diritto d’autore

Ghibli style: chi tutela la creatività dalla volgarizzazione dell’IA?



Indirizzo copiato

L’uso dell’intelligenza artificiale per imitare lo stile Ghibli solleva questioni giuridiche e culturali legate alla tutela del diritto d’autore e alla conoscenza tradizionale

Pubblicato il 7 mag 2025

Simona Lavagnini

avvocato, partner LGV Avvocati



ai copyright (1) fair use e ai

Nessuno è riuscito a sfuggire all’alluvione di immagini AI generate nello stile dello studio giapponese Ghibli che (per chi non lo sappia) ha realizzato film animati di notorietà mondiale come La città incantata, Il mio vicino Totoro, Principessa Mononoke, Il ragazzo e l’airone, con riconoscimenti importanti inclusi premi Oscar. In questa frenesia è caduto anche un mio amico e collega, avvocato in Francia (e specializzato in IP), che ha recentemente postato una sua immagine in “stile Ghibli” per annunciare di aver vinto un premio di qualche tipo.

Mi ha colpito che lo studio Ghibli non abbia preso posizione in alcun modo, ed anzi si sia apertamente dissociato da una pretesa lettera di diffida falsamente inviata per suo conto. In passato (nel 2016) Hayao Miyazaki, il fondatore dello studio, aveva reagito negativamente alla visione di alcune immagini realizzate da una (allora piuttosto rozza) AI, ma in seguito non si è ulteriormente pronunciato, ed interpellato sull’uso della grafica al computer è sembrato possibilista (per quanto lo studio Ghibli sia noto per la rifinitura manuale di tutte le immagini che compongono le sue note opere).

La questione giuridica dello stile come forma protetta

In ogni caso, quanto avvenuto mi ha indotto a riflettere sulla questione della protezione dello “stile”, ossia delle modalità distintive che caratterizzano una determinata corrente creativa o un autore, con ciò intendendosi la tecnica, la scelta dei colori, il linguaggio utilizzato.

Generalmente si ragiona in termini di movimenti artistici, per esempio si parla di stile surrealista o verista. Talora, tuttavia, il termine viene utilizzato anche con riguardo ad alcuni autori singoli, più significativi e originali: basta pensare ad un quadro realizzato nello stile di Van Gogh, o in quello di Picasso; oppure – per quanto riguarda le opere letterarie – al “flusso di coscienza” di Virginia Woolf o al minimalismo di Ernest Hemingway.

Diritti patrimoniali e morali: la linea sottile tra ispirazione e plagio

Non intendo qui discutere nuovamente della questione se l’AI che realizza le opere nello stile di Ghibli abbia o non abbia violato i diritti esclusivi dello studio nel realizzare l’output che riprende lo stile stesso (benché la circostanza mi paia molto probabile). Mi interessa invece affrontare il tema della cosiddetta “volgarizzazione” dello stile di Ghibli, che si posiziona a metà fra una questione patrimoniale ed una di carattere morale.

In altre parole, a prescindere da violazioni relative al training dell’AI, la realizzazione di output in un determinato stile, realizzabili da chiunque e diffondibili in tutto il mondo, è in grado di danneggiare gli interessi economici e/o morali di colui o coloro a cui lo stile può essere attribuito? Se la risposta è positiva, quali sono le soluzioni giuridiche che si possono proporre? Dobbiamo guardare solo al diritto d’autore o anche ad altri ambiti, come ad esempio i diritti della personalità, oppure alla protezione della conoscenza tradizionale?

La risposta a queste domande non è certamente semplice, e siamo solo all’inizio della riflessione. Dal punto di vista del diritto d’autore, ci sono tuttavia già dei punti fermi, che – in linea molto generale – non sono particolarmente favorevoli a riconoscere una tutela allo “stile” in quanto tale. Molto dipende da che cosa si intende con questo termine. Se si vuole indicare una generale corrente autorale o artistica, che caratterizza più creatori, soprattutto se risalente, la nostra giurisprudenza tende a ritenere che la corrente artistica si esprima in caratteri o elementi di per sé non proteggibili, da cui quindi ogni autore successivo può lecitamente trarre ispirazione. Per conseguenza, se un nuovo autore si mantiene all’interno di un quadro stilistico precedente, da cui trae elementi che sono presenti in più opere precedenti, non commette una violazione.

Il caso Isgrò/Waters e il concetto di cifra stilistica

La questione si pone tuttavia diversamente se la ripresa del nuovo autore riprende da vicino caratteristiche salienti e distintive delle opere di un autore solo, particolarmente originali: è appena il caso di ricordare la decisione del Tribunale di Milano nel noto caso Isgrò/Waters del 27 luglio 2017, in cui si è ritenuto che l’immagine utilizzata per l’album discografico del musicista violasse i diritti di Isgrò, nella misura in cui riprendeva la sua cifra stilistica, consistente nell’apporre cancellature sulle frasi di testo, facendo emergere da quest’ultimo solo alcune parole. L’album utilizzava un testo diverso da tutti quelli precedentemente usati da Isgrò; le parole lasciate visibili erano diverse da quelle presenti nelle opere di Igrò, le cancellature erano leggermente diverse nel tratto e nella densità del colore nero. Nonostante queste differenze, i giudici hanno deciso che l’album costituisse una elaborazione non autorizzata delle opere di Isgrò, e non una semplice ripresa, o un omaggio al suo stile.

Sotto altro profilo, ci si potrebbe chiedere se la condotta ora descritta non possa costituire anche violazione di diritti morali d’autore, e – per esteso – anche di diritti della personalità, considerato che lo stile potrebbe proprio essere ciò che più distingue il creatore nel suo gruppo sociale e nel suo percorso artistico.

Volgarizzazione, confusione e danno culturale nella diffusione dell’AI

La “volgarizzazione” dello stile tramite l’uso generalizzato, in particolare attraverso le forme pervasive dell’AI, potrebbe generare confusione, al punto da far attribuire ad un autore (nel caso di specie, lo studio Ghibli) opere che invece sono realizzate da un’AI. Inoltre, l’estrema diffusione (fino a giungere alla saturazione) di immagini in un medesimo stile potrebbe svilire il contenuto poetico delle opere di un determinato autore, che si “perderebbero” in un contesto divenuto largamente monotono.

La conoscenza tradizionale come tutela possibile dello stile Ghibli

C’è un ultimo profilo, estremamente poco conosciuto in Italia, che forse potrebbe indicare una terza via, ossia l’eventuale protezione (de iure condendo) dello stile come conoscenza tradizionale (traditional knowledge). Si fa qui riferimento in particolare alla Convenzione Unesco sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali firmata a Parigi il 20 ottobre 2005, che riconosce e valorizza la diversità culturale, la quale:

  • rappresenta un patrimonio comune dell’umanità e dovrebbe essere valorizzata e salvaguardata a beneficio di tutti;
  • afferma che la diversità culturale è fonte di ricchezza immateriale e materiale e, segnatamente, dei sistemi di conoscenza dei popoli indigeni, il loro contributo positivo a favore di uno sviluppo sostenibile;
  • segnala infine la necessità di prendere misure volte a proteggere la diversità delle espressioni culturali e i loro contenuti, in particolare nei casi in cui le espressioni culturali possono essere minacciate di estinzione o soggette a gravi alterazioni.

In questo contesto va tenuto in considerazione che la ripresa proposta dalla AI si focalizzava sullo stile dello studio Ghibli; ma è noto che dal Giappone siano pervenuti alla notorietà internazionale i manga (fumetti) e le anime (cartoni animati tratti dai manga), caratterizzati da uno stile nuovo e proprio rispetto a quello di film animati realizzati in altri contesti culturali. In questo senso si potrebbe allora ritenere che anche le opere di Ghibli e più in generale di altri autori giapponesi facciano parte della conoscenza tradizionale di quel paese, intesa anche come espressione culturale tradizionale.

L’uso massivo dell’AI, con tutti gli effetti di volgarizzazione e svilimento di cui si è detto, potrebbe integrare una forma di violazione e danneggiamento della diversità culturale, contro la quale bisognerebbe identificare una forma adeguata di protezione, per evitarne l’appropriazione senza consenso e senza condivisione dei benefici. Tanto più che questi output dell’AI sono del tutto privi di creatività e non sembrano quindi in alcun modo sorretti da alcuna necessità di favorire la libertà creativa. Neppure sembra davvero invocabile – nel caso di specie – il diritto (che in Italia è anche costituzionalmente garantito) alla libertà di espressione e di comunicazione.

Non si vede infatti quale vera compressione vi sia nel limitare l’uso dello stile Ghibli per banali comunicazioni quotidiane fra utenti, e simili forme espressive.

Non si ignora qui che storicamente vi siano state, vi siano e probabilmente vi saranno intere correnti artistiche basate sul concetto di appropriazione, e non si vuole affatto sostenere che queste non siano perfettamente legittime. Anzi, si condivide pienamente il principio secondo cui in questi casi la libertà di comunicazione e di espressione non debbono essere eccessivamente compresse, ed i patrimoni storici e tradizionali dell’umanità debbono al contrario in linea generale cadere nel pubblico dominio dell’umanità. E tuttavia vi sono forme di appropriazione che appaiono particolarmente frivole e ingiustificate, da un lato, e capaci di arrecare grave pregiudizio, dall’altro lato, per cui la soluzione più opportuna e ragionevole sembrerebbe quella di limitarle.

La generazione di opere nello stile Ghibli da parte dell’AI generativa appare ricadere in uno dei casi ora detti, poiché mette alla portata di chiunque la possibilità di realizzare opere in questo stile, mettendole poi a disposizione di una platea potenzialmente infinita tramite le reti internet, in tempo reale. Il danno agli autori e ai soggetti è evidente, così come quello alla diversità culturale; mentre sembra mancare un interesse vero alla libertà di espressione e creativa. Insomma, anche dal settore della “traditional knowledge” sembrano emergere argomenti che militano contro un uso di questo tipo dell’AI generativa: ma basteranno a fermare queste “mode”, visto che gli utenti sembrano gradire l’offerta e si preoccupano poco o niente dei temi di violazione dei diritti?

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati