I social media sono spesso additati come la causa di molti mali della società: isolamento, ansia, disinformazione. Ma è davvero colpa delle piattaforme digitali?
O il problema sta nel modo in cui noi, utenti, le utilizziamo?
O forse, più realisticamente, in una combinazione delle due cose?
Indice degli argomenti
Non sono i social media il problema, ma come li usiamo
In questo articolo ho scelto di non affrontare temi sicuramente fondamentali come la dipendenza da social media, le strategie di marketing pensate per renderci sempre più dipendenti, o la diffusione di messaggi tossici che purtroppo popolano molte piattaforme. Sono argomenti importanti, che ho già trattato in diversi altri articoli e su cui si trova moltissimo materiale di qualità.
Questa volta ho voluto spostare lo sguardo altrove, su una domanda che secondo me merita più attenzione: se oltre cinque miliardi di persone al mondo usano i social media ogni giorno, com’è possibile trasformarli in uno spazio che abbia un impatto positivo? Come possiamo imparare a utilizzarli in modo consapevole e utile?
Quello che leggerete è una piccola riflessione. Un invito a guardare ai social da un’altra prospettiva. Magari potrà diventare anche lo spunto per avviare una conversazione in famiglia, con i tuoi studenti, o semplicemente con i giovani che incroci ogni giorno nella tua vita.
L’ironia delle contraddizioni e il vuoto dell’educazione digitale
L’altro giorno stavo scorrendo su Instagram, come faccio spesso nei momenti di pausa, quando mi sono imbattuto in un post che affermava con grande enfasi: “I social media fanno male“. Mi sono fermato un attimo, ho sorriso e mi sono detto: “Hmm, sto guardando un post che mi dice quanto faccia male guardare i post”. Ironico.
Ma la parte davvero curiosa deve ancora arrivare: clicco sul post, incuriosito dal messaggio, e nella didascalia c’è scritto: “Salva questo contenuto per rileggerlo più tardi come promemoria”. In pratica, mi stavano dicendo di smettere di usare i social media… ma solo dopo aver salvato quel post per poi tornarci sopra e ricordarmi il motivo per cui avrei dovuto smettere. Una contraddizione tanto sottile quanto significativa.
Questo episodio, apparentemente banale, mi ha fatto riflettere. Mi sono reso conto di quanto spesso venga veicolato un messaggio negativo sui social media, soprattutto quando ci rivolgiamo ai più giovani. Ogni anno scolastico, ad esempio, molti studenti delle scuole secondarie partecipano a incontri formativi dedicati alla sicurezza online: si parla di truffe, cyberbullismo, furti d’identità, addirittura di rischi estremi come i rapimenti. Ma tutto si ferma lì. Nessuno si prende la briga di spiegare come usare i social in modo costruttivo, sicuro, efficace.
Attenzione! Non voglio dire che quei pericoli non sono reali! Certo esistono, e purtroppo si verificano più spesso di quanto vorremmo. Tuttavia, il modo per ridurre questi rischi non è demonizzare lo strumento, ma piuttosto educare i giovani e gli adulti a utilizzarlo in maniera consapevole e responsabile.
I social plasmano la percezione della realtà
La verità è che molti di noi non si rendono conto dell’impatto profondo che i social media possono avere sulla nostra percezione del mondo, su come ci sentiamo e su come ci relazioniamo con gli altri.
Vi faccio una domanda.
“Qual è lo scopo dei libri per bambini?”. Intrattenere, stimolare la fantasia, far addormentare i più piccoli. Sì è vero ma l’aspetto più importante è probabilmente quello di insegnare lezioni importanti senza che i bambini si rendano conto che stanno imparando qualcosa.
Ripensandoci, mi sono reso conto che alcune lezioni fondamentali della mia infanzia le ho imparate proprio così. Come il fatto che non bisogna accettare cibo dagli sconosciuti, che ho interiorizzato grazie alla fiaba di Biancaneve e alla sua mela avvelenata. Una volta erano i libri a educarci in modo discreto ma potente. Oggi, invece, questa funzione è condivisa con tanti altri mezzi digitali, tra cui, volenti o nolenti, anche i contenuti che consumiamo ogni giorno su TikTok, Facebook, Instagram e le altre piattaforme digitali.
Il potere della selezione consapevole nel feed digitale
Attualmente sto leggendo un libro che si intitola Quando rallenti, vedi il mondo di Haemin Sunim, e l’autore afferma una cosa che mi ha colpito molto: il mondo non è buono né cattivo, è semplicemente quello che è. E la nostra percezione di esso dipende dalle nostre esperienze individuali, dal nostro sguardo unico. Questa prospettiva mi ha aperto gli occhi su quanto sia importante scegliere consapevolmente le fonti da cui traiamo ispirazione e informazione.
Proviamo a ragionare in termini social. Nel mondo vivono più di 8 miliardi di persone, ma nella nostra vita quotidiana ne incontriamo una percentuale minima. Per ampliare la nostra visione del mondo, abbiamo sempre viaggiato, letto, incontrato nuove persone. Ma non possiamo viaggiare ogni giorno. Ed è qui che entrano in gioco i social media, come straordinario strumento per aprirci a nuove esperienze, conoscenze e prospettive.
Se il tuo feed è costantemente invaso da contenuti tossici, drammatici, giudicanti, il rischio è che tu cominci a pensare che il mondo sia solo così: ostile, negativo, disfunzionale. Se invece scegli con cura di seguire contenuti costruttivi, persone che ti ispirano e che ti trasmettono energia positiva, allora inizierai a percepire anche la realtà intorno a te in modo diverso, più propositivo, più sereno.
Trasformare il feed in uno strumento di crescita personale
Il punto cruciale è proprio questo: il problema non sono – solamente – i social media in sé.
Il problema sta moltissimo in come decidiamo di usarli.
Nel mio percorso personale, ho incontrato tante persone che hanno vissuto esperienze difficili online: bullismo digitale, esposizione a contenuti dannosi, isolamento. Ma ho anche incontrato utenti che hanno saputo costruirsi una comunità digitale positiva, stimolante, che li ha aiutati a crescere e a sentirsi meno soli. Io stesso, dopo anni di utilizzo dei social, posso dire che la mia esperienza è stata nel complesso molto positiva. Certo, anche io ho i miei momenti di imbarazzo, come quando rivedo i post imbarazzanti che pubblicavo una quindicina di anni fa. Ma fa parte del percorso, no?
Così mi sono chiesto: qual è il mio segreto?
Come sono riuscito a trasformare i social in uno spazio che mi aiuta, mi arricchisce, mi sostiene?
La risposta è semplice ma potente: ho imparato a selezionare con attenzione chi e cosa seguire. E ho capito che ci sono quattro gruppi di persone che dovremmo tutti considerare nei nostri feed.
Il primo gruppo: amici, familiari e conoscenti positivi. Parlo di quelle persone che ci fanno sentire bene, che ci motivano, che ci rispettano. Non è obbligatorio seguire tutti quelli che conosciamo. Se qualcuno ci trasmette costantemente rabbia, invidia o frustrazione, abbiamo il diritto (anzi, il dovere verso noi stessi) di fare pulizia digitale.
Il secondo gruppo: persone allineate ai nostri obiettivi. Se il tuo obiettivo è crescere professionalmente, migliorare le tue competenze, costruire relazioni sane, allora segui chi condivide quel percorso. Nel mio caso, il mio sogno è portare la cittadinanza digitale in ogni scuola d’Italia, sensibilizzare genitori, insegnanti e ragazzi. Ecco perché seguo esperti di educazione digitale, innovatori, insegnanti appassionati da ogni parte del mondo.
Il terzo gruppo: persone che ti ispirano profondamente. Non solo per quello che fanno, ma per come lo fanno. Alessandro Masala e il suo progetto Breaking Italy sono un esempio perfetto: ogni giorno offrono spunti per comprendere meglio l’attualità e allenare il pensiero critico. Davide Dal Maso è un altro esempio: con il suo movimento Social Warning, entra nelle scuole e parla ai ragazzi in modo autentico, generando cambiamento reale. Oppure Barbascura X, che attraverso la scienza (brutta) e la satira mostra che si può essere intelligenti, autentici e divertenti allo stesso tempo. Questo è il tipo di ispirazione che ci serve.
Il quarto gruppo: gli intrattenitori. Sì, perché ridere, rilassarsi, staccare la testa è fondamentale. Ma anche qui, facciamo attenzione a cosa ci fa davvero stare bene. Seguiamo artisti, comici, musicisti che ci portano buonumore, che ci fanno sentire leggeri ma non vuoti.
Testimonianze di cambiamento e ispirazione digitale
Quando ho cominciato a ragionare in questo modo, qualcosa è cambiato. Ho visto arrivare nuove occasioni, nuovi incontri, nuove idee.
Un esempio personale?
Un anno fa, grazie a TikTok, ho scoperto la Spartan Race. Mai avrei pensato, a 45 anni, di iniziare a fare percorsi a ostacoli nel fango. Ma seguendo atleti, coach e appassionati che condividevano i loro progressi, mi sono sentito ispirato. Ho iniziato ad allenarmi, ho cambiato le mie abitudini, ho affrontato la mia prima gara.
È stata una sfida durissima. Ma incredibilmente formativa. E se oggi posso dire con orgoglio di avercela fatta, è anche grazie a un social network che mi ha proposto contenuti giusti al momento giusto, e a una community che mi ha supportato, anche a distanza.
Conclusione: siamo il risultato di ciò che seguiamo
Tutto questo perché avevo deciso di curare il mio feed, di fare ordine tra i contenuti, di scegliere con intenzione.
E questo è ciò che vi invito a fare.
TikTok, Instagram, Facebook… tutti i social lavorano con algoritmi che cercano di tenerti incollato allo schermo. E ti propongono contenuti simili a quelli che hai già guardato, dove hai messo like o commentato. Quindi sta a noi decidere la direzione: se seguiamo contenuti negativi, il sistema ce ne proporrà sempre di più. Ma se iniziamo a seguire contenuti che ci fanno crescere, riflettere, sorridere… allora il cambiamento sarà evidente.
Concludendo, ho due richieste da fare a chi mi legge:
La prima: fate attenzione ai contenuti che consumate. Chiedetevi sempre: questo contenuto mi sta facendo bene o mi sta danneggiando?
La seconda: smettiamo di raccontare ai giovani che i social media sono solo una minaccia. Invece, educhiamoli a riconoscere i pericoli veri, ma anche a scoprire le opportunità straordinarie che il digitale offre.
Conclusioni
Mi accorgo ogni giorno che la mia identità, il mio pensiero, persino il mio modo di comunicare, sono il frutto di un collage, un remix continuo di tutte le persone che ho incontrato nella mia vita e dei contenuti che ho scelto di assorbire.
Ogni conversazione, ogni libro letto, ogni video visto, ogni post salvato su Instagram è diventato un tassello. Alcuni tasselli li ho accolti con entusiasmo, altri li ho messi in discussione, ma tutti, nel bene o nel male, hanno contribuito a formare il mio modo di vedere il mondo.
Siamo esseri fatti di connessioni, e oggi più che mai queste connessioni passano anche attraverso il digitale. Per questo è così importante scegliere con cura le nostre fonti: perché anche una semplice storia su TikTok può diventare parte del nostro “mosaico personale”.
Quello che siamo, insomma, è il risultato di un remix continuo tra relazioni, esperienze e contenuti. Non c’è nulla di sbagliato in questo, anzi: riconoscerlo ci dà il potere di scegliere consapevolmente che tipo di influenza vogliamo avere nella nostra vita.
Bibliografia
Giuliodori, Andrea. Riconquista il tuo tempo: Vinci le distrazioni. Riprendi il controllo delle tue giornate. Cambia la tua vita. BUR, 2018.
Shapiro, Jordan. Il metodo per crescere i bambini in un mondo digitale. Newton Compton Editori, 2019.
Gheno, Vera. Potere alle parole: Perché usarle meglio. Einaudi, 2019. Link al libro
Duhigg, Charles. Il potere delle abitudini: Come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle. TEA, 2014. Link al libro
Rushkoff, Douglas. Programma o sarai programmato: Dieci istruzioni per sopravvivere all’era digitale. Postmedia Books, 2012.
Sunim, Haemin. Quando rallenti, vedi il mondo: Come vivere felici e consapevoli. Garzanti, 2017.










