L’intelligenza artificiale sta entrando rapidamente anche nel cuore del sistema giudiziario. Dalla gestione dei fascicoli alla possibile previsione di esiti giuridici, fino al supporto nelle decisioni complesse, l’AI offre strumenti potenti che possono migliorare efficienza, trasparenza e accesso alla giustizia.
Ma questo avanzamento porta con sé rischi significativi, che richiedono una regolazione attenta e una presenza costante dell’essere umano nel processo decisionale. Il dibattito non può più limitarsi a chiedersi se adottare o meno l’AI: la vera sfida è come integrarla senza compromettere i principi fondamentali della giurisdizione e la responsabilità individuale di chi amministra il diritto.
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Intelligenza artificiale e giustizia: perché serve un controllo umano effettivo
Il principio dello human in the loop, vera garanzia imprescindibile, diventa centrale nell’amministrazione della giustizia. Ogni sistema automatizzato che può incidere sui diritti o sulle libertà delle persone deve prevedere un controllo umano effettivo: l’essere umano non può mai essere escluso dal processo.
Questo principio è sancito dal GDPR, dall’AI Act europeo e dalla legge italiana 132/2025, e rappresenta la garanzia principale che la tecnologia resti uno strumento e non un arbitro. Il giudice deve poter comprendere il funzionamento del sistema, conoscerne i limiti, monitorarne l’output e correggere eventuali errori, così da mantenere intatta la catena della responsabilità.
L’algoritmo non può essere ritenuto responsabile: la responsabilità è, e deve rimanere, umana. In questo senso, l’“umano nel loop” non è un limite all’efficienza, ma la base di una giustizia realmente affidabile, in cui il supporto tecnologico non sostituisce la valutazione critica del decisore.
Algoritmi decisionali e rischi di delega nella giurisdizione
Il rischio principale non riguarda solo l’avvocato che delega troppo all’AI, magari nella redazione di atti o nella gestione di fascicoli. Il pericolo più grave riguarda il giudice che si affida in modo eccessivo all’algoritmo, rinunciando a un’analisi critica e al confronto con le parti.
Una giustizia che abdica al discernimento umano rischia di trasformarsi in una procedura automatica, svuotando di significato il principio di responsabilità personale. Il sistema può diventare rapido e predittivo, ma se manca l’intervento umano il diritto rischia di essere applicato come un semplice output tecnologico, senza una valutazione complessiva dei fatti, del contesto e delle conseguenze sui diritti fondamentali.
Intelligenza artificiale e giustizia nelle aule: cosa prevede la legge 132/2025
La legge 132/2025 stabilisce chiaramente che l’intelligenza artificiale deve essere utilizzata come supporto alle decisioni professionali, mai come sostituto. Per giudici e magistrati, ciò significa che ogni strumento automatizzato può assistere nella gestione dei fascicoli, nella ricerca giurisprudenziale e in altri aspetti organizzativi, ma non può rimpiazzare il ragionamento critico o la valutazione delle parti.
Anche la trasparenza verso gli utenti dei sistemi di AI diventa fondamentale: il cittadino ha diritto a sapere quando e come l’intelligenza artificiale ha supportato il processo, e quali decisioni sono state prese dall’uomo. Questo rafforza non solo la fiducia nella giustizia, ma anche la comprensibilità e la legittimità del procedimento.
AI come supporto e non come sostituto del giudice
Quando è applicata alla giustizia, l’intelligenza artificiale sembra assumere una funzione quasi normativa, perché interpreta e applica regole. Per questo deve rispettare i principi dello Stato di diritto: legalità, proporzionalità, trasparenza e compatibilità con la normativa vigente. L’AI non può diventare un’area di giudizio autonoma, sottratta al controllo umano.
Progettare sistemi nel rispetto dei diritti fondamentali
Chi sviluppa e implementa sistemi intelligenti nel settore giudiziario deve considerare fin dall’origine l’impatto sui diritti fondamentali, prevenendo distorsioni e garantendo che l’algoritmo rimanga uno strumento di supporto e non un arbitro dei diritti. Come un architetto che, fin dalla progettazione di una casa, deve avere come stella polare la conformità al codice edilizio, così i programmatori di AI, dal momento iniziale di sviluppo dei loro programmi, devono pensare a come questi potrebbero incidere sulla democrazia e sui diritti fondamentali.
Competenze digitali e formazione di giudici e avvocati
Non basta progettare sistemi sicuri (by design) o rispettosi della privacy (by default). È necessario formare magistrati, avvocati, giuristi e tecnici affinché comprendano pienamente la portata giuridica ed etica dell’AI (by education), sviluppando competenze che permettano un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali.
Questo approccio consente di costruire una giustizia digitale affidabile, in cui tecnologia e responsabilità umana si integrano senza compromettere i principi fondamentali della democrazia. L’obiettivo è prevenire l’uso improprio, garantire la trasparenza dei processi e rafforzare la tutela dei diritti individuali, mantenendo sempre il controllo nelle mani delle persone che amministrano il diritto.
Avvocato digitale: il ruolo tra intelligenza artificiale e giustizia
Anche l’avvocato ha un ruolo centrale in questa transizione: usare l’AI come supporto nell’analisi, nella ricerca e nella gestione dei fascicoli, senza delegare interamente il processo decisionale, è una responsabilità etica e professionale che tutela il cliente e il sistema della giustizia.
Il Congresso Nazionale Forense e il dibattito sull’AI
Di questi temi si è discusso anche durante il XXXVI Congresso Nazionale Forense indetto dal Consiglio Nazionale Forense e dedicato al tema “L’Avvocato nel futuro. Pensare da Legale, agire in Digitale”. Il Congresso ha rappresentato un momento di confronto cruciale sul rapporto tra professione legale, innovazione tecnologica e tutela dei diritti fondamentali.
L’uso dell’intelligenza artificiale nei processi decisionali e nell’attività dell’avvocato è emerso come una delle frontiere più delicate e decisive: l’obiettivo comune è garantire che la digitalizzazione non riduca, ma rafforzi il ruolo umano nella giustizia, valorizzando il contributo critico del professionista.
L’intelligenza artificiale può accelerare, supportare e migliorare l’amministrazione della giustizia, ma non può sostituire la coscienza e la responsabilità di chi la esercita. La giustizia è un atto umano: la tecnologia è uno strumento, mai un giudice.
Non sarà l’algoritmo a scrivere il futuro della giurisdizione, ma la responsabilità e la consapevolezza di chi ogni giorno difende e interpreta i diritti delle persone, nel rispetto della dignità umana e della legge.












