Fra i provvedimenti nella bozza della Legge di Bilancio 2026 vi è anche un intervento sugli obblighi fiscali che desta alcune perplessità. Nelle pieghe dell’articolato di legge, all’art. 9 comma 8, si stabilisce infatti che condizione per il pagamento di compensi inerenti alle attività professionali da parte delle pubbliche amministrazioni sia il regolare adempimento degli obblighi fiscali e contributivi.
Attenzione siamo ben felici che si costruiscano metodi e strumenti per controllare il rispetto della fiscalità da parte di tutti i settori economici e figuriamoci se siamo contro questo aspetto. Anzi saremmo per un innalzamento di azioni che portino a far emergere abusi che danneggiano la collettività e il Paese.
In ogni caso un obbligo non nuovo rispetto alla normativa vigente, ma che finora non aveva assunto le caratteristiche di una norma generale, estesa a tutti i tipi di attività professionale.
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I numeri dalla bozza della Legge di Bilancio 2026
La manovra di Bilancio per il 2026 che in questo momento è al vaglio della Commissione Bilancio del Senato presenta le caratteristiche di una misura interlocutoria, vuoi per la sua entità complessiva (18,5 miliardi circa equivalgono a un impatto dello 0,8% sul PIL) che ne fa la manovra più “leggera” degli ultimi dieci anni, vuoi per i suoi limitati obiettivi (sostegno ai redditi di famiglie e imprese, contenimento della spesa in deficit), fortemente condizionati dalla necessità di mantenere i conti in ordine, soprattutto dopo le recenti valutazioni relativamente positive di diverse agenzie di rating.
Con un outlook tendenzialmente positivo e un rating che si aggira fra il BBB di Fitch e Standard & Poor’s (quest’ultimo con l’addendum +) e il Baa3 di Moody’s, all’Italia viene in questo momento sostanzialmente riconosciuta una gestione prudente dei conti pubblici, in grado di attestare il deficit su quasi il 3% del PIL e di tenere sotto controllo il debito pubblico, e forse potremo anche considerare positivo questo aspetto.
Siamo, e lo si può dire con una punta di orgoglio, l’invidia dei cugini d’oltralpe che purtroppo per loro non possono oggi dirsi parimenti soddisfatti dei conti francesi, ma obiettivamente è del tutto inutile fare confronti o sorridere sulle disgrazie altrui perché il nostro sistema economico è oramai assai incardinato con il resto del pianeta pertanto il bene o il male di uno si riflette su tutti.
Tuttavia questo risultato impone un grande rigore, quando non addirittura un parziale immobilismo, nella gestione in prospettiva della spesa pubblica. E che le risorse sono assai limitate lo si capisce anche dal fatto che il margine di intervento riconosciuto dal governo agli emendamenti parlamentari viene stimato in non più di 100 milioni, almeno per quello che abbiamo potuto leggere fin qui.
La copertura dei 18,5 miliardi della manovra viene garantita anzitutto dai tagli alla spesa dei Ministeri e dall’ennesima rimodulazione del PNRR, argomento quest’ultimo che meriterà un ulteriore approfondimento, poiché l’orizzonte temporale del Recovery Plan si sta ormai assottigliando e – scusate il gioco di parole – risulta sempre più difficile assicurarsi copertura con una coperta che si fa sempre più corta e con il 2026 (al netto di eventuali proroghe oltre la scadenza di giugno) non ci sarà più.
Siamo perciò consapevoli che il percorso per risanare i conti – indispensabile per assicurarsi in futuro un’economia sana – è prioritario e che in queste condizioni è assai difficile prospettare orizzonti di crescita e prosperità con l’aiuto della mano pubblica. Ciò nonostante riteniamo importante evitare, per quanto possibile, che la mano pubblica da supporto si trasformi in un ostacolo, o quanto meno in uno strumento capace di produrre ulteriori costi senza benefici sufficientemente apprezzabili.
NT
I nuovi obblighi fiscali per i professionisti
Allo stato attuale, infatti, le verifiche di regolarità fiscale e contributiva sono previste per gli appalti pubblici, le concessioni e i contratti di fornitura di beni e servizi, ovvero per transazioni e impegni di spesa da parte della Pubblica amministrazione di elevata entità economica. In particolare, l’obbligo di presentazione del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) riguarda soltanto le imprese e i lavoratori autonomi che operano nell’ambito dei lavori pubblici.
E quindi non per tutti i professionisti che a vario titolo emettono fattura alle amministrazioni pubbliche. Con questo nuovo provvedimento, invece, l’assolvimento attestato degli obblighi fiscali e contributivi da parte del libero professionista diventa condizione sine qua non per il pagamento delle prestazioni professionali da parte della Pubblica amministrazione.
Gli aspetti critici
Nulla da ridire in linea di principio, ma dal punto di vista pratico questa nuova norma rischia di presentare una serie di problemi all’atto della sua implementazione. Va anzitutto osservato che tale obbligo avrebbe validità erga omnes, senza distinzione di categoria o iscrizione a specifici albi o casse previdenziali e che riguarderebbe tutte le prestazioni professionali, a prescindere dalla specifica natura del tipo di incarico, consulenza, perizia, incarico tecnico che dir si voglia.
Peraltro la norma non specifica quale sia la documentazione richiesta: esiste il DURC, come si è detto, ma questo potrebbe anche essere soppiantato da altre e peraltro molteplici forme di certificazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’INPS o delle Casse professionali. Così come non si definisce una procedura standardizzata per le verifiche che le amministrazioni pubbliche dovranno comunque compiere per accertare la correttezza anche solo formale della documentazione che gli verrà fornita dai singoli professionisti.
Nuovi obblighi fiscali e gestione pratiche
E i tempi necessari alle amministrazioni pubbliche per processare tale documentazione potrebbero essere motivo di forti ritardi nei pagamenti. Da esperti di pratiche amministrative ci è facile ricordare come fra i fattori che maggiormente contribuiscono ad incrementare i tempi di adempimento delle pratiche vi sia la presenza accidentale di irregolarità formali (anche minime) nelle pratiche stesse e che, in assenza di una procedura omogenea per il riscontro delle pratiche da parte di tutte le amministrazioni, si potrebbe facilmente determinare una situazione caotica o del tutto casuale, con evidenti gravi disparità di trattamento fra i vari professionisti, a seconda delle scelte operate dalle diverse amministrazioni con le quali hanno avuto modo di collaborare.
Pensiamo ad esempio alla numerosità di enti e amministrazioni che avranno questo tipo di impatto e ai vari modelli organizzativi ed operativi delle singole p.a., per non parlare di differenze tra regione, città, addirittura comune piccolo o grande che sia.
Perché serve più chiarezza normativa
Potrebbero infine sorgere anche dubbi interpretativi rispetto alla compatibilità di tale obbligo fiscale e contributivo con la normativa che disciplina i pagamenti della Pubblica amministrazione e il principio di proporzionalità. Com’è noto, la Pubblica amministrazione è tenuta a onorare un pagamento entro 30 giorni dal ricevimento della fattura e in caso di violazione sono previsti interessi moratori automatici. Tra l’altro non è sempre così chiaro capire se già quest’obbligo oggi sia o meno rispettato e in che misura.
Con questo nuovo passaggio ci troveremmo nella condizione che se un’amministrazione dovesse ritardare un pagamento in attesa di verifica della regolarità fiscale e contributiva del professionista, in assenza di una chiara procedura di accertamento dei rispettivi obblighi, si troverebbe esposta a una violazione di legge, rispetto alla quale lo stesso professionista, già penalizzato dal non vedersi onorata la prestazione, potrebbe attivarsi in sede legale a tutela della propria condizione.
Ma ancor più che i crescenti costi che potrebbero generarsi a seguito di un contenzioso giuridico, lascia perplessi la sproporzione esistente fra gli oneri derivanti al professionista dall’assolvimento dei nuovi obblighi fiscali e contributivi e l’eventuale limitata entità della prestazione professionale da onorare. A fronte di prestazioni di importo modesto, così come di incarichi occasionali, oltre che di attività professionali che operano a regime forfettario, che senso avrebbe mettere in piedi una macchina di accertamento così onerosa? Il tutto senza dimenticare una cosa importante: queste informazioni quasi certamente sono già in possesso dell’amministrazione.
Lo scenario dei nuovi obblighi fiscali per professionisti
Il rischio che questa nuova norma produca benefici assai meno consistenti dei costi che potrebbe comportare una sua corretta attuazione, ci lasciano abbastanza perplessi. Giusto il principio di equità e correttezza su cui si fonda questo nuovo provvedimento, però una sua implementazione inefficace potrebbe produrre ancora più danni in termini di equità rispetto al trattamento dei professionisti, soprattutto quelli che – come sempre accade in questi casi – già si distinguono per la loro correttezza negli adempimenti fiscali e previdenziali.
Oltre che nei confronti dei professionisti meno affermati, più piccoli e più giovani, che finirebbero inevitabilmente col sostenere costi amministrativi più elevati a fronte di ricavi economici più incerti e dilazionati nel tempo. Ci chiediamo se non vi siano strumenti più efficaci per contrastare l’evasione, a livello sia sistemico sia individuale, senza dover necessariamente mettere in piedi l’ennesima procedura amministrativa che presenta evidenti limiti già prima di essere applicata.












