La tech fluency, ossia la familiarità strategica con la tecnologia, è sempre più una competenza distintiva per chi siede nei vertici aziendali. Capire la tecnologia, valutarne l’impatto e saperla integrare nei processi decisionali non è più una prerogativa tecnica, ma una responsabilità strategica che tocca direttamente la governance.
Il Consiglio di amministrazione, insomma, non può più limitarsi a una funzione di controllo e supervisione. Deve diventare protagonista attivo della trasformazione.
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La tech fluency come leva strategica nei board
Le tecnologie digitali — intelligenza artificiale, cloud, data analytics, cybersecurity — non sono più strumenti di supporto, ma veri e propri motori strategici. E per questo, oggi più che mai, i board devono essere in grado di leggerle, interpretarle e valutarle con consapevolezza.
Si parla sempre più spesso di tech fluency nei board: una competenza non tecnica ma culturale, che consente di integrare il linguaggio della tecnologia nei processi decisionali del CdA. Non si tratta di avere esperti di AI o data scientist al tavolo (anche se può essere utile), ma di garantire che l’intero board sappia porre le domande giuste, comprendere i rischi e le opportunità delle scelte tecnologiche e orientare la strategia aziendale in modo informato.
Superare la literacy: mindset e impatto della tech fluency
Il passaggio cruciale è questo: non basta sapere che esistono le tecnologie emergenti, bisogna capire come impattano sul business, quali implicazioni pongono sul piano regolatorio, etico, reputazionale, e come si inseriscono nel disegno strategico di lungo periodo. È una sfida di linguaggio, ma anche di mindset.
Nel momento in cui l’adozione di una piattaforma cloud, la scelta di un algoritmo o l’implementazione di un sistema di cybersecurity diventano leve competitive, il rischio per il board è duplice: da un lato, quello di subire le scelte operative senza comprenderne a fondo le implicazioni; dall’altro, quello di ostacolare l’innovazione per timore dell’ignoto.
In entrambi i casi, si crea un corto circuito pericoloso perché le aziende rischiano di perdere posizionamento, flessibilità, e capacità di attrarre talenti. Per questo, la tech fluency non è un nice-to-have, ma una condizione abilitante della governance moderna.
Dove la tech fluency nei board genera valore aziendale
La tech fluency del board risulta particolarmente strategica in ambiti specifici che toccano il cuore della competitività aziendale.
Le decisioni strategiche su investimenti e modelli di business
Il primo riguarda le decisioni strategiche su investimenti e modelli di business. Oggi molte aziende si trovano di fronte a scelte complesse come costruire o acquistare una soluzione tecnologica, affidarsi a un fornitore o sviluppare in-house, valutare quale impatto avrà una determinata architettura digitale sulla scalabilità e sulla resilienza aziendale. Un board tech fluent è in grado di comprendere gli scenari futuri, valutare le implicazioni tecniche nei termini del business e indirizzare scelte coerenti con la visione aziendale.
La gestione dei rischi e sicurezza digitale
Il secondo ambito cruciale è la gestione dei rischi e sicurezza digitale. Cybersecurity, privacy, uso responsabile dei dati sono temi che toccano direttamente la reputazione e la continuità operativa. Eppure, in molti CdA manca ancora una piena consapevolezza del livello di esposizione al rischio informatico. La tech fluency permette di leggere i report dei CISO e dei DPO in modo critico, porre domande pertinenti e attivare politiche di mitigazione efficaci.
La cultura dell’innovazione e gestione del capitale umano
Infine, la cultura dell’innovazione e gestione del capitale umano rappresenta il terzo territorio dove le competenze tecnologiche del board fanno la differenza. I board influenzano profondamente la cultura aziendale: quando trasmettono apertura, curiosità e comprensione verso la tecnologia, abilitano processi di innovazione più efficaci. Al contrario, un board distante o diffidente può bloccare iniziative promettenti. Inoltre, un CdA che parla lo stesso linguaggio dei giovani talenti tech è in grado di attrarli e trattenerli, diventando un asset competitivo anche sul piano delle risorse umane.
Formazione continua: base della tech fluency nei board
Il panorama della governance aziendale sta registrando un’accelerazione significativa verso la formazione tecnologica dei board. Secondo The Conference Board, più di un terzo delle aziende S&P 500 ha utilizzato programmi di formazione esterni nel 2023 e 2024, in crescita dal 25% del 2018. Un segnale che la necessità di competenze tech-aware sta diventando strategica.
Istituzioni come l’IMD hanno sviluppato programmi specifici di “Digital Transformation for Boards”, mentre la National Association of Corporate Directors ha dedicato il suo Blue Ribbon Commission Report 2024 proprio al tema “Technology Leadership in the Boardroom”. L’obiettivo è chiaro: dotare i consiglieri di amministrazione degli strumenti per “governare la tecnologia con più definizione, focus strategico e competenza”.
Modelli organizzativi per integrare la tech fluency
La ricerca McKinsey “How effective boards approach technology governance” (2022) identifica quattro modelli efficaci attraverso cui i board possono strutturare l’engagement tecnologico.
- Il primo è il full-board engagement regolare, particolarmente adatto per aziende dove la tecnologia è driver core del business e tutti i direttori devono comprendere le implicazioni tech.
- Il secondo modello prevede comitati tecnologici permanenti, ideali quando la tecnologia rappresenta un vantaggio competitivo di lungo termine ma non costituisce il core business: questi comitati aiutano a vedere le interdipendenze tra strategia corporate e digitale.
- Un terzo approccio utilizza task force temporanee per progetti di trasformazione specifici, con coinvolgimento di esperti esterni per periodi limitati.
- L’ultimo modello, l’advisory one-on-one offre coaching diretto tra board member esperti e management su temi ad alta priorità.
Come costruire un board tech fluent
Non esiste un’unica strada, ma ci sono alcune leve efficaci consolidate.
La diversificazione della composizione del CdA
La prima riguarda la diversificazione della composizione del CdA, introducendo profili con background in innovazione, tecnologia o imprenditoria digitale. Non serve rivoluzionare l’intero board, ma garantire che ci sia competenza specifica disponibile quando necessario.
Programmi di formazione continua
Altrettanto importante è attivare programmi di formazione continua, con workshop e advisory dedicati a temi come AI generativa, blockchain, cloud e quantum computing. L’approccio più efficace prevede un mix di risorse interne ed esterne, con esperti terzi che possano offrire prospettive diverse e aggiornate.
La creazione di advisory board tecnologici
Una terza leva prevede la creazione di advisory board tecnologici che possano affiancare il CdA su temi complessi e in rapida evoluzione. È una strada ancora poco percorsa ma che può essere particolarmente efficace per aziende di settori tradizionali che devono accelerare la digitalizzazione.
Coltivare la cultura della curiosità e del confronto
Infine, è fondamentale coltivare la cultura della curiosità e del confronto, valorizzando la capacità di porre domande anche da parte di chi non ha una formazione tecnica. Spesso le domande più semplici aprono spazi decisionali cruciali e aiutano a evitare il rischio di dare per scontate scelte tecniche complesse.
Una nuova responsabilità per la governance
Nel prossimo futuro, i board saranno sempre più valutati non solo per la loro capacità di garantire compliance e stabilità, ma per la loro apertura all’innovazione e al cambiamento. In un mondo in cui il vantaggio competitivo si gioca sulla capacità di adottare e adattare nuove tecnologie, la tech fluency non è più opzionale.
I Consigli di Amministrazione devono diventare interpreti del cambiamento, promotori di una cultura evolutiva e responsabili dell’equilibrio tra innovazione e impatto. Perché l’innovazione si guida anche da lì. Dal CdA.