Il mercato del lavoro sta vivendo una trasformazione profonda e accelerata dalla digitalizzazione e dall’introduzione massiva dell’intelligenza artificiale (AI). Per i giovani, questo scenario apre nuove opportunità ma soprattutto nuove sfide: entro il 2030, secondo il Future of Jobs Report del World Economic Forum, quasi il 40% delle competenze oggi richieste sarà obsoleto. Allo stesso tempo, le competenze necessarie nei ruoli più esposti all’AI stanno cambiando il 66% più velocemente rispetto al passato.
L’acquisizione delle expertise e lo sviluppo di carriera dei giovani, inoltre, non può non tener conto della presenza ormai sempre più diffusa e consolidata, nelle organizzazioni, di modalità di lavoro da remoto e ibride. Queste ultime, se mal gestite, possono ridurre le occasioni di mentorship e di relazioni personali all’interno delle aziende, che spesso condizionano in via di fatto l’avanzamento di carriera. Una ricerca ha mostrato, infatti, che chi lavora da casa ha ricevuto nell’ultimo anno il 31% di promozioni in meno rispetto a chi lavora in ufficio, e quasi il 90% dei CEO dichiara di preferire i lavoratori in presenza per l’assegnazione a progetti che comportano avanzamenti di carriera e aumenti di stipendio. Per i giovani, che spesso si trovano nei primi anni della loro esperienza professionale e necessitano di tutoraggio e visibilità, questa dinamica, non proprio virtuosa e che risente di uno stile di management datato, può purtroppo diventare un ostacolo importante.
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Occupazione giovanile e competenze digitali: il nodo italiano
In Italia, il nodo delle competenze digitali e della transizione scuola-lavoro resta centrale. Nel contesto italiano, infatti, il problema di fondo è la carenza di competenze digitali diffuse lungo tutto il percorso formativo e lavorativo, con un impatto diretto sull’occupazione giovanile e sulle possibilità di crescita professionale.
Secondo recenti dati europei, circa il 43% degli studenti dell’UE non raggiunge un livello base di competenze digitali, e l’Italia si colloca tra i Paesi più in difficoltà. Questo si traduce in difficoltà nell’accesso al mercato del lavoro, soprattutto in un contesto globale e sempre più competitivo, in cui i lavoratori con skill specialistiche possono candidarsi a distanza da ogni parte del mondo, aumentando la pressione sui giovani meno preparati.
Gli strumenti esistenti – come il Programma Garanzia Giovani e l’utilizzo dei fondi del Fondo Sociale Europeo Plus (ESF+) – hanno offerto opportunità di inserimento lavorativo e formazione, ma troppo spesso si sono fermati a progetti di breve durata o a misure di politica attiva frammentarie. Questi interventi non risultano sufficientemente collegati ai fabbisogni reali delle imprese e alle evoluzioni tecnologiche in atto, lasciando scoperto proprio il segmento più dinamico delle competenze digitali.
Inoltre, l’offerta di percorsi di mentorship digitali o ibridi è ancora poco sviluppata, con un evidente gap tra la domanda di competenze in ambito ICT, cybersecurity, AI, data analysis e la preparazione dei giovani laureati o diplomati. Questo divario rischia di tradursi in una sotto-occupazione qualificata, in cui i giovani non riescono a trovare ruoli coerenti con il loro potenziale.
Modelli europei per occupazione giovanile e competenze digitali
A livello europeo, l’Unione ha puntato con decisione sulla Youth Guarantee, un programma che sostiene i giovani under 30 nell’accesso al lavoro e alla formazione. Alimentato da oltre 142 miliardi di euro dell’ESF+, il programma mira a modernizzare i servizi pubblici per l’impiego e a potenziare le competenze digitali e trasversali dei giovani. In molti Paesi membri la Youth Guarantee è diventata una infrastruttura stabile, mentre in Italia è rimasta spesso un progetto straordinario e non strutturale.
Paesi Bassi: rete RMC e continuità dei percorsi
Tra i Paesi con esempi di programmi tra i più interessanti, spiccano i Paesi Bassi, che hanno il più alto tasso di occupazione giovanile e il più basso tasso di NEET dell’OCSE. Il loro punto di forza è la rete di Regional Report and Coordination Centres (RMCs), strutture pubbliche che accompagnano i giovani tra i 18 e i 23 anni nella scelta dei percorsi scolastici e professionali, prevenendo l’abbandono e facilitando il contatto diretto con le imprese.
Questo sistema, a differenza di quello italiano, garantisce continuità e personalizzazione, e rappresenta un modello di governance locale replicabile. La capacità di seguire i giovani nel tempo e di connetterli stabilmente alle imprese contribuisce a ridurre in modo strutturale il rischio di esclusione dal mercato del lavoro.
Germania: sistema duale e competenze digitali
Interessante anche il caso della Germania, dove il sistema duale di formazione professionale integra da anni formazione scolastica e lavoro in azienda. Le imprese partecipano attivamente ai programmi, formando i giovani nelle proprie sedi e contribuendo alla definizione dei curriculum.
Questo modello ha consentito di mantenere basso il tasso di disoccupazione giovanile e di aggiornare rapidamente i percorsi alle nuove competenze digitali, colmando il gap scuola-lavoro. La collaborazione strutturale tra mondo educativo e produttivo rende più fluido il passaggio dalla formazione all’occupazione giovanile.
Finlandia e Spagna: servizi digitali e imprenditorialità giovanile
La Finlandia ha invece puntato sulla digitalizzazione spinta dei servizi per l’impiego e sull’orientamento personalizzato: piattaforme pubbliche centralizzate raccolgono le offerte di lavoro, tracciano le competenze acquisite e suggeriscono percorsi formativi su misura. Un uso intelligente dei dati pubblici, che potrebbe consentire un matching efficace tra domanda e offerta, in Italia manca ancora, anche per i giovani ai primi impieghi.
La Spagna ha rafforzato la dimensione imprenditoriale e digitale della Youth Guarantee, finanziando startup fondate da under 30 e programmi di reskilling digitale nelle PMI. Questo ha favorito l’emersione di ecosistemi innovativi locali e ha incentivato l’occupazione giovanile in settori tecnologici avanzati, mentre in Italia le politiche a sostegno dell’imprenditorialità giovanile sono ancora episodiche e scarsamente coordinate con il sistema formativo.
Dal Canada a Hong Kong: modelli di occupazione giovanile digitale nel mondo
Fuori dall’Europa, spicca il Canada, che ha implementato una strategia federale nota come Youth Employment and Skills Strategy (YESS). Questa prevede programmi di formazione, tirocini retribuiti, mentoring e career counselling, con particolare attenzione ai giovani a rischio di esclusione. Un aspetto innovativo è il Digital Skills for Youth Program, che collega i neolaureati sotto-occupati con PMI e organizzazioni non profit per formare sul campo competenze digitali avanzate.
In Italia, un modello simile potrebbe aiutare i giovani laureati a superare la difficoltà di accesso al primo impiego qualificato, offrendo al tempo stesso alle imprese competenze aggiornate e figure professionali già allenate a lavorare in contesti digitali.
Anche l’esperienza di Hong Kong è interessante, con il Youth Employment and Training Programme (YETP): un percorso strutturato che combina formazione pre-impiego, un mese di stage retribuito e sei mesi di on-the-job training con contributi economici alle aziende. I giovani sono seguiti da social worker accreditati e possono accedere a corsi aggiuntivi con rimborso spese, ricevendo un supporto personalizzato.
Questo approccio integrato riduce drasticamente il tasso di NEET e offre una transizione ordinata dalla scuola al lavoro, aspetto che in Italia resta il vero tallone d’Achille. In sintesi, tutti questi Paesi — seppur con strumenti diversi — hanno adottato una logica comune: creare ecosistemi stabili, digitalizzati e basati su partenariati pubblico-privato, capaci di accompagnare i giovani nella costruzione di competenze e reti professionali.
È un modello da cui l’Italia potrebbe prendere ispirazione, per superare una logica di politiche giovanili episodiche e non pienamente integrate con il sistema produttivo, costruendo un’infrastruttura di supporto all’occupazione giovanile digitale.
Strumenti digitali per occupazione giovanile e competenze digitali
Per colmare il gap e accelerare l’inclusione dei giovani nel mercato del lavoro, le imprese italiane possono adottare strategie basate su strumenti digitali già disponibili. Questi strumenti permettono di aggiornare in modo continuo e scalabile le competenze digitali dei giovani, integrando le modalità tradizionali di formazione.
Tra questi:
- Piattaforme di e-learning e microlearning per aggiornare rapidamente le competenze, con corsi brevi e certificati su AI, cybersecurity, analisi dati e green skills, in grado di rispondere ai fabbisogni emergenti del mercato del lavoro.
- Learning Management Systems (LMS) integrati con i sistemi HR aziendali per tracciare le competenze e pianificare piani formativi individuali, valorizzando i percorsi di crescita dei giovani in modo strutturato.
- Sistemi di mentoring digitale e reverse mentoring, che abbinano giovani talenti e professionisti senior anche a distanza, creando community e reti di supporto interne dove lo scambio di competenze è bidirezionale.
- AI per il career matching, che consenta di individuare ruoli interni e percorsi di crescita coerenti con i profili digitali e le soft skill dei giovani assunti, riducendo il rischio di mismatch.
- Piattaforme collaborative e di project management che facilitino il lavoro ibrido e il coinvolgimento dei giovani in progetti strategici, anche se non presenti in sede, aumentando visibilità e responsabilizzazione.
Questi strumenti non sostituiscono la formazione tradizionale, ma possono affiancarla in modo scalabile, consentendo di offrire ai giovani un ambiente di apprendimento continuo e di crescita anche in modalità ibrida o remota, riducendo il rischio di esclusione.
Un’agenda per le imprese italiane
Per le imprese italiane, la sfida non è solo attrarre giovani talenti, ma trattenerli e farli crescere. È necessario ripensare i modelli organizzativi, la gestione delle persone e le modalità di collaborazione con il sistema educativo, integrando in modo strutturale l’uso di strumenti digitali e la costruzione di percorsi di carriera chiari.
Occorre:
- creare partnership con scuole, ITS e università per co-progettare percorsi formativi sulle competenze emergenti, riducendo il divario tra aula e impresa;
- strutturare programmi di onboarding e mentoring digitale, garantendo ai giovani un accompagnamento nei primi anni di carriera e una rete di supporto interna;
- introdurre metriche trasparenti per la valutazione della performance, riducendo i bias che oggi penalizzano chi lavora da remoto e favorendo una cultura orientata ai risultati;
- collaborare con le istituzioni per utilizzare i fondi europei (ESF+, PNRR) in modo mirato e duraturo, sostenendo progetti che abbiano un reale impatto sull’occupazione giovanile e sulle competenze digitali.
Solo un approccio sistemico, che combini investimenti in competenze e innovazione organizzativa, potrà evitare che la rivoluzione digitale e l’AI diventino un fattore di esclusione per i giovani. La finestra temporale è stretta: entro il 2030, chi non avrà aggiornato i propri modelli di formazione e carriera rischia di restare indietro — insieme a un’intera generazione di lavoratori.














