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Sanzioni USA a Francesca Albanese, perché sono un test per la sovranità europea



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Le sanzioni USA contro Francesca Albanese e i giudici della Corte penale internazionale mostrano quanto il sistema dei pagamenti europeo dipenda da banche, circuiti e liste di controllo statunitensi, mettendo in discussione la sovranità politica e finanziaria dell’Unione europea

Pubblicato il 27 nov 2025

Chiara Bannella

Comunicazione Istituzionale & Media Relations Banca Etica



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L’incredibile vicenda delle sanzioni unilaterali inflitte dal governo statunitense alla Relatrice Speciale ONU per i Territori Palestinesi, Francesca Albanese, e a tutti i giudici della Corte Penale Internazionale ha messo in luce, tra le altre cose, la pericolosa dipendenza del sistema finanziario europeo dalle big tech della finanza statunitense. Un tema da approfondire, per cogliere l’importanza del concetto di sovranità.

Sanzioni USA Francesca Albanese e giudici CPI: cosa è successo

Nell’estate del 2025 l’amministrazione di Donald Trump ha deciso di imporre sanzioni a Francesca Albanese e a tutti i giudici della Corte Penale Internazionale: a tutte queste persone è stato vietato di entrare negli Stati Uniti, i loro beni negli USA sono stati congelati e sono state inserite nelle liste OFAC delle Specially Designated Nationals (SDN).

È bene chiarire che a queste persone non è stato contestato alcun reato, ma sono state sanzionate per aver denunciato – nell’ambito del proprio lavoro – gravi responsabilità di esponenti del governo israeliano e di Stati e imprese occidentali e americane nell’ambito del genocidio e delle altre violazioni dei diritti umani in Palestina.

L’inserimento in queste liste – il cui scopo sarebbe quello di arginare terroristi, mafiosi e trafficanti – non prevede un contraddittorio, un processo o una possibilità di difesa da parte degli esponenti delle Nazioni Unite e dei membri della Corte Penale Internazionale.

Le conseguenze delle sanzioni USA su Francesca Albanese e sulla sua autonomia finanziaria

Le persone inserite nella lista SDN non possono più intrattenere nessun tipo di rapporto economico o lavorativo con società o persone residenti negli USA.

La cittadina italiana e Relatrice ONU Francesca Albanese si è così trovata a non poter incassare i compensi per il proprio lavoro presso università e altri enti (l’incarico di Relatrice Speciale ONU non prevede compensi ma solo rimborsi spese) e a non poter più accedere al proprio conto corrente negli USA.

Come lei stessa ha raccontato, anche i suoi familiari (il marito lavora per una società basata negli USA e una figlia è cittadina americana) rischiano gravissime sanzioni – reclusione e fino a 1 milione di euro di multa – anche se solo fanno la spesa per lei o le offrono un caffè.

Il tentativo di aprire un conto con Banca Etica

Privata di qualunque strumento di pagamento e dunque della sua stessa autonomia, la dottoressa Albanese ha contattato Banca Etica in Italia per verificare la possibilità di aprire un conto corrente presso l’istituto di credito particolarmente attento all’ambiente e ai diritti umani.

Banca Etica era assolutamente intenzionata ad aprirle un conto corrente, ma sono subito emerse difficoltà insormontabili: la presenza del suo nominativo nelle liste OFAC SDN comporta dei blocchi automatici da parte del sistema informativo della banca che – come previsto dalle normative – attinge alle liste internazionali pensate per contrastare le attività illegali.

Gli uffici competenti di Banca Etica per settimane hanno cercato possibili soluzioni, ma è emerso che – anche aggirando manualmente il blocco automatico – il conto eventualmente aperto non avrebbe potuto includere servizi basilari quali la carta di debito e la carta di credito.

I circuiti delle carte di pagamento in uso in Europa (Visa, Mastercard) sono infatti tutti made in USA e non permettono di rilasciare carte a persone sanzionate dal governo statunitense.

Il rischio di sanzioni secondarie per le banche europee

Le analisi effettuate da Banca Etica hanno inoltre messo in luce il rischio molto concreto che – qualora aprisse un conto alla dott.ssa Albanese – una banca italiana andrebbe incontro alle così dette “sanzioni secondarie”, che includono il blocco delle interazioni di tutta la banca con le società USA e pesantissime sanzioni pecuniarie.

Questo per la banca potrebbe implicare blocchi o rallentamenti per le carte di credito e di debito di tutti i 110 mila clienti, e l’impossibilità per i clienti di effettuare bonifici verso gli USA.

In particolare Banca Etica – che ha tra i propri clienti tante ONG che operano nel Sud del mondo – ha verificato che, qualora la banca risultasse segnalata per aver intrattenuto rapporti con una persona iscritta nelle liste OFAC/SDN, queste ONG potrebbero riscontrare rallentamenti o blocchi nell’invio di somme di denaro presso progetti in Paesi extra-europei.

Per pagamenti internazionali infatti spesso è necessario transitare per banche intermediarie statunitensi che potrebbero bloccare le operazioni.

Francesca Albanese, sanzioni USA e i segnali d’allarme dai pagamenti digitali

In seguito al clamore mediatico suscitato dalle sanzioni imposte alla dott.ssa Albanese alcuni giornalisti (Podcast Tintoria; Fanpage) e alcuni dipendenti di Banca Etica (tra cui la sottoscritta) hanno voluto provare a inserire il nome di Francesca Albanese nella causale di trasferimenti di denaro tra amici con PayPal (società di pagamenti USA molto diffusa anche in Europa).

Cosa accade quando compare il nome di Francesca Albanese

Si noti che nessuno ha provato a inviare denaro direttamente a Francesca Albanese, ma sono state fatte prove inviando somme irrisorie a un proprio contatto su PayPal inserendo nella causale frasi come “sostegno a Francesca Albanese” o “cena dopo incontro con Francesca Albanese”.

Il risultato è che PayPal ha immediatamente bloccato la transazione; poi ha bloccato gli account PayPal e infine li ha sbloccati, segnalando però che da quel momento l’account sarebbe stato sorvegliato.

Il guinzaglio invisibile della finanza americana sull’Europa

Il problema è stato ben descritto in un commento di Vincenzo Imperatore su Il Fatto Quotidiano intitolato “Il nome di Francesca Albanese nelle liste Ofac: cos’è il guinzaglio invisibile della finanza americana”.

L’articolo ricorda come in passato banche italiane abbiano ricevuto pesanti sanzioni da parte del Tesoro USA per aver intrattenuto rapporti con persone segnalate nelle liste Ofac/SDN: il caso più famoso è quello di Unicredit, che nel 2019 ha patteggiato una multa da 1,2 miliardi di dollari per una vicenda di bonifici verso l’Iran.

È utile ricordare che, nel caso di Francesca Albanese e dei giudici della CPI, l’inserimento nelle liste non è legato a nessuna concreta accusa di terrorismo, ma solamente a una valutazione politica del loro operato professionale.

Il caso Gouillou

La stessa questione è stata posta e descritta dall’altro cittadino europeo colpito dalle sanzioni USA per motivi politici, il giudice della Corte Penale Internazionale Francois Gouillou, che in una conferenza stampa ripresa dai media francesi ha sottolineato come “in pratica, l’esecutivo statunitense può escludere qualsiasi cittadino europeo dal sistema bancario e dallo spazio digitale del proprio Paese”, ritenendo che questo sia “rivelatore del deficit di sovranità dell’Europa”.

La questione è stata sottoposta ai Parlamentari Europei da parte della Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (Febea), insieme a Banca Etica che – insieme a tante organizzazioni della società civile italiana – ha scritto anche ai parlamentari e al Governo italiano.

Il presidente di Febea, Peru Sasia, ha sottolineato come le sanzioni unilaterali USA imposte a Francesca Albanese e ai giudici della Corte Penale Internazionale “rivelano la reale e dannosa portata delle misure extraterritoriali che, sebbene giuridicamente inapplicabili in Europa, vengono applicate nella pratica attraverso il dominio del sistema finanziario statunitense.

Non possiamo accettare che individui e istituzioni che operano interamente nel rispetto del diritto dell’UE, che non hanno commesso alcun illecito e sono presi di mira esclusivamente per ragioni politiche, si ritrovino esclusi dai servizi finanziari essenziali o costretti a conformarsi a misure contrarie ai principi di sovranità e autonomia dell’UE”.

Per ora non sono arrivate risposte né dalle istituzioni europee né da quelle italiane.

Francesca Albanese ha dichiarato che l’ONU si sta occupando di un possibile ricorso presso l’amministrazione statunitense per far rimuovere le sanzioni inflitte a lei e ai giudici della CPI.

L’auspicabile rimozione dei loro nominativi dalle liste risolverebbe questa specifica incredibile vicenda, ma non risolverebbe il problema più grande che essa ha rilevato.

Sovranità europea e possibili soluzioni dopo le sanzioni a Francesca Albanese

L’emancipazione dell’Europa dal guinzaglio invisibile dei big tecnologici della finanza USA non sarà semplice.

L’Europa dovrebbe dotarsi di propri strumenti di pagamento per non essere assoggettata a decisioni unilaterali USA.

In questo senso un passo in avanti potrebbe venire dall’euro digitale, che potrebbe vedere la luce nel 2028: un progetto su cui Bruxelles sta accelerando proprio spinta dalla necessità di rendere il Vecchio Continente più autonomo dagli USA, come racconta questo articolo su LaVoce.info secondo cui “il dominio dei grandi operatori Usa nel settore dei pagamenti digitali espone l’area euro a un alto rischio geopolitico.

Occorre offrire un’alternativa: l’euro digitale. Ne va della nostra sovranità monetaria e della indipendenza strategica dell’Europa”.

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