Quando si parla di marketing, comunicazione istituzionale e pubblica nessun Paese è troppo lontano. Perché, quando si parla di costruire la fiducia, in questo caso dei cittadini, le strategie valgono (quasi) ad ogni latitudine.
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Dal Malawi all’Europa: dati e strategie universali
Ne ho parlato a Lilongwe, capitale del Malawi, durante un workshop sulla comunicazione strategica e lo sviluppo del brand pubblico nell’ambito del progetto di gemellaggio finanziato dall’Unione Europe “Strengthening The Institutional And Technical Capacity Of The Malawi Energy Regulatory Authority”.
Ogni strategia ha un punto di partenza e quello non può che essere lo studio dei dati a disposizione. Dal report “Digital 2025”, curato dall’agenzia creativa londinese We Are Social assieme a Meltweter, società di media online, che offre un’analisi approfondita sui comportamenti delle persone relativamente a internet, social media, e-commerce e molto altro emerge che i cittadini del Malawi che usano internet sono meno di 4 milioni (il 18% della popolazione), di questi solo 1,8 milioni utilizzano i social media, ma con un una crescita annuale costante il che incoraggia gli investimenti in questo “spazio”.
A farla da padrone, quando parliamo di accesso ad internet, il mobile seguito da laptot e desktop personal computer, mentre Facebook è il social media più utilizzato (70,44%), davanti a Pinterest e X (ex Twitter).
L’evoluzione verso il dialogo bidirezionale
“Stare dove i cittadini stanno” – è questa la prima grande linea guida emersa dal workshop africano. Che significa? Smettere di parlare dall’alto. Abbandonare il vecchio modello unidirezionale per abbracciare una comunicazione istituzionale radicata nell’ascolto attivo, nell’empatia e nella presenza quotidiana nei canali frequentati dai cittadini, dal feed di Facebook alla radio, fino alle affissioni ed al volantinaggio (che dovrà tornare nelle strategie di marketing e comunicazione pubblica e istituzionale) di quartiere.
Un insegnamento che arriva dagli USA dove nel 2018 Alexandria Ocasio Cortez ha scelto una comunicazione e una impostazione grafica semplice e chiara puntando su volantini e manifesti ottenendo un risultato eccezionale con un investimento davvero basso. Una strategia che potrebbe tornare “di moda” se la Cortez dovesse candidarsi alle primarie per la Casa Bianca e un insegnamento efficace e low cost per la comunicazione pubblica e istituzionale.
“Le pubbliche amministrazioni devono sforzarsi di essere presenti e di esserci con qualità nei luoghi dove i cittadini scelgono di stare, quando parliamo di comunicazione soprattutto sulle piattaforme digitali (social media, internet, chat, servizi di messaggistica), ma non solo” spiega Francesco Di Costanzo Presidente di PA social e di Fondazione Italia Digitale
“La PA negli ultimi anni ha fatto diverse innovazioni anche dal punto di vista culturale. Uno dei successi è sicuramente aver raggiunto consapevolezza del fatto che gli strumenti digitali sono strumenti non solo di gioco o di passatempo ma di grande utilità anche nella sfera pubblica e nel rapporto diretto tra PA e cittadini e questo ha portato a dare quasi per scontata la presenza delle PA sul web e sui social media” conclude Di Costanzo.
Istituzioni come brand: reputazione oltre il logo
Uno dei passaggi più forti del workshop è stata l’idea di trattare le istituzioni come brand. “Do you know these brands?”, chiedeva provocatoriamente una slide. Ma il punto non era il logo: era la reputazione.
Ogni istituzione comunica un’immagine di sé. Anche quando non lo fa intenzionalmente. Questo significa una cosa semplice ma dirompente: ogni istituzione è, a tutti gli effetti, un brand.
Molti enti pubblici gestiscono la propria comunicazione come se si trattasse di una funzione puramente informativa: bandi, avvisi, decreti, rendicontazioni. Ma l’informazione non basta.
Serve un’identità visiva coerente, un tone of voice riconoscibile, una narrazione che sappia spiegare – e non solo informare, che dia continuità nel tempo e attraversi i canali, dai più moderni a quelli tradizionali senza dimenticare mai di sperimentare.
Un brand pubblico forte non si misura con i like, ma con la fiducia che genera. E la fiducia, lo sappiamo, è un bene sempre più scarso e prezioso.
In un’epoca segnata da disinformazione e sfiducia nelle istituzioni, curare il brand significa proteggere la relazione con i cittadini e renderla più forte un elemento determinante soprattutto durante la gestione delle crisi (si tratti un’emergenza naturale o di una crisi politica).
Pianificazione strategica contro l’improvvisazione
Uno degli errori più comuni che si commettono nelle istituzioni, in Africa come in Europa, è scambiare la comunicazione per una serie di post “a sentimento”. Ma senza una strategia, non si costruisce nulla. Nel workshop, i partecipanti hanno imparato a sviluppare un piano strategico di comunicazione ed un calendario editoriale partendo da cinque punti SMART (Specifici, Misurabili, Ambiziosi, Realistici, Temporizzati e, visto che parliamo di comunicazione istituzionale legati alla politica). E soprattutto a mappare gli stakeholder con una precisione chirurgica: chi sono, cosa vogliono, dove si trovano, come parlargli.
Come si costruisce, oggi, una strategia vincente in un Paese, come il Malawi, dove una parte rilevante della popolazione non ha accesso a internet? Non parliamo di una missione impossibile, anzi. Il piano di comunicazione non può fermarsi ai social media ed al piano digitale. Serve declinare i messaggi su canali esperienziali, come eventi locali, concorsi o volantini, Bisogna pensare ad una comunicazione integrata, multilingua e capace di mescolare esperienze ed old media.
Case study malawiano: marketing esperienziale efficace
Proprio dal Malawi arriva un’idea interessante che entra di diritto tra i case study più interessanti quando parliamo di marketing esperienziale.
È stato lanciato un contest artistico con l’obiettivo di coinvolgere i giovani attraverso l’espressione creativa per aumentare la consapevolezza sui temi dell’accesso all’energia, della sicurezza e della sostenibilità energetica.
Art for Malawian Sustainable Energy Future, questo il nome del contest, ha visto, da una parte, il coinvolgimento di alcuni studenti delle scuole primarie e secondarie del Malawi, dall’altra quello di artisti locali emergenti.
Attraverso l’arte quindi si è scelto di veicolare un messaggio importante: il futuro sostenibile dell’energia in Malawi, di utilizzare la creatività come strumento di coesione e di installare – in futuro – le opere degli artisti locali emergenti presso la galleria d’arte che nascerà presso la Malawi Energy Regulatory Authority, l’autorità per l’energia malawiana, tra le istituzioni più importanti del Paese sub saahriano.
Social media: qualità e integrazione strategica
I social network per come li abbiamo conosciuti noi nella prima parte della loro vita sono morti. Se prima connettevano persone oggi sono media a tutti gli effetti.
“Le istituzioni, o la PA che dir si voglia, non è necessario che siamo presenti su tutte le piattaforme social esistenti, ma devono essere – e con qualità – su quelle migliori per raggiungere la propria mission e parlare con il proprio bacino di utenza” spiega Francesco Di Costanzo.
Dai dati diffusi dal report “Digital 2025” tra gli utenti social che vivono in Malawi Facebook è la piattaforma di riferimento. Lontanissime piattaforme social come Instagram (4,04%) e LinkedIn (0,47%). Un dato che mette il social che ha fatto la fortuna di Zuckerberg al centro delle strategie.
Come affermato da Veronica Gentili una delle voci più autorevoli del digital marketing Facebook, anche se oggi visto da molti giovani come un “boomerbook”, resta un canale potente. Parliamo del social media maggiormente popolato a livello globale con 2,11 miliardi di utenti attivi in tutto il mondo, facile da usare e con possibilità di utilizzi molteplici dai gruppi alle pagine fino agli eventi e la possibilità di condividere link nativi.
Ma guai a fare dell’intera strategia istituzionale una mera sequenza di post. I social vanno integrati nella strategia complessiva non devono cannibalizzarla perché l’obettivo rimane sempre quello di avvicinare i cittadini. Ed in questo WhatsApp – spesso trascurato – diventa essenziale per chi vive in aree rurali e per chi è scarsamente digitalizzato: più diretto, più personale, più efficace.
I social network servono per stimolare interazione, creare eventi e raccontare storie vere, non sono una bacheca, ma veri e propri canali che necessitano di piani editoriali e palinsesti ben definiti.
Comunicazione normalizzatrice e inclusiva
Il cuore del messaggio malawiano è che non si può comunicare davvero senza includere. Parlare agli assenti – come recita una delle ultime slide – significa superare la frattura tra istituzioni e cittadini. Coinvolgere i giovani, i meno alfabetizzati, chi non ha internet, chi non ha mai avuto voce. Significa pensare alla transizione ecologica o digitale non come uno spot da mandare in TV, ma come un racconto collettivo che attraversa paure, desideri, margini.
La parola chiave della comunicazione del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sui temi della transizione energetica è assai semplice: normalizzazione. Nessun eccesso o tentazione ideologica. Con un approccio realmente inclusivo, graduale e ricco di buon senso, perché anche nel sostenere il progresso civile, sociale o ambientale, è opportuno procedere con i tempi giusti, tenendo dentro tutti, senza strappi. Fiorella Corrado, giornalista e capo ufficio stampa del MASE ha spiegato così la strategia del Ministero guidato da Pichetto Fratin ad ECHI, l’evento annuale Youtrend sulla comunicazione della sostenibilità.
Una visione normalizzatrice che condivido e che ho cercato di trasmettere anche nel workshop che ho tenuto ai dirigenti e dipendenti dell’Autorità Energetica Malawiana.
Evoluzione e prospettive future
In fatto di comunicazione istituzionale e pubblica negli ultimi anni è cambiato tanto, c’è un pre pandemia (2015-2018) che ha visto un grande sviluppo per poi avere un 2018-19 dove si è parlato di qualità e di come stare negli ambienti digitali. La pandemia, poi, ha portato si problemi, ma anche una grande accelerazione sui temi del digitale.
“Siamo passati nel giro di 10 anni da un’esperienza testuale, immagini, fotografica ad un’esperienza video, molto legata all’entertainment. Social che c’erano e non ci sono più, tutte le piattaforme sono totalmente diverse, sono cambiate nelle funzionalità e nelle opportunità, dandone di nuove” ricorda il Presidente di PA social e di Fondazione Italia Digitale Francesco Di Costanzo.
In conclusione, sono tre le parole chiave: strategia, fiducia ed empatia. E una domanda che le istituzioni devono porsi: siamo davvero capaci di ascoltare e di creare brand pubblici che informino, educhino, coinvolgano? Di misurare ciò che conta (fiducia, partecipazione, cambiamento) e non solo ciò che è visibile (visualizzazioni, follower)?
Parlare di comunicazione pubblica e istituzionale in Malawi, oggi, ci offre una lezione potente: comunicare bene non è solo raccontare. È costruire fiducia, generare partecipazione e, alla lunga, cambiare i comportamenti.
“La comunicazione non la camuffi, il cittadino è protagonista, lo stakeholder è protagonista. Quello che fai viene apprezzato o criticato in tempo reale. Gli strumenti digitali impongono di avere un linguaggio più chiaro meno formale altrimenti i cittadini non avranno un feedback positivo della PA”. Di Costanzo chiarisce come gli strumenti di comunicazione digitale hanno aiutato molto a migliorare chiarezza e trasparenza.
C’è ancora tanta strada da fare verso strategie di branding pubbliche, che comunque oggi sembrano meno lontane anche grazie all’intelligenza artificiale che non è fatta per lavorare al posto dei comunicatori pubblici ma con loro, alla chiarezza delle tappe di un percorso che – quando si parla di marketing e comunicazione istituzionale e pubblica – non può essere fatto di improvvisazione e “istinto” ma di scelte pensate, pesate e ragionate con competenza e visione.











