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Ue, competenze digitali in crisi: come non far saltare gli obiettivi 2030



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Il rapporto 2025 sullo stato del Decennio Digitale evidenzia per l’Ue ottimi progressi insieme ad alcune aree critiche, come quella relativa alle competenze. Per le competenze digitali di base, poiché i dati sono relativi al 2023, il focus è sulle azioni in corso e sulle nuove roadmap nazionali verso gli obiettivi 2030, compresa quella italiana

Pubblicato il 26 giu 2025

Nello Iacono

Esperto processi di innovazione



quantum computing europa competenze digitali nella ue

Il Rapporto 2025 sullo Stato del Decennio Digitale consente un’analisi di ampio respiro sui processi di trasformazione digitale dell’Ue.

Sono stati compiuti progressi in settori come la digitalizzazione dei servizi pubblici, la copertura 5G di base e l’implementazione di nodi edge per un’elaborazione dei dati più rapida ed efficiente, ma permangono aree critiche.

Le aree critiche del decennio digitale europeo

D’altra parte, la spinta del programma per il Decennio Digitale ha portato gli Stati membri a impegnarsi per dare seguito alle raccomandazioni dello scorso anno, elaborando delle tabelle di marcia composte complessivamente da 1.910 misure per un valore di oltre 288 miliardi di euro (1,14% del PIL dell’UE).

Tra le principali aree critiche, oltre quella relativa alle competenze, che approfondisco nel seguito, il rapporto ne evidenzia alcune che minano nel profondo l’indipendenza e la crescita europea:

  • il ritardo nell’implementazione delle infrastrutture di connettività, come la fibra ottica e le reti 5G stand-alone, con i cavi dati sottomarini e i sistemi satellitari che rimangono sottosviluppati e vulnerabili alle dipendenze esterne e ai rischi per la sicurezza;
  • l’adozione lenta dell’Intelligenza Artificiale (IA), del cloud e dei big data da parte delle aziende, per cui l’UE continua a dipendere da fornitori esterni per i servizi di IA e cloud, spesso utilizzati nei servizi pubblici, oltre che per la produzione di semiconduttori e componenti infrastrutturali quantistici;
  • l’intensificazione della vulnerabilità e delle disuguaglianze: l’88% degli europei esprime preoccupazione per le fake news e la manipolazione online e il 90% considera la protezione dei minori online una priorità fondamentale. Questi rischi, amplificati dall’IA e dalle piattaforme online, minacciano di minare l’integrità democratica, approfondendo la polarizzazione e il divario sociale.

Competenze digitali di base: la situazione europea

C’è poi il tema delle competenze, di base e avanzate. Come rileva il rapporto, con la crescente diffusione delle tecnologie digitali, le persone interagiscono quotidianamente con algoritmi integrati nei social media, nei motori di ricerca e nelle piattaforme di shopping, spesso senza rendersi conto di come questi sistemi plasmino ciò che vedono, ciò che scelgono e il loro modo di pensare. La consapevolezza algoritmica e l’alfabetizzazione in materia di IA sono sempre più indispensabili.

L’obiettivo al 2030 del Digital Decade è che l’80% delle persone di età compresa tra 16 e 74 anni possieda competenze digitali almeno di base. Nella rilevazione del 2023 (ultimo dato disponibile) la media UE è del 56%, con un divario di oltre 50 punti percentuali tra i primi Stati membri (Paesi Bassi e Finlandia, con una percentuale oltre l’80%) e l’ultimo (Romania).

Secondo le previsioni elaborate rispetto al trend attuale, solo il 74,8% dell’obiettivo sarà realizzato entro il 2030, raggiungendo il 59,8% anziché l’80%. A questo ritmo molto lento, si prevede che l’obiettivo completo non sarà ottenuto prima del 2063 se non verranno intraprese ulteriori azioni.

Come sappiamo Il livello di istruzione rimane un forte predittore delle competenze digitali. Secondo il Digital Skills Indicator (DSI), nel 2023 il divario nelle competenze digitali almeno di base tra gli individui con un elevato livello di istruzione formale e quelli con un’istruzione formale scarsa o nulla era di 46,2 punti percentuali. Si presume che gli individui possiedano competenze digitali quando svolgono un’attività online o utilizzano un software. Il DSI suggerisce che la creazione di contenuti digitali e le competenze di sicurezza siano le aree più deboli, evidenziando lacune nelle competenze di programmazione, nella gestione dei dati e nelle pratiche di base della sicurezza informatica.

La domanda del mercato del lavoro rimane concentrata e disomogenea. Uno studio esplorativo del Centro Comune di Ricerca (JRC) ha rilevato che il 27% degli annunci di lavoro richiedeva almeno una competenza digitale del framework DigComp.

Divari generazionali e sociali nelle competenze digitali

Le generazioni più anziane continuano a essere in ritardo. In tutta l’UE, si registra un divario di 41,8 punti percentuali nelle competenze digitali di base tra le persone di età compresa tra 16 e 24 anni e quelle di età compresa tra 65 e 74 anni.

Un altro studio del JRC ha individuato nei giovani (16-24 anni) con un basso livello di istruzione, nei lavoratori manuali e nei disoccupati o al di fuori del mercato del lavoro un’elevata probabilità di mancanza di competenze digitali di base. Ad esempio, i giovani di età compresa tra 16 e 24 anni con un basso livello di istruzione hanno una probabilità del 43% di essere esclusi digitalmente.

Le iniziative Ue per le competenze digitali dei cittadini

Le iniziative Ue promuovono le competenze digitali dei cittadini (anche nelle scuole), oltre che sostenere l’apprendimento digitale permanente e garantire che l’accesso alla formazione sulle competenze digitali sia accessibile a tutti i segmenti della società.

Come sottolineato nella relazione Draghi e ribadito nella Bussola della Competitività, investire nelle competenze digitali è essenziale per rivitalizzare il capitale umano europeo, promuovere l’innovazione e garantire la prosperità a lungo termine.

L’insieme degli interventi legato alla Union of Skills riflette la visione strategica dell’UE per fornire alle persone gli strumenti necessari per avere successo nell’apprendimento, nel lavoro e nella vita quotidiana, ponendo particolare attenzione al rafforzamento delle competenze digitali di base e alla costruzione di un sistema di istruzione e formazione resiliente e in una prospettiva di futuro. In quest’ambito la Commissione proporrà una tabella di marcia per il 2030 sul futuro dell’istruzione e delle competenze digitali, per promuovere l’accesso universale all’istruzione digitale per tutti, parallelamente allo sviluppo di un quadro di alfabetizzazione all’IA e al sostegno dell’integrazione dell’IA nei contesti educativi.

Tra le iniziative della Union of Skills c’è da segnalare la DSJP (Digital Skills and Jobs Platform) che consente una vista organica delle iniziative delle Coalizioni Nazionali per le competenze digitali (25 coalizioni nazionali e 22 portali nazionali collegati alla piattaforma, che offrono aggiornamenti sulle iniziative nazionali e supportano la cooperazione tra gli Stati membri, inclusa l’Italia) e costituisce una sorta di sportello unico che collega gli utenti a risorse e opportunità di apprendimento di alta qualità, che vanno dalle competenze digitali di base alle specializzazioni avanzate. La Commissione sta anche lavorando per aggiornare il DigComp alla versione 3.0, per una maggiore omogeneità nella verifica degli apprendimenti, mentre è sui progetti Erasmus+ che basa il sostegno per la costruzione di sistemi di apprendimento permanente.

Buone pratiche nazionali per le competenze digitali di base

Per raggiungere gli obiettivi del Decennio Digitale 2030, gli Stati membri stanno implementando un’ampia varietà di misure volte a rafforzare le competenze digitali in tutte le fasce della popolazione. Il repository “Best Practice Accelerator” promosso dalla Commissione UE sta favorendo lo scambio di esperienze nazionali e l’individuazione di sfide comuni, nonché promuovendo l’apprendimento tra pari, raccogliendo le buone pratiche segnalate dagli Stati Membri, anche grazie alla collaborazione delle Coalizioni Nazionali tramite la DSJP.

Tra queste:

  • la Slovenia ha contribuito con quattro iniziative: formazione gratuita per adulti per oltre 23.000 persone, svoltasi nell’arco di tre mesi; l’implementazione a livello nazionale dei Digi Info Point; il progetto Mobile Heroes, che porta aule digitali direttamente agli anziani delle aree rurali; e un’iniziativa rivolta ai giovani a supporto della formazione non formale, in linea con DigComp 2.2;
  • Il programma francese Conseillers Numériques ha integrato consulenti qualificati negli spazi comunitari, raggiungendo quasi cinque milioni di persone;
  • l’Italia ha mobilitato i giovani attraverso il Servizio Civile Digitale e ha creato una rete di supporto nazionale (gli oltre 3400 Punti Digitale Facile);
  • Il Belgio ha formato oltre 6.000 dipendenti pubblici nell’ambito dei suoi sforzi per lo sviluppo dei talenti nella pubblica amministrazione.
  • la piattaforma spagnola Generation D offre oltre 1.700 risorse collegate a uno strumento di autovalutazione basato su DigComp;
  • la Finlandia ha introdotto un quadro nazionale di competenze digitali, finanziando oltre 150 progetti locali con una forte enfasi sull’educazione della prima infanzia;
  • il DigitalPakt Alter tedesco ha creato oltre 300 hub locali per supportare gli anziani in ambienti di apprendimento digitale affidabili e a bassa pressione.

La maggior parte delle iniziative si basa sull’apprendimento informale, con collegamenti limitati a qualifiche formali o risultati riconosciuti. Molte sono progetti pilota o dipendono da finanziamenti a breve termine, e le valutazioni d’impatto sistematiche sono rare. Ciò rende difficile valutare i progressi a lungo termine o ampliare gli sforzi in modo sostenibile.

Tuttavia, diversi fattori di successo sono evidenti: le pratiche efficaci tendono a essere integrate nelle strategie digitali nazionali, implementate attraverso partnership intersettoriali e fornite da attori autorevoli all’interno delle comunità. Questi approcci condividono l’impegno a rendere la trasformazione digitale inclusiva, aiutando le persone non solo ad accedere ai servizi, ma anche ad acquisire la fiducia necessaria per partecipare pienamente alla società digitale.

Specialisti ICT: sfide e prospettive al 2030

Con l’aumento della domanda di specialisti in settori quali l’IA, la cybersecurity e i semiconduttori, l’UE si trova ad affrontare la duplice sfida di potenziare una forza lavoro tecnicamente qualificata, garantendone al contempo la diversità, l’adattabilità e la sostenibilità a lungo termine. Affrontare le carenze e le lacune persistenti in questi settori in forte crescita, anche sostenendo la convergenza di genere, sarà essenziale non solo per raggiungere l’obiettivo del Decennio Digitale di 20 milioni di specialisti ICT entro il 2030, ma anche per rafforzare la capacità industriale, la leadership tecnologica e l’autonomia strategica dell’Europa nell’era digitale.

Il numero totale di specialisti ICT occupati è aumentato di 471.000 unità, passando da circa 9,8 milioni nel 2023 a 10,3 milioni nel 2024, con una crescita del 4,8%. Tuttavia, nel 2024 (ultimi dati disponibili) gli specialisti ICT rappresentano ancora solo il 5,0% dell’occupazione totale nell’UE, solo in leggero aumento rispetto al 4,8% del 2023.

Secondo le previsioni basate sull’attuale trend, si prevede che circa 12,4 milioni di specialisti ICT saranno occupati entro il 2030, il che significa che solo il 62% dell’obiettivo sarà raggiunto entro il 2030 e che l’obiettivo completo ci sarà solo nel 2051 se non verranno intraprese ulteriori azioni.

Il divario di genere negli specialisti ICT europei

Secondo i dati del 2024, le donne rappresentano il 19,5% degli specialisti ICT occupati, senza variazioni significative rispetto al 2023, quando si attestava al 19,4%. Nell’ultimo decennio, il divario di genere nell’occupazione ICT è rimasto pronunciato, con gli uomini che superano costantemente le donne di circa 60 punti percentuali: la rappresentanza femminile ha oscillato tra il 16,2% e il 19,5%, mentre quella maschile tra l’80,5% e l’83,8%.

La crescente domanda di competenze digitali avanzate

La forza lavoro dell’UE nel settore dei dati e dell’intelligenza artificiale è in rapida espansione, ma la carenza strutturale di lavoratori si sta aggravando. Il numero di professionisti dei dati nell’UE ha raggiunto gli 8,23 milioni nel 2024, il 4,5% dell’occupazione totale e con un tasso di crescita del 4,2% rispetto all’anno precedente. Questa crescita è stata trainata principalmente dall’ascesa dell’intelligenza artificiale e dalla crescente domanda di processi decisionali basati sui dati. Ma il mismatch con le esigenze di mercato rimane significativo: l’attuale divario si attesta a 500.000 lavoratori, pari al 5,7% della domanda complessiva. Con l’attuale trend il deficit potrebbe raggiungere le 631.000 unità e fino a 839.000 in uno scenario di crescita elevata entro il 2030.

Da considerare, infatti, che la domanda di competenze avanzate in IA sta accelerando in tutti i settori ed entro il 2027, si prevede che l’UE avrà bisogno di un numero compreso tra 6,2 e 7 milioni di lavoratori con competenze avanzate in IA. Si tratta di profili tecnici come ingegneri di apprendimento automatico, sviluppatori di IA e ingegneri di prompt, ma anche profli non tecnici in settori come sanità, produzione, finanza e pubblica amministrazione. Infatti, oltre alle competenze tecniche, questi profili ibridi richiedono conoscenze interdisciplinari per affrontare le dimensioni etiche, legali e organizzative dell’IA.

Secondo le stime del Cedefop, circa il 61% dei lavoratori avrà bisogno di qualche competenza legata all’IA per gestire l’impatto in continua evoluzione sul proprio lavoro.

Il divario significativo tra domanda e offerta di profili qualificati riguarda, oltre l’IA, anche altri ambiti come la cybersecurity (divario di 299.000 unità già nel 2024) e i semiconduttori (circa 270.000 posizioni entro il 2030, principalmente in funzioni tecniche fondamentali per la progettazione, la fabbricazione e il packaging dei chip).

Iniziative Ue per specialisti ict e competenze avanzate

Le iniziative citate, la Union of Skills e il Piano d’azione per l’IA, contribuiscono specificamente anche allo sviluppo di competenze digitali avanzate e si inseriscono in una strategia più ampia volta a rafforzare la sovranità tecnologica e la capacità di innovazione dell’Europa.

Ad esempio, nel campo della sicurezza informatica, l’UE ha rafforzato la sua risposta attraverso la Cybersecurity Skills Academy oltre che con i centri di coordinamento nazionali nell’ambito del Centro europeo di competenza per la cybersecurity, in modo da supportare l’attuazione a livello nazionale.

Allo stesso tempo, nel campo dei semiconduttori, l’Alleanza industriale sulle tecnologie dei processori e dei semiconduttori ha istituito un gruppo di lavoro dedicato, e così anche, per la quantistica, nell’ambito della Dichiarazione europea sulla sicurezza quantistica, si stanno sviluppando cluster coordinati per sostenere la formazione, la ricerca e l’innovazione nelle tecnologie quantistiche.

Infine, per promuovere una maggiore diversità di genere nelle professioni ICT, la Commissione ha lanciato il progetto WIDCON (Connecting Women in Tech), che mira a comprendere meglio gli ostacoli alla partecipazione delle donne alle ICT e a creare una rete di esperti e professionisti per individuare e diffondere soluzioni efficaci.

Azioni nazionali per specialisti ICT e preparazione all’IA

Diversi Stati membri hanno dato priorità alle riforme per rafforzare la transizione dall’istruzione al lavoro. Ad esempio,

  • in Repubblica Ceca, l’informatica e il pensiero computazionale sono stati formalmente integrati nei curricula scolastici;
  • la strategia nazionale STEM della Finlandia ha raggiunto oltre 100.000 studenti e 11.000 professionisti attraverso la formazione degli insegnanti e il cambiamento sistemico, ad esempio l’aggiornamento dei curricula scolastici;
  • l’iniziativa austriaca per le Competenze Digitali combina la sensibilizzazione ai cittadini con il supporto per gli apprendistati ICT e il coordinamento istituzionale.

Un ampio gruppo di buone pratiche segnalate si concentra sullo sviluppo dell’alfabetizzazione e della preparazione all’IA nel settore pubblico:

  • la Germania ha tre iniziative faro: AI Studios, che utilizza la formazione partecipativa sul posto di lavoro per demistificare l’IA; BeKI, un centro di consulenza nazionale che fornisce indicazioni sull’IA basate sulla scienza a tutti i settori; e KIPITZ, una piattaforma progettata per introdurre concetti e casi d’uso dell’IA ai dipendenti pubblici;
  • il programma nazionale di formazione greco per i dipendenti pubblici, implementato in collaborazione con Microsoft, rafforza le capacità del settore pubblico in materia di IA, cloud e sicurezza informatica attraverso moduli di apprendimento mirati;
  • in Irlanda, il programma SuCcES ha introdotto riforme strutturali per migliorare il reclutamento e il mantenimento delle donne nei ruoli informatici accademici, mentre la rete INGENIC promuove la collaborazione interuniversitaria su misure di parità. Il modello di mentoring della TU Dublin supporta le studentesse nei primi anni di studio per rafforzare il senso di appartenenza e ridurre i tassi di abbandono;
  • l’iniziativa croata “Girls in ICT” ha ispirato due iniziative in Lussemburgo: “Girls Deploy Your Digital Talent” e “Girls in ICT Day”, entrambe volte a motivare le ragazze adolescenti a esplorare carriere nel settore ICT;
  • il programma romeno per le competenze nelle tecnologie avanzate per le PMI offre un aggiornamento professionale su larga scala nelle tecnologie di frontiera – intelligenza artificiale, RPA, big data e cloud – a oltre 2.000 aziende.

Molti paesi continuano ad affrontare carenze di docenti qualificati e non dispongono di sistemi ben sviluppati per l’orientamento professionale nel settore ICT. I percorsi di specializzazione nell’ambito dell’istruzione formale si stanno sviluppando lentamente e gli sforzi per trattenere le donne e altri gruppi sottorappresentati in ruoli specialistici non sono ancora supportati da strutture a lungo termine.

Italia: competenze digitali di base e roadmap nazionale

Il Rapporto mette in evidenza i notevoli progressi che l’Italia ha compiuto nel potenziamento delle infrastrutture e dei servizi pubblici digitali (dove ha registrato un balzo del 15%), oltre a rilevare le sfide nell’adozione dell’IA e nella crescita delle startup, pur mantenendo un ruolo di leadership in tecnologie strategiche come la tecnologia quantistica e i semiconduttori.

Rispetto alle competenze digitali di base, poiché gli ultimi dati sono relativi al 2023, l’analisi si focalizza sulle azioni in corso e sulla tabella di marcia definita per la roadmap nazionale per il Decennio Digitale, in cui viene indicato un obiettivo molto ambizioso.

Infatti, se nel 2023, era solo il 45,8% della popolazione italiana a possedere competenze digitali almeno di base, contro una media UE del 55,6%, l’obiettivo nazionale per il 2030 è dell’80,1%.

Per raggiungere questo obiettivo l’Italia deve muoversi da una situazione di partenza con alcuni tratti specifici:

  • la differenza nelle competenze digitali tra uomini e donne italiani è evidente, con il 47,36% degli uomini e il 44,16% delle donne che possiedono almeno competenze digitali di base, anche se riguarda principalmente le fasce di età più avanzate (fino ai 59 anni non si registrano differenze di genere);
  • la correlazione tra istruzione e competenze digitali ha un impatto notevole. In Italia, il 74,09% di coloro che hanno un livello di istruzione superiore possiede competenze digitali almeno di base, una percentuale comunque inferiore alla media UE (79,83%). Chi ha un livello di istruzione inferiore è particolarmente svantaggiato, con solo il 22,57% che possiede competenze digitali almeno di base, con un divario di 23,18 punti percentuali rispetto alla media nazionale, poco superiore al divario medio UE;
  • gli italiani che vivono in zone rurali hanno meno probabilità di possedere competenze digitali almeno di base, con una quota del 41%, inferiore alla media UE per le aree rurali (48%);
  • i giovani, in particolare quelli di età compresa tra 16 e 24 anni, rappresentano il gruppo con le maggiori competenze digitali, con il 59%, ma questa percentuale è ancora al di sotto della media UE (70%). Gli adulti di età compresa tra 65 e 74 anni presentano la più bassa percentuale, con il 19%, anch’essa al di sotto della media UE (28%);
  • l’Italia si colloca al di sotto della media UE in tutte e cinque le aree dell’Indice delle Competenze Digitali (le aree di competenza DigComp). La sua migliore performance si registra nelle competenze comunicative e di collaborazione, con l’84%, ma anche questo punteggio è inferiore alla media UE. L’area che necessita di maggiori miglioramenti sono le competenze in materia di sicurezza, con una percentuale del 59%, anch’essa al di sotto della media UE.

La roadmap nazionale per le competenze digitali di base

L’Italia ha quindi fissato un obiettivo ambizioso nella sua tabella di marcia verso il 2030 che, nell’ambito dell’adeguamento del 2024, è stato rivisto e aumentato all’80,1%.

Il Rapporto rileva che in questo adeguamento l’Italia ha anche rafforzato le misure chiave per il miglioramento delle competenze digitali di base, proseguendo con le azioni avviate con il PNRR e garantendone la prosecuzione dopo il 2026. Questo riguarda, oltre il Servizio Civile Digitale, anche la Rete dei servizi di facilitazione digitale, che ha avuto un finanziamento di 135 milioni di euro, e che oggi, con l’apertura di oltre 3.400 Punti Digitale Facile in tutto il Paese, ha supportato oltre un milione di persone nell’utilizzo dei servizi digitali e di Internet. Entrambe le misure, insieme al Fondo per la Repubblica Digitale, sono state presentate dall’Italia come buone pratiche nell’iniziativa BPA, dell'”acceleratore di buone pratiche”, una piattaforma che consente agli Stati membri di condividere misure di successo e sfide incontrate nel raggiungimento degli obiettivi del Decennio Digitale.

L’adeguamento dell’obiettivo è supportato dal rafforzamento di Repubblica Digitale, l’iniziativa strategica lanciata nel 2019 e parte della rete europea delle Coalizioni Nazionali per le Competenze e l’Occupazione Digitale. All’inizio del 2025, Repubblica Digitale contava oltre 350 iniziative promosse dalla società civile, dalla pubblica amministrazione e dal settore privato, la maggior parte delle quali (241) mirate alle competenze digitali di base e alla cittadinanza digitale.

Sempre nell’ambito del piano operativo di attuazione della strategia per le competenze digitali più azioni concorrono all’obiettivo dell’80,1%, in linea con le raccomandazioni UE, attraverso interventi già in essere e altri in corso di avvio:

  • il nuovo piano operativo del Fondo per la Repubblica Digitale, che ha messo a disposizione 100 milioni di euro per il biennio 2025-2026;
  • gli interventi nel settore dell’istruzione, dove il miglioramento delle competenze digitali di base è attuato attraverso più misure del PNRR: Scuola 4.0 (2,1 miliardi di euro), Educazione digitale e formazione degli insegnanti (800 miliardi di euro) milioni di euro), Nuove competenze e lingue – STEM (1,1 miliardi di euro). Queste misure raggiungono un totale di 8,5 milioni di cittadini, tra studenti e insegnanti. Nella logica dell’ampliamento dei programmi di formazione digitale nelle scuole e l’aumento dell’interesse per le discipline STEM sono da evidenziare anche la piattaforma per la formazione digitale di insegnanti e formatori e il piano nazionale per la scuola digitale. Secondo i dati del 2024, il 94% delle scuole sta implementando progetti per lo sviluppo delle competenze digitali;
  • l’estensione dell’esperienza del Servizio Civile Digitale;
  • il rafforzamento della Rete dei servizi di facilitazione digitale, attraverso l’aumento delle capacità formative dei Punti Digitale Facile (si è appena concluso un Bando su questo in sinergia con il Fondo), la creazione delle condizioni per la prosecuzione delle attività dei servizi di facilitazione digitale dopo la conclusione del PNRR, l’ampliamento e l’utilizzo della piattaforma di e-learning già realizzata per formare i facilitatori e i volontari coinvolti nel Servizio Civile Digitale e nella rete dei Punti di Facilitazione Digitale verso altre categorie di utenti;
  • in relazione alle misure per la riqualificazione e l’aggiornamento professionale nel privato sono da evidenziare le azioni dei centri di competenza e le iniziative di Repubblica Digitale, che, all’inizio del 2025, includevano 76 iniziative per rafforzare le competenze digitali per le imprese e il mercato del lavoro;
  • in relazione alla riqualificazione e all’aggiornamento professionale delle pubbliche amministrazioni, il Syllabus continua a essere l’iniziativa chiave in questo ambito. Nel 2024/2025, la formazione è stata estesa all’AI Literacy, inclusa nell’elenco delle competenze digitali di base per i dipendenti pubblici. La formazione è stata sviluppata secondo le linee guida per l’adozione dell’IA nella pubblica amministrazione.

Specialisti ICT in italia: situazione e prospettive

La quota di specialisti ICT rispetto all’occupazione totale in Italia si è attestata al 4% nel 2024 (l’obiettivo nazionale per il 2030, con l’adeguamento della tabella di marcia, è dell’8,4%), contro una media UE del 5%. Non si sono registrati progressi rispetto al 2023.

La percentuale di donne specialiste ICT in Italia è nel 2024 del 17,1%, ancora al di sotto del 19,5% dell’UE, ma con un tasso di crescita significativo dell’8,9%.

Questo dato, come rileva il rapporto, deve essere analizzato in un contesto di bassa occupazione femminile: Il tasso di occupazione femminile era del 56,5% nel 2023 in Italia, uno dei valori più bassi dell’UE (70,2%); allo stesso tempo, il divario occupazionale di genere è quasi il doppio della media UE (19,5 punti percentuali contro 10,2 punti percentuali).

In termini di domanda dal mercato del lavoro, le statistiche sperimentali di Eurostat basate sul web scraping mostrano che in Italia, come nel resto dell’UE, i profili di “sviluppatori e analisti di software e applicazioni” sono i più ricercati, rappresentando il 48,8% degli annunci di lavoro online per specialisti ICT (58,0% a livello UE). Segue il profilo “Installatori e riparatori di elettronica e telecomunicazioni”, che in Italia rappresenta il 16,4% degli annunci di lavoro online (la media UE è del 6,6%).

Secondo i risultati dell’Osservatorio sulle competenze digitali, citati nel rapporto, la domanda di professionisti ICT in Italia è aumentata costantemente tra il 2019 e il 2022 (da circa 20.000 all’inizio del 2019 a circa 60.000 ad aprile 2023). Questa crescita sembra però essersi arrestata tra il 2023 e il 2024, indicando una stabilizzazione della domanda, ad eccezione delle competenze legate all’IA che, invece, hanno registrato una crescita continua dall’inizio del 2023. La domanda riguarda tutti i settori, non solo quello ICT, e – pur raggiungendo un punto di stabilità – rimane elevata e superiore all’offerta di specialisti ICT sul mercato del lavoro. Il divario tra domanda e offerta di competenze, già rilevante, potrebbe essere ulteriormente aggravato dalla fuga di cervelli e dal crescente numero di laureati che emigrano, in forte aumento dal 28,5% nel 2012 al 45,7% nel 2021.

Le azioni in corso e in avvio, sempre nel quadro del piano operativo di attuazione della strategia per le competenze digitali, e che si propongono di supportare l’obiettivo al 2030 si basano su più leve:

  • il rafforzamento dell’offerta accademica, con misure per rafforzare il settore dell’istruzione terziaria non universitaria al fine di sviluppare competenze tecniche di alto livello;
  • l’aumento dei programmi ICT nell’istruzione superiore, incluso il rafforzamento delle accademie ITS, in relazione alle esigenze del mercato del lavoro e in collaborazione con il settore, ad esempio con l’istituzione di un nuovo percorso formativo (filiera formativa tecnologico-professionale 4+2) per dotare gli studenti di competenze tecnologiche in linea con le esigenze della forza lavoro e per facilitare la transizione verso l’istruzione terziaria non universitaria (ITS Academy, con 35 milioni pianificati nel biennio 2025-26). L’azione include la formazione sul lavoro e sulle materie STEM, con esperti del settore coinvolti sia nella progettazione del curriculum che nella didattica;
  • sempre sui programmi ICT si focalizzano le iniziative intraprese nell’ambito di Repubblica Digitale che si rivolgono anche a specialisti ICT (all’inizio del 2025, erano 34 iniziative relative a competenze specialistiche ICT);
  • in relazione all’adozione di misure specifiche per aumentare la partecipazione delle donne all’istruzione ICT e alle carriere nel settore ICT, si segnalano essenzialmente i progetti aderenti alla Coalizione Repubblica Digitale, come ad esempio il progetto Ragazze Digitali delle Università dell’Emilia Romagna.

Riflessioni conclusive sulle competenze digitali europee

La Dichiarazione sui diritti e i principi digitali include una serie di impegni assunti dagli Stati membri in materia di istruzione, formazione e competenze digitali (ad esempio, promuovere un’istruzione e una formazione digitale di alta qualità, anche al fine di colmare il divario digitale di genere, dare a tutti la possibilità di adattarsi ai cambiamenti introdotti dalla digitalizzazione del lavoro attraverso l’aggiornamento e la riqualificazione, ecc.).

Dal Rapporto 2025 sullo stato del decennio digitale emerge, nell’ambito delle competenze, un quadro ancora disarmonico, con diverse iniziative interessanti e che andrebbero supportate (nel caso delle competenze digitali di base e dell’Italia, penso ai Punti Digitale Facile) per creare una rete dinamica che nel tempo può essere in grado di evolvere come sarà sempre più necessario per l’evoluzione indotta dalle tecnologie e dall’IA in particolare. Anche sul fronte degli specialisti ICT i progetti e le iniziative in ambito europeo non mancano, ma sembrano prive di un quadro organico che, con la forza dimensionata nella relazione Draghi, possa consentire di affrontare in modo efficace le sfide delle aree di maggior criticità evidenziate nel Rapporto. Temi decisivi per il futuro dell’UE.

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