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Gpt 5.2, tanti problemi: che deve sapere un “early adopter” di llm



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Il caso Gpt 5.2 è emblematico. Ogni nuova generazione di llm promette più capacità, ma gli early adopter scoprono spesso l’altra faccia: allucinazioni, regressioni e instabilità nei workflow. Dai passaggi tra modelli GPT alle evoluzioni di Gemini, l’upgrade non è lineare e può aumentare il costo del controllo umano. Ecco cosa sapere e fare

Pubblicato il 18 dic 2025

Mario Maschio

Ceo, from9to10



gpt early adopter llm

Ogni rilascio di un nuovo modello LLM riaccende grandi aspettative: più capacità, meno errori, maggiore affidabilità.

Nella pratica, però, l’esperienza recente mostra uno scenario meno lineare.

Gemini 3 e Gpt 5.2: i problemi

Il passaggio tra generazioni successive — come da GPT-4o a GPT-5, da Gemini 2.5 a Gemini 3 o dal più recente upgrade da GPT-5.1 a GPT-5.2 — ha evidenziato un fenomeno ricorrente per chi adotta da subito i nuovi modelli: un aumento delle allucinazioni, la rottura di pattern consolidati e una maggiore instabilità nei flussi operativi. È un paradosso che colpisce soprattutto gli early adopter, chiamati a gestire l’innovazione mentre i modelli stanno ancora assestando il proprio comportamento.

GPT 5.2 è forte, ma non vi fidate troppo dei benchmark #57

L’illusione dell’upgrade istantaneo nasce proprio qui: il progresso del modello è reale, ma non è lineare né uniforme. Alcune capacità migliorano, altre peggiorano temporaneamente, altre ancora si comportano in modo diverso. Per gli early adopter, il rischio non è tanto quello di sperimentare l’innovazione, quanto di confondere l’evoluzione tecnologica con una garanzia di affidabilità immediata.

Per gli early adopter LLM l’upgrade non equivale a “meglio”: il caso Gpt 5.2

L’adozione dei nuovi modelli LLM segue spesso una logica implicita ma fuorviante: più recente equivale a migliore. L’esperienza degli ultimi rilasci mostra invece uno scenario più complesso, in cui l’upgrade tecnologico introduce benefici potenziali ma anche effetti collaterali non trascurabili, soprattutto per chi adotta i modelli nelle prime settimane o nei primi mesi dal rilascio.

Nel passaggio da GPT-4o a GPT-5, e successivamente da GPT-5.1 a GPT-5.2, diversi utilizzatori hanno osservato un fenomeno ricorrente: un aumento delle allucinazioni e una rottura di comportamenti che nei modelli precedenti risultavano ormai consolidati. Ecco alcuni esempi di regressioni che emergono proprio quando il modello viene inserito in flussi già rodati.

Regressioni tipiche osservate con i nuovi LLM

  • Sommari meno affidabili
  • Risposte più lunghe, ma con maggiore dispersione informativa
  • Difficoltà nel rispettare istruzioni complesse o vincoli stilistici

Dinamiche analoghe, seppur con caratteristiche diverse, sono state riscontrate anche in altri ecosistemi LLM, come dimostrano i passaggi tra versioni successive dei modelli Gemini.

Dalle demo alla produzione: perché gli early adopter LLM scoprono le micro-incoerenze

Il punto critico è che questi problemi non si manifestano sempre in modo evidente. Nei test superficiali o nelle demo, il nuovo modello può apparire più brillante, più articolato o più “intelligente”. È solo nell’uso continuativo, su processi ripetuti e su task strutturati, che emergono micro-incoerenze capaci di compromettere l’affidabilità complessiva del sistema.

Per chi opera in produzione, anche un piccolo scostamento nella qualità delle risposte può tradursi in un aumento significativo del carico di controllo umano. Questo spiega perché molti early adopter si trovano, di fatto, a svolgere il ruolo di beta tester involontari: i nuovi modelli introducono cambiamenti nel modo in cui interpretano le istruzioni, gestiscono il contesto o bilanciano creatività e precisione.

Allucinazioni e regressioni nei sistemi reali: cosa si rompe nei workflow

Quando i nuovi modelli LLM vengono inseriti in sistemi già operativi, gli effetti delle regressioni emergono in modo più netto rispetto ai test isolati. È in questi contesti che allucinazioni, variazioni di comportamento e instabilità diventano un problema concreto, non tanto per la loro gravità puntuale, quanto per la loro imprevedibilità.

Uno degli ambiti più colpiti è quello della sintesi e della summarization. Modelli più recenti tendono spesso a produrre testi più articolati e “sicuri” nel tono, ma meno aderenti ai contenuti di partenza. Nei flussi reali questo si traduce in sommari formalmente corretti ma semanticamente imprecisi, con omissioni rilevanti o, nei casi peggiori, con l’introduzione di informazioni non presenti nelle fonti originali.

Tool calling e orchestrazione: il rischio operativo per gli early adopter LLM

Anche sul fronte del tool calling e dell’orchestrazione dei workflow — ossia la capacità del modello di decidere quando e come attivare strumenti esterni e coordinare più passaggi operativi — le regressioni sono frequenti. Cambiamenti nel modo in cui il modello interpreta le istruzioni possono portare a chiamate errate o fuori sequenza, a loop imprevisti o a una maggiore difficoltà nel riconoscere quando è necessario utilizzare uno strumento esterno.

L’esperienza di chi lavora quotidianamente con sistemi AI in produzione mostra che l’impatto più significativo non è il singolo errore, ma il costo cumulativo dell’instabilità. Ogni regressione richiede nuovi test, aggiustamenti dei prompt, rafforzamento delle regole di controllo e maggiore intervento umano nelle fasi di validazione.

In from9to10: quando l’adozione rapida “rompe” workflow stabili

In piattaforme che gestiscono volumi elevati di contenuti o processi ripetitivi, anche una variazione minima nelle prestazioni del modello può moltiplicare il carico di supervisione. È in questo senso che l’adozione precoce diventa un fattore di rischio: il modello cambia, ma il sistema che lo circonda resta invariato, esponendo fragilità che prima non esistevano.

È proprio osservando questi effetti che, in from9to10, nell’ultima settimana di lavoro sui nuovi modelli, abbiamo riscontrato come l’introduzione di una nuova versione richieda sempre una fase di riassestamento. Non perché il modello sia necessariamente peggiore, ma perché si comporta in modo diverso rispetto a quello precedente, e questo impatta in modo diretto su alcune parti del processo che fino a quel momento funzionavano in modo stabile.

Il caso Gemini 3: essere beta tester non è una scelta

Oltre a quanto riscontrato negli ultimi upgrade dei modelli GPT di OpenAI, anche il passaggio da Gemini 2.5 a Gemini 3 di Google rappresenta un caso particolarmente istruttivo. In diversi contesti operativi, l’adozione di Gemini 3 non è avvenuta come scelta graduale, ma come sostituzione forzata del modello precedente, con un impatto immediato sui flussi esistenti.

Uno degli effetti osservati è quello che può essere descritto come “collasso dell’identità” del modello. Gemini 3, pur mostrando capacità avanzate in termini di contesto e multimodalità, tende in alcuni casi a perdere coerenza rispetto a un profilo comportamentale stabile: variazioni improvvise di tono, stile e approccio alla stessa tipologia di task rendono più difficile prevederne l’output.

Cosa imparano gli early adopter LLM: prudenza, architettura e governance

L’esperienza maturata negli ultimi rilasci dei modelli LLM suggerisce una lezione chiara: adottare per primi non significa necessariamente adottare meglio. Per gli early adopter, il valore non sta tanto nella velocità con cui si integra un nuovo modello, quanto nella capacità di farlo senza compromettere l’affidabilità dei sistemi esistenti.

Una prima lezione riguarda la prudenza operativa. Nei contesti reali, l’adozione immediata di un nuovo LLM dovrebbe essere preceduta da fasi di test controllate, affiancamento con i modelli precedenti e rollout graduali. Questo approccio consente di intercettare regressioni e variazioni di comportamento prima che impattino sui processi core, evitando che l’innovazione si trasformi in una fonte di instabilità.

Versioning, fallback e multi-modello: come ridurre il rischio da upgrade

La seconda lezione è di tipo architetturale. L’esperienza dimostra che legare un’intera piattaforma a un singolo modello, soprattutto nelle fasi iniziali del suo rilascio, aumenta il rischio sistemico. Strategie come il versioning dei modelli, l’uso di fallback automatici e l’adozione di un approccio multi-modello permettono di scegliere di volta in volta l’LLM più adatto al task, riducendo la dipendenza da comportamenti ancora non pienamente stabilizzati.

Nei flussi operativi, i nuovi modelli dovrebbero essere introdotti in modo progressivo, osservandone gli effetti su specifici task e mantenendo attive alternative già collaudate. L’obiettivo non è sfruttare subito ogni novità, ma preservare continuità, qualità e controllo, soprattutto quando l’AI è parte integrante del processo.

Governance dell’upgrade: quando l’adozione è più veloce dei processi

Infine, emerge con forza il tema della governance. All’aumentare della complessità dei modelli, cresce anche la necessità di regole chiare su quando adottare una nuova versione, come valutarne l’impatto e chi è responsabile delle decisioni di aggiornamento.

Gli early adopter che riescono a trasformare l’innovazione in un vantaggio competitivo sono quelli che affiancano alla sperimentazione una struttura di controllo solida, capace di assorbire il cambiamento senza compromettere l’affidabilità. In pratica, essere early adopter non è un vantaggio di per sé. Diventa un problema quando l’adozione è più veloce della capacità di assorbire il cambiamento nei processi.

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