Dal Presidente della commissione Difesa Nino Minardo arriva un disegno di legge che estende maggiormente i poteri della Difesa al cyberspazio.
Una mossa che si incastra perfettamente in una cornice geopolitica in rapido deterioramento, come confermano ultime tensioni dovute allo sconfinamento di droni russi nello spazio Nato.
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Il disegno di legge per la cyber nella Difesa
La legge prevede la nascita di un gruppo di cosiddetti “hacker di Stato”, militari e tecnici informatici specializzati che possano svolgere compiti specifici in situazioni di crisi, così come in tempi di pace, per garantire la sicurezza di istituzioni e cittadini.
Le parole di Nino Minardo: “Quello cyber è un dominio strategico tanto quanto terra, mare, cielo e spazio, è essenziale e non più procrastinabile un quadro normativo che consenta alla Difesa di operare efficacemente, anche coordinandosi con gli altri attori rilevanti”.
Con questo disegno di legge sarà consentito alle Forze Armate, grazie anche a percorsi di formazione specializzati in materia di sicurezza cyber, di intervenire in operazioni digitali a difesa del nostro Paese e di essere affiancati da figure tecniche esperte esterne, appositamente autorizzate e supervisionate dal ministero della Difesa e dall’ACN, Agenzia per la cybersicurezza nazionale,.
Secondo Minardo, “Questo intervento legislativo non solo rafforza le capacità operative della Difesa, ma garantisce anche il pieno coinvolgimento del Parlamento. Il ministro della Difesa riferirà periodicamente alle Commissioni competenti della Camera e del Senato e al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, così da assicurare trasparenza e controllo democratico sull’impiego delle Forze Armate nel dominio cibernetico”.
L’importanza di un legame più forte tra forze armate e cyber
Il ministro della Difesa Crosetto ha in più occasioni sottolineato la necessità di un percorso normativo sempre più necessario, alla luce del contesto mondiale attuale, per la difesa cibernetica del Paese, che comprenda, tra le altre cose, la legittimazione delle forze armate all’utilizzo di strumenti cibernetici sia nell’ipotesi di risposta alle crisi di cui la leadership della gestione è in capo alla Difesa, sia nelle operazioni promosse in concorso con le autorità civili, così come di allineare il ministero che sovrintende con il comparto intelligence e svolgere attività di intelligence preparatorie nell’imminenza di un attacco cyber.
Quindi, oltre all’ampliamento dell’accesso ai dati sensibili di pubbliche amministrazioni, aziende partecipate e private ritenute essenziali dallo Stato, al momento riservato a oltre alla Presidenza del Consiglio dei ministri, DIS, Aise, Aisi e Viminale. Solo così il ministero della Difesa riuscirebbe ad essere più presente sul settore cibernetico per “presidiare, misurare costantemente le posture malevole e quindi contrastarle”.
Con questo disegno di legge, il dominio cibernetico diventerà il quarto comparto della Sicurezza Nazionale, insieme a Esercito, Marina e Aeronautica.
Il muro anti-droni europeo
Il quadro geopolitico mondiale preoccupa sempre più anche l’Europa. I recenti avvistamenti di droni nei cieli nordeuropei, così come in quelli polacchi, sta facendo alzare l’allerta su un possibile conflitto con la Russia e ci sarebbe la volontà da parte di diversi ministri della Difesa europei di creare un muro anti-drone.
L’Estonia sta estendendo una recinzione lungo il confine con la Russia e costruendo fossati anticarro e bunker, per non farsi trovare impreparata in caso di guerra, ma la minaccia, come sappiamo, è sempre più aerea e digitale.
I paesi NATO sono ancora indietro nella difesa aerea, come hanno dimostrato, appunto, le incursioni di circa venti droni russi dell’ultimo mese in Polonia, che sono state affrontate facendo decollare jet multimilionari, finiti per schiantarsi nella campagna polacca, soprattutto perché non progettati per rispondere ad una guerra di droni.
In più, in Polonia, “la maggior parte dei droni non è stata rilevata”, secondo quanto affermato da Hanno Pevkur, ministro della difesa dell’Estonia, “una vera e propria lacuna che dobbiamo colmare” . Infatti, i droni lenti e a bassa quota realizzati in legno, fibra di vetro, plastica o polistirolo potrebbero non essere rilevati dai sistemi radar che cercano missili veloci in metallo, oppure potrebbero sembrare uccelli o aerei. Ci sono anche altri ostacoli tecnologici, tra cui il tentativo di disturbare i droni e le comunicazioni nemiche senza interrompere le proprie.
I funzionari militari e della difesa dei paesi baltici Estonia, Lettonia e Lituania, membri della NATO e dell’UE confinanti con la Russia, hanno dichiarato all’Associated Press che la difesa dai droni richiede la risoluzione di una serie complessa di problemi tecnologici, finanziari e burocratici. L’Europa dovrebbe avere tecnologie più economiche e cicli di produzione e approvvigionamento più rapidi. Sebbene la Russia e l’Ucraina abbiano lanciato sempre più droni l’una contro l’altra, gli investimenti nei sistemi anti-drone sono stati minori.
Un problema prioritario
Diversi sono stati gli incidenti registrati negli ultimi mesi nello spazio aereo europeo.
Ad agosto, un drone ucraino, probabilmente deviato dalla sua rotta da un disturbo elettronico russo, è atterrato in un campo nel sud-est dell’Estonia, schiantandosi probabilmente perché l’esercito non è stato in grado di rilevarlo, come ha dichiarato il Generale e attuale Comandante delle Forze di Difesa Estoni Merilo.
Droni estoni, utilizzati per la sorveglianza e per impedire attraversamenti illegali delle frontiere, sono andati perduti a causa delle interferenze russe. Altri droni sono precipitati in Romania, Moldavia, Lituania e Lettonia e ci sono stati diversi avvistamenti di droni non identificati sopra strutture militari e aeroporti in Europa, tra cui Germania, Regno Unito, Norvegia e più di recente in Danimarca, con conseguente sospensione del traffico aereo all’aeroporto di Copenaghen.
È evidente che la protezione dello spazio aereo europeo dai droni russi sia sempre più prioritaria, così come necessaria la creazione di una barriera anti-droni lungo il confine orientale dell’UE, già proposta mesi fa da Estonia e Lituania, ma mai finanziata.
La grande varietà di droni esistenti, da quelli utilizzati per gli attacchi a quelli esca, spesso usati da Mosca contro Kiev affinché quest’ultima esaurisca le proprie difese aeree, la già citata questione economica e i lunghi tempi di realizzazione rendono l’operazione europea sicuramente complessa. Secondo Merilo, sarebbe necessario un approccio multilivello che includa sensori, “guerra elettronica… ma anche piccoli missili a basso costo o droni d’attacco”.
Europa più difesa nella guerra cyber e tecnologica
L’Europa dovrebbe investire di più nelle startup europee in grado di accelerare la produzione di sistemi di difesa contro i droni che possano essere utilizzati dagli alleati su diversi sistemi d’arma e passare a un “pensiero semi-bellico”, promuovendo – a questo mira lo stesso disegno di legge italiano – una maggiore collaborazione tra le forze armate, il governo e le industrie della difesa per colmare il proprio divario tecnologico.
In caso contrario, la Russia avrà ancora modo di portare avanti la propria azione di destabilizzazione del Vecchio Continente con ogni mezzo possibile e su qualsiasi dominio.










