase di rendimenti decrescenti con i LLM basati solo su testo, ma non abbiamo toccato il soffitto dell’AI nel suo complesso».
Competizione globale e sfide economiche
Il rallentamento tecnologico si intreccia con il quadro politico ed economico. Negli Stati Uniti, il dibattito sull’AI ha già cambiato rotta. Se durante l’amministrazione Biden prevaleva l’allarme sui rischi esistenziali, oggi l’accento si sposta sulla competizione industriale e sul primato tecnologico.
Donald Trump, tornato alla Casa Bianca, ha ridimensionato le preoccupazioni sull’AGI, parlando di “equilibrio di mercato” e favorendo accordi con i colossi dei semiconduttori come Nvidia.
Sul fronte degli investimenti, i segnali restano contrastanti. Da un lato abbiamo valutazioni record per startup e titoli legati all’AI; dall’altro, crescenti dubbi sulla sostenibilità di un modello basato su continue iniezioni di capitale e infrastrutture energeticamente insaziabili.
Una maturazione equilibrata del settore
Nonostante i limiti, parlare di stallo sarebbe fuorviante. L’AI continua a generare valore concreto: applicazioni in medicina, ingegneria, creatività digitale e finanza dimostrano che, anche senza balzi epocali, il settore resta in forte espansione.
La differenza è che ora il focus si sposta dall’ossessione per l’AGI alla capacità di costruire strumenti utili, efficienti e integrati nei processi produttivi.
Gli esperti del settore parlano di una fase “Goldilocks”, non troppo lenta da scoraggiare gli investitori ma neanche troppo rapida da alimentare paure esistenziali. Una maturazione che potrebbe favorire un ecosistema più equilibrato, dove la competizione non è solo sulla grandezza del modello, ma sulla qualità delle applicazioni.
Realismo e prospettive per il futuro
L’intelligenza artificiale generativa sembra dunque aver raggiunto un plateau temporaneo. Non un muro invalicabile, ma un momento di riflessione collettiva. La corsa cieca al “più grande e più potente” lascia spazio a domande più pragmatiche: quali applicazioni hanno reale valore? Quali modelli economici sono sostenibili? Quale impatto ambientale siamo disposti ad accettare?
Il rallentamento, lungi dall’essere una sconfitta, potrebbe segnare l’inizio di una fase più consapevole. Dopo l’ubriacatura dell’hype, il settore è chiamato a dimostrare che l’AI non è solo una promessa futuristica, ma una tecnologia capace di migliorare concretamente la vita delle persone e l’efficienza delle imprese.
Se sarà inverno o maturità, lo diranno i prossimi anni. Quel che è certo è che il mito del progresso lineare e infinito è stato infranto. Ed è proprio in questa frattura che potrebbe nascere la prossima rivoluzione.













