società digitale

Dal calendario all’algoritmo: come il digitale sta riscrivendo il tempo



Indirizzo copiato

La rivoluzione digitale sta trasformando la nostra concezione del tempo. Dal chronos sequenziale dell’industria al kairos dell’opportunità: un passaggio che richiama le società pre-agricole e ridefinisce valore, connessioni e significato nell’era delle reti

Pubblicato il 30 ott 2025

Paolo Zanenga

presidente Diotima society



tempo digitale

Viviamo immersi nel tempo digitale, un’epoca in cui la tecnica non è più soltanto strumento, ma ambiente vitale che intreccia natura, cultura e informazione. La sua evoluzione ridefinisce il modo in cui percepiamo lo spazio, il valore e persino la durata del mondo.

La tecnica come tessuto che crea il mondo

La tecnica è la dinamica interattiva, bidirezionale e circolare, che tiene insieme inestricabilmente il vivente e il suo ambiente, il soggetto e l’oggetto, con una tessitura (“tecnica” ha la stessa etimologia di “tessere”, e di “testo”), che continuamente crea il mondo.

La nostra interpretazione spazio-temporale del mondo dipende quindi dalla natura che assume la Tecnica, a sua volta in continua mutazione.

Attraverso la vita della tecnica evolve sia la natura del mondo, sia la sua interpretazione e rappresentazione, cioè la cultura. Siamo sempre più consapevoli dell’inseparabilità di natura e cultura, e che l’informazione è una costituente della realtà “insieme” a materia-energia, e non separatamente: un passaggio alla base dell’attuale “cambiamento di paradigma”.

Nel paradigma da cui stiamo uscendo la focalizzazione solo su materia-energia è stato molto forte. Gli stadi della storia umana sono stati descritti nella materialità dei loro processi trasformativi (età della pietra, del bronzo, del ferro, dell’elettricità e del petrolio, del nucleare…) ed economici (caccia e raccolta, agricoltura, industria…). L’arrivo del digitale ha messo in crisi questa classificazione: ha generato “disruption”, perché pur incidendo anche sui processi trasformativi, ha creato il massimo impatto sulle “connessioni”: cognitive (motori di ricerca e poi AI), sociali (social network), commerciali, culturali.

L’oggetto-icona del nostro tempo è lo smartphone: non sede di processi, ma dispositivo di connessione. Il digitale si pone in una serie di evoluzioni radicali che non si riferiscono ai processi, ma ai segnali connettivi: il linguaggio, la scrittura, l’alfabeto, la stampa. Ognuna di queste rivoluzioni dell’informazione ha ridefinito il potere e con esso la struttura della società umana, dalla formazione delle etnie a quella delle religioni, da quella delle strutture politiche a quella dei criteri economici. Quale ridefinizione possiamo aspettarci oggi, in una società composta in prospettiva soprattutto da “ibridi” fisico-virtuali? Governabile con le istituzioni generate nel passato paradigma?

Dal tempo sequenziale al momento opportuno

Il governo del tempo diventa cruciale. Come ho scritto in un precedente articolo, il passaggio dalla società dei processi (durativi nel tempo) alla società delle connessioni (momenti specifici del tempo) può essere rappresentato dalla metafora “dal chronos al kairos“: “Il tempo dell’industria è il chronos: sequenziale, pianificabile. Ma il nuovo tempo cognitivo è kairos: il momento opportuno, irripetibile. Il concetto di dwell time digitale (es. tempo di permanenza su una pagina web o finestra d’azione per un virus) diventa centrale. È il tempo dell’evento, della conoscenza emergente.

Gli schemi deterministici e lineari sono superati dall’entanglement, cioè dalla connessione dinamica e non gerarchica tra elementi. I sistemi non si evolvono per piani prestabiliti ma per accoppiamenti strutturali con l’ambiente, auto-producendosi (autopoiesi). Codici e linguaggi – genetici o informatici – generano valore se integrati in ambienti capaci di interpretazione e creazione di significato”.

Questa prospettiva può aiutarci a rivedere che cosa è successo in passato e che cosa potrebbe succedere adesso.

Dal menhir allo smartphone: infrastrutture di senso

La connessione straordinaria permessa oggi dal digitale dipende dai sistemi di computazione, dai computer.

Confrontiamo un computer con la più semplice e antica costruzione dell’uomo, il menhir, la pietra fitta; se la valutiamo materialmente, le domande possono essere: come hanno fatto a trasportarla? Come hanno fatto a tirarla su? Se consideriamo il senso che era capace di esprimere, e che sicuramente aveva, possiamo invece immaginare che fosse un incrocio di strade, un punto di incontro e di raduno, o che forse fissasse dei confini da non superare. O la memoria di un evento fondativo. Non era una semplice pietra, era una “smart stone”, un “computer a 1 bit” (basato anch’esso sul silicio, peraltro). Connetteva persone e poteva essere il fondamento di una città di senso, ovvero della città tout-court. Diversa da un’aggregazione di persone, come un villaggio: una proto-città nasce come convergenza di senso: un riferimento cui diverse persone, anche lontane, riconoscono lo stesso significato. Il menhir diventa così centro di gravità semantica, e l’atto di convergere sullo stesso simbolo crea una civilizzazione.

Piattaforme semantiche e misura del tempo

Nel tempo abbiamo conosciuto diverse “infrastrutture di senso”, che sincronizzano menti umane su scala spaziale e temporale ponendosi alla base di una civitas, o addirittura di una civilizzazione: teatri, agorà, templi; ma anche codici, libri, costituzioni; fino ai nodi di Internet. Dal menhir allo smartphone, le piattaforme semantiche hanno acceso memorie collettive (genealogie, etnie, comunità, religioni, scienza – o pseudoscienza – condivisa).

All’interno di queste piattaforme, le idee di tempo e la sua misura hanno sempre avuto un ruolo primario: il calendario nelle culture agricole ha indotto miti prescientifici, culti e rituali; il tempo dell’orologio invece inizia insieme alla nuova scienza, e apre le prospettive della meccanica, dell’industria e dell’economia moderna. Entrambi comunque “chronos“, tempi durativi, diacronici.

Serendipità e valore della connessione istantanea

Con la compressione dello spazio-tempo indotta dal digitale, il valore dei processi diacronici collassa, perché nelle reti ciò che conta non è il processo, ma la creazione di discontinuità non prevedibili. Ad esempio, un chip che si trova in modo non previsto ad accelerare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, o una metodologia biomedica che risolve una pandemia anche se pensata per altri scopi: la serendipità esplode in un metaverso dove l’entanglement tra informazioni, persone e ambienti è pervasivo. È la connessione, non l’archiviazione, a generare conoscenza.

Si compie dunque una frattura epocale, l’interruzione di una concezione del tempo (e del valore) plurimillenaria. L’approccio alla vita riecheggia il tempo delle culture pre-agricole, delle economie della caccia: anche nel paleolitico era il kairos a dominare. La caccia si basa su eventi non prevedibili e istantanei, alla fine di un’attesa più o meno lunga. Non ci sono processi, la pianificazione non serve a programmare, ma a creare condizioni e ambienti favorevoli. Ed è così anche nel mondo digitale.

Il cacciatore digitale: leggero, mobile, opportunista

L’antropologia dell’uomo digitale trova nel cacciatore paleolitico una metafora molto più convincente che non nell’agricoltore, poi operaio, degli ultimi diecimila anni.

L’agricoltore è legato alla terra, l’industriale è legato agli investimenti fissi. L’uomo digitale invece approfitta della tecnologia pervasiva, che è ubiqua e mobile, viaggia leggero, usa le risorse che trova, non le accumula. Non si avvantaggia, come gli imperi del passato, di espansioni territoriali e grandi crescite demografiche. Come il cacciatore paleolitico, non può permettersi molti figli, solo quelli in grado di accompagnarlo. E l’incontro con un menhir può cambiare la vita.

Città digitali e comunità senza territorio fisico

Questa metafora ci offre uno sguardo intrusivo e profondo sulla Città (intesa come civitas, società caratterizzata da una civiltà) che ci possiamo attendere – e al suo interno quale tipo di capitalismo.

Sicuramente si profila una società in cui il rapporto tra sapere e potere è molto più immediato e disintermediato. Già oggi le community digitali sono proto-città di senso: non hanno un territorio fisico, ma un token semantico condiviso (hashtag, simboli, NFT…). L’Agentic AI può afferire a queste comunità come “abitante” e “artefice” allo stesso tempo, interpretando e co-creando significati. Il Web3 traduce i significati in valore scambiabile. I metadomini sono sistemi aperti in grado di adattarsi a queste nuove condizioni: luoghi semiotici in cui i pensieri di persone e di “ibridi” convergono per costruire senso e valore in modo condiviso e generativo.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati