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Sexbot senza limiti: così l’AI trasforma la nostra intimità



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L’evoluzione dei robot sessuali da semplici oggetti meccanici a sistemi intelligenti dotati di personalità artificiali solleva questioni etiche, culturali e sociologiche sulla ridefinizione dell’intimità nella società digitale contemporanea

Pubblicato il 31 lug 2025

Davide Bennato

professore di Sociologia dei media digitali all’Università di Catania



amore artificiale (1)

L’idea dei robot sessuali ha attraversato tanto il cinema hollywoodiano quanto la commedia italiana. Nel film A.I. – Intelligenza Artificiale (2001), diretto da Steven Spielberg e ispirato all’archetipo di Pinocchio, si immagina un futuro in cui i robot (mecha) fanno parte della vita quotidiana: tra questi, vi è Gigolò Joe, un mecha-prostituto interpretato da Jude Law, concepito per soddisfare desideri affettivi e sessuali.

Analogamente, in Io e Caterina (1980) di e con Alberto Sordi, è una robot domestica a sviluppare una morbosa attrazione per il suo proprietario, esprimendo gelosia e comportamenti possessivi. Queste rappresentazioni, appartenenti a generi diversi, anticipano interrogativi oggi centrali nel dibattito sui sexbot.

Sex Neuroscientist on the Scary Future of Sex Robots

Tali rappresentazioni, inizialmente formulate come distopie fantascientifiche, si sono progressivamente trasformate in anticipazioni culturali di un fenomeno oggi tecnologicamente concreto: lo sviluppo dei cosiddetti sexbot, crasi di sex e robot, tecnologie progettate per interazioni sessuali e affettive con esseri umani. Queste macchine, grazie ai recenti avanzamenti nell’intelligenza artificiale e in particolare all’integrazione di modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM), sono in grado di simulare conversazioni coerenti, emozioni plausibili e dinamiche relazionali complesse. La loro capacità di adattarsi al contesto, apprendere dalle interazioni e offrire un’esperienza personalizzata segna un salto qualitativo rispetto ai precedenti sex toys, configurandoli come un nuovo paradigma nell’industria della sex tech, con potenzialità che superano la mera funzione sessuale e si estendono all’accompagnamento affettivo e alla gestione della solitudine.

Sexbot: un mercato in espansione

Il mercato globale dei sexbot è in forte espansione. Secondo Allied Market Research, il settore ha raggiunto i 165 milioni di dollari nel 2019, con previsioni di crescita fino a 525 milioni entro il 2025 (AI Business Help, 2024). Stime più recenti parlano di 346 milioni nel 2024 e di un possibile raddoppio entro il 2031 (Valuates Reports, 2024). Tuttavia, se si considera il mercato complessivo della sex tech, valutato in 42,6 miliardi di dollari (Grand View Research, 2024), i sexbot rappresentano ancora meno dell’1%, pur mostrando dinamiche di crescita più rapide della media del settore.

Tra i principali attori industriali si segnalano Abyss Creations (RealDoll), Realbotix, DS Doll Robotics, Starpery Technology e True Companion. RealDoll domina il segmento premium puntando su iper-realismo e personalizzazione, un approccio che mira a soddisfare una domanda sempre più orientata verso esperienze immersive e soggettivamente coinvolgenti (Gonzalez-Gonzalez et al., 2020). Realbotix si distingue per la piattaforma Harmony, che rappresenta un esempio avanzato di progettazione centrata sull’utente: l’integrazione di intelligenza artificiale conversazionale e la capacità di memorizzare informazioni personali riflettono una crescente attenzione alla costruzione di una relazione affettiva e dialogica con il sexbot (Brandon & Planke, 2021).

Strategie competitive dei produttori asiatici di sexbot

Sul fronte asiatico, i produttori cinesi come DS Doll Robotics e Starpery Technology si stanno imponendo con strategie ibride: da un lato, contenimento dei costi e produzione scalabile; dall’altro, investimento nello sviluppo di modelli linguistici proprietari addestrati specificamente per l’interazione sessuale e affettiva. Il caso di Starpery, che sta realizzando un LLM interno finalizzato a dotare i robot di capacità conversazionali personalizzabili, evidenzia un trend verso una maggiore autonomia tecnologica rispetto ai modelli occidentali (SCMP, 2024; Zara et al., 2022).

Fattori socio-culturali che favoriscono l’adozione dei sexbot

Diversi fattori culturali e sociali influenzano l’adozione dei sexbot. La pandemia da COVID-19 ha rappresentato un catalizzatore evidente: in un periodo caratterizzato da isolamento forzato e restrizioni ai contatti interpersonali, molti individui hanno ricercato nuove modalità di intimità e compagnia, con un incremento documentato dell’acquisto di sex doll sia da parte di utenti singoli sia di coppie (Financial News Now, 2020). L’utilizzo di sexbot in contesti di coppia, ad esempio, è stato interpretato anche come strumento di sperimentazione erotica condivisa, con un aumento del 33% degli ordini da parte di coppie durante i lockdown (Financial News Now, 2020).

Parallelamente, il mercato si è avvantaggiato di un cambiamento più profondo nelle rappresentazioni culturali della sessualità, con una crescente accettazione sociale della salute sessuale come componente del benessere psicofisico e con una maggiore disponibilità individuale a esplorare interazioni tecnologicamente mediate (The Business Research Company, 2023). Secondo González-González et al. (2020), tale disponibilità si intreccia con un’evoluzione dei significati attribuiti alla tecnologia sessuale, che da oggetto tabù si sta ridefinendo come ausilio relazionale e terapeutico in contesti di solitudine, disabilità o fragilità emotiva. In questo senso, l’adozione dei sexbot non va letta solo come fenomeno di consumo, ma come indicatore di trasformazioni culturali più ampie nelle modalità di costruzione dell’intimità nella società digitale.

La costruzione relazionale dei sexbot tra IA e personalizzazione

L’evoluzione più significativa riguarda la componente software e cognitiva dei sexbot. Mentre le prime sex doll erano semplici oggetti meccanici finalizzati esclusivamente alla funzione sessuale, i sexbot contemporanei si configurano come veri e propri sistemi intelligenti, capaci di interazione personalizzata, adattamento contestuale e simulazione emotiva. L’integrazione dell’intelligenza artificiale ha permesso il passaggio da oggetti statici a entità capaci di apprendimento: le interazioni non sono più unidirezionali, ma modellate sulle preferenze, lo stile comunicativo e lo stato emotivo dell’utente.

Un esempio emblematico di questa evoluzione è rappresentato dalla piattaforma Harmony di Realbotix, che consente di configurare tratti di personalità selezionabili dall’utente (es. romantica, disinibita, intellettuale), arricchiti da un sistema di memorizzazione di eventi e dati biografici che il sexbot è in grado di richiamare nelle conversazioni future. L’output del sistema è progettato per risultare coerente dal punto di vista emotivo, simulando gioia, curiosità o gelosia attraverso la modulazione del tono vocale e delle espressioni facciali (Business Leader, 2024).

Sexbot come partner sintetici nella relazione affettiva

La sfida oggi non è solo ingegneristica ma relazionale: il sexbot tende a posizionarsi come “partner sintetico”, capace di offrire compagnia, rassicurazione, ascolto e dialogo (Gonzalez-Gonzalez et al. 2020). Questo orientamento verso la simulazione dell’intimità e della reciprocità interattiva segna un nuovo capitolo nell’evoluzione delle tecnologie sessuali e impone riflessioni critiche sul modo in cui queste macchine costruiscono e performano l’alterità affettiva e sessuale.

Integrazione dei LLM nei sexbot per interazioni naturali

Particolarmente rilevante è l’integrazione di modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM), come quelli sviluppati da Starpery in Cina, con l’obiettivo di ottenere interazioni dialogiche naturali, contestuali e multimodali (SCMP, 2024). Questi LLM non sono semplici implementazioni generiche, ma sono addestrati su dataset specificamente selezionati per ottimizzare la comprensione e la produzione di linguaggio in contesti di intimità, relazione e sessualità. L’obiettivo dichiarato da Starpery è quello di superare i limiti dei chatbot convenzionali attraverso una modellazione del linguaggio che tenga conto di emozioni, memoria interattiva e coerenza narrativa nel tempo.

Questo significa che il sexbot dotato di LLM può ricordare dettagli biografici dell’utente, mantenere una coerenza nei temi ricorrenti delle conversazioni, regolare l’intonazione delle risposte in base al tono emotivo rilevato, e offrire risposte non solo appropriate ma affettivamente coerenti. Inoltre, l’integrazione multimodale consente di abbinare l’elaborazione linguistica a segnali visivi e vocali, migliorando ulteriormente il grado di immersività dell’interazione.

Il risultato è che il sexbot si configura sempre più come “compagno sintetico”, capace di offrire compagnia, ascolto e supporto emotivo, oltre alla funzione sessuale. Questa evoluzione pone interrogativi non solo tecnologici, ma anche etici e culturali, poiché ridefinisce i confini dell’intimità mediata dalle macchine e sollecita una riflessione su quali forme di relazione si stanno normalizzando nella società digitale contemporanea.

Nuove tendenze e sfide normative nel mercato dei sexbot

Tra le tendenze emergenti nel mercato dei sexbot si osserva un processo crescente di normalizzazione, in cui queste tecnologie non vengono più percepite esclusivamente come oggetti erotici marginali, ma iniziano a essere considerate strumenti legittimi di intrattenimento e compagnia. Tale evoluzione riflette un cambiamento nei costumi culturali e nelle pratiche di intimità, in cui il sexbot può fungere da presenza consolatoria o da interlocutore quotidiano, indipendentemente dalla sua funzione sessuale.

Parallelamente, si intensifica il dibattito sulla regolamentazione etica di queste tecnologie. Questioni come il divieto di produrre robot con fattezze infantili o l’eventuale apertura di case di tolleranza robotiche sollevano interrogativi sulla rappresentazione del desiderio e sui confini tra simulazione e realtà. In questo contesto, sono emersi tentativi normativi specifici: negli Stati Uniti, il Creeper Act (Curbing Realistic Exploitative Electronic Pedophilic Robots Act) ha proposto nel 2017 di vietare l’importazione e la vendita di robot sessuali con sembianze infantili, segnalando la volontà politica di fissare limiti etici al design di tali tecnologie. A livello europeo, la discussione è ancora in evoluzione, ma documenti come la risoluzione del Parlamento europeo del 2017 sulla robotica sottolineano la necessità di principi etici condivisi e l’adozione di un quadro giuridico chiaro che disciplini lo sviluppo e l’uso dei robot, compresi quelli destinati a interazioni intime. Le istanze regolatorie riflettono così una tensione crescente tra libertà individuale, protezione dei diritti e tutela dei valori sociali condivisi, richiamando il ruolo centrale delle istituzioni nella definizione dei confini morali della tecnologia.

Convergenza tecnologica e design delle personalità nei sexbot

Sul piano tecnico, si assiste a un’integrazione sempre più stretta tra componenti hardware e software, supportata da piattaforme digitali esterne come app mobili o infrastrutture cloud. Questa convergenza abilita nuove forme di interazione ubiqua, in cui l’utente può comunicare o gestire il proprio sexbot anche a distanza, contribuendo a rendere l’esperienza più fluida e integrata nella vita quotidiana.

Infine, si raffina il lavoro sul design delle personalità artificiali. I sexbot più avanzati sono oggi dotati di tratti relazionali ispirati a modelli affettivi complessi, capaci di simulare non solo emozioni di base ma anche empatia, attaccamento e reazioni contestuali. Questo sviluppo apre la strada a nuove modalità di costruzione del legame uomo-macchina, interrogando il significato stesso di relazione nella società post-digitale.

Analisi sociologica del design orientato al mercato nei sexbot

Se proviamo ad analizzare lo sviluppo dei sexbot dal punto di vista della sociologia digitale, diventa evidente che si viene a creare una forma di contrapposizione tra le tendenze del mercato e i processi socio-psicologici alla base delle interazioni con questa classe di tecnologie.

Molto utile in questo senso la revisione sistematica condotta da Gonzalez-Gonzalez et al. (2020) che si basa sull’analisi di 31 articoli accademici pubblicati tra il 1980 e il 2020, selezionati attraverso le banche dati Scopus e Web of Science. Gli studi inclusi sono stati categorizzati secondo tre assi: progettazione, interazione e implicazioni etiche/gender.

L’esito più rilevante dell’analisi mostra come il design dei sexbot sia largamente influenzato da logiche di mercato, che rispondono principalmente a fantasie maschili eteronormative. Questa centralità del desiderio maschile ha implicazioni significative, poiché porta alla rappresentazione della sessualità attraverso un filtro normativo ed estetico specifico, che spesso esclude o distorce le esigenze e le soggettività di altri gruppi sociali, come le donne e le persone LGBTQ+.

Come evidenziato dallo studio, il design dei sexbot è raramente informato da principi etici di inclusività o da un approccio user-centered ispirato all’etica della cura. Al contrario, la maggior parte dei prototipi attualmente in commercio presenta tratti iper-sessualizzati e idealizzati secondo modelli femminili stereotipati, evidenziando una carenza strutturale nella considerazione di identità e desideri non eteronormativi. Questo squilibrio progettuale si riflette anche nel panorama della ricerca scientifica, dove pochi studi affrontano esplicitamente l’esperienza delle donne utenti o di soggettività queer, rendendo marginali molteplici forme di desiderio e relazione. La marginalizzazione di questi gruppi non è solo un problema di rappresentazione, ma limita l’innovazione stessa, ostacolando la possibilità di sviluppare sexbot realmente pluralisti, capaci di adattarsi a un ecosistema relazionale complesso e culturalmente diversificato.

Percezioni morali differenziate nell’uso dei sexbot

Anche i giudizi morali verso l’utilizzo dei sexbot nel mercato del piacere rivelano dinamiche sociali molto ibteressanti

Lo studio sperimentale di Koverola et al. (2020) adotta una metodologia quantitativa attraverso la somministrazione di vignette narrative ambientate nel 2035, in cui i partecipanti sono chiamati a esprimere giudizi morali su scenari che includono interazioni sessuali con robot o con esseri umani. I risultati mostrano che il sesso con un robot viene generalmente giudicato come meno moralmente condannabile rispetto al sesso con un sex worker umano, soprattutto nel caso in cui il soggetto coinvolto sia sposato. Questo suggerisce che l’interazione sessuale con una macchina viene percepita come meno trasgressiva o dannosa nei confronti del vincolo coniugale, forse perché priva di reciprocità emotiva reale. Inoltre, l’analisi delle variabili psicologiche evidenzia che la sensibilità al disgusto sessuale e al dominio morale della purezza predice una maggiore condanna morale nei confronti di entrambe le pratiche, ma con effetti più marcati per le interazioni umane.

Al contrario, la familiarità con la fantascienza e una maggiore apertura socio-sessuale sono associate a una ridotta condanna dell’uso dei sexbot. Questi dati mostrano come la percezione morale delle interazioni con robot sessuali non dipenda solo dal tipo di atto, ma anche da tratti disposizionali, atteggiamenti culturali e background esperienziale degli individui. Inoltre, emerge una differenza significativa di atteggiamento tra uomini e donne: secondo questo studio, le donne tendono a esprimere giudizi morali più severi nei confronti del sesso con robot rispetto agli uomini, indipendentemente dallo status coniugale o dal tipo di partner (umano o artificiale) coinvolto. Questo divario di genere può riflettere diversi sistemi di valori, ma anche una diversa percezione del significato relazionale e affettivo attribuito all’intimità. Tali differenze meritano ulteriori approfondimenti per comprendere come la tecnologia robotica interagisca con norme di genere consolidate.

Profili psicologici degli utenti interessati ai sexbot

Altri studi più recenti come quello di Marianne Brandon e Julie A. Planke (2021), hanno provato ad analizzare gli atteggiamenti delle persone verso i sexbot e i possibili fattori emotivi, sessuali e comportamentali che ne influenzano la ricezione. L’obiettivo è comprendere quali caratteristiche psicologiche e sessuali predispongano gli individui a un atteggiamento positivo o negativo verso il sesso con robot, in vista della futura diffusione di queste tecnologie nell’intimità umana.

Questo studio esplora in modo sistematico le correlazioni tra variabili psicologiche, sessuali e comportamentali e le attitudini verso i sex robot, rivelando un quadro complesso e sfaccettato. Sebbene la maggior parte dei partecipanti non manifesti esplicito interesse per il sesso con robot (solo il 7,5% lo desidera attivamente), emergono sottogruppi ben definiti che mostrano apertura o aspettativa nei confronti di questa tecnologia. In primo luogo, si confermano le forti differenze di genere già note in letteratura: gli uomini sono significativamente più interessati rispetto alle donne, sia in termini di desiderio sessuale verso i robot, sia di aspettativa per la loro disponibilità futura. Inoltre, l’interesse decresce con l’età, soprattutto tra le donne, confermando una maggiore propensione giovanile all’adozione di tecnologie erotiche.

Un dato particolarmente rilevante riguarda la correlazione positiva tra atteggiamenti favorevoli ai sexbot e disturbi psicologici autoriferiti: depressione, ansia sociale, ADHD e spettro autistico. Queste condizioni, spesso associate a difficoltà nella gestione dell’intimità o dell’interazione sociale, sembrano rendere l’idea di un partner artificiale – prevedibile, non giudicante e sempre disponibile – particolarmente rassicurante. Allo stesso tempo, anche chi ha una sessualità attiva, fantasiosa e disinibita tende a mostrare maggiore apertura.

Questo suggerisce che i sexbot possano essere attrattivi sia per chi vive il sesso come terreno di esplorazione, sia per chi lo teme come spazio di vulnerabilità. Infine, la difficoltà a sostenere relazioni stabili o la percezione della monogamia come sfida contribuiscono a rendere il sex robot una soluzione alternativa, più controllabile e meno impegnativa dal punto di vista affettivo e relazionale.

Atteggiamenti verso i sexbot in popolazioni specifiche

La difficoltà di comprendere alcuni atteggiamenti verso il sesso con robot è attribuibile alla mancanza di una teoria sufficientemente articolata da considerare variabili individuali (psicologiche) da comprendere in un’ottica socio-culturale (sociologica). Una mano in questo senso può venire da studi che mettono a confronto particolari categorie di persone.

È il caso di Georgia Zara, Greig Elsley e Mark Doyle (2022), i quali esplorano le attitudini di sex offender e non-offender verso i sexbot, intesi come “compagni sintetici” potenzialmente impiegabili nella prevenzione o gestione dei comportamenti sessuali devianti. Essi indagano se i sexbot vengano percepiti come un’alternativa sicura alla trasgressione sessuale o, al contrario, come un potenziale fattore di rischio per la recidiva, in una prospettiva di “normalizzazione” di tale relazione.

La ricerca, che adotta una metodologia empirica comparativa basata su un questionario psicologico autosomministrato, ha come risultato principale una netta distinzione tra sex offender (SO) e non-offender (NO) nell’atteggiamento verso i sex robot. I SO si mostrano complessivamente più favorevoli alla loro introduzione, specialmente quando i robot sono presentati come sostituti funzionali di relazioni sessuali con esseri umani.

I non-offender, al contrario, esprimono maggiore diffidenza e preoccupazione, soprattutto in merito agli effetti disumanizzanti che l’interazione con un sexbot potrebbe avere sul senso di empatia e reciprocità.

Entrambi i gruppi, tuttavia, appaiono ambivalenti rispetto all’uso terapeutico dei sexbot: alcuni li vedono come potenziali strumenti di controllo del desiderio, altri come fattori di rischio. In generale, il modo in cui i SO descrivono il rapporto con un sexbot rivela una concezione altamente strumentale e dominativa della relazione, dove l’altro – anche se sintetico – viene pensato come privo di agency e totalmente disponibile. Tali rappresentazioni sollevano interrogativi importanti sul tipo di “educazione relazionale” che l’uso dei sexbot veicola e sul loro impatto nei percorsi di trattamento della sessualità deviata.

Differenze di genere nell’accettazione dei sexbot

Una delle dinamiche sociologicamente più interessanti è il diverso atteggiamento verso i sex robot fra uomini e donne. Sicuramente alla base c’è l’influenza della costruzione sociale del ruolo di genere nell’uomo e nella donna, ma alcuni studi fanno notare che la dinamica potrebbe essere più complessa.

Nello studio di Elyakim Kislev (2023) si analizzano le differenze di genere negli atteggiamenti verso i robot sociali, in particolare quelli progettati per assistenza, compagnia, relazioni romantiche e sessuali. Kislev esplora come e perché uomini e donne differiscano nel giudizio e nell’accettazione di questi robot, combinando un ampio studio quantitativo con una riflessione qualitativa per individuare i meccanismi sottostanti alla cosiddetta robot-gender divide.

La ricerca adotta una metodologia mista. La prima analizza dati di Eurobarometro su 26.344 persone per valutare le attitudini generali verso i robot. La seconda è un’indagine originale su 426 statunitensi, con domande chiuse e aperte sull’accettazione di robot assistivi, affettivi, romantici e sessuali. Le risposte aperte sono analizzate con codifica tematica secondo la grounded theory, integrando analisi quantitative e qualitative.

I risultati sono molto interessanti perchè effettivamente rivelano una chiara differenza di genere: le donne sono generalmente più scettiche, critiche e meno disposte ad accettare robot destinati a relazioni romantiche o sessuali, mentre mostrano una maggiore apertura verso robot con funzione assistenziale o amicale. Al contrario, gli uomini sono significativamente più inclini ad accettare la possibilità di una relazione affettiva o sessuale con un robot, coerentemente con studi precedenti che evidenziano una maggiore propensione maschile verso la sperimentazione sessuale e la fantasia tecnologica.

Attraverso l’analisi qualitativa delle risposte aperte, Kislev individua quattro macro-temi esplicativi della resistenza femminile:

1. Norme sociali: molte donne temono lo stigma associato all’essere coinvolte con un robot, specie in ambito sessuale o romantico. La pressione del giudizio esterno — sia culturale che interpersonale — influenza negativamente l’apertura verso questi dispositivi.

2. Salute mentale: emergono preoccupazioni sul fatto che relazioni con entità non umane possano peggiorare il benessere psicologico, generando isolamento o dipendenza affettiva.

3. Ideologia/moralità: le donne tendono a richiamare più spesso motivazioni morali o religiose per giustificare il rifiuto dei robot sessuali, valutandoli come contrari alla dignità umana o all’ordine naturale delle relazioni.

4. Funzionalità del robot: infine, molte donne criticano l’aspetto artificiale, prevedibile e “freddo” dei robot, giudicandoli incapaci di offrire una vera reciprocità emotiva.

Nonostante queste differenze, Kislev evidenzia anche alcuni fattori trasversali: ad esempio, reddito elevato e bassa soddisfazione relazionale sono associati, in entrambi i generi, a una maggiore apertura verso i robot sessuali. Questi risultati suggeriscono che non solo il genere, ma anche la condizione socio-emotiva dell’individuo incide sull’accettazione della tecnologia robotica nell’intimità.

L’autore propone un modello tipologico quadripartito (assistenziale, amicale, romantico, sessuale) per classificare le interazioni uomo-robot. Questo modello consente di superare la dicotomia uomo/macchina e di analizzare in modo più fine le diverse aspettative, paure e resistenze legate all’ingresso dei robot nella sfera relazionale, rendendo il genere un fattore esplicativo cruciale ma non esclusivo.

Implicazioni sociologiche dei rapporti con esseri artificiali

La sociologia degli esseri artificiali – di cui la sociologia dei sexbot è solo una piccola parte – è un campo di studi interessante per tre ordini di motivi. In primo luogo perché ci interroga sui confini della nostra relazionalità, ovvero sulle nostre capacità come esseri umani di costruire relazioni complesse non solo con altri esseri umani, ma anche con altri esseri, in questo caso artificiali. Potrebbe sembrare un atteggiamento poco comprensibile, ma basta storicizzare la questione interrogandoci su come venivano percepiti i rapporti con gli animali domestici, che oggi diamo per scontato. In secondo luogo perché non siamo (ancora) antropologicamente pronti a costruire e gestire relazioni con esseri artificiali.

La nostra esperienza ci ha abituato a forme diverse di rapporti con persone e animali, ma cosa dire dei robot e dei chatbot? Infine un aspetto importante è la costruzione sociale dell’ingegneria di queste macchine. Ovvero, qual è il modo migliore per progettare tali dispositivi dal punto di vista hardware e software per renderli compatibili con il nostro sistema di valori? Dobbiamo cominciare a chiederci come cambia il principio di responsabilità nel momento in cui dovremmo confrontarci con queste macchine?

L’immaginario è ricco di esempi di rapporti con esseri artificiali – galatea, il golem, la creatura di Frankenstein, Pinocchio, il sistema operativo di Her – ma tutti implicano modelli relazionali molto diversi. È questa la vera sfida del XXI secolo: cosa ci rende umani in un mondo ricco anche di non umani.

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