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Datacenter, le prime norme italiane: decreto Energia e legge alla Camera, una svolta è nell’aria



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In arrivo il “decreto Energia”dal Mase con semplificazioni sui datacenter. Al tempo stesso, da un anno, procede alla Camera una legge delega bipartisan, più ampia di inquadramento di questa materia. Grossi passi avanti, ma c’è ancora molto da fare per sistemare le leggi su un settore trascurato dal legislatore in Italia

Pubblicato il 7 ott 2025

Gianluca Marcellino

Demand Officer, Comune di Milano



datacenter norme; La sfida dei data center italiani: oppurtunità e rischi, fra incognita bollette elettriche e sostenibilità data center AI occupazione

II “decreto Energia” del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Mase, contenente le prime leggi sui datacenter (di semplificazione) sarà pronto entro ottobre, annuncia il ministro. Al tempo stesso, da un anno, procede alla Camera una legge delega bipartisan, più ampia di inquadramento di questa materia.

L’Italia si è accorta che i datacenter esistono e possono portare miliardi al Paese – 15 tra il 2023 e il 2025 secondo gli osservatori del Politecnico di Milano. Ma è un fenomeno da accompagnare, per facilitare gli investimenti e orientarli in modo sostenibile.

Che sta succedendo? Tante le variabili normative.

Decreto Energia del Mase, regole su datacenter

Del decreto Energia si era già parlato a fine luglio, quando era circolata una prima bozza e il ministero aveva ipotizzato di discuterlo in Consiglio dei ministri già a inizio agosto.

In entrambe le bozze, l’articolo 3 è dedicato ai permessi per la realizzazione e l’espansione dei “centri dati”, o data centre. Che c’entra l’energia con i data centre? Molto, e sempre di più.

È per la saturazione dei mercati energetici intorno a Amsterdam, Francoforte, Londra, Parigi e Dublino (FLAP-D) che dal 2020 i gestori mondiali di data centre guardano all’Italia con interesse crescente e accelerano investimenti e realizzazioni: Questo ha portato a lanciare nel 2022 IDA – Italian Data Center Association, l’associazione di categoria, che ha ingaggiato efficacemente amministrazioni pubbliche e politica.

L’attività finanziaria e imprenditoriale del settore nel 2023-24 hanno finalmente indotto la politica a prestarvi profonda attenzione, incontrando gli operatori internazionali del settore e preparando le proposte di legge.

Tutto questo nasce quindi dalla saturazione del mercato elettrico nei poli principali dei paesi europei di prima infrastrutturazione digitale: Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Francia e Irlanda! I data centre, infatti, ne consumano molta (fino al 18% del totale in Irlanda, paese particolarmente ricco di queste infrastruttue, e ne chiedono per il futuro ancora di più, in particolare energia verde.

Le semplificazioni

Nelle bozze del decreto circolate finora, l’articolo mira a semplificare l’iter autorizzativo per la costruzione di nuovi data centre e il potenziamento di quelli esistenti. In particolare:

  • Definisce un procedimento unico per il rilascio delle autorizzazioni ai progetti, consolidando le responsabilità finora distribuite tra diverse pubbliche amministrazioni locali e centrali, regolatori e operatori di infrastrutture.
  • Impone che l’autorità unica responsabile sia, per le richieste di maggior entità, di livello almeno provinciale. Questa disposizione supera d’imperio la variabilità degli atteggiamenti delle diverse amministrazioni comunali, una delle maggiori fonti di complessità nella gestione delle procedure autorizzative.
  • Prevede che il proponente alleghi alla propria istanza unica tutta la documentazione e gli elaborati progettuali previsti per il rilascio di tutte le singole autorizzazioni esistenti.
  • Fissa la durata massima del procedimento unico in dieci mesi, estendibile solo in casi eccezionali di altri 3, dalla data di conferma della completezza della documentazione.
  • Impone che per ogni autorizzazione si svolga una conferenza dei servizi, cui partecipino tutte le amministrazioni competenti per tutti gli aspetti.
  • Prevede accorgimenti specifici per progetti assoggettati a valutazione di impatto ambientale, di interesse strategico nazionale e alimentati in alta tensione.

È chiaro l’obiettivo del Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica (MASE): accorciare il procedimento di autorizzazione, che oggi dura anche anni e soprattutto e difficile da programmare a priori, e consolidarlo: oggi è frammentato tra amministrazioni, agenzie e operatori di diverso livello, perfino uffici diversi dello stesso comune, come descrive questo articolo precedente. Lunghezza e frammentazione sono in Italia molto superiori a quelle di altri grandi e medi paesi europei, frenando l’interesse degli investitori a realizzare data centre nel nostro paese, e quindi l’afflusso di capitali e lo sviluppo di infrastrutture strategiche nel nostro paese.

Cosa significa: le prime valutazioni di esperti e operatori.

Quali conseguenze può avere un provvedimento simile? Gli esperti del settore, con la cautela che la natura di bozza impone, sono per lo più positivi. L’avvocata Antonella Ceschi, partner dello studio Bird & Bird, specialista di normativa immobiliare in particolare per data centre e altre opere infrastrutturali, considera “certamente un passo avanti la previsione di un procedimento unico, date le varie procedure oggi esistenti e soprattutto la distinzione di procedimento tra VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) o screening VIA e AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale)”.

Naturalmente occorrerà verificarne l’efficacia, soprattutto per quanto riguarda i limiti di tempo indicati che “per la verità esistono anche nei procedimenti oggi vigenti, ma che non vengono mai rispettati.” Un altro aspetto positivo è l’introduzione sistematica di una conferenza dei servizi: “un passo in avanti procedurale rispetto al vuoto normativo odierno”, quando le autorizzazioni devono fare riferimento a “norme dettate per altri tipi di attività”. La conferenza rende inoltre contestuali procedimenti che con la procedura ordinaria sono consecutivi, riducendone la durata complessiva. Infine, la conferenza permette un miglior coordinamento tra i provvedimenti che i vari enti adotteranno.

Anche tre dei principali operatori che realizzano e gestiscono data centre e altre infrastrutture digitali in Europa e in Italia hanno espresso un parere per questo articolo.

TIM, che attraverso la Business Unit TIM Enterprise gestisce una delle reti di data centre più rilevanti d’Italia, considera un passo positivo le misure previste nella bozza del decreto Energia, in particolare l’introduzione di tempi certi per l’autorizzazione e la connessione alla rete elettrica. Per l’azienda “impegnata nella realizzazione di una rete di 17 Data Center (8 di ultima generazione), un quadro normativo più snello è un fattore abilitante”.

“Tuttavia”, osservano, ”l’alto costo dell’energia in Italia rimane un forte limite alla sostenibilità degli investimenti: rispetto alla media mondiale, in Europa i costi industriali sono fino a tre volte più alti e, in Italia, possono risultare doppi rispetto a mercati come Francia o Spagna. Ostacolo ulteriore è la cosiddetta ‘saturazione virtuale’ della rete, che rallenta nuovi progetti o ampiamenti anche quando operativamente pronti.” Per migliorare la situazione, secondo TIM, “oltre a una revisione europea che includa i Data Center tra i settori energivori, sarebbe utile introdurre misure nazionali per ridurre gli oneri di sistema, come già avviene in Germania, dove si interviene con incentivi fiscali su costi di trasporto e accise. Per la rete, è importante stabilire criteri di priorità per i progetti pronti e per gli ampliamenti, con scadenze più stringenti e corrispettivi di prenotazione più elevati.”

Donata Guerrini, direttore generale per l’Italia di VIRTUS Data Centres, operatore europeo meglio descritto qui che sta attivando una presenza anche in Italia, valuta molto positivamente la semplificazione delle procedure autorizzative nel suo complesso, in particolare l’introduzione di un processo unico, che riduca i tempi necessari per ottenere tutti i permessi e le autorizzazioni necessari. D’altra parte, ammonisce Guerrini, “per evitare il rischio di ritardi nelle autorizzazioni, l’ente responsabile deve poter contare sul supporto di un numero di professionisti specializzati adeguato a valutare tutti i progetti che riceve.” Inoltre, prosegue Guerrini, “la tempistica del procedimento di autorizzazione unico andrebbe ridotta ulteriormente, perché il time to market è essenziale per la competitività dei progetti di data centre”.

Anche per Data4, colocator internazionale tra i primi ad entrare in Italia e meglio presentato qui, l’approccio introdotto nelle bozze del decreto Energia è un segnale positivo e concreto per il settore, proprio perché prevede un “procedimento unico”. “Questo approccio”, chiariscono, “consente una maggiore visibilità e prevedibilità sui tempi di autorizzazione (un punto chiave per le aziende), nonché una più chiara divisione delle responsabilità in materia di autorizzazioni tra le autorità nazionali e locali. In un contesto dove gli iter autorizzativi possono richiedere anche diversi anni, questa semplificazione è essenziale per rendere l’Italia più attrattiva verso gli investimenti infrastrutturali nel digitale”. Membro assai attivo di IDA, Data4 rivendica anche il ruolo dell’associazione nel portare l’importanza del settore all’attenzione della politica.

Altrettanto significativa la prospettiva di Data4 su come migliorare davvero l’efficacia delle semplificazioni previste: Innanzitutto “occorre garantire una reale uniformità interpretativa delle norme tra le diverse amministrazioni regionali e locali, evitando disallineamenti che rischiano di vanificare la semplificazione”. In secondo luogo “è essenziale legare le semplificazioni autorizzative a una visione più ampia del fabbisogno energetico, poiché oggi molti ritardi riflettono la necessità di una comprensione più chiara di come i data center contribuiscono ai sistemi energetici locali e vi interagiscono. Su questo punto, anche l’ARERA ha recentemente sottolineato, in documenti ufficiali, la necessità di aggiornare la pianificazione energetica nazionale per includere la domanda crescente del digitale. Serve quindi un coordinamento strutturato tra semplificazione normativa, sostenibilità energetica e innovazione tecnologica.”

La legge delega sui datacenter alla Camera

Per un quadro completo della situazione, è importante confrontare le disposizioni per semplificare e accelerare le procedure autorizzative dei data centre del decreto Energia del MASE con quelle del progetto di legge delega al governo della IX Commissione della Camera dei Deputati “Trasporti, Poste e Telecomunicazioni”, descritto nell’articolo precedente, frutto dell’integrazione costruttiva di ben cinque proposte di legge da parte di altrettanti partiti di maggioranza ed opposizione e giunto all’aula a inizio agosto 2025.

In quanto legge delega, il progetto inquadra il tema della disciplina normativa dei data centre da una prospettiva più ampia e meno dettagliata, rinviando per ciascun aspetto specifico, comprese proprio le procedure autorizzative, a decreti attuativi dei diversi ministeri. In questa prospettiva, l’articolo 3 del decreto Energia del MASE è uno tra quelli che il progetto di legge chiede a tutti i ministeri competenti di produrre con la massima celerità. Va quindi esattamente nel senso dell’iniziativa del legislatore!

Secondo l’onorevole Giulia Pastorella, di Azione, presentatrice della prima delle cinque proposte confluite nel progetto di legge attuale, “i due percorsi sono compatibili. Dalla bozza in circolazione emerge la volontà di confermare un procedimento unico, individuando nell’autorità competente al rilascio dell’AIA il punto di raccolta della documentazione. La proposta di legge originale prevedeva un comitato di coordinamento specifico presso la Presidenza del Consiglio, poi oggetto di rilievi della Ragioneria dello Stato.”

Sostituire questo comitato governativo con una autorità già attiva sul territorio, osserva Pastorella, “confermerebbe in ogni caso l’introduzione di un referente unico per l’intera procedura”, uno dei punti qualificanti della proposta.
Pure coerente tra l’iniziativa del governo e quella del parlamento, sottolinea l’onorevole, è che le bozze del decreto Energia “fissino inoltre tempistiche certe (10 mesi) per la fase organizzativa: [è] un passo avanti”.

Esistono naturalmente opportunità di miglioramento al regolamento Energia, che magari verranno colte già nelle prossime bozze. Ad esempio, l’avvocata Ceschi auspica da una parte che sia “prevista una conseguenza, anche di silenzio assenso, in caso di sforamento dei tempi”, e dall’altra di migliorare “il collegamento tra autorizzazioni ambientali e titoli edilizi, [tra i quali] manca un vero e proprio coordinamento.”

Sui tempi Eugenio Prosperetti, avvocato esperto di IT e docente di informatica giuridica alla LUISS, arriva ad ipotizzare che addirittura “la lentezza dell’amministrazione possa far cadere l’istanza”. Se anche non fosse così, osserva l’onorevole Pastorella: l’orizzonte temporale “resta […] lungo, se si considera che i 10 mesi decorrono solo dopo il completamento e la verifica di tutta la documentazione, che richiede a sua volta tempo. Parliamo quindi di tempistiche ancora lunghe, con il rischio di rimanere sopra gli standard che osserviamo in altri paesi europei. Per essere davvero competitivi, serve comprimere l’intero ciclo, non solo l’ultima tratta della procedura”.

Un’altra opportunità di miglioramento, altrettanto significativa, la segnala l’avvocato Prosperetti: lo stesso art. 3 del regolamento Energia fa riferimento ai data center di cui all’art. 2 del regolamento delegato (UE) 2024/1364. Quest’ultimo “all’art. 1 (non richiamato dal Decreto) prevede che le sue disposizioni siano valide solo per data center di potenza installata di almeno 500kW. Questo limite non è richiamato [nel decreto Energia] e dunque, potenzialmente, il nuovo decreto si applicherebbe a qualsiasi ‘data center aziendale’ [per quanto piccolo,] con il rischio che ora serva un’autorizzazione integrata per mettere due o tre server in un ufficio. Peraltro, il fatto che si parli di reti di connessione “di qualunque tensione” non aiuta: anche i server che vanno a 220 V sembrano compresi! Si rischia un effetto paradossale di introdurre autorizzazioni dove ora non ci sono. Andrebbe precisata una fascia di esclusione, probabilmente la stessa del Reg. UE.”

Ampliando ancora la prospettiva, l’avvocato Prosperetti segnala: “sarebbe interessante che una procedura simile con una autorità ‘one-stop-shop’ venisse prevista anche per altre infrastrutture importanti come i gateway degli operatori satellitari, i quali scontano tempi lunghissimi [prima] di autorizzazione paesaggistica, edilizia, ambientale (radiofrequenze), [poi per] portare la media tensione e, infine, [per] autorizzare le frequenze.”

Per completezza: immediatamente dopo l’annuncio del ministro alcune testate, citando dichiarazioni di membri della IX Commissione della Camera, hanno adombrato una concorrenza, magari meno che leale, tra governo e parlamento su questo tema. Se si tiene presente che il decreto era stato inizialmente previsto per inizio agosto, contemporaneamente alla discussione del progetto di legge e ben prima dei rilievi a quest’ultimo della Ragioneria Generale, è chiaro che siamo di fronte a iniziative parallele, che governo e parlamento affrontano ciascuno secondo le proprie disponibilità.

Anche su questo tema appare costruttiva la prospettiva dell’onorevole Pastorella. Da una parte, infatti, “c’è sicuramente spazio per superare le obiezioni sollevate dalla Ragioneria [al progetto di legge], senza snaturare il testo proposto. Per esempio, è semplice eliminare gli incentivi; io personalmente non li ho mai ritenuti necessari in un mercato sano e in crescita, tanto che avevo proposto degli emendamenti proprio in questo senso. A mio parere rischiano di distorcere la concorrenza e di alimentare una bolla speculativa nella quale si costruisce per inseguire il sussidio.”

Peraltro, continua l’onorevole, “Altre osservazioni nascono da letture che ritengo troppo restrittive da parte della Ragioneria. Quando scriviamo [nel progetto di legge] che ‘andrà potenziata la rete elettrica’, non intendiamo imporre per legge nuovi investimenti, né la loro entità; piuttosto, constatiamo che, se si realizzano nuovi data center (oggi o domani), la rete dovrà adeguarsi alla domanda, come avviene fisiologicamente. Lo stesso vale per le competenze: ‘potenziare i percorsi di formazione’ significa orientare meglio risorse già esistenti verso i profili richiesti, non necessariamente stanziare nuovi fondi. Infine, in altri casi la Ragioneria chiede semplicemente maggiori chiarimenti in relazione tecnica [del progetto di legge] per attestare l’assenza di ulteriori oneri finanziari. Colpisce”, conclude l’onorevole, in quello che pare un cenno alla possibilità che la Ragioneria abbia voluto aiutare il governo a recuperare il tempo passato da fine luglio, “che previsioni analoghe compaiano anche nella bozza del decreto Energia senza suscitare le stesse perplessità, come ad esempio l’individuazione di referenti regionali per seguire gli iter autorizzativi dei nuovi data center.”

E adesso? Cosa potrebbe succedere, e cosa dovrebbe succedere su norme datacenter in Italia

Secondo quanto riportato da altre testate immediatamente dopo l’annuncio del ministro, la IX Commissione, stimolata anche proprio dall’intervento del MASE, ha ora fissato per il 16 ottobre il limite per la presentazione degli emendamenti al progetto di legge, ciò che permetterebbe di riproporre il provvedimento all’aula, con l’obiettivo di approvarlo nelle settimane successive almeno alla Camera.

È sicuramente importante e utile che sul tema dei data centre, nuovo per il legislatore, di grande interesse per gli investitori nazionali e internazionali e fondamentale per la competitività e la sovranità digitale italiana ed europea, il Parlamento abbia la possibilità di esprimersi nella prospettiva organica inquadrata del progetto di legge, ben più ampia dell’aspetto pur essenziale delle procedure autorizzative che il decreto energia del MASE affronta.

In presenza di questo decreto, il progetto di legge potrebbe utilmente concentrarsi nel definire gli altri ambiti di delega al governo, in modo che i due provvedimenti vengano emessi tempestivamente e si completino a vicenda. Ci vorrà sicuramente molto tempo, e quindi se l’intervento del MASE aiuta ad accelerare il progetto di legge, che sia benvenuto.

Attenzione, però: sul tema critico del processo autorizzativo manca un intervento importante, che probabilmente esula sia dall’ambito di un decreto d’urgenza come quello del MASE, sia da quello di un progetto di legge delega. Per ridurre concretamente e in misura significativa i tempi di autorizzazione occorrerà un riordinamento più profondo delle procedure autorizzative per infrastrutture particolari come i data centre, con le proprie esigenze peculiari e significative in termini di risorse energetiche ed idriche.

Il decreto del MASE lascia invariata la grande complessità della documentazione che la normativa nazionale richiede per autorizzare queste opere complesse, che a sua volta è la causa sostanziale del lungo tempo che serve al richiedente per formulare l’istanza di costruzione o espansione di un data centre, e all’autorità per verificarne la completezza.

Il legislatore e i ministeri competenti hanno ancora l’opportunità di riordinare queste procedure. Grazie alla nuova consapevolezza che i data centre sono preziosi per la sovranità e la competitività delle nostre comunità, possiamo aspettarci che i decreti dei ministeri previsti dalla legge delega arriveranno a cogliere anche questa occasione.

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