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Golden power sui marchi storici: tutela o rischio per le imprese?



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La Legge 206/2023 introduce strumenti per tutelare i marchi storici italiani. Il Ministero può acquisire marchi inutilizzati da cinque anni o destinati a cessazione produttiva. Obiettivo dichiarato: salvaguardare tradizione e occupazione, ma emergono criticità applicative e di coordinamento normativo

Pubblicato il 20 nov 2025



Marchi storici (1)

I marchi di interesse e valenza nazionale rappresentano un patrimonio di inestimabile valore per l’economia e l’identità culturale italiana. Con la Legge 206/2023, il legislatore ha introdotto nuovi strumenti di tutela che attribuiscono al Ministero delle Imprese e del Made in Italy poteri inediti di intervento e salvaguardia. Ma quali sono le reali implicazioni per le imprese e quali criticità emergono dall’applicazione pratica di questa normativa?

Il valore strategico dei marchi storici per il sistema Italia

La storicità delle imprese può avere un grande valore per un Paese e per il suo appeal sui mercati internazionali e l’Italia, tra imprese ultracentenarie e produzioni tradizionali, ha la fortuna di poter vantare un patrimonio di storia, tradizione e saper fare tramandato per generazioni in numerosi settori produttivi. Ne è ben consapevole il nostro Governo, così come quelli che lo hanno preceduto, ed infatti negli anni sono state varate misure volte a salvaguardare il Made in Italy e contrastare l’Italian Sounding nel mondo. Tra le misure recenti l’Art. 7, LEGGE 27 dicembre 2023 , n. 206 che riguarda il “marchio di particolare interesse e valenza nazionale“, definito come “un marchio registrato da almeno cinquanta anni ovvero non registrato per il quale sia possibile dimostrare l’uso continuativo da oltre cinquanta anni che gode di una rilevante notorietà e che è ovvero è stato utilizzato per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati da un’impresa produttiva nazionale di eccellenza collegata al territorio nazionale” (def. ex art. 1, lett. f, del Decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy 3 luglio 2024, in Gazz. Uff. 27 agosto 2024, n. 200).

Come si dirà più avanti, il nuovo istituto sembra richiamarne alla memoria un altro di recente introduzione, tuttora in vigore, che risponde al nome (molto simile) di marchio storico di interesse nazionale.

I casi in cui il Ministero può intervenire: oneri e procedure

La nuova misura introduce la possibilità, per il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, di subentrare nella titolarità di marchi di particolare interesse e valenza nazionale qualora questi non siano più utilizzati da almeno 5 anni, o qualora l’impresa titolare intenda cessare definitivamente l’attività di produzione relativa a quel marchio, intendendo per cessazione dell’attività: “qualsiasi tipo di procedura tramite la quale si cessa l’attività produttiva concernente la realizzazione dei prodotti e/o servizi contrassegnati dal marchio in questione, localizzati nel territorio italiano” (cfr. Decreto ministeriale 3 luglio 2024 – Interventi per il Made in Italy). In estrema sintesi, due sono i casi previsti:

a) Onere di notifica da parte dell’impresa titolare:

  • l’impresa titolare di un marchio di particolare interesse e valenza nazionale (i.e. registrato o comunque usato da almeno 50 anni), che intenda cessare definitivamente l’attività di produzione ad esso relativa (i.e. dei prodotti ad esso associati), ha ora l’onere di notificare il progetto di cessazione dell’attività al Mimit, con almeno 6 mesi di anticipo, indicando, in particolare, i motivi economici, finanziari o tecnici che impongono la cessazione, fornendo le informazioni previste dal relativo Decreto;
  • a fronte della notifica, il Ministero può subentrare gratuitamente nella titolarità di quel marchio (qualora non sia stato ceduto a titolo oneroso a terzi), al fine di tutelare i marchi di particolare interesse e valenza nazionale e di prevenire la loro estinzione, salvaguardandone la continuità;

L’acquisizione di marchi inutilizzati e la tutela della produzione italiana

b) Marchi inutilizzati da almeno 5 anni (per tali intendendosi “i marchi per i quali non è possibile dimostrare l’uso da almeno cinque anni dalla data di registrazione o di rinnovazione ovvero dalla data dell’ultimo utilizzo dimostrabile”, ex art. 1, lett. g, Decreto ministeriale 3 luglio 2024 – Interventi per il Made in Italy):

  • per i marchi di particolare interesse e valenza nazionale per i quali la Direzione generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale, l’innovazione, le PMI e il made in Italy del Ministero delle imprese e del made in Italy ritenga (presuma) il non utilizzo da almeno cinque anni di tali marchi, il Ministero può formulare istanza di decadenza all’UIBM e, una volta ottenuta la decisione di decadenza, depositare domanda di registrazione del marchio in titolarità del Ministero stesso.

Come funzionano le licenze ministeriali e i vincoli per le imprese

L’obiettivo dichiarato, sul sito istituzionale del Mimit, è quello di garantire la continuità e la valorizzazione di questi marchi sul territorio italiano. E infatti i marchi così trasferiti/intestati al Mimit potranno essere utilizzati dal Ministero esclusivamente in favore di imprese, italiane ed estere, che intendano investire in Italia o trasferire in Italia attività produttive ubicate all’estero (mediante contratto di licenza gratuita per un periodo non inferiore a dieci anni, rinnovabile), a fronte di apposita manifestazione di interesse, secondo procedure disciplinate da Decreti ministeriali in materia (cfr. Decreto ministeriale 3 luglio 2024 – Interventi per il Made in Italy (marchi di particolare interesse e valenza nazionale) e Decreto 28 ottobre 2024 – Disposizioni operative relative alle procedure di tutela dei marchi di particolare interesse e valenza nazionale). E’ in ogni caso previsto che il relativo contratto di licenza si risolva automaticamente ante tempo qualora l’impresa cessi l’attività o delocalizzi gli stabilimenti produttivi al di fuori del territorio italiano e, a tal fine, l’impresa licenziataria è tenuta a trasmettere una relazione semestrale sul rispetto di tali vincoli.

Le manifestazioni di interesse e i primi casi: Innocenti e Autobianchi

La Direzione generale (Direzione generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale, l’innovazione, le PMI e il made in Italy del Ministero delle imprese e del made in Italy) pubblica periodicamente l’elenco dei marchi di cui ha acquisito la titolarità con le procedure sopra descritte al fine di consentire agli operatori economici, potenzialmente interessati all’utilizzo di tali marchi, di presentare la propria manifestazione di interesse. Eventuali manifestazioni di interesse potranno essere presentate entro 30 giorni dalla data della suddetta pubblicazione, formulando apposita richiesta all’Unità di missione per l’attrazione e sblocco degli investimenti del Ministero delle imprese e del made in Italy, indicando altresì gli elementi informativi inerenti al progetto di investimento, con particolare riferimento alle ricadute occupazionali. In caso di interesse, sarà dunque importante il monitoraggio dei marchi periodicamente pubblicati dalla Direzione generale. Vi sono già stati i primi casi, che hanno riguardato i marchi:

  • “INNOCENTI” – Domanda numero 302023000141171;
  • “AUTOBIANCHI” – Domanda numero 302023000141189. Peraltro, stando all’avviso pubblicato sul sito istituzionale del Mimit, per tali marchi risultano essere state presentate manifestazioni di interesse in data 6 agosto 2025.

Criticità normative: il problema del coordinamento con i marchi europei

Lo strumento tra opportunità e criticità

La misura lascia spazio a qualche perplessità, in primis, in relazione alla mancanza di coordinamento di tale strumento rispetto alla possibile esistenza di marchi dell’Unione Europea e/o marchi internazionali con designazione Italia e/o EUIPO, aventi ad oggetto il medesimo segno distintivo. Sembra infatti possibile che, a fronte dell’appropriazione da parte del Ministero di marchi italiani di particolare interesse e valenza nazionale, restino comunque in capo all’impresa che ne era titolare altri marchi di eguale contenuto, anch’essi validi in Italia. In tal caso, potrebbe verificarsi ad esempio che, sul mercato italiano, si trovino a coesistere i marchi dell’azienda originariamente titolare (con riferimento al marchio dell’Unione Europea e al marchio internazionale, comunque validi ed efficaci in Italia) e il marchio italiano “storico” relativo allo stesso segno distintivo, trasferito/intestato al Mimit e che quest’ultimo concederebbe in licenza ad altra impresa, italiana o estera, per il medesimo mercato. Tale situazione presterebbe il fianco a numerose criticità, prima di tutto in termini di rischi di conflittualità tra le due imprese, potendo peraltro generare un’enorme confusione per il consumatore, con tutto ciò che può conseguirne.

Tutela merceologica e cessioni onerose: ulteriori zone grigie

Inoltre, nulla è previsto in merito ai prodotti ed ai servizi pertanto sembra potersi verificare la situazione in cui il marchio ri-depositato dal Mimit possa godere di una tutela merceologica più ampia e/o comunque anche oltre l’ambito merceologico per il quale il marchio di interesse e valenza nazionale sia divenuto tale. Peraltro, sebbene l’onere di notificare al Ministero l’intenzione della cessazione dell’attività faccia salvo il caso in cui il marchio sia stato ceduto a titolo oneroso a terzi, sembra il caso di notare che in tale ipotesi non sembra venir meno tale onere, ma semplicemente spostarsi in capo all’acquirente che eventualmente volesse cessare/delocalizzare la produzione interessata.

Il rapporto con i marchi storici di interesse nazionale: sovrapposizioni normative

Numerosi i dubbi anche sul coordinamento tra “marchi di particolare interesse e valenza nazionale” (ex Art. 7, LEGGE 27 dicembre 2023, n. 206) e “marchi storici di interesse nazionale” (introdotti nel 2019 all’art. 11-ter c.p.i.), a cui la nuova normativa non fa riferimenti espressi, sebbene le rispettive definizioni sembrano essere molto simili. Si riportano le due definizioni a confronto:

Stando al dato letterale, le due nozioni sembrano evidentemente sovrapponibili, almeno parzialmente, posto che a ben guardare, il marchio di interesse e valenza nazionale deve anche godere “di una rilevante notorietà“. Resta il dubbio che possa trattarsi di una semplice svista del legislatore, o che la nozione di notorietà possa essere stata richiamata in modo impreciso, anche alla luce delle facoltà previste in capo al Ministero a tal riguardo, le cui valutazioni sembrano potersi basare su mere presunzioni (cfr. art. 3 del Decreto ministeriale 3 luglio 2024 – Interventi per il Made in Italy).

La disciplina del marchio storico di interesse nazionale: caratteristiche e vantaggi

Ciò premesso, prima di concludere, sembra utile ricordare brevemente la disciplina del marchio storico di interesse nazionale, introdotto con d.l. n. 34/2019 (convertito, con modificazioni, in Legge n.58/2019), così disciplinato all’art. 11-ter del Codice della Proprietà Industriale: “1. I titolari o licenziatari esclusivi di marchi d’impresa registrati da almeno cinquanta anni o per i quali sia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno cinquanta anni, utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un’impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale, possono ottenere l’iscrizione del marchio nel registro dei marchi storici di interesse nazionale di cui all’articolo 185-bis. 2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico e’ istituito il logo «Marchio storico di interesse nazionale» che le imprese iscritte nel registro di cui all’articolo 185-bis, possono utilizzare per le finalità commerciali e promozionali. Con il decreto di cui al primo periodo sono altresì specificati i criteri per l’utilizzo del logo «Marchio storico di interesse nazionale.” Oltre al logo ufficiale, il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 46 del 24 febbraio 2020, precisa tra l’altro che:

  • l’iscrizione nel registro ha durata illimitata e non è soggetta a rinnovo;
  • può essere comunque richiesta la cancellazione mediante apposita istanza di rinuncia;
  • con la registrazione del Marchio Storico di Interesse Nazionale si acquista la facoltà di utilizzare il logo ufficiale per finalità commerciali e promozionali, sia in lingua italiana che in lingua inglese ;
  • il Decreto precisa anche che il logo ufficiale può essere affiancato al marchio iscritto nel registro dei marchi storici di interesse nazionale, con la precisazione che tali loghi ufficiali “…possono essere utilizzati solo con riferimento ai prodotti e servizi cui si riferisce il marchio iscritto nel registro speciale […]” (cfr. art. 6 del Decreto), ossia quelli rivendicati dal marchio riconosciuto come Marchio Storico di Interesse Nazionale.

Agevolazioni e accesso al Fondo Salvaguardia Imprese

Tra le agevolazioni al momento previste per i titolari, l’accesso al Fondo Salvaguardia Imprese, gestito da Invitalia.

L’evoluzione normativa: dal tentativo del 2019 alla disciplina attuale

Tornando al rapporto tra i due istituti e le rispettive definizioni, che si tratti di svista o di scelta ragionata del legislatore, sembra doversi sostenere che, a seguito della nuova previsione, l’assenza di iscrizione nel registro dei marchi storici di interesse nazionale non escluda che il Ministero possa intervenire, né che l’impresa debba assolvere agli obblighi di comunicazione sopra richiamati nei confronti del Ministero.

Un precedente abrogato ritorna con nuove sembianze

Occorre però ricordare che il legislatore italiano ci aveva già provato, con una previsione precedente (oggi abrogata) che riguardava però i soli marchi storici di interesse nazionale, ossia quelli iscritti nel registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale. Infatti, si ricorderà come, al momento dell’introduzione dell’istituto del marchio storico di interesse nazionale, erano previsti particolari oneri a carico di titolari di marchi storici, per il caso di crisi dell’impresa (e mente dell’art. 185-ter c.p.i., con disposizione successivamente abrogata con d.l. 34/2020), tra cui l’onere per il titolare di notificare al Ministero dello Sviluppo Economico l’intenzione di cessare l’attività o delocalizzare la stessa all’estero, corredata da una serie di informazioni di dettaglio, e relative sanzioni in caso di inosservanza, e un corrispondente facoltà di intervento dello Stato nel capitale di rischio delle imprese titolari del marchio storico, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività produttiva sul territorio nazionale.

Tutela necessaria ma perfettibile: verso un coordinamento internazionale

Come detto, la disposizione è stata poi abrogata, salvo ora tornare con altre sembianze ed un perimetro di applicazione che sembrerebbe essersi ampliato a tutti quei marchi che, ad opinione del Mimit, presentino le caratteristiche del marchio di interesse e valenza nazionale (anche a prescindere da eventuali iscrizioni in registri speciali, come quello dei marchi storici). Lo strumento, che certamente costituisce un interessante tentativo per la tutela delle imprese e la salvaguardia del comparto produttivo e delle relative competenze e professionalità, presenta importanti criticità che meriterebbero di essere affrontate e risolte, anche in ottica di armonizzazione a livello internazionale e di coordinamento con principi e strumenti tipici della proprietà intellettuale.

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