La guerra cognitiva di Hezbollah non si combatte solo lungo i confini di Israele e del Libano, ma soprattutto nello spazio informativo globale. Il caso del canale Al-Khanadeq mostra come la propaganda digitale possa diventare un’arma strategica capace di aggirare media tradizionali, parlare in ebraico al pubblico israeliano e porre nuove sfide alla sicurezza digitale europea.
Indice degli argomenti
La guerra cognitiva di Hezbollah e la centralità dell’arena informativa
Dal 7 ottobre 2023 in poi, nel confronto tra Israele e l’“Asse della Resistenza” guidato dall’Iran non è cambiata solo l’intensità del conflitto militare, ma è mutata, in maniera strutturale, la centralità della cosiddetta “arena cognitiva”, ovvero l’insieme delle operazioni informative, narrative e psicologiche condotte attraverso piattaforme digitali, social media e canali pseudo-giornalistici.
Secondo un recente insight dell’International Institute for Counter-Terrorism (ICT), dedicato all’Al-Khanadeq Media Channel, viene evidenziato come Hezbollah stia trasformando le proprie capacità mediatiche in un vero e proprio strumento di guerra cognitiva, capace di raggiungere direttamente il pubblico israeliano, in lingua ebraica, aggirando magistralmente filtri e media tradizionali. Per l’Europa, ma anche per l’Italia, questo caso non è solo un evento oggetto di analisi di scenario, ma rappresenta un vero e proprio laboratorio di riferimento per comprendere come gruppi armati e attori statuali stiano strutturando operazioni di influenza, sfruttando vulnerabilità sociopolitiche e tecnologie digitali, fino a lambire lo spazio informativo europeo.
Al-Khanadeq nel dispositivo mediatico di Hezbollah e della guerra cognitiva
Il paper dell’ICT, in sintesi, colloca Al-Khanadeq dentro una tendenza di condizionamento psicologico più ampia. Dopo il 7 ottobre, i “proxy” iraniani (Hamas, Hezbollah e altri attori dell’Asse della Resistenza) hanno intensificato sistematicamente le operazioni di manipolazione informativa contro Israele e l’Occidente, riconoscendo alla capacità delle campagne narrative un effetto di produzione di conseguenze strategiche notevoli, e soprattutto a costi minimi rispetto alle operazioni militari convenzionali.
Tale evoluzione risulta coerente con la storica centralità della comunicazione nella strategia di Hezbollah, già emersa con strumenti come Al-Manar, emittente TV di partito definita da numerose analisi internazionali come uno dei principali vettori di propaganda del movimento. Inoltre, l’uso crescente da parte dell’Iran di reti mediatiche proxy, anche attraverso l’Islamic Radio and Television Union (IRTVU), che coordina una costellazione di media affini per proiettare soft power e narrazioni filo-iraniane nella regione, rappresenta per Al-Khanadeq una evoluzione di particolare rilevanza: non si tratta più solo di “media di movimento”, apertamente marchiati e facilmente identificabili, ma di canali ibridi, presentati come siti analitici indipendenti e multi-lingua, progettati per operare dentro lo spazio informativo dell’avversario.
Struttura e obiettivi del canale Al-Khanadeq
Secondo l’ICT, Al-Khanadeq Media, operante dal Libano, si presenta come “sito analitico indipendente” su temi geostrategici, militari e di sicurezza in “Western Asia”. In realtà è un hub multi-piattaforma che utilizza un sito web, canali Telegram, account su X (ex Twitter), Instagram e YouTube. I canali di comunicazione sono multi-lingua (contenuti in arabo, inglese ed ebraico) e il dispositivo utilizzato è di tipo “cross-media” (articoli, grafiche, video, infografiche, brevi post di commento).
L’elemento più rilevante è la versione in ebraico, con un sito dedicato e un canale Telegram specifico, lanciata all’inizio del 2024 e collegata simbolicamente alla guerra dell’“Al-Aqsa Flood”. Nel testo che annuncia il lancio, il direttore del canale, Dr. Muhammad Shams, dichiara esplicitamente l’obiettivo: spostarsi “su un’altra arena del confronto”, rivolgendosi direttamente ai “coloni in Palestina occupata” nella loro lingua, per “rivelare ciò che la censura militare nasconde” e passare dalla difesa all’offesa nella battaglia dell’informazione.
Gli elementi strategici presi in considerazione dal sito sono:
- Target specifico: il pubblico israeliano, non quello arabo o internazionale
- Relazione competitiva con i media israeliani: la promessa di “svelare ciò che la censura nasconde” mira a posizionare Al-Khanadeq come fonte alternativa e più autentica
- Inquadramento bellico del discorso mediatico: il passaggio “da difesa a offesa” trasferisce la logica militare dentro l’arena informativa
Ciò consente di comprendere come non si tratti di un semplice sito di commento, bensì di una piattaforma di penetrazione cognitiva sul fronte interno dell’avversario.
Le quattro narrazioni strategiche di Al-Khanadeq contro Israele
L’analisi dell’ICT evidenzia come, nei contenuti in ebraico, si ripetano con costanza alcune linee narrative. Non sono neutrali, ma costruite per sfruttare specifiche vulnerabilità politiche, economiche e psicologiche della società israeliana. La prima narrazione che assume una connotazione centrale è la rappresentazione di Israele come strumento utilizzato dagli Stati Uniti, quindi privato di una reale autonomia strategica.
La presenza militare americana vicino a Gaza, la cooperazione in materia di difesa, l’allineamento politico vengono usati come “prove” della subordinazione di Tel Aviv nei confronti di Washington. Di conseguenza, il messaggio implicito che viene veicolato è il seguente: le decisioni che portano a escalation, fallimenti o crisi interne non sono scelte israeliane, ma conseguenze del “diktat” degli americani. L’obiettivo strategico è quello di delegittimare la leadership israeliana, dipinta come incapace di perseguire un interesse nazionale distinto e di alimentare la percezione, presso l’opinione pubblica, di una perdita di sovranità.
Crisi interna e fine del mito della “Start-Up Nation”
Una seconda narrativa insiste sul tema del disfacimento interno. Vengono selezionate notizie su tensioni tra esercito e governo, proteste delle famiglie degli ostaggi, scontri politici e polemiche istituzionali, elementi che vengono ricomposti in un quadro di “crisi sistemica” (crisi economica persistente, flussi migratori in uscita come ad esempio l’insistenza su decine di migliaia di israeliani che avrebbero lasciato il Paese nel 2024, e una crescente disuguaglianza sociale).
L’ICT evidenzia, inoltre, come Al-Khanadeq enfatizzi lo stress economico come fenomeno strutturale, e non congiunturale (erosione del settore tecnologico, tensioni nel mercato immobiliare, fragilità del credito). A tali indicatori viene collegata l’incapacità dello Stato di mantenere il proprio welfare, la resilienza sociale e la capacità di innovazione, suggerendo una inarrestabile spirale di declino del popolo israeliano. L’obiettivo finale è quello di diffondere pessimismo sul futuro, senso di vulnerabilità, percezione che la “narrativa della Start-Up Nation” sia ormai superata da una realtà di precarietà e divisione.
Invincibilità militare, negoziato e centralità della forza armata
Una terza linea narrativa mira a scalfire il mito israeliano di invincibilità militare. Le operazioni contro Hamas e Hezbollah sono presentate come reattive e inefficaci, così come l’eliminazione di leader o comandanti, che viene descritta come irrilevante, perché gli stessi sono “sostituiti in breve tempo”. Anche il vantaggio tecnologico israeliano viene definito incapace di produrre risultati strategici duraturi.
La tesi conclusiva è che Israele è una potenza militare forte ma non efficace. Tali contenuti sono appositamente studiati per indebolire la percezione interna di sicurezza e alimentare nei Paesi arabi la sensazione che l’equilibrio di potere regionale sia ormai cambiato, con un Israele in fase discendente. Al-Khanadeq insiste costantemente anche sulla narrativa in cui il negoziato con Israele è rappresentato come segno di debolezza e come trappola: Tel Aviv viene definita come elemento manipolatore, pronto a usare gli accordi solo per guadagnare tempo, imporre condizioni e dividere i nemici.
Di conseguenza, la vera garanzia di sicurezza per l’“Asse della Resistenza” è solo la forza armata, non la diplomazia. In questo scenario, Hezbollah viene narrato come difensore di “tutto il Libano”, non di una semplice fazione e attore razionale e strategico che difende non solo gli interessi sciiti, ma la causa di un intero fronte regionale anti-israeliano. La narrazione legittima quindi l’escalation armata come unica risposta “coerente” alla minaccia israeliana.
Tecniche digitali e guerra cognitiva nello spazio informativo
Al-Khanadeq non è uno strumento di propaganda grezza. Bensì è un meccanismo di propaganda sofisticata che usa tattiche tipiche delle moderne operazioni di influenza. Il canale parte spesso da eventi reali – dati economici, frizioni politiche, proteste sociali – ma li seleziona, enfatizza e ricombina in cornici interpretative che ne alterano il significato. In altri termini, si tratta di una tecnica di framing: non si inventano necessariamente le notizie, si manipola il modo in cui vengono percepite.
Per la veicolazione dei contenuti si utilizzano dei meccanismi di multi-canalità e cross-posting, ovvero i contenuti simili vengono adattati a formati diversi. Il report ICT non entra in dettaglio sugli strumenti tecnologici, ma, per la scala e la rapidità delle operazioni descritte, è ragionevole ipotizzare (con le dovute cautele) l’uso di:
- traduzione automatica avanzata, per produrre in tempi brevi contenuti in ebraico a partire da testi in arabo o inglese
- monitoraggio social e OSINT automatizzato, per intercettare in tempo reale notizie su crisi politiche, economiche e sociali da re-impacchettare
- strumenti di editing grafico e, sempre più spesso, di generazione assistita da IA per immagini, infografiche e video
Queste capacità sono ormai accessibili a costo contenuto e hanno già trovato impiego in altre campaign digitali legate a contesti mediorientali, inclusi casi documentati di uso di deepfake, contenuti manipolati e bot network per amplificare messaggi e intimidire oppositori.
Per l’Europa, il punto critico è che non servono infrastrutture statali complesse per condurre operazioni di influenza di medio impatto: basta combinare:
- know-how narrativo,
- conoscenza delle vulnerabilità sociali del target,
- piattaforme aperte e strumenti di IA disponibili sul mercato.
Va sottolineato che la presenza su Telegram e X consente reazioni quasi in tempo reale agli eventi in Israele, dando al canale un’apparenza di immediatezza e “vicinanza” rispetto ai media tradizionali, percepiti come lenti e filtrati. Si tratta di una forma di cognitive warfare, in cui l’obiettivo non è “informare”, ma modellare percezioni, emozioni e comportamenti di un pubblico selezionato.
Va altresì evidenziato che Al-Khanadeq va collocato dentro un più ampio ecosistema mediatico:
- il Lebanese Communication Group, controllato da Hezbollah, gestisce da anni emittenti come Al-Manar TV e la radio Al-Nour, con funzioni di propaganda e mobilitazione interna
- l’IRTVU (Islamic Radio and Television Union), vicino all’IRGC iraniano, coordina un network di media affini in diversi Paesi, facilitando la circolazione di narrative pro-iraniane e pro-Hezbollah
- analisi OSINT recenti hanno evidenziato campagne digitali orchestrate da account pro-Hezbollah contro giornalisti libanesi critici, con uso di contenuti manipolati e minacce, a dimostrazione di una capacità consolidata di intimidazione e influenza online
Al-Khanadeq è quindi un nodo specializzato di questo ecosistema: dedicato non alla base sciita libanese, ma all’opinione pubblica israeliana, con contenuti ebraici “nativi”.
Per l’Europa, il punto critico è che non servono infrastrutture statali complesse per condurre operazioni di influenza di medio impatto, basta semplicemente combinare:
- know-how narrativo,
- conoscenza delle vulnerabilità sociali del target,
- piattaforme aperte e strumenti di IA disponibili sul mercato.
Implicazioni europee della guerra cognitiva di Hezbollah
L’analisi di Al-Khanadeq parla direttamente anche a noi, per almeno quattro motivi. Il primo è riferibile all’esportabilità dei metodi. Le tecniche di Al-Khanadeq sono altamente trasferibili poiché consentono: la scelta di un target linguistico specifico (per esempio comunità diasporiche in Europa), la costruzione di canali “indipendenti” che in realtà amplificano narrative di attori ostili, e l’uso di temi sensibili (crisi economiche, immigrazione, sicurezza urbana, fiducia nelle istituzioni) per polarizzare il dibattito.
Di conseguenza, non è difficile immaginare l’attivazione di campagne simili dirette:
- verso comunità mediorientali in Europa,
- verso ambienti politici polarizzati su Gaza, Ucraina, Iran,
- verso ecosistemi informativi locali fragili, in cui il fact-checking è debole.
Operazioni di questo tipo non puntano solo a influenzare la percezione del conflitto mediorientale, ma possono alimentare tensioni sociali interne (per esempio tra comunità di origine diversa), e al contempo possono produrre livelli elevati di esasperazione e narrazioni anti-istituzionali, presentando l’UE e i governi nazionali come complici o burattini di attori esterni.
Inoltre possono consentire di sfruttare l’ambiguità tra legittimo dissenso politico e propaganda di gruppi designati come terroristici da molte giurisdizioni occidentali. Se l’Europa ha iniziato a dotarsi di strumenti come il Digital Services Act (DSA), che impone obblighi di trasparenza, gestione dei contenuti illeciti e mitigazione dei rischi sistemici alle grandi piattaforme, va considerato che canali come Al-Khanadeq operano spesso su piattaforme e hosting fuori dallo spazio giuridico UE, giocano sul confine tra opinione politica e incitamento, e possono continuamente riaprirsi sotto nuove etichette.
In un mondo in cui la linea di confine tra guerra e pace è sempre più sfumata, la vera domanda non è se attori come Hezbollah utilizzeranno questi strumenti anche al di fuori del Medio Oriente, ma quando e come. Prepararsi oggi, partendo da casi come Al-Khanadeq, significa ridurre la distanza tra la retorica sulla “resilienza” e la capacità concreta di difendere il nostro spazio informativo.












