Le piattaforme pubbliche e private – nazionali ed europee – possono contribuire alla crescita di nuove imprese nel settore delle Life Science, non solo attraverso programmi di supporto e servizi di accompagnamento, ma anche tramite investimenti mirati, capitali pazienti e partnership strategiche.
Ecco il racconto di un dialogo delle realtà italiane con l’Europa.
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Ecosistema salute: dall’innovazione all’investimento
Con la collaborazione di attori chiave dell’innovazione sanitaria quali Enea Tech and Biomedical, Approxima, Recornea, Panakes e Indaco, l’evento “Ecosistema salute: dall’innovazione all’investimento” è un appuntamento pensato per mostrare, con casi concreti, come la sinergia tra piattaforme europee, operatori nazionali e investitori privati possa diventare un volano per lo sviluppo di soluzioni deep tech e per la nascita di startup ad alto potenziale.
Nella prestigiosa cornice della Fondazione Ezio De Felice, a Palazzo Donn’Anna, Napoli, si è svolta una tavola rotonda moderata da Chiara Maiorino, Ecosystem Lead for Italy, EIT Health, e Francesco Cerruti, Direttore Generale, Italian Tech Alliance, con ospiti che rappresentano tutta la filiera dell’innovazione deep tech nel life science.
Come far crescere la nuova impresa Life Science in Italia
Dal confronto è chiaramente emerso il valore della complementarità. Piattaforme europee come EIT Health, capaci di mobilitare reti, competenze e finanziamenti su scala internazionale, possono supportare il lavoro di operatori nazionali come Enea Tech and Biomedical e dei fondi di investimento italiani, come Panakes e Indaco, riuniti in Italian Tech Alliance.
Se l’Europa dà il respiro, l’Italia dà il radicamento; e insieme, creano massa critica.
Dai dati ai nuovi farmaci, dalle biotecnologie ai materiali avanzati, dalla diagnostica predittiva ai dispositivi medici intelligenti: tutto ciò che definisce il futuro della salute si basa su tecnologie ad altissimo contenuto scientifico.
“Ricerca, ricerca traslazionale, declinazione in essa delle deep tech, sino alla creazione di imprese fortemente innovative ed infine il paziente. Lo sviluppo delle Life Sciences non è quindi un’opzione: è la chiave della competitività, pur richiedendo tempi più lunghi, capitali pazienti, validazioni complesse e integrazione di competenze multidisciplinari. Ma è proprio qui che risiede il suo valore: crea soluzioni che possono cambiare davvero il sistema sanitario e generare impatti economici enormi, senza dimenticare il fine ultimo, e cioè la
prevenzione e la cura”, sottolinea, a questo proposito, Maria Cristina Porta, Direttore Generale di Enea Tech and Biomedical.
Partner strategici e best cases
Approxima e Recornea, aziende coinvolte nell’evento come best cases, hanno raccontato la loro esperienza: dalla ricerca all’impresa, passando per iter regolatori, prototipazione e partnership industriali.
Il loro percorso mostra quanto sia possibile – anche in Italia – scalare tecnologie complesse, purché l’ecosistema lavori insieme per lo stesso obiettivo.
Dal confronto è emerso che gli investitori sono partner strategici, oltre che finanziatori.
“Servono tuttavia strumenti finanziari flessibili e progressivi, capaci di supportare le startup lungo le diverse fasi di maturità tecnologica, dagli sviluppi iniziali del prodotto fino alle fase clinica passando attraverso la fase preclinica, un processo che può durare diversi anni”, suggerisce Emiliano Lepore, founder e CEO, Recornea: “Dal grant al seed, dal venture capital ai co-investimenti pubblico- privati: in maniera agile il capitale deve muoversi insieme alla tecnologia, per seguirne lo sviluppo, e insieme alla società, per permetterle una crescita organica e strutturale in termini di persone e competenze professionali”.
Startup e team multidisciplinari
Una startup science-based non nasce mai da un’unica competenza. Team multidisciplinari, composti da ricercatori, ingegneri, esperti regolatori, figure business, devono costituire il core di ogni startup deep tech.
Secondo Michal Jaworek, founder e CEO, Approxima, “i team più forti sono
quelli che uniscono scienza e gestione, laboratorio e mercato, visione ed execution. Ed è proprio qui che piattaforme come EIT Health giocano un ruolo determinante: formano, connettono, strutturano”.
Panakes e Indaco, venture capitals italiani intervenuti all’evento, hanno confermato congiuntamente che negli ultimi anni in Italia è cresciuta la consapevolezza sul valore dell’investimento nelle life sciences.
Tuttavia, resta necessario e cruciale favorire l’iter regolatorio per approdare al mercato.
“Negli ultimi anni sono stati compiuti enormi progressi e avviate numerose iniziative per il sostegno degli investimenti nelle Life sciences. È fondamentale continuare a lavorare con una prospettiva di lungo periodo, ambiziosa e fortemente orientata al mercato, che offra continuità e stabilità alle scelte future”, sottolinea Antonella Beltrame, Indaco.
“Snellire la burocrazia così come sostenere il percorso di accesso al mercato di nuove tecnologie e soluzioni, devono costituire i pilastri di nuove politiche industriali efficaci” suggerisce inoltre Alessio Piuma, Panakes: “Solo attraverso misure che favoriscano dinamicità e competitività sarà possibile dare l’impulso decisivo ad un ecosistema che ha già dimostrato essere capace di attrarre
investimenti”.
Ecosistema salute, le sfide da affrontare
Cerruti, Italian Tech Alliance, ricorda che “restano tuttavia molte le sfide da affrontare, come:
- snellire la burocrazia e i percorsi regolatori spesso lenti;
- risolvere il disallineamento tra politiche europee e strumenti nazionali;
- sviluppare maggiori programmi di Proof of Concept;
- incrementare la disponibilità di capitale nelle fasi early-stage;
- evitare la frammentazione dei servizi di supporto.
Da qui l’importanza di un coordinamento più forte, sia politico sia operativo”.
Il messaggio raccolto durante l’evento è chiaro: la nuova impresa nel Life Science nasce dove innovazione, capitale e politiche si incontrano e dove la tecnologia profonda trova luoghi dove crescere, mentor che la guidano, capitali che la sostengono e investitori che credono nel suo impatto.
È questo, oggi, l’ecosistema Life Science che l’Italia vuole e può costruire.







