AI e matematica

Algoritmi che pensano: l’arte dei numeri nell’era dell’IA



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L’integrazione tra intelligenza artificiale e matematica apre scenari inediti. Progetti come expMath di DARPA puntano su collaborazioni umano-macchina per accelerare scoperte, mentre nuovi benchmark testano i limiti reali dei modelli matematici

Pubblicato il 17 lug 2025

Riccardo Petricca

Esperto Industria 4.0 Innovation Manager



ai e matematica

La matematica, da sempre considerata l’architettura invisibile del mondo moderno, sta vivendo una rivoluzione silenziosa ma profonda. Non è una nuova equazione né un teorema eclatante a scuoterla, ma l’ingresso sempre più audace dell’intelligenza artificiale nei suoi territori più sacri.

Il punto non è più se l’IA potrà risolvere i problemi matematici, ma fino a che punto riuscirà a pensare come un matematico. E, soprattutto, se potrà mai spingersi oltre.

L’alba di una collaborazione: il progetto expMath e la visione di DARPA

Nel 2025, l’agenzia statunitense DARPA ha lanciato il progetto expMath (Exponentiating Mathematics) con l’obiettivo dichiarato di accelerare i progressi nella matematica pura e applicata, grazie a un nuovo tipo di collaborazione tra esseri umani e macchine. L’idea è ambiziosa: creare un coautore artificiale, un assistente in grado non solo di eseguire calcoli o verificare dimostrazioni, ma di proporre ipotesi, esplorare strategie risolutive e—perché no? —ispirare nuovi approcci.

È un cambio di paradigma importante. Per secoli, la matematica è stata un regno umano fatto di intuizione, deduzione, fatica e ispirazione. Ora, con l’avvento dei cosiddetti Large Reasoning Models (LRMs), versioni avanzate dei noti modelli linguistici come GPT, Claude o Gemini, qualcosa sta cambiando davvero.

Modelli che imparano a “ragionare”: tra test scolastici e sogni olimpici

Sembra incredibile, ma oggi alcuni di questi modelli superano brillantemente test avanzati come l’American Invitational Mathematics Examination (AIME), rivolto ai migliori studenti liceali statunitensi. C’è chi, come AlphaProof di Google DeepMind, è riuscito a eguagliare le performance di un medagliato d’argento alle Olimpiadi Internazionali della Matematica.

Un bel traguardo, certo, ma guai a pensare che basti questo per elevare l’IA a nuovo Euclide. La matematica olimpica è difficile, ma è anche prevedibile. Gli esercizi seguono schemi noti, si allenano con tecniche collaudate. L’IA eccelle in questo contesto perché può allenarsi all’infinito.

Come sottolinea Sergei Gukov del Caltech, “i problemi olimpionici sono spesso variazioni su un tema: se ne hai visti cento, sai come affrontare il centunesimo”. Eppure, nei grandi misteri della matematica moderna – il tipo di problemi per cui esistono premi milionari come quelli del Clay Mathematics Institute – l’approccio cambia completamente. Nessun trucco, nessun pattern familiare: solo nebbia, intuizione e ostinazione umana.

FrontierMath: il nuovo campo di battaglia

Per capire fin dove possa spingersi l’intelligenza artificiale, il team della startup Epoch AI ha sviluppato un benchmark innovativo: FrontierMath. A differenza di test scolastici o universitari, qui i problemi sono originali, inediti e in gran parte segreti. Sono stati ideati da oltre 60 matematici professionisti di tutto il mondo, con l’obiettivo di mettere alla prova le capacità reali dei modelli.

I risultati? Parziali ma promettenti. Dove su AIME modelli come GPT-4, Claude 4 e Gemini raggiungono anche il 90%, su FrontierMath le performance crollano: OpenAI o4-mini si ferma al 19%, Gemini 2.5 Pro al 13%. I modelli capiscono la matematica—ma solo fino a un certo punto.

L’inferenza lunga e il ruolo del supermove learning

Una delle difficoltà maggiori, evidenziata dallo stesso Gukov, è l’impossibilità (per ora) delle IA di gestire sequenze di inferenze molto lunghe. Un problema come l’Ipotesi di Riemann non si risolve con 20 o 50 passaggi logici. Potrebbero volerci milioni di righe di dimostrazione, migliaia di mosse concettuali concatenate.

Qui entrano in gioco tecniche avanzate come il “supermove learning”: addestrare un modello a compiere mosse composite, cioè a riconoscere pattern ricorrenti e sintetizzarli in un unico grande passo. È come camminare a balzi da gigante anziché a piccoli passi. Questa idea ha già portato a una scoperta sorprendente: un presunto controesempio alla congettura di Andrews-Curtis, rimasto inattaccabile per 40 anni, si è rivelato errato proprio grazie all’aiuto di un’IA.

La creatività matematica tra intuizione umana e IA

Il vero scoglio, tuttavia, non è tecnico. È quasi filosofico. La matematica, specie quella avanzata, non è solo logica. È esplorazione, immaginazione, stupore. Alcuni strumenti recenti, come AlphaEvolve o PatternBoost, cercano di supportare questa dimensione più intuitiva e creativa: generano ipotesi, variano approcci, simulano brainstorming matematici.

Ma il cuore della creazione resta umano. Un esempio emblematico è l’icosaedro, un solido di bellezza cristallina. L’icosaedro non si trova in natura, almeno non come oggetto disponibile da scoprire nel mondo fisico. L’idea stessa di un oggetto con 20 facce triangolari è nata nell’immaginazione, costruita nel pensiero prima ancora che nella materia. Una di quelle creazioni che, per quanto astratte, continuano a influenzare la matematica moderna in modi profondi e inattesi.

Per Williamson, il potenziale di strumenti come PatternBoost sta proprio qui: forse un giorno ci aiuteranno a immaginare l’equivalente futuro di un icosaedro, qualcosa che ancora non esiste ma che potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della realtà.

Intelligenza aumentata o creatività artificiale?

Mi capita spesso di sentirmi un po’ come un interprete tra due mondi. Da un lato, l’algoritmica e la precisione dell’ingegneria informatica. Dall’altro, la vertigine speculativa della matematica pura. L’arrivo di IA capaci di confrontarsi con problemi matematici ha acceso in me uno stupore genuino, quasi infantile.

Ma è uno stupore che porta anche domande. Quando un LLM scrive una dimostrazione elegante, chi è l’autore? L’umano che l’ha addestrato? Il team che ha progettato l’algoritmo? O possiamo iniziare a parlare di una creatività artificiale?

Non ho risposte definitive. Ma una certezza sì: l’IA può già oggi amplificare la nostra intelligenza matematica. Può suggerire approcci, scartare vicoli ciechi, generare alternative che mai avremmo considerato. E questo, se usato bene, è più che sufficiente per rendere il futuro della matematica—e dell’umanità—un po’ più interessante.

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