Nel pieno della rivoluzione digitale della scuola e dell’università, un tema si sta imponendo con urgenza crescente: quello del digital wellbeing, ovvero il benessere psicologico, fisico e cognitivo nell’uso delle tecnologie. Non si tratta di una moda passeggera o di un concetto accessorio, ma di una vera e propria necessità pedagogica e sociale.
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Rischi del digitale e digital wellbeing a scuola
L’accelerazione tecnologica che ha investito il mondo dell’istruzione – tra didattica a distanza, piattaforme online, learning analytics, gamification e metaverso educativo – ha portato con sé opportunità straordinarie, ma anche rischi non trascurabili. Il tempo trascorso davanti agli schermi aumenta, le interazioni diventano più mediate, i confini tra apprendimento e vita personale si sfumano. Studenti e docenti si trovano immersi in un ecosistema digitale che, se non governato, rischia di generare sovraccarico cognitivo, isolamento, ansia da prestazione e iperconnessione.
Il problema non riguarda solo la quantità di tempo passato online, ma la qualità dell’esperienza digitale. Non tutto il tempo connesso è produttivo o formativo: spesso si alternano momenti di reale apprendimento ad altri di distrazione, multitasking inefficace o interazioni superficiali.
L’iperstimolazione causata dalla continua esposizione a notifiche, alert e ambienti digitali immersivi può alterare i meccanismi di attenzione e memoria, soprattutto nei più giovani. Studi neuroscientifici evidenziano come l’uso eccessivo di dispositivi digitali possa portare a un aumento dei livelli di stress, a disturbi del sonno e a difficoltà nella regolazione emotiva. La didattica digitale, se non progettata con attenzione, rischia di accentuare queste problematiche, trasformando un’opportunità di innovazione in una fonte di malessere diffuso.
Educare al digital wellbeing a scuola
Per questo motivo, si parla sempre più spesso di educazione al benessere digitale, un nuovo filone della didattica che non si limita a insegnare come usare gli strumenti tecnologici, ma si occupa di come vivere in modo sano e consapevole la relazione con il digitale. Le scuole e le università devono integrare nei loro programmi percorsi specifici dedicati al digital wellbeing, educando studenti e docenti a gestire il tempo online, a proteggere la propria attenzione, a costruire un equilibrio tra vita reale e vita connessa. Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di imparare a usarla in modo sostenibile, evitando che diventi una fonte di dipendenza o di alienazione.
Il tema riguarda anche la progettazione stessa della didattica. Troppo spesso si confonde l’innovazione tecnologica con l’aumento della quantità di contenuti digitali da erogare. In realtà, la vera sfida è progettare ambienti di apprendimento che rispettino i ritmi cognitivi e psicologici degli studenti, alternando momenti online e offline, prevedendo pause, favorendo la riflessione e il confronto diretto. Il rischio di burnout scolastico e accademico è reale e riguarda sia gli studenti che i docenti, spesso costretti a gestire un sovraccarico di piattaforme, meeting virtuali, richieste asincrone e strumenti digitali senza soluzione di continuità. Il confine tra tempo scolastico e tempo privato si è assottigliato, e il diritto alla disconnessione diventa un tema educativo centrale.
Digital wellbeing a scuola come responsabilità condivisa
Anche il ruolo dei genitori e delle famiglie è fondamentale. Nel caso della scuola primaria e secondaria, il digital wellbeing deve coinvolgere l’intera comunità educativa, non solo gli studenti. Serve un’alleanza scuola-famiglia per costruire regole condivise sull’uso dei dispositivi, sui tempi di connessione e sulle modalità di interazione online. L’educazione digitale non può essere delegata esclusivamente alla scuola o limitata a lezioni frontali sull’uso sicuro di internet. Deve diventare un percorso quotidiano, basato su esempi concreti, riflessioni condivise e pratiche di utilizzo consapevole. Anche per questo, le competenze dei docenti devono evolversi: non basta conoscere gli strumenti tecnologici, bisogna saperne gestire l’impatto sulla salute mentale e sul benessere degli studenti.
Attenzione e concentrazione nel digital wellbeing scolastico
Un aspetto cruciale del digital wellbeing riguarda la gestione dell’attenzione e della concentrazione. Gli ambienti digitali sono progettati per catturare lo sguardo, frammentare il tempo e stimolare un’interazione continua. Questo modello, efficace nel marketing e nelle piattaforme social, rischia di entrare anche nella didattica se non si presta attenzione a progettare contenuti e interazioni educative che rispettino i limiti naturali della soglia attentiva.
Gli studenti – soprattutto i più giovani – fanno fatica a mantenere l’attenzione per periodi prolungati davanti a uno schermo e il multitasking digitale peggiora la qualità dell’apprendimento. Si tratta di un problema noto come “attenzione parziale continua”, dove si passa da un task all’altro senza mai una reale immersione cognitiva, con effetti negativi sulla memoria a lungo termine e sulla capacità di elaborazione critica.
Strategie slow e mindful per il benessere digitale a scuola
Per contrastare questa deriva, alcune scuole e università stanno adottando strategie innovative di didattica slow e mindful, con l’obiettivo di rallentare i tempi dell’apprendimento, favorire la concentrazione e ridurre il sovraccarico informativo. Vengono introdotte pratiche come il digital detox a scuola, la riflessione consapevole sull’uso dei dispositivi, le giornate senza schermi, o momenti di apprendimento basati su attività pratiche e laboratoriali non digitali. L’idea è quella di creare un bilanciamento tra esperienze online e offline, dove il digitale non sia l’unico canale educativo ma uno dei tanti strumenti a disposizione. Questa visione più equilibrata aiuta a prevenire fenomeni di dipendenza da tecnologia, favorisce il benessere emotivo e migliora la qualità dell’apprendimento.
Digital wellbeing e salute fisica degli studenti
Un altro tema centrale è quello della salute fisica legata all’iperconnessione. Il tempo passato davanti agli schermi aumenta il rischio di sedentarietà, problemi posturali, affaticamento visivo e disturbi del sonno. I dispositivi digitali sono spesso utilizzati in ambienti non ergonomici, soprattutto quando si lavora da casa o in condizioni non ottimali. La scuola e l’università devono quindi educare anche a una gestione corretta dell’ambiente fisico di apprendimento: pause regolari, postura corretta, utilizzo di strumenti ergonomici, rispetto dei ritmi circadiani. In questo senso, il digital wellbeing diventa una competenza trasversale che si interseca con l’educazione alla salute, al movimento e al benessere psico-fisico complessivo.
Benessere digitale dei docenti: stress e supporto
Il problema non riguarda solo gli studenti, ma anche i docenti. L’insegnamento digitale impone nuove forme di stress, legate alla gestione della tecnologia, alla preparazione continua di materiali multimediali, alla pressione per rispondere sempre e subito alle richieste asincrone. Si parla di techno-stress, un fenomeno documentato che colpisce chi lavora in ambienti digitalizzati senza un’adeguata formazione o senza supporti organizzativi. Le istituzioni educative devono quindi prendersi cura anche del benessere dei propri insegnanti, offrendo momenti di formazione sul digital wellbeing, percorsi di supporto e soprattutto evitando il sovraccarico burocratico legato alla gestione delle piattaforme.
Digital wellbeing a scuola e politiche educative
Dal punto di vista normativo e istituzionale, diversi paesi stanno iniziando a inserire il digital wellbeing nei curricoli scolastici. L’UNESCO e l’OECD hanno prodotto linee guida specifiche per l’educazione digitale equilibrata, sottolineando come l’alfabetizzazione tecnologica debba sempre essere accompagnata da un’educazione all’uso consapevole e sostenibile delle tecnologie. Anche in Italia, alcune regioni e istituti scolastici stanno sperimentando percorsi dedicati al benessere digitale, con iniziative che coinvolgono psicologi scolastici, pedagogisti e formatori specializzati. Tuttavia, manca ancora un quadro normativo nazionale che inquadri in modo sistematico il digital wellbeing come parte integrante del curriculum scolastico e universitario.
Verso una scuola e un’università più sostenibili e inclusive
In conclusione, il digital wellbeing non è un lusso o un tema marginale, ma una necessità urgente per costruire una scuola e un’università più sostenibili, inclusive e capaci di formare cittadini consapevoli. L’innovazione tecnologica deve andare di pari passo con l’innovazione educativa e sociale, altrimenti il rischio è quello di creare ambienti di apprendimento ipertecnologici ma psicologicamente insostenibili. Educare al digitale significa anche educare al limite, alla pausa, al rispetto del tempo e dei bisogni umani. Solo così si può costruire una relazione sana con la tecnologia, trasformandola in un alleato e non in un ostacolo al benessere personale e collettivo.











