Se la pandemia ha segnato un punto di non ritorno nella trasformazione del sistema televisivo a livello mondiale, questo fenomeno sta vivendo un ulteriore processo di radicale trasformazione, attraverso il passaggio da modelli verticali e separati, per singolo media, a un vero e proprio ecosistema, quello digitale, orizzontale, ben più ampio e complesso, dove ciascun player – broadcaster, streamer, video sharing platform, social media, videogame – compete per l’attenzione del pubblico.
Indice degli argomenti
La scarsità dell’attenzione in un mondo saturo di informazioni
L’economia dell’attenzione è dunque uno dei temi centrali per comprendere il mondo in cui viviamo, attraverso il modo in cui comunichiamo, consumiamo contenuti e prendiamo decisioni. Un mondo saturo di stimoli e d’informazioni, in cui ogni notifica, immagine o messaggio compete per un frammento della nostra attenzione.
Mentre la disponibilità di informazioni accessibili continua a crescere rapidamente – i dati digitali raddoppiano più o meno ogni due anni – la domanda di informazioni è limitata dal numero di persone che vi hanno accesso, dal numero fisso di ore in una giornata e dalle richieste contrastanti sul nostro tempo e sulla nostra attenzione.
Nuove metriche per ecosistemi complessi
Agire all’interno di ecosistemi complessi, quali quelli che caratterizzano l’economia dell’attenzione, significa utilizzare nuovi strumenti, nuove metriche, nuove forme di comunicazione, per comprendere in primo luogo le dinamiche della società digitale.
Il tempo come nuova valuta di scambio
Si tratta in primo luogo di passare dall’acquisto dell’attenzione alla sua conquista, creando contenuti ed esperienze pertinenti e coinvolgenti che catturino e mantengano il focus degli utenti in un mondo saturo di informazioni.
In questo scenario, il tempo diventa una risorsa preziosa e limitata, la vera moneta di scambio che si sostituisce al denaro, ambita da broadcaster, streamer e piattaforme digitali, che competono tutti tra loro per attrarre la nostra attenzione attraverso i contenuti e poi monetizzata attraverso la vendita di spazi pubblicitari.
E in questo modo, poiché l’attenzione diventa sempre più una merce, le sue implicazioni per i media richiedono pertanto un’approfondita analisi.
Il dominio dei social media e il declino dei media tradizionali
Le piattaforme di social media ad esempio sono diventate attori dominanti nell’economia dell’attenzione, conquistando il pubblico con contenuti brevi, generati dagli utenti. I social media ora detengono una quota significativa della nostra attenzione collettiva, mentre il controllo dei media tradizionali si sta rapidamente indebolendo.
Televisione, radio e stampa, che un tempo dominavano la nostra attenzione, stanno vivendo un calo significativo nel consumo.
Le differenze generazionali nel consumo dei media
Questa tendenza non è uniforme a livello di Paesi (in Italia la televisione generalista in chiaro cattura ancora un’importante parte dell’attenzione, anche se in lenta diminuzione) e soprattutto tra le generazioni.
La Gen Z e la Gen Alpha infatti sono nettamente diverse dai Millennials, sebbene tutte, pur in diversa misura, tendano ad abbandonare completamente i canali tradizionali a differenza di quanto avviene nella Gen X e nei Boomers. Mai prima d’ora si era osservato un profilo così differenziato nel modo in cui le generazioni consumano i media.
L’impatto sui media tradizionali
L’economia dell’attenzione sta avendo evidentemente un impatto profondo sui media tradizionali incidendo su diversi aspetti:
• Cambiamento nei modelli di ricavo: calo nei ricavi pubblicitari, poiché gli inserzionisti spostano i loro budget verso le piattaforme digitali, dove possono beneficiare di pubblicità mirata e metriche di coinvolgimento misurabili. Alcuni media tradizionali hanno adottato modelli di abbonamento per compensare la perdita di entrate pubblicitarie, affidandosi ai pagamenti diretti dei consumatori per l’accesso ai contenuti.
• Modifiche nella creazione dei contenuti: nella corsa per catturare l’attenzione, i media tradizionali (come i nuovi) fanno sempre più ricorso al sensazionalismo e a titoli acchiappa-click. Questo cambiamento privilegia contenuti appariscenti rispetto all’integrità giornalistica. Inoltre, poiché il pubblico si è abituato a contenuti rapidi e “snackabili”, i media tradizionali si sono adattati producendo articoli, video e segmenti di notizie più concisi per soddisfare queste esigenze.
• Concorrenza delle piattaforme digitali: le piattaforme online come i social media e i servizi di streaming tendono a superare i media tradizionali in termini di coinvolgimento del pubblico, portando a un panorama mediatico frammentato in cui i media tradizionali faticano a mantenere la propria rilevanza. L’ascesa di aggregatori di contenuti e piattaforme di notizie (come Google News o Apple News) ha costretto i media tradizionali a differenziare i propri contenuti e a mantenere relazioni dirette con il pubblico.
• Cambiamento nelle aspettative del pubblico: oggi il pubblico si aspetta che i contenuti siano disponibili on-demand, spingendo i media tradizionali a sviluppare piattaforme online e app mobili. Questo cambiamento richiede un approccio agile alla distribuzione dei contenuti. I consumatori non sono più destinatari passivi dei media; cercano esperienze interattive, condividono opinioni e interagiscono direttamente con i contenuti tramite commenti e social media.
• Importanza crescente dell’analisi dei dati: i media tradizionali hanno iniziato a utilizzare l’analisi dei dati per comprendere le preferenze del pubblico e adattare i contenuti di conseguenza. Comprendere le metriche di coinvolgimento consente loro di perfezionare le strategie e l’offerta editoriale.
• Lotta contro la disinformazione: l’economia dell’attenzione ha contribuito alla rapida diffusione della disinformazione, mettendo in discussione la credibilità dei media tradizionali. In un panorama informativo affollato, mantenere fiducia e autorevolezza è diventato sempre più difficile.
• Enfasi sui contenuti multimediali: per competere nell’attrarre attenzione, i media tradizionali integrano elementi multimediali come video, podcast e grafica interattiva, per migliorare l’esperienza narrativa e attirare pubblici diversificati, sfruttando anche il fenomeno del multitasking.
La necessità di strategie digital-first
Questo cambiamento evidenzia dunque la necessità per gli operatori media tradizionali di orientarsi verso strategie digital-first per coinvolgere e conquistare il pubblico in modo più efficace. Comprendere questo nuovo paradigma è quindi cruciale anche per i broadcaster come per chiunque voglia prosperare nell’economia dell’attenzione.
Le audience: preferenze e comportamenti di consumo
In generale si può affermare che i consumatori amino soprattutto guardare la TV e i film. Sebbene la TV (insieme alla musica) sia l’attività preferite, i social media sono riusciti a raggiungere la vetta delle classifiche delle attività più utilizzate. Essi sono di gran lunga i più popolari tra i più giovani: il 94% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni utilizza questi servizi ogni mese, mentre meno della metà guarda o ascolta la TV e la radio nei modi più tradizionali. Al contrario, le persone con più di 75 anni fanno molto più affidamento sui media tradizionali, anche se due terzi (64%) utilizzano servizi VOD e oltre la metà (54%) dichiara di usare i social media ogni mese.
I media cartacei sono anch’essi importanti per questa fascia d’età.
Guardare la TV su un apparecchio televisivo è l’attività principale nelle ore serali. Invece, la visione di contenuti SVOD (Netflix e co.) raggiunge il picco il sabato, quando le persone cercano qualcosa di diverso per stimolare il loro interesse.
Il lunedì, invece, molti recuperano i programmi tramite i servizi BVOD (il video on demand dei broadcaster tipo Raiplay). A parte questi picchi per le principali modalità di visione video, il martedì sera (Regno Unito) è il momento in cui si registra il massimo delle attività non legate alla TV, come l’uso dei social media, la visione di YouTube e l’utilizzo dei videogiochi.
Verso una misurazione crossmediale dell’attenzione
Infine, per meglio comprendere il comportamento del pubblico nell’economia dell’attenzione è necessario sviluppare metriche e strumenti di misurazione più sofisticati, in grado di operare in un contesto cross-mediale.
È indispensabile operare con una prospettiva diversa dal passato, tenendo conto del consumo di contenuti fruiti sia attraverso i media tradizionali sia tramite i nuovi media in ambito digitale, con l’obiettivo di far convergere gradualmente le metriche in un approccio centrato sul consumatore, multipiattaforma, multidevice e crossmediale.
Questi sistemi, a partire dalla total audience, si stanno ormai testando in molti Paesi dell’Unione europea, pur se ulteriori ostacoli si frappongono, a partire dalla non condivisione di dati derivanti da propri servizi di misurazione da parte delle piattaforme online, che si sviluppano come “valute alternative”, con il rischio di produrre risultati di misurazione differenti.
In definitiva, l’economia dell’attenzione ha costretto i media tradizionali ad adeguarsi al nuovo contesto digitale e a innovare, in modi che riflettono il cambiamento del comportamento e delle preferenze dei consumatori.
Sebbene questi cambiamenti presentino numerose sfide, offrono anche l’opportunità ai media tradizionali e alle televisioni lineari di ridefinire il proprio ruolo e abbracciare nuovi metodi per coinvolgere il pubblico nel nuovo ecosistema digitale.
Il presente contributo, in esclusiva per Agenda Digitale, trae spunto dal XXIII Rapporto Annuale ITMedia, Turning Digital: Attention is the new currency, in uscita in questi giorni







