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Il web del futuro è senza browser? L’AI trasforma la navigazione



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L’intelligenza artificiale ridisegna il ruolo dei browser. Tra assistenti integrati, agenti autonomi e protocolli post-umani, si delineano tre scenari possibili. In gioco ci sono miliardi di dollari e il controllo dell’attenzione degli utenti online

Pubblicato il 13 ott 2025

Riccardo Petricca

Esperto Industria 4.0 Innovation Manager



browser AI first; lavoro AI futuro dei browser

L’evoluzione dei browser, per decenni considerati strumenti neutri e quasi invisibili nell’esperienza digitale quotidiana, sta entrando in una fase di trasformazione radicale. Quel software che un tempo era un semplice punto di accesso a Internet si trova ora al centro di una nuova contesa: la lotta per il controllo dell’attenzione, delle abitudini di navigazione e, di conseguenza, dei flussi economici che reggono gran parte dell’economia online.

Se i motori di ricerca hanno dettato le regole della distribuzione dei contenuti negli ultimi vent’anni, l’arrivo massiccio dell’intelligenza artificiale promette di ridisegnare la mappa.

I chatbot che rispondono direttamente alle domande degli utenti, i sistemi di “agenti” digitali capaci di eseguire azioni al posto delle persone e le nuove piattaforme AI-centriche mettono in discussione il ruolo stesso dei browser. Il nodo è chiaro: cosa resta da navigare, se l’AI trova e consegna già la risposta?

Come i browser sono diventati snodi strategici del web

Quando Netscape lanciò il suo Navigator negli anni Novanta, il browser era poco più di un traduttore grafico di codici complessi. Poi arrivarono Explorer, Firefox, Chrome, Safari. Ognuno, a suo modo, ha contribuito a trasformare il browser in un presidio strategico, come una porta d’ingresso attraverso cui passava la quasi totalità delle attività online.

Google ha costruito la sua supremazia proprio grazie a questo snodo, pagando miliardi di dollari per essere il motore di ricerca predefinito. Apple ha incassato, solo nel 2022, oltre 20 miliardi per lasciare spazio a Big G dentro Safari. Ma questo equilibrio, frutto di accordi commerciali e logiche di distribuzione consolidate, appare ora fragile.

Con l’ingresso dell’AI nella quotidianità digitale, il browser rischia di perdere centralità. Se l’utente non digita più query, non apre più schede multiple e non clicca annunci, la catena di valore che sosteneva l’intero meccanismo si incrina.

Tre scenari per il futuro dei browser nell’era AI

Gli analisti delineano oggi almeno tre modelli di sviluppo per il futuro dei browser.

Il primo scenario è quello di un browser potenziato, in cui l’AI diventa un assistente integrato. L’utente chiede al sistema di comparare biglietti aerei, recensire prodotti, organizzare ricerche: il browser esegue in background e restituisce risultati pronti, con un grado di automazione crescente ma sempre sotto controllo umano. È il modello su cui stanno investendo diversi attori, da Microsoft con Edge a start-up come Arc.

L’altro scenario vede il browser come estensione di un’app AI. In questo caso non è l’utente a navigare, ma il chatbot che, emulando i comportamenti di una persona, apre schede, clicca, compila moduli. L’esempio più noto è quello del cosiddetto “AI agent” di ChatGPT, capace di muoversi online in modo semi-autonomo. L’utente rimane spettatore, con un livello di intervento minimo.

L’ultimo scenario è il più dirompente: l’abbandono progressivo del browser tradizionale in favore di protocolli pensati direttamente per l’interazione macchina-macchina. API dedicate, linguaggi come MCP o A2A consentono agli agenti digitali di interagire con i servizi online senza più passare da un’interfaccia costruita per l’uomo. È la prospettiva di un web “post-umano”, dove il concetto di navigazione si dissolve.

La posta in gioco economica e la crisi del modello pubblicitario

Se il valore strategico dei browser è sempre stato legato alla loro funzione di distribuzione, l’arrivo dell’intelligenza artificiale impone una domanda: quanto varrà in futuro l’attenzione degli utenti?

Per dare un ordine di grandezza, basta ricordare che Chrome conta oltre tre volte gli utenti di Safari. In teoria, un cambio di proprietà o un diverso accordo di default potrebbe generare flussi da oltre 60 miliardi di dollari l’anno. Ma l’assunto regge solo se le persone continueranno a utilizzare i browser nello stesso modo.

L’ipotesi alternativa è quella di un crollo degli introiti pubblicitari legati alla ricerca tradizionale. Se le query diminuiscono e le risposte vengono fornite direttamente da un modello di linguaggio, gli spazi per gli annunci si riducono drasticamente. Per i colossi del digitale, questo non è un dettaglio: è il cuore del loro modello di business.

Strategie e protagonisti della trasformazione

A rendere più incerta la partita è la varietà di attori che si stanno muovendo.

  • Google deve giocare in difesa, consapevole che un’integrazione troppo aggressiva dell’AI in Chrome potrebbe alimentare nuove accuse di abuso di posizione dominante.
  • OpenAI studia un proprio browser, con l’obiettivo di offrire un’esperienza seamless tra chatbot e navigazione.
  • Apple, storicamente più cauta, potrebbe sfruttare l’occasione per consolidare la fedeltà al suo ecosistema, integrando AI nei dispositivi prima che nei browser.
  • Start-up come Perplexity guardano con interesse alla possibilità di acquisizioni clamorose, nel tentativo di ritagliarsi uno spazio nel mercato.

    Il risultato è un quadro frammentato, in cui le strategie si intrecciano con cause antitrust, pressioni regolatorie e un’opinione pubblica sempre più sensibile al tema della privacy.

Il ruolo decisivo degli utenti nella nuova navigazione

Dietro le dinamiche e le logiche economiche, resta l’elemento più imprevedibile, il comportamento degli utenti. La curiosità, l’abitudine a esplorare, la necessità di verificare fonti diverse sono fattori che difficilmente l’automazione potrà cancellare del tutto.

Se è vero che per compiti ripetitivi o informativi l’AI può offrire scorciatoie, resta da capire se le persone accetteranno di delegare completamente la navigazione. In gioco c’è la praticità, la percezione di autonomia e controllo.

Non a caso, molti osservatori ritengono che il browser non sparirà, ma si trasformerà in un hub ibrido in cui ci sarà meno spazio all’inserzione pubblicitaria, più servizi a valore aggiunto, maggiore integrazione con l’identità digitale e con i sistemi di sicurezza.

Un equilibrio da ricostruire tra aziende, regolatori e utenti

Il futuro dei browser non sarà scritto da un singolo attore né da una singola tecnologia. Sarà il risultato di una negoziazione continua tra aziende, regolatori e, soprattutto, utenti.

Quel che appare certo è che i prossimi anni segneranno la fine dell’era dei browser come li abbiamo conosciuti.

Non è detto che sopravviveranno in forma tradizionale. Ma se lo faranno, sarà perché avranno saputo reinventarsi, abbandonando il ruolo di semplici porte d’ingresso ad internet per diventare veri e propri assistenti digitali, capaci di accompagnare l’utente in un ecosistema sempre più complesso.

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