Una sentenza della Cassazione è importante da approfondire per inquadrare il fenomeno del revenge porn in chiave general-preventiva e tali disposizioni devono essere considerate quali monito alla facile ed irresponsabile diffusione di contenuti sessualmente espliciti, anche se estratti da piattaforme che offrono contenuti “on demand” solo per adulti.
I fatti al centro della vicenda giudiziaria si sono svolti a partire dal febbraio 2021 quando, un utente della nota piattaforma a pagamento Only Fans, otteneva il consenso di una persona che produceva contenuti video sessualmente espliciti (l’odierna persona offesa) affinché fossero comunicati ad un terzo, amico di entrambi nonché vicino di casa della vittima. Ma poi lui l’ha mandato a un’altra persona.
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Revenge porn su Only Fans, il caso
Va precisato, che la piattaforma non consente il download dei video trasmessi tramite la propria chat, pertanto, il materiale era stato prodotto con la tecnica della “registrazione video”, dato rilevante e specificatamente valorizzato dalla Suprema Corte. Tutto ciò fino a quando, ad ottobre del 2021, l’amico della vittima non ha diffuso il materiale ad una quarta persona, esterna alla ristretta cerchia dei tre conoscenti. A seguito di querela per il reato di cui all’art. 612 ter c.p. I e III comma (ossia il reato di “revenge porn”), l’imputato veniva giudicato in abbreviato dal GUP presso il Tribunale di Pavia come colpevole del reato ascritto e condannato alla pena di mesi 5 e giorni 10 di reclusione ed Euro 2.400 di multa, oltre che al risarcimento dei danni.
L’imputato proponeva impugnazione innanzi alla Corte d’Appello di Milano che dichiarava il non doversi procedere per intempestività della querela in quanto i giudici meneghini avevano ritenuto rilevante ai fini della condotta la prima diffusione avvenuta nel febbraio 2021 (ossia quella concordata fra i tre), anziché quella dell’ottobre del 2021 per la quale, effettivamente, era stata presentata tempestiva querela nel novembre 2021.
I riferimenti normativi
Ricorreva, ai soli effetti civili, la parte civile che eccepiva l’errore di diritto in relazione all’art. 612 ter c.p. rilevando che le condotte erano state due, ossia quella in cui la vittima aveva dato un consenso “limitato” alla diffusione del materiale (febbraio 2021) e quella successiva dell’ottobre 2021 della diffusione al quarto estraneo alla cerchia del tre.
La difesa dell’imputato, oltre rilevare l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, sosteneva che la stessa era solita cedere a pagamento i propri video, ampliando di fatto la cerchia dei soggetti che sarebbero potuti venire in possesso del materiale. La memoria difensiva richiamava, a sostegno di questa tesi, anche il dato per cui il soggetto estraneo alla cerchia di amici avrebbe a sua volta inviato il video al fratello.
Questo elemento rafforzava la line della difesa, suggerendo che la diffusione del filmato poteva essere stata opera di altri e rendendo incerta la responsabilità diretta dell’imputato.
Le motivazioni della Suprema Corte
Gli ermellini, prima di entrare nel merito della vicenda, dichiaravano il ricorso non inammissibile avendo ritenuto l’interesse attuale concreto della parte civile alla riforma della sentenza impugnata, tenendo anche conto che l’«art. 573, comma 1 -bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione» (Sez.U, n. 38481 del 25/05/2023, D., Rv. 285036 – 01).
La procedura introdotta dalla riforma c.d Cartabia ha introdotto un innovativo passaggio fra giudice penale e giudice civile in quanto l’art. 573 co. 1 citato stabilisce che “quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, (…) la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinvia (…) per la prosecuzione, (…) alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile”.
Nel merito, invece, la S.C. ha corretto le valutazioni della Corte d’Appello in merito al consenso fornito dalla vittima ed alla conseguente intempestività della querela. Nello specifico, i giudici milanesi hanno considerato la condotta in via unitaria, ritenendo che dovesse riferirsi al momento del consenso concesso nel febbraio 2021, poi concretamente violato ad ottobre 2021.
La natura istantanea del reato
La S.C., invece, ha chiarito la questione premettendo che il reato di specie ha natura istantanea e si consuma nel momento del primo invio del contenuto senza il consenso della persona ritratta (cfr. Sentenza Cass. Pen. n. 14927 del 2023, Rv. 284576-02 ); sulla scorta di queste premesse di fatto e di diritto, la S.C. ha ritenuto pienamente configurato il reato ascritto all’imputato, al di là dell’ipotetica commissione di un primo fatto reato per come ipotizzato dalla Corte territoriale.
Vale la pena, a tal proposito, riportare le parole dei Supremi Giudici:
«(…) deve ritenersi che integri il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti la condotta di chi, avendo ricevuto o comunque acquisito materiale visivo pubblicato sul social network Onlyfans, lo trasmette a terzi senza il consenso della persona ritratta, in quanto il consenso espresso da quest’ultima al momento della condivisione (nel caso di specie, a pagamento) è circoscritto alla facoltà di visualizzazione del solo destinatario del contenuto.» (Cass. pen., Sez. V, Ord., (data ud. 12/06/2025) 02/09/2025, n. 30169 ).
Nello specifico, l’imputato ha inviato autonomamente il materiale ad un terzo estraneo all’accordo, senza che ciò derivasse da un’ipotetica diffusione di tipo “virale” e, per l’appunto, commettendo un autonomo fatto reato per il quale è stata tempestivamente depositata querela
La chiusura della vicenda
Per onor di cronaca, va detto che la sentenza in esame non potrà dispiegare ulteriori effetti penali nei confronti dell’imputato, in quanto la vittima, avendo proposto il ricorso ai soli effetti civili, farà valere le proprie ragioni innanzi alla sezione Civile della Cassazione che, come ben specificato nella pronunzia commentata, potrà avvalersi delle prove già acquisite nel giudizio penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.
Bibliografia
Cass. pen., Sez. V, Ord., (data ud. 12/06/2025) 02/09/2025, n. 30169.










