La capacità dell’Italia di sostenere la trasformazione digitale dipende sempre più dall’allineamento fra ciò che le imprese richiedono e ciò che il sistema formativo riesce a generare.
La nuova edizione dell’Osservatorio competenze digitali nel 2025, curata da Talents Venture per Anitec-Assinform, AICA e Assintel e presentata da Pier Giorgio Bianchi e Carlo Valdes — rispettivamente Amministratore delegato e Co-fondatore e Head of Data Analytics, Technology and Insights per Talents Venture — mostra un quadro complesso: la domanda ICT resta elevata e stabile, mentre l’offerta cresce ma non al ritmo necessario. Le carenze riguardano non solo le competenze avanzate, ma anche quelle di base, con ripercussioni dirette sulla competitività e sulla capacità di innovare del Paese.
Indice degli argomenti
Una domanda ICT che non rallenta
L’analisi del mercato del lavoro rivela un fabbisogno costante di professionisti ICT. Dal gennaio 2024 sono stati rilevati oltre 220.000 annunci, di cui quasi 136.000 pubblicati nel 2024 e 85.000 nei primi nove mesi del 2025.
«La domanda non mostra segnali di rallentamento», osserva Bianchi, con una concentrazione particolare nel settore dei servizi IT, responsabile del 40% delle offerte.
Due gruppi trainano il mercato: da un lato le agenzie per il lavoro, dall’altro le grandi corporate tecnologiche, che generano volumi elevati di nuove opportunità.
Le professioni più richieste confermano il primato dello sviluppo software, mentre si registra un’espansione significativa della cybersecurity: «Cinque delle prime dieci professioni con la maggiore crescita appartengono alla sicurezza informatica», sottolinea Bianchi. Un dato che riflette la centralità crescente della gestione del rischio digitale nelle aziende.
Hard skill e nuovi profili: cosa chiedono davvero le imprese
L’analisi dei job post condotta da Valdes su LinkedIn evidenzia con precisione l’evoluzione delle competenze tecniche. Alcune skill sono molto ampie, come ingegneria informatica o IT, ma molte altre risultano puntuali e strategiche.
Tra tutte, spicca Python, seconda competenza più citata in assoluto. «Non esiste un ingresso nel mercato ICT senza conoscenza di questo linguaggio», afferma Valdes. Accanto a questa, sono molto richieste progettazione e sviluppo software, gestione del cloud, architetture a microservizi, API e framework JavaScript.
Parallelamente cresce la domanda di competenze legate all’intelligenza artificiale. Gli algoritmi di machine learning rimangono tra i requisiti più ricorrenti, mentre la skill con la crescita più marcata è il prompt engineering. La diminuzione della richiesta specifica di “ChatGPT” come competenza tecnica riflette un passaggio di maturità: «Le aziende escono dallo strumento e si concentrano sulla competenza che rimarrà, cioè la capacità di strutturare prompt efficaci», spiega Valdes.
Tra i profili emergenti figura anche una professione completamente nuova: l’Ethical Data Analyst, ruolo che unisce conoscenze tecniche e capacità di affrontare i temi etici dell’AI. Il fatto che compaia per la prima volta nei job post analizzati segnala un cambiamento significativo nell’organizzazione dei processi basati sui dati.
Un’offerta formativa che cresce, ma non basta
Sul fronte della formazione, la ricerca mostra una crescita importante ma ancora insufficiente a colmare il divario. I corsi ICT negli atenei italiani sono passati da 170 nel 2015–16 a circa 850 nel 2024–25.
Tuttavia, osserva Valdes, solo una quota limitata dei nuovi percorsi riguarda competenze ICT in senso stretto. La crescita dell’offerta complessiva è dunque più ampia della crescita delle competenze realmente tecniche.
Il panorama formativo vede un ruolo dominante dei politecnici di Milano e Torino, seguiti da Padova, Sapienza e Bologna. A questo si affianca il forte aumento delle università telematiche: Roma Mercatorum oggi rappresenta il 9% dei laureati ICT in senso stretto, e una quota ancora maggiore se si considerano le discipline affini.
Gli ITS mostrano dati incoraggianti: +40% nei percorsi ICT e +58% nelle domande di iscrizione secondo il monitoraggio INDIRE, con tassi di occupabilità superiori all’85%. Tuttavia, i numeri assoluti non riescono a compensare il fabbisogno crescente del mercato.
Le competenze digitali di base: un insufficienza strutturale
Una parte centrale del rapporto riguarda le competenze digitali della popolazione. I dati AICA mostrano livelli di insufficienza molto elevati in tutte le principali aree: cybersecurity, intelligenza artificiale, strumenti di produttività, collaborazione online e conoscenze digitali generali.
Valdes commenta che «dove c’è il rosso, c’è una grave insufficienza».
Le fasce più giovani, comprese scuole secondarie e università, risultano tra le più fragili. Questo rischio diventa più evidente guardando al futuro dell’innovazione digitale: «Il secondo treno che sta passando si chiama Artificial Intelligence e Security», afferma Valdes. Un treno che il Paese potrebbe non riuscire a prendere senza un intervento strutturale.
Uno sguardo internazionale: il divario cresce ovunque, ma in Italia è più ampio
La prospettiva globale fornita da Gartner nel report 2025 The CIO Guide to Essential Skills for Technical Teams conferma che la carenza di competenze avanzate non è un fenomeno isolato. Il report The CIO Guide to Essential Skills for Technical Teams mostra che l’85% dei leader IT ritiene la propria forza lavoro non adeguata alle competenze richieste dal futuro, mentre l’84% dei CIO è costretto a investire nel reskilling interno per sopperire alla scarsità di talenti.
Gartner prevede che l’80% delle grandi imprese che supereranno la concorrenza entro il 2027 lo farà grazie alla capacità di costruire sistemi di apprendimento continuo orientati ai risultati.
Le sei aree di skill ritenute cruciali includono cybersecurity, data & analytics, infrastructure & operations, software engineering, enterprise applications e identity & access management. Uno scenario che aiuta a leggere il ritardo italiano: la domanda cresce anche nel resto del mondo, ma in Italia il gap è più ampio e riguarda sia la formazione iniziale sia la riqualificazione continua.
Verso un sistema più integrato tra formazione, imprese e ricerca
Il quadro conclusivo conferma una distanza significativa tra ciò che il mercato richiede e ciò che il sistema formativo produce. Bianchi ricorda che nel 2024 si sono registrati 135.000 annunci ICT contro 72.000 nuovi professionisti formati tra università, ITS e master.
La distanza dal resto d’Europa è chiara: all’Italia mancano 236.000 professionisti ICT rispetto alla media europea.Le proposte evidenziate nel rapporto puntano a ridurre questo divario attraverso una maggiore integrazione tra imprese e università, nuove modalità di orientamento, percorsi co-progettati e strumenti di riqualificazione come il dizionario nazionale delle competenze e l’ipotesi di un Anno Sabbatico Tecnologico, pensato per favorire formazione e aggiornamento.















