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Interconnessioni ad alta densità: il vero limite dell’AI cinese



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Le interconnessioni ad alta densità rappresentano un collo di bottiglia cruciale per l’AI cinese, limitata dalle sanzioni Usa e da un ritardo tecnologico difficile da colmare

Pubblicato il 7 lug 2025

Gabriele Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio

Nicola Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio



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Il panorama dell’Intelligenza Artificiale (AI) sta vivendo una trasformazione radicale, guidata dalla densità di potenza, ovvero la capacità di concentrare immense capacità di calcolo in spazi minimi. Questa tendenza, ampiamente analizzata dal Goldman Sachs Global Institute, non è solo un fenomeno tecnologico, ma ha profonde implicazioni geopolitiche, economiche e militari, specialmente per la Cina.

Le interconnessioni ad alta densità come nuovo fronte geopolitico

La progressione è sbalorditiva: un singolo armadio server moderno può superare di cinque volte un supercomputer di pochi anni fa. Questa compressione è vitale per i modelli AI avanzati che richiedono GPU interconnesse e comunicazioni ultra-veloci. Tuttavia, ciò genera sfide infrastrutturali enormi: consumi energetici equivalenti a centinaia di case per armadio, la necessità di sofisticati sistemi di raffreddamento a liquido e l’obsolescenza dei data center tradizionali, che richiedono nuove infrastrutture iperspecializzate. Questi investimenti massivi sono cruciali per l’efficienza economica dell’AI e per sbloccare capacità AI completamente nuove, oggi solo teoriche, promettendo innovazioni trasformative.

La Cina si trova al centro di questa dinamica geopolitica. Le restrizioni all’esportazione imposte dagli Stati Uniti dall’ottobre 2022, mirate a limitare l’accesso non solo ai chip avanzati ma, crucialmente, alle tecnologie di interconnessione ad alta velocità, stanno creando una morsa sempre più stretta. L’analisi di Goldman Sachs evidenzia che, con le nuove architetture che integrano centinaia di GPU interconnesse, il divario tecnologico sta diventando praticamente incolmabile per la Cina, che non potrà più importare sistemi paragonabili. Ciò accelera la spinta di Pechino verso una produzione interna di chip e interconnessioni, alimentando una divisione sempre più marcata del panorama tecnologico globale.

L’evoluzione delle politiche USA sulle interconnessioni AI

Un elemento chiave in questo scenario è il recente ritiro di una normativa statunitense. Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (BIS) ha annunciato il 13 maggio 2025 l’abrogazione della “Artificial Intelligence Diffusion Framework”, norma che imponeva requisiti di licenza globali. Nonostante l’abrogazione, il BIS ha pubblicato tre documenti guida che chiariscono le priorità di applicazione verso la Cina, con avvisi sull’uso di chip AI statunitensi per modelli cinesi, raccomandazioni contro tattiche di diversione e un monito contro l’uso di chip avanzati sviluppati o fabbricati in Cina.

La risposta cinese: autosufficienza e limiti strutturali

Attualmente, la Cina sta spingendo con forza verso l’autosufficienza, con produttori come Loongson che presentano server interamente cinesi e Inspur che costruisce cloud domestici. Nel contempo, Pechino investe nello sviluppo di modelli AI avanzati, con startup come DeepSeek che competono con i giganti occidentali. Tuttavia, le restrizioni sulle interconnessioni ad alta velocità rimangono una sfida critica, creando un divario difficile da colmare a breve termine.

In ambito militare, Pechino rischia un gap tecnologico nella nuova generazione di sistemi d’arma basati sull’AI (autonomi, strategici, cyber-guerra), con prestazioni inferiori dovute alle limitazioni nelle interconnessioni. Ciò può portare a difficoltà nello sviluppo di AI strategica e decisionale, una persistente dipendenza da tecnologie estere e costi elevati per lo sviluppo domestico, oltre al rischio di un esercito “a due velocità”.

Sul fronte economico e tecnologico, la Cina affronta un percorso estremamente costoso verso l’autosufficienza, con investimenti massicci che potrebbero deviare risorse. Le prestazioni attuali dei prodotti cinesi non eguagliano ancora quelle dei leader globali, limitando la loro competitività internazionale. I tentativi statunitensi di dissuadere le collaborazioni con entità cinesi rischiano una frammentazione del mercato globale dell’AI, isolando Pechino e ostacolando il suo accesso a partnership e talenti. Il ritardo significativo e persistente nello sviluppo tecnologico dovuto alle limitazioni sulle interconnessioni minaccia la leadership tecnologica ambita dalla Cina.

In sintesi, mentre Pechino è determinata a raggiungere l’autosufficienza AI, il “tallone d’Achille” delle interconnessioni ad alta densità, esacerbato dalle sanzioni USA e dall’accelerazione tecnologica esterna, rappresenta un rischio concreto per la sua capacità di competere allo stesso livello degli Stati Uniti sia nell’AI di prossima generazione che nel mantenimento della sua crescita economica e sicurezza militare.

La battaglia delle connessioni iper-dense e le restrizioni USA

La Cina si trova di fronte a un ostacolo cruciale nello sviluppo della sua AI: le connessioni iper-dense. Queste “autostrade digitali” ultra-veloci sono indispensabili per far comunicare efficacemente un enorme numero di processori (GPU) all’interno dei sistemi AI più avanzati. A partire dall’ottobre 2022, gli Stati Uniti hanno imposto severe restrizioni all’esportazione mirate proprio a queste tecnologie di interconnessione, con l’obiettivo di limitare la capacità della Cina di costruire AI all’avanguardia con possibili implicazioni strategiche o militari.

Queste misure hanno costretto aziende come NVIDIA a creare versioni “depotenziate” dei loro chip (come l’H800 o l’H20) per il mercato cinese. Sebbene questi chip mantengano una buona potenza di calcolo, la loro velocità di trasferimento dati tra chip è drasticamente ridotta. Inizialmente, per cluster AI di dimensioni più contenute, questo limite poteva essere gestito. Tuttavia, come sottolineato dall’analisi di Goldman Sachs, le architetture AI di prossima generazione (come i sistemi NVIDIA “Oberon” o il futuro “Kyber” che integrano centinaia di GPU) richiedono un coordinamento quasi istantaneo. Senza interconnessioni rapide, queste architetture diventano inefficaci, creando “colli di bottiglia” che sprecano le risorse di calcolo. La conseguenza è che la Cina non può più semplicemente importare sistemi che siano minimamente paragonabili a quelli disponibili altrove, creando un divario tecnologico praticamente incolmabile nell’immediato. Di fronte a questa morsa, la Cina sta accelerando i suoi enormi investimenti nella produzione interna di chip e tecnologie di interconnessione, puntando all’autosufficienza. Questo scenario sta inesorabilmente portando a una divisione sempre più netta nel panorama tecnologico globale, con due ecosistemi AI che competono separatamente.

Cambiamenti nella politica USA sulle esportazioni di chip AI

Un elemento chiave in questo scenario è il recente ritiro di una normativa statunitense. Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (BIS) ha annunciato il 13 maggio 2025 l’abrogazione della “Artificial Intelligence Diffusion Framework”, una norma dell’era Biden che imponeva requisiti di licenza globali per semiconduttori e prodotti informatici avanzati. Questo ritiro, in attesa di un nuovo regolamento entro le prossime quattro-sei settimane, riflette le obiezioni dell’amministrazione Trump riguardo al soffocamento dell’innovazione statunitense e agli sforzi diplomatici. Nonostante l’abrogazione, il BIS ha pubblicato tre documenti guida che chiariscono le sue priorità di applicazione, in particolare verso la Cina: un avviso sulle possibili conseguenze derivanti dall’uso di chip AI statunitensi per l’addestramento e l’inferenza di modelli AI cinesi; raccomandazioni per proteggere le catene di fornitura da tattiche di diversione; e un avvertimento esplicito contro l’uso di chip integrati (IC) avanzati sviluppati, progettati o fabbricati in Cina.

Va detto che le tensioni con la Cina sono tornate a crescere ad inizio di giugno, con il presidente Trump che ha accusato Pechino di aver violato il suo accordo commerciale, segnalando che potrebbero essere in arrivo ulteriori restrizioni tecnologiche.

Lo status quo dell’AI cinese: progressi e ostacoli

Attualmente, la Cina sta spingendo con forza verso l’autosufficienza nell’AI e nei server ad alta densità per superare le limitazioni imposte dagli Stati Uniti. Il produttore di CPU Loongson ha presentato il primo server interamente “made in China”, sfruttando processori e tecnologie di interconnessione proprietarie, un passo significativo verso l’indipendenza, sebbene le prestazioni non eguaglino ancora i leader di mercato. Parallelamente, Inspur sta costruendo il suo cloud rinunciando a componenti occidentali, mentre Huawei sta cercando di difendere i propri chip AI a livello globale. Nonostante questi sforzi hardware, Pechino sta investendo massicciamente nello sviluppo di modelli AI avanzati, con startup come DeepSeek che competono direttamente con i giganti occidentali e l’emergere di progetti ambiziosi come l’AI “agente generale” Manus (pur essendo ancora in fase sperimentale). La Cina sta inoltre investendo nell’educazione all’AI fin dalle scuole primarie per formare le future generazioni. Tuttavia, le restrizioni statunitensi sulle interconnessioni ad alta velocità rimangono una sfida critica: impediscono alla Cina di importare sistemi con la densità di calcolo necessaria per i modelli AI più complessi, creando un divario tecnologico difficile da colmare a breve termine.

La rivoluzione silenziosa: l’AI iper-densa rimodella il mondo

Il mondo dell’Intelligenza Artificiale sta vivendo una trasformazione rapidissima, guidata dalla “densità di potenza”. Come sottolinea l’analisi del Goldman Sachs Global Institute, stiamo passando da data center tradizionali a veri e propri “archivi” di potenza. Se il supercomputer “Summit” nel 2018 occupava un’area come un campo da basket, oggi un singolo armadio server di NVIDIA, l’NVL72, è cinque volte più potente ma occupa solo un trecentesimo del suo spazio. Questa incredibile capacità di concentrare la potenza è fondamentale per l’AI moderna, poiché i modelli necessitano che le loro GPU comunichino tra loro alla velocità della luce.

Questa compressione della potenza porta con sé sfide monumentali:

  • sete di energia inarrestabile. Un singolo armadio server “Oberon” di NVIDIA consuma dieci volte di più di un server AI di pochi anni fa, e per il 2027, il sistema “Kyber” con 576 GPU in un solo armadio richiederà l’energia necessaria per alimentare ben 500 case. Parliamo di una densità di potenza 50 volte superiore rispetto a cinque anni fa, e la tendenza è a salire ancora;
  • un Inferno di calore. Tanta potenza genera un calore incredibile, rendendo necessari sistemi di raffreddamento a liquido con infrastrutture complesse;
  • addio vecchi data denter. Le strutture attuali non sono adatte; per l’AI di prossima generazione, servono nuovi data center, costruiti su misura per queste esigenze estreme.

Investire in queste nuove infrastrutture ha un senso preciso: rende l’AI più economica ed efficiente, riducendo i costi operativi per l’addestramento e l’inferenza, e soprattutto sblocca la possibilità di abilitare capacità AI completamente nuove che oggi sono solo teoriche, portando a innovazioni rivoluzionarie.

La grande scommessa: specializzazione e rischio futuro

Costruire queste nuove infrastrutture AI è una scommessa enorme. Non si tratta di strutture versatili, ma di “cattedrali dell’AI” iperspecializzate. Come sottolineato nell’analisi di Goldman Sachs, se la domanda di AI dovesse ridursi, questi data center non sarebbero facilmente riconvertibili, rendendo i finanziamenti più complessi e il valore futuro meno certo. Eppure, per le aziende con vere ambizioni nell’AI, l’immobilità è il rischio maggiore. Le decisioni infrastrutturali prese oggi definiranno il posizionamento competitivo per il prossimo decennio. Con tempi di costruzione che superano l’anno e mezzo e l’arrivo previsto per il 2027 di sistemi come “Kyber”, il momento di agire è adesso.

Rischi militari dell’AI cinese: il ruolo critico delle connessioni iper-dense

La Cina si trova ad affrontare sfide significative nel suo sviluppo militare legato all’intelligenza artificiale, principalmente a causa delle limitazioni imposte sulle cruciali interconnessioni ad alta velocità necessarie per i server iper-densi. Queste restrizioni, come evidenziato anche dall’analisi di Goldman Sachs, creano diversi rischi concreti:

  • gap tecnologico nei sistemi d’arma AI-driven. La Cina rischia di sviluppare un divario nella prossima generazione di armamenti e piattaforme militari basati sull’AI (sistemi autonomi, pianificazione strategica, cyber-guerra, sorveglianza su larga scala), che richiedono enormi capacità di calcolo e comunicazione efficiente tra i chip;
  • prestazioni inferiori nei sistemi avanzati. Anche con molti chip AI, la limitazione nelle interconnessioni ne riduce l’efficacia quando devono lavorare in rete, portando a tempi di latenza maggiori e minore elaborazione in tempo reale, rendendo i sistemi meno reattivi e potenzialmente inferiori;
  • difficoltà nell’AI strategica e decisionale. Un ritardo nello sviluppo di AI per la pianificazione strategica, la logistica e la simulazione di scenari bellici, che necessitano di cluster massicciamente interconnessi, potrebbe compromettere la capacità della Cina di sviluppare superiorità strategica;
  • dipendenza e vulnerabilità. Nonostante gli sforzi per l’autosufficienza, un persistente divario nelle interconnessioni potrebbe mantenere una dipendenza da soluzioni esterne, creando una vulnerabilità strategica in caso di ulteriori sanzioni.
  • costi elevati e inefficienza domestica. La spinta all’autosufficienza comporta costi enormi e tempi lunghi, deviando risorse e potenzialmente portando a sistemi meno efficienti.
  • rischio di un esercito “a due velocità”. Potrebbe emergere un divario tra unità militari con accesso a tecnologie AI più avanzate e quelle limitate, compromettendo coesione ed efficacia complessiva delle forze armate.

I rischi economici e tecnologici della Cina nell’era dell’AI iper-densa

Pechino, nel suo intento di affermarsi come leader globale nell’intelligenza artificiale, si trova ad affrontare notevoli rischi economici e tecnologici, derivanti principalmente dalle restrizioni statunitensi sulle tecnologie chiave per le connessioni iper-dense.

Ritardo nello sviluppo tecnologico. Le limitazioni sulle interconnessioni ad alta velocità impediscono alla Cina di costruire e scalare efficacemente i server iper-densi necessari per addestrare i modelli AI più complessi, creando un divario difficile da colmare a breve termine. Questo rallenta la capacità cinese di sviluppare AI di nuova generazione per applicazioni sia civili che militari, rischiando la leadership tecnologica ambita e il valore economico atteso dall’espansione dell’AI.

Costo dell’autosufficienza. La Cina sta intraprendendo un percorso estremamente costoso verso l’autosufficienza tecnologica, con investimenti massicci e anni di ricerca e sviluppo, che potrebbero sottrarre risorse a altri settori vitali dell’economia.

Competitività limitata. Le prestazioni attuali dei prodotti cinesi, sebbene in miglioramento, non eguagliano ancora quelle dei leader globali, limitando la competitività delle aziende cinesi nel mercato AI internazionale.

Frammentazione del mercato globale. I tentativi statunitensi di dissuadere le collaborazioni con entità cinesi legate all’AI rischiano di creare una frammentazione del mercato, isolando Pechino e ostacolando il suo accesso a partnership, talenti e catene di approvvigionamento critiche.

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