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Idrogeno verde al posto del diesel nei trasporti ferroviari: il caso italiano



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L’idrogeno ferroviario sta emergendo come una delle soluzioni più promettenti per la decarbonizzazione delle tratte non elettrificate, in alternativa alla trazione diesel. La transizione energetica nel settore richiede però un’attenta valutazione di opportunità e sfide legate a questa tecnologia

Pubblicato il 4 set 2025

Riccardo Gentilucci

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Ufficio di Coordinamento del Dipartimento per le Infrastrutture e le Reti di Trasporto Sapienza Università di Roma – Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale



idrogeno nel trasporto ferroviario

L’idrogeno si configura come una delle opzioni più promettenti per la decarbonizzazione del trasporto ferroviario non elettrificato, in particolare nelle tratte regionali a basso traffico dove l’elettrificazione risulta tecnicamente ed economicamente non sostenibile.

Perché puntare sull’idrogeno ferroviario nelle tratte non elettrificate

L’impiego di celle a combustibile alimentate a idrogeno consente l’azzeramento delle emissioni locali di CO₂, contribuendo in modo significativo alla riduzione dell’impatto ambientale del settore. In un’ottica well-to-wheel, l’efficacia ambientale della tecnologia dipende dalla provenienza dell’idrogeno: solo la produzione da fonti rinnovabili (idrogeno verde) garantisce un reale contributo alla neutralità climatica.

Dal punto di vista economico, l’adozione dell’idrogeno ferroviario può rappresentare un’alternativa competitiva rispetto agli investimenti in nuove infrastrutture di elettrificazione, generando al contempo ricadute industriali e occupazionali nella filiera dell’idrogeno. La transizione presenta tuttavia importanti sfide: l’elevato costo dell’idrogeno verde, la limitata maturità delle infrastrutture di rifornimento e la mancanza di un quadro normativo armonizzato a livello europeo. Il presente contributo propone un’analisi critica delle opportunità associate all’adozione dell’idrogeno nel trasporto ferroviario, esaminando il contesto normativo, i progetti pilota attualmente in fase di sviluppo e le condizioni abilitanti necessarie per una transizione efficace. L’idrogeno, pur non configurandosi come unica soluzione alla decarbonizzazione del settore, può svolgere un ruolo complementare e strategico in un sistema multimodale integrato, contribuendo agli obiettivi europei di neutralità climatica, innovazione industriale e sostenibilità socioeconomica.

Il settore dei trasporti costituisce una delle principali fonti di emissioni climalteranti a livello globale, contribuendo in modo significativo anche al deterioramento della qualità dell’aria, in particolare nelle aree urbane e lungo i principali corridoi infrastrutturali. Sebbene il trasporto ferroviario rappresenti, in termini comparativi, una modalità intrinsecamente più efficiente ed ecocompatibile rispetto al trasporto su gomma e all’aviazione, una quota rilevante del servizio – soprattutto a livello regionale – è tuttora garantita da convogli a trazione diesel, con impatti ambientali non trascurabili. A livello globale, si stima che circa il 70% della potenza locomotiva installata sia alimentata da motori diesel, mentre solo il restante 30% è costituito da trazione elettrica [1].

In ambito europeo, oltre il 57% della rete ferroviaria risulta elettrificato [2]; tuttavia, permangono numerose tratte secondarie a bassa intensità di traffico, ancora prive di alimentazione elettrica. In Italia, tale percentuale è più elevata – pari a circa il 72% – ma permane un’estensione di oltre 4.600 km di linee non elettrificate [3]. L’elettrificazione integrale di queste tratte risulta frequentemente tecnicamente onerosa, in particolare in territori montani, rurali o a domanda debole, dove gli elevati costi di installazione e manutenzione delle infrastrutture fisse – come linee aeree di contatto e sottostazioni – non trovano giustificazione sul piano del ritorno economico.

In tale contesto, l’idrogeno verde è emerso come vettore energetico ad alto potenziale per il trasporto ferroviario, in grado di abilitare la decarbonizzazione delle tratte non elettrificate senza necessità di infrastrutture fisse, favorendo una transizione sostenibile anche in aree marginali o logisticamente complesse. Per idrogeno verde si intende l’idrogeno prodotto attraverso processi di elettrolisi dell’acqua alimentati esclusivamente da fonti di energia rinnovabile, quali impianti eolici, fotovoltaici o idroelettrici. In ottica di ottimizzazione della rete elettrica, la produzione può essere programmata in corrispondenza di momenti di surplus energetico, contribuendo così anche alla flessibilità del sistema elettrico. La letteratura scientifica ha evidenziato come il comparto dei trasporti assorba circa il 25% del consumo energetico complessivo nei Paesi industrializzati, riflettendo una stretta correlazione tra domanda di energia e dinamiche di crescita economica [4].

Le attività legate al trasporto di passeggeri e merci consumano mediamente tra il 40% e il 60% dell’energia destinata alla mobilità [5], rendendo il settore responsabile di una quota compresa tra il 15% e il 31% delle emissioni globali di CO₂ di origine antropica [6].

Nello specifico, in Europa il trasporto rappresenta circa un quarto delle emissioni totali di CO₂, ma il contributo del comparto ferroviario è relativamente contenuto: lo 0,4%, a fronte di una quota del 71,7% imputabile al trasporto stradale [7]. Ciò nonostante, l’eliminazione progressiva dei residui impianti diesel nel trasporto su rotaia si configura come una condizione necessaria per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica fissati a livello europeo. Il ricorso all’idrogeno verde si inserisce quindi coerentemente nelle strategie di transizione energetica, con l’obiettivo di assicurare un trasporto ferroviario a emissioni zero anche sulle tratte non elettrificate, ove l’elettrificazione convenzionale risulti non sostenibile.

Idrogeno ferroviario e tecnologia fuel cell: lo stato dell’arte

Negli ultimi anni, si è registrata una crescente attenzione nei confronti dell’impiego dell’idrogeno nel trasporto ferroviario, sia da parte della comunità tecnico-scientifica sia a livello politico-istituzionale, in linea con le strategie europee di decarbonizzazione e autonomia energetica.

Dal punto di vista tecnologico, l’idrogeno può essere utilizzato nei sistemi ferroviari principalmente in due modi: come combustibile per motori a combustione interna opportunamente modificati, oppure come vettore energetico all’interno di celle a combustibile (cd. fuel cell), le quali convertono l’idrogeno in energia elettrica per l’alimentazione di motori elettrici.

La seconda soluzione – ovvero il treno elettrico equipaggiato con celle a combustibile alimentate a idrogeno – è oggi quella più studiata, sperimentata e tecnologicamente matura, in quanto consente di mantenere un’architettura di trazione elettrica, senza emissioni allo scarico, poiché i sottoprodotti del processo elettrochimico sono vapore acqueo e calore, secondo la reazione:

2H2 + O2 = 2H2O + calore

Il ruolo dell’idrogeno ferroviario nelle strategie di sostenibilità europea

In tale configurazione, l’idrogeno funge da vettore energetico a zero emissioni, particolarmente adatto alle tratte non elettrificate con traffico da medio a basso, dove l’elettrificazione convenzionale sarebbe complessa.

A partire da queste premesse, il presente contributo esamina lo stato dell’arte delle applicazioni ferroviarie dell’idrogeno in Italia e in Europa, ne analizza il contributo potenziale alla sostenibilità ambientale, economica e sociale, discute le sfide tecnologiche, normative e infrastrutturali attualmente aperte e infine approfondisce le prospettive evolutive con riferimento al quadro strategico nazionale ed europeo.

Esperienze e casi di studio nell’idrogeno ferroviario in Europa e Italia

L’idea del treno a idrogeno ha iniziato a concretizzarsi nell’ultimo decennio con vari progetti pilota. Nel 2016 la società statunitense Cummins Inc., con sede a Columbus in Ohio, ha avviato una collaborazione con Alstom, azienda francese con sede a La Rochelle, finalizzata alla progettazione, fornitura e integrazione di una soluzione a celle a combustibile a idrogeno per il treno passeggeri Coradia iLint [8]. Il Coradia iLint rappresenta il primo treno passeggeri al mondo alimentato da celle a combustibile a idrogeno.

Due prototipi sono stati sottoposti a test operativi in campo aperto a partire dal settembre 2018 sulla rete Elbe–Weser, nella Bassa Sassonia, in Germania, percorrendo oltre 180.000 km in servizio passeggeri regolare. Il convoglio ha inoltre stabilito un primato mondiale, coprendo una distanza di 1175 km senza necessità di rifornimento. A seguito del successo delle prove in esercizio, nell’agosto 2022 sono stati ufficialmente immessi in servizio 14 treni a celle a combustibile nella località di Bremervörde, sempre in Bassa Sassonia [1].

Tale progetto ha rappresentato un riferimento tecnologico e operativo a livello internazionale, dimostrando la fattibilità tecnica, l’affidabilità e la sostenibilità dell’impiego dell’idrogeno come alternativa alle trazioni convenzionali su linee non elettrificate, con particolare applicabilità ai servizi regionali a media percorrenza.

Successivamente all’esperienza pionieristica della Germania, anche altri Paesi europei hanno avviato programmi strutturati per l’introduzione dell’idrogeno nel materiale rotabile ferroviario. La Francia ha seguito l’esempio con un ordine per 12 convogli con trazione bimodale elettrica-idrogeno, sviluppati da Alstom nella gamma Coradia Polyvalent; ciascun convoglio è dotato di celle a combustibile per operare su tratte non elettrificate senza emissioni locali, e di trazione elettrica quando la linea dispone di catenaria.

L’acquisto, finalizzato da SNCF Voyageurs, è stato confermato nell’aprile 2021 con un contratto del valore di circa 190 milioni di euro. Ogni treno, composto da quattro carrozze, offre fino a 600 km di autonomia in modalità idrogeno, una lunghezza totale di 72 metri e una capacità di 218 posti, mantenendo performance dinamiche e comfort equivalenti alle versioni elettriche o a diesel tradizionali [9].

Il progetto italiano H2iseO Hydrogen Valley

In Italia, il progetto H2iseO Hydrogen Valley, realizzato da FNM, Ferrovienord e Trenord, rappresenta la prima iniziativa italiana concreta per l’impiego dell’idrogeno verde nella trazione ferroviaria sulle linee non elettrificate. L’intervento prevede, in una prima fase, l’introduzione in esercizio di 14 nuovi convogli a celle a combustibile, destinati a sostituire integralmente l’attuale flotta diesel in servizio sulla linea non elettrificata Brescia–Iseo–Edolo. Il sistema si fonda su un modello a filiera chiusa, in cui la produzione, lo stoccaggio, la distribuzione e l’utilizzo dell’idrogeno rinnovabile sono pienamente integrati nel contesto territoriale. Il piano infrastrutturale comprende la realizzazione di tre impianti di produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio: il primo a Iseo, basato sulla tecnologia di steam reforming[2] del biometano con alimentazione da fonti rinnovabili e sistemi di cattura della CO₂[3]; i restanti due, localizzati a Brescia e a Edolo, fondati su sistemi di elettrolisi alimentati da energia elettrica rinnovabile. Il progetto prevede inoltre la realizzazione di un deposito e impianto di manutenzione specializzato per treni a idrogeno presso il sito di Rovato, che ospiterà anche un impianto mobile di rifornimento a 350 bar. A completamento del sistema, è previsto un adeguamento tecnico e infrastrutturale delle stazioni ferroviarie coinvolte, finalizzato a garantire la piena compatibilità dei nuovi rotabili e delle operazioni logistiche associate. In una fase successiva, il progetto si estenderà anche al settore della mobilità su gomma, con la graduale sostituzione dell’intera flotta di autobus diesel di FNM Autoservizi operante in Val Camonica mediante l’immissione in servizio di 40 autobus alimentati a idrogeno, completando così un modello di mobilità a emissioni zero replicabile in altri contesti regionali [11].

Idrogeno ferroviario: evoluzioni tecnologiche globali e modelli a confronto

A supporto della dimensione industriale e tecnologica del progetto, la collaborazione tra FNM e Alstom ha condotto allo sviluppo e alla produzione del primo convoglio ferroviario italiano a idrogeno, appartenente alla famiglia Coradia Stream. Presentato ufficialmente nell’ottobre 2023 in occasione della fiera EXPO Ferroviaria, il treno si caratterizza per una configurazione a trazione ibrida basata su celle a combustibile, una capacità di 260 passeggeri e un’autonomia operativa superiore a 600 km in assenza di rifornimento [12]. Nel gennaio 2025, il primo esemplare del convoglio è stato consegnato presso il nuovo impianto di manutenzione e rifornimento di Rovato, infrastruttura strategica per la gestione operativa della futura flotta [13].L’entrata in esercizio commercialedel servizio a idrogeno sulla tratta Brescia–Iseo–Edolo è prevista entro il primo semestre del 2026, completando così la fase di transizione del sistema ferroviario regionale verso una trazione priva di emissioni dirette [14].

Al di fuori del contesto europeo, anche altri Paesi stanno compiendo significativi progressi nell’impiego dell’idrogeno nel settore ferroviario. In Cina, la China Railway Rolling Stock Corporation ha progettato, prodotto e testato un convoglio passeggeri alimentato da celle a combustibile a idrogeno, in grado di raggiungere una velocità massima di 160 km/h e di percorrere una distanza di 600 km con un singolo rifornimento. Il treno è stato inoltre dotato delle più avanzate tecnologie di guida automatica attualmente disponibili. Parallelamente, presso lo stabilimento CRRC Datong situato nella provincia dello Shanxi, è stata sviluppata la prima locomotiva ibrida a idrogeno realizzata nel Paese (HyRail), in grado di operare con emissioni zero di carbonio. Su tracciati pianeggianti e rettilinei, la locomotiva può raggiungere una velocità di esercizio pari a 80 km/h, con una capacità di trazione superiore a 5.000 tonnellate. L’autonomia operativa, con un pieno di idrogeno, è pari a 24,5 ore continuative di funzionamento, rendendo questa tecnologia particolarmente adatta a operazioni di trasporto merci su lunga distanza. Tali risultati collocano la Cina come seconda nazione al mondo, dopo la Germania, e prima in Asia ad aver sviluppato con successo treni a idrogeno [1].

Cella a combustibile e altre tecnologie per l’idrogeno ferroviario

Dal punto di vista tecnologico, la maggior parte dei treni a idrogeno attualmente in esercizio utilizza sistemi di celle a combustibile, considerati tra i più promettenti per la generazione di elettricità pulita destinata alla trazione [15]. Le celle a combustibile consentono di convertire direttamente l’energia chimica contenuta nell’idrogeno e nell’ossigeno in energia elettrica, mediante un processo elettrochimico che, in presenza continua dei reagenti, produce elettricità a corrente continua, calore e vapore acqueo, senza emissioni di sostanze inquinanti o gas serra.

Dal punto di vista strutturale, tutte le celle a combustibile condividono tre componenti fondamentali: un anodo, un catodo e un elettrolita. Un catalizzatore posizionato sull’anodo induce l’idrogeno a subire reazioni di ossidazione, generando ioni ed elettroni [16]. Gli elettroliti facilitano il movimento degli ioni dall’anodo al catodo. Contestualmente, si genera una corrente continua grazie allo spostamento degli elettroni attraverso il circuito esterno. Quando ioni, elettroni e ossigeno interagiscono al catodo, un diverso catalizzatore induce la formazione di acqua e calore.

La classificazione delle celle a combustibile si basa principalmente sulla natura dell’elettrolita impiegato, nonché su variabili operative quali le dimensioni del sistema e la pressione di alimentazione del gas. L’elettrolita riveste un ruolo centrale nel determinare le caratteristiche della reazione chimica che ha luogo all’interno della cella, influenzando in modo diretto l’intervallo di temperatura operativa, nonché altre proprietà funzionali che condizionano l’ambito applicativo della tecnologia.

Esistono, pertanto, diverse tipologie di celle a combustibile a idrogeno, tra cui le principali sono: Polymer Electrolyte Membrane Fuel Cell (PEMFC), Alkaline Fuel Cell (AFC), Phosphoric Acid Fuel Cell (PAFC), Solid Oxide Fuel Cell (SOFC) e Molten Carbonate Fuel Cell (MCFC) [16]. Tra queste, le PEMFC rappresentano la tecnologia più indicata per le applicazioni nel settore automobilistico e ferroviario, grazie alla loro elevata densità di potenza, alla bassa temperatura operativa e all’assenza di fluidi pericolosi. Le celle PEM si distinguono inoltre per i tempi rapidi di avvio e spegnimento, che ne facilitano l’impiego nei contesti di mobilità, rendendole ad oggi la tecnologia più diffusa per applicazioni su veicoli ferroviari alimentati a idrogeno [1].

Retrofit diesel e alternative operative nell’idrogeno ferroviario

Un approccio alternativo attualmente oggetto di studio prevede l’impiego dell’idrogeno come combustibile in motori a combustione interna opportunamente modificati, in sostituzione del gasolio. Sebbene tale configurazione presenti un’efficienza energetica inferiore rispetto ai sistemi basati su celle a combustibile, e generi livelli di ossidi di azoto (NOₓ) comparabili a quelli dei motori diesel convenzionali, essa consente di riconvertire locomotive esistenti con costi di investimento significativamente ridotti. Uno studio condotto nel Regno Unito ha valutato la riconversione di un’automotrice diesel a combustione di idrogeno, ottenendo prestazioni operative analoghe a quelle originarie, con emissioni nulle di CO₂ allo scarico. I risultati suggeriscono la fattibilità di questa tecnologia come soluzione intermedia, particolarmente adatta al contesto delle linee ferroviarie regionali, in quanto in grado di coniugare una riduzione delle emissioni con una maggiore sostenibilità economica nel breve termine [17].

Diffusione e prospettive del mercato dell’idrogeno ferroviario

In generale, tuttavia, l’attenzione della comunità scientifica e industriale rimane prevalentemente concentrata sulle celle a combustibile, in quanto rappresentano la soluzione tecnologica in grado di garantire emissioni locali nulle e una maggiore efficienza energetica rispetto ai motori a combustione interna alimentati a idrogeno [18]. Tali sistemi, in particolare nella configurazione PEMFC, risultano particolarmente adatti per applicazioni nel settore della trazione ferroviaria, combinando tempi di risposta rapidi, modularità dell’architettura e compatibilità con regimi di esercizio intermittenti.

Oggi i treni a idrogeno sono in una fase di transizione dai prototipi alla prima implementazione commerciale: decine di unità sono già operative o in ordine in Europa, indicando uno stato dell’arte in rapido avanzamento grazie alla collaborazione tra industria ferroviaria, aziende e istituzioni pubbliche.

Sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’idrogeno ferroviario

L’integrazione dell’idrogeno nei sistemi di trazione ferroviaria offre prospettive rilevanti in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Sostenibilità ambientale

La principale motivazione alla base dell’adozione dell’idrogeno nel trasporto ferroviario risiede nella potenzialità di ridurre in modo significativo le emissioni inquinanti e climalteranti associate all’impiego di treni a trazione diesel. In configurazione fuel cell, un treno alimentato a idrogeno non produce emissioni locali di CO₂, ossidi di azoto, particolato o altri inquinanti atmosferici diretti. Il processo elettrochimico che avviene nella cella a combustibile, infatti, genera esclusivamente vapore acqueo come sottoprodotto. Ne deriva l’assenza di emissioni allo scarico durante l’esercizio (tank-to-wheel), condizione che consente una mitigazione efficace dell’impatto ambientale soprattutto nei contesti urbani o lungo linee non elettrificate.

Anche considerando l’intero ciclo di vita (well-to-wheel), l’adozione dell’idrogeno verde – ovvero prodotto tramite elettrolisi alimentata da fonti rinnovabili – consente di ridurre in modo sostanziale le emissioni climalteranti associate al trasporto ferroviario. In tali condizioni, le emissioni nette di CO₂ risultano prossime allo zero, poiché l’elettricità impiegata nel processo di produzione dell’idrogeno non deriva da fonti fossili.

Ciò rende i treni a celle a combustibile alimentati da idrogeno rinnovabile una tecnologia a pieno titolo carbon neutral, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e con i target di decarbonizzazione al 2050. Studi di analisi del ciclo di vita (LCA) indicano che, rispetto alle soluzioni a trazione diesel, i sistemi a idrogeno verde possono ridurre le emissioni di gas serra fino al 95% [19].

Nel settore ferroviario, la sostituzione progressiva delle flotte diesel con rotabili a idrogeno rappresenta una strategia efficace per la decarbonizzazione, con benefici ambientali tangibili. Un’analisi condotta su tratte regionali italiane ha evidenziato un potenziale risparmio annuo pari a circa 3,2 kt di CO₂ equivalente per linea, rispetto al corrispondente esercizio con trazione diesel. A titolo comparativo, lo stesso studio stima che l’elettrificazione tradizionale della medesima linea comporterebbe un risparmio inferiore, pari a circa 0,4 kt di CO₂ equivalente [20]. Tali evidenze confermano come la trazione ferroviaria a idrogeno, in particolare se alimentata da fonti rinnovabili, rappresenti una delle soluzioni più promettenti per la riduzione strutturale dell’impronta carbonica nel comparto della mobilità.

La capacità di coniugare assenza di emissioni locali, prestazioni operative comparabili alla trazione elettrica tradizionale e flessibilità infrastrutturale consente a questa tecnologia di rispondere in modo efficace alla doppia sfida posta dalla transizione ecologica e dall’equità territoriale. L’adozione dell’idrogeno in ambito ferroviario non va dunque intesa come semplice alternativa tecnica alla trazione diesel, bensì come leva sistemica per la riconfigurazione sostenibile dei servizi su rotaia nelle aree a bassa domanda o con limitata accessibilità alla rete elettrificata. In tale prospettiva, l’integrazione tra strategie energetiche e pianificazione del trasporto pubblico locale si configura come prerequisito essenziale per massimizzare l’impatto ambientale positivo delle tecnologie a idrogeno e garantire coerenza con gli obiettivi di neutralità climatica a scala nazionale ed europea.

Sostenibilità economica

L’impiego dell’idrogeno nel trasporto ferroviario presenta anche rilevanti potenzialità sul piano economico, in particolare se valutato secondo una prospettiva di medio-lungo periodo e mediante analisi costi-benefici complessive. Un primo elemento riguarda l’evitare i costi infrastrutturali associati all’elettrificazione convenzionale delle tratte secondarie, spesso caratterizzate da ridotti volumi di traffico. In tali contesti, la costruzione e manutenzione di impianti fissi – tra cui linee di contatto aeree, sottostazioni e opere connesse – può comportare investimenti iniziali elevati, difficilmente giustificabili in termini di ritorno economico.

L’adozione di treni a celle a combustibile consente invece di ridurre le barriere economiche all’ammodernamento del servizio ferroviario su linee marginali, offrendo un’alternativa più flessibile e scalabile rispetto all’elettrificazione tradizionale, soprattutto in territori montani, rurali o a domanda debole [1]. Un treno a idrogeno viaggia su linee non elettrificate senza richiedere infrastrutture fisse, se non i depositi di rifornimento di idrogeno, il cui costo può essere, tra l’altro, condiviso tra più usi. Un ulteriore elemento di rilievo riguarda il costo livellato dell’idrogeno (levelized cost of hydrogen, LCOH), parametro fondamentale per valutare la competitività economica della tecnologia.

Secondo le proiezioni più ottimistiche emerse da recenti studi di Hydrogen Valley su scala regionale [20], il LCOH potrebbe raggiungere valori prossimi a 5 €/kg, a condizione di combinare contratti di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili a basso costo – con prezzi inferiori a 150 €/MWh – e con tassi di riconversione della flotta ferroviaria superiori al 60%. In tali scenari, caratterizzati da economie di scala favorevoli, l’idrogeno verde risulterebbe economicamente competitivo anche rispetto ad alternative fossili, permettendo una decarbonizzazione del trasporto ferroviario sostenibile anche sul piano finanziario. Un ulteriore elemento da considerare riguarda l’internalizzazione dei costi esterni ambientali associati all’inquinamento atmosferico e alle emissioni climalteranti.

In tal senso, il trasporto ferroviario alimentato a idrogeno può risultare economicamente vantaggioso già nel breve termine, se si includono nei modelli di valutazione economica i benefici indiretti legati alla riduzione dell’impatto ambientale e sanitario. L’analisi condotta su una linea ferroviaria regionale italiana ha stimato che la sostituzione dei convogli diesel con treni a celle a combustibile alimentate a idrogeno consentirebbe un risparmio annuo di circa 3,2 kt di CO₂ equivalente, traducibile in benefici economici quantificabili in circa 51 milioni di euro. A titolo comparativo, la piena elettrificazione della medesima tratta comporterebbe una riduzione inferiore, pari a circa 0,4 kt annue, con benefici economici stimati intorno a 0,55 milioni di euro [20]. Un fattore determinante per l’affermazione dell’idrogeno verde nel settore ferroviario sarà la progressiva riduzione della sua incidenza economica lungo l’intera filiera. In questo processo, un ruolo chiave è attribuibile alla stabilizzazione dei prezzi tramite politiche pubbliche mirate, investimenti infrastrutturali e meccanismi di mercato orientati alla creazione di una domanda stabile e prevedibile.

In particolare, l’impiego sistemico dell’idrogeno nei trasporti ferroviari – mediante la riconversione di intere linee regionali – può fungere da catalizzatore per l’espansione della produzione e distribuzione su scala industriale, contribuendo a generare economie di scala e ad attrarre ulteriori investimenti privati. Ciò risulta essenziale per innescare una dinamica virtuosa di riduzione dei costi, capace di avvicinare il prezzo dell’idrogeno verde ai livelli di competitività necessari per un suo impiego esteso, anche in settori non sovvenzionati. In tale prospettiva, il trasporto ferroviario può fungere da segmento prioritario per l’avvio di hydrogen valley, ovvero ecosistemi in grado di sostenere la domanda iniziale e favorire una transizione verso modelli di mobilità a basse emissioni strutturalmente sostenibili.

Sostenibilità sociale

I benefici ambientali ed economici associati all’impiego dell’idrogeno nel trasporto ferroviario si traducono in impatti positivi anche sotto il profilo sociale, contribuendo al miglioramento della qualità della vita nelle comunità servite [1]. In particolare, la significativa riduzione delle emissioni locali di inquinanti atmosferici, determina un abbattimento dell’esposizione della popolazione a fattori di rischio per la salute pubblica, soprattutto in prossimità di stazioni, centri abitati e percorsi urbani.

Numerosi studi epidemiologici hanno documentato una correlazione tra inquinamento da traffico e incidenza di patologie respiratorie e cardiovascolari, evidenziando il ruolo strategico della decarbonizzazione della mobilità anche in chiave sanitaria. In tale ottica, la transizione verso convogli alimentati a idrogeno, specie nelle aree interne e a bassa densità di popolazione, può contribuire a ridurre le disuguaglianze, rafforzando la coesione territoriale e promuovendo modelli di sviluppo più equi e inclusivi.

Vi sono poi benefici occupazionali e di sviluppo locale legati alla filiera dell’idrogeno: la transizione a tecnologie pulite può creare posti di lavoro specializzati e stimolare l’economia verde. La realizzazione di impianti di produzione di idrogeno verde, di stazioni di rifornimento, la manutenzione delle celle a combustibile e l’indotto tecnologico possono portare occupazione qualificata e investimenti nelle regioni coinvolte [21]. Iniziative come le hydrogen valley – distretti territoriali in cui la produzione e l’utilizzo di idrogeno avvengono in sinergia – potrebbero favorire la coesione economica, fornendo idrogeno tanto ai trasporti ferroviari quanto ad altri usi locali, quali industrie e trasporto su gomma. L’idrogeno offre inoltre l’opportunità di ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, con potenziali vantaggi geopolitici e di sicurezza energetica per l’Europa [22]. Da un punto di vista sociale, infine, la decarbonizzazione del trasporto ferroviario attraverso l’idrogeno rafforza la percezione della ferrovia come mezzo sostenibile e innovativo, favorendo lo shift modale dalla strada al ferro, con benefici ambientali aggiuntivi, e contribuendo a sensibilizzare il pubblico sull’importanza di soluzioni tecnologiche pulite nella vita quotidiana.

Le principali sfide per l’idrogeno ferroviario: costi, tecnologia e norme

Nonostante le prospettive promettenti, l’utilizzo diffuso dell’idrogeno in ambito ferroviario deve far fronte a diverse sfide tecniche, economiche e di policy. Una prima sfida fondamentale riguarda la disponibilità di idrogeno green su larga scala. Ad oggi, infatti, la stragrande maggioranza dell’idrogeno industriale è prodotto da fonti fossili (steam reforming o gassificazione di carbone, producendo il cosiddetto idrogeno grigio), con emissioni significative di CO₂ nella filiera [23]. L’idrogeno verde da elettrolisi alimentata a rinnovabili costituisce ancora solo circa l’1% della produzione globale [1]. Di conseguenza, se l’idrogeno usato nei treni fosse derivato da metano senza cattura della CO₂ (in caso di cattura e stoccaggio della CO₂ si parla di idrogeno blu), il bilancio ambientale complessivo ne risentirebbe (spostando le emissioni dal treno all’impianto di produzione). È quindi cruciale sviluppare rapidamente la filiera dell’idrogeno verde: ciò implica investimenti massicci in capacità di generazione rinnovabile, elettrolizzatori, sistemi di stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno. Del resto, lo stoccaggio e il trasporto sono aspetti che ancora limitano la possibilità di utilizzare l’idrogeno a larga scala. La sfida infrastrutturale è notevole: occorre creare una rete di impianti di rifornimento H₂ per i treni, idealmente integrati con i depositi ferroviari esistenti o con nodi intermodali. Queste hydrogen station ferroviarie richiedono spazio, sicurezza e un approvvigionamento affidabile di idrogeno, elementi non banali da implementare in breve tempo su scala nazionale.

Dal lato tecnologico, le celle a combustibile per uso ferroviario pongono sfide di durabilità, integrazione e costo. Le PEMFC soffrono di decadimento prestazionale nel tempo: cicli di avviamento/arresto, variazioni di carico, cicli termici e condizioni operative gravose possono portare a degradazione dei componenti (assottigliamento e incrinature nelle membrane, calo di conducibilità ionica ed efficienza elettrochimica) [1]. Ciò comporta costi manutentivi e necessità di sostituzione periodica degli stack, incidendo sul costo totale di esercizio.

La ricerca sta cercando di migliorare la vita operativa delle celle e sviluppare strategie di diagnostica e controllo per mitigare il degrado. Anche l’integrazione delle celle a combustibile con gli altri sistemi di bordo richiede accorgimenti: gestione termica (le celle funzionano in un certo intervallo di temperatura), gestione dell’acqua prodotta e mantenimento delle condizioni ottimali di funzionamento su un mezzo in movimento e soggetto a vibrazioni. L’accumulo di idrogeno a bordo è un’ulteriore sfida tecnica: i serbatoi ad alta pressione (generalmente tra i 350 e i 700 bar) hanno massa e volume significativi. Sebbene nei rotabili vi sia più spazio rispetto ad automobili o camion, l’installazione dei serbatoi deve essere fatta garantendo la sicurezza (resistenza agli urti, alle temperature, sistemi di ventilazione).

L’idrogeno ha poi bassa densità energetica volumetrica, quindi l’autonomia è limitata dalla quantità di H₂ stivabile; tuttavia, l’esperienza ha mostrato che si possono raggiungere autonomie di alcune centinaia di km adeguate alle esigenze. In futuro si potrebbe valutare lo stoccaggio in forma liquida o in materiali solidi idruri per aumentare la densità, ma sono tecnologie ancora immature per applicazioni mobili [10].

La sicurezza è una considerazione prioritaria quando si introduce l’idrogeno. L’idrogeno è un gas leggero, altamente diffusivo e infiammabile in un ampio intervallo di concentrazione (4–75% in aria) [15]. Per questo motivo, i treni e i depositi ferroviari destinati all’impiego di tecnologie a idrogeno devono essere dotati di sistemi avanzati di rilevamento delle fughe, ventilazione forzata, valvole di sicurezza e protocolli manutentivi rigorosi. Tuttavia, il quadro normativo specifico per l’impiego ferroviario dell’idrogeno risulta ancora in evoluzione. Attualmente, esiste un corpus significativo di standard tecnici internazionali ed europei relativi alla sicurezza dell’idrogeno, sviluppati prevalentemente per il settore automobilistico e per le infrastrutture di rifornimento. Tra questi si annoverano lo standard ISO 19880-1:2020 per le stazioni di rifornimento a idrogeno, la norma EN 17339:2020, nonché regolamenti armonizzati come l’ex EC79/2009 e il Global Technical Regulation n. 13 delle Nazioni Unite.

Questi riferimenti non risultano pienamente applicabili al materiale rotabile ferroviario, per il quale permangono esigenze specifiche. Nel contesto europeo, le Specifiche Tecniche di Interoperabilità (STI), in particolare quella relativa al materiale rotabile (Loc&Pas, Regolamento UE 2014/1302), non contemplano ancora l’idrogeno come sistema di trazione, con la conseguenza che le autorizzazioni all’immissione in servizio vengono attualmente valutate caso per caso dalle autorità nazionali competenti, come l’ANSFISA in Italia, attraverso approcci basati sull’analisi dei rischi (cd. risk-based approval) e sulla conformità dei singoli componenti agli standard esistenti [24]. Alla luce di quanto sopra, appare oggi necessario strategico sviluppare una normazione ferroviaria europea specifica e armonizzata per l’impiego dell’idrogeno, che possa fornire un quadro tecnico-giuridico certo e omogeneo per promuovere la diffusione sicura ed efficiente di questa tecnologia nel settore dei trasporti ferroviari.

Dal punto di vista economico, il principale ostacolo attuale è il costo elevato della tecnologia. Un convoglio a idrogeno ha un costo iniziale superiore rispetto all’equivalente diesel o anche rispetto ad un elettrico tradizionale, a causa sia della complessità delle celle a combustibile (ancora prodotte in volumi limitati) sia dei sistemi di stoccaggio H₂. I costi potranno ridursi con la produzione su larga scala, ma per le prime implementazioni sono necessari sostegni finanziari pubblici e iniziative pilota che aiutino a far decollare il mercato. Un’analisi comparativa dei costi suggerisce che la conversione di locomotori esistenti all’idrogeno – tramite retrofit – potrebbe mitigare le spese iniziali [17], ma resta il fatto che l’intera filiera (produzione combustibile, distribuzione e materiale rotabile) va sviluppata contestualmente. Inoltre, la concorrenza con tecnologie alternative a zero emissioni potrebbe limitare l’impiego dell’idrogeno su alcune tipologie di tratte.

In particolare, i treni a batteria rappresentano una soluzione tecnicamente ed economicamente più vantaggiosa, soprattutto laddove siano disponibili sezioni parzialmente elettrificate o siano implementabili sistemi di ricarica rapida alle estremità della linea. In questi contesti, l’efficienza complessiva del sistema batteria-rinnovo elettrico può risultare superiore rispetto alla filiera dell’idrogeno, sia in termini di rendimento energetico che di costi operativi. Ne deriva che l’idrogeno dovrà ritagliarsi un segmento di mercato specifico, rappresentato principalmente da tratte regionali non elettrificate a media o lunga percorrenza, dove l’elettrificazione integrale non risulta giustificabile economicamente.

In tale scenario, l’idrogeno potrà assumere un ruolo complementare – piuttosto che competitivo – rispetto ad altre soluzioni, configurandosi come tecnologia ponte per la decarbonizzazione progressiva del trasporto ferroviario su scala nazionale ed europea.

Policy, normative e infrastrutture a supporto dell’idrogeno ferroviario

Infine, una sfida di carattere strategico è il coordinamento tra il settore energetico e quello dei trasporti: la diffusione dei treni a idrogeno dovrà procedere di pari passo con la disponibilità di idrogeno verde in quantità adeguata. Ciò richiede politiche integrate e pianificazione a livello nazionale ed europeo, per evitare strozzature (come treni pronti ma senza sufficiente combustibile verde, o viceversa produzione di idrogeno in cerca di utilizzo). In sintesi, le sfide per l’idrogeno ferroviario – dall’approvvigionamento energetico alla maturità tecnologica, dai costi alla sicurezza – sono considerevoli, ma non insormontabili: richiedono investimenti in R&S, policy mirate e un periodo di transizione in cui progetti dimostrativi e prime flotte operative consentano di acquisire esperienza e best practice con questa nuova soluzione.

Futuro dell’idrogeno ferroviario in Europa: scenari e innovazioni

Le prospettive per l’idrogeno ferroviario in Italia e in Europa appaiono incoraggianti, sostenute sia dai progressi tecnologici attesi sia dal forte impulso politico verso la decarbonizzazione dei trasporti. Nel breve-medio termine, entro il 2030, si assisterà al dispiegamento commerciale di flotte di treni a idrogeno su diverse linee regionali in sostituzione dei convogli diesel. I progetti già avviati – in Germania, Italia, Francia e altri Paesi – fungeranno da apripista. In Italia, il successo del progetto in Lombardia potrebbe portare all’estensione dell’idrogeno ad altre linee non elettrificate, come la Sardegna, tradizionalmente dipendente dal diesel, ove recentemente la Giunta Regionale, dopo il giudizio positivo sulla compatibilità ambientale da parte dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente, ha approvato il collegamento ferroviario Alghero Centro – Aeroporto, alimentato da treni a idrogeno verde [25], o su tratte secondarie peninsulari dove l’elettrificazione non è pianificata. Su scala europea, l’idrogeno rientra nelle strategie per la neutralità climatica: la Commissione UE ha lanciato nel 2020 la European Clean Hydrogen Alliance [26] per sostenere l’implementazione su larga scala di tecnologie a idrogeno pulito entro il 2030, in linea con il Green Deal. In Europa, l’obiettivo è eliminare i combustibili fossili dal settore ferroviario entro il 2050, il che implica che le linee non elettrificate dovranno passare a soluzioni a zero emissioni nei prossimi anni [17]. È verosimile che l’idrogeno coprirà una quota rilevante di queste, affiancandosi all’estensione dell’elettrificazione ovunque possibile.

Dal punto di vista tecnologico, ci si aspettano miglioramenti incrementali ma costanti. Le prossime generazioni di celle a combustibile avranno efficienze più alte e soprattutto maggiore durata, grazie a nuovi materiali per membrane e catalizzatori meno sensibili al degrado. Anche i costi delle celle sono destinati a calare, man mano che la produzione passerà da piccoli lotti a catene di montaggio su larga scala (favorita anche dalla domanda di celle per altri usi, come nel trasporto stradale). Sul fronte dei combustibili, la capacità di produzione di idrogeno verde in Europa dovrebbe aumentare esponenzialmente: l’UE mira a installare 40 gigawatt di elettrolizzatori entro il 2030, ovvero 5,6 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile [27]. Ciò, unito alla crescita delle rinnovabili, potrebbe rendere l’idrogeno verde molto più disponibile e a costi sensibilmente inferiori. Alcuni scenari ipotizzano che entro il 2035 l’idrogeno verde possa raggiungere costi competitivi con l’idrogeno grigio soprattutto se incentivato da meccanismi di prezzo del carbonio, quali ETS e carbon tax [28]. In parallelo, progetti innovativi come le hydrogen valley integreranno trasporti e produzione energetica: nel concept sviluppato in Calabria, si prevede di produrre idrogeno centralmente tramite elettrolisi e di utilizzare treni a idrogeno non solo per il trasporto passeggeri ma anche come mezzo di distribuzione dell’H₂ verso hub intermodali sul territorio [20]. Questo approccio sinergico potrebbe massimizzare l’utilizzo dell’idrogeno prodotto e creare economie di scopo tra diversi settori, quali ferrovie, trasporto locale e movimentazione merci.

Dal punto di vista politico e normativo, ci si attende un quadro più definito e favorevole all’idrogeno. Già oggi molti paesi stanno elaborando strategie nazionali per l’idrogeno che includono esplicitamente i trasporti. Standard tecnici verranno promulgati a livello internazionale per garantire l’interoperabilità e la sicurezza dei treni a idrogeno sulle diverse reti. Inoltre, misure di supporto finanziario – fondi europei, schemi di credito d’imposta, carbon pricing – potranno accelerare la transizione. In Italia, l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima [29] e la Strategia Nazionale Idrogeno [30] contemplano già l’introduzione di treni a idrogeno.

Nel quadro della Missione 2 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Componente 2, è previsto un investimento pari a 300 milioni di euro destinato alla sperimentazione dell’idrogeno nel trasporto ferroviario. L’intervento si configura come misura strategica per promuovere la decarbonizzazione del trasporto su rotaia, coinvolgendo l’intera filiera: dalla produzione di idrogeno verde, al trasporto e stoccaggio, fino alla realizzazione di stazioni di rifornimento e all’acquisto di materiale rotabile. La localizzazione degli investimenti tiene conto delle aree prioritarie già individuate nel PNRR e in altri provvedimenti per l’implementazione dell’idrogeno, tra cui si segnalano la Valcamonica e il Salento, la ferrovia Circumetnea, la linea Adriatico Sangritana, la tratta Cosenza–Catanzaro e lo stesso collegamento ferroviario Alghero–aeroporto. L’obiettivo consiste nella realizzazione di almeno dieci stazioni ferroviarie di rifornimento a idrogeno distribuite su un minimo di sei linee ferroviarie. Tali impianti verranno preferibilmente collocati in prossimità di siti di produzione locale di idrogeno da fonti rinnovabili e integrati con infrastrutture autostradali già previste per la distribuzione di idrogeno. Al momento, risultano firmati tutti e dieci i contratti previsti, in linea con il cronoprogramma [31].

Le prospettive future delineano uno scenario in cui l’idrogeno diventa una componente matura e integrata del sistema ferroviario decarbonizzato. Esso non sostituirà la trazione elettrica tradizionale laddove questa sia realizzabile, ma andrà a completare il mosaico delle soluzioni sostenibili, coprendo quelle esigenze specifiche per cui l’elettrificazione non è pratica. Entro il 2050, è plausibile immaginare una rete ferroviaria europea a zero emissioni dove coesistono linee elettrificate alimentate da energia rinnovabile e linee regionali servite da convogli a idrogeno (oltre ad eventuali linee con treni a batteria su brevi distanze).

L’idrogeno, in quanto vettore energetico flessibile, potrebbe inoltre contribuire all’integrazione settoriale (cd. sector coupling): i treni a fuel cell potrebbero fungere da utilizzatori chiave di idrogeno prodotto in eccesso da rinnovabili, bilanciando la rete elettrica (rifornendo i treni durante le ore di picco di produzione solare/eolica).

Le basi di questa visione futura sono già poste oggi dai progetti pionieristici in corso; la sfida sarà scalarli e replicarli, capitalizzando sull’esperienza per abbattere costi e superare gli ostacoli.

Dati sperimentali e prestazioni dell’idrogeno ferroviario

Le sperimentazioni condotte finora e gli studi tecnico-scientifici disponibili forniscono evidenze concrete dei benefici e dei limiti dei treni a idrogeno, permettendo alcune considerazioni quantitative.

Sul fronte ambientale, i risultati confermano l’azzeramento delle emissioni operative di CO₂: in uno scenario studiato nel Regno Unito la conversione di un singolo convoglio diesel regionale all’idrogeno (con motore a combustione H₂) permetterebbe di evitare fino a 187.4 kt di CO₂ equivalente nell’arco di 30 anni di vita del treno [17]. Questo dà un’idea dell’ordine di grandezza dell’impatto climatico positivo, che moltiplicato per decine di treni su più linee si traduce in milioni di tonnellate di CO₂ evitate su base pluriennale.

Allo stesso modo, i dati sperimentali dello studio sulla hydrogen valley virtuale in Calabria indicano un risparmio di circa 3.2 kt di CO₂ all’anno per linea rispetto al diesel [20], confermando che l’uso di idrogeno verde abbatte quasi totalmente le emissioni rispetto all’esercizio tradizionale. Dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico locale, i treni a celle a combustibile emettono quantità trascurabili di inquinanti, evitando tra gli altri l’immissione di monossido di carbonio, fuliggine e idrocarburi parzialmente bruciati [1]

Riguardo alle prestazioni energetiche, i treni a idrogeno mostrano un’efficienza complessiva interessante. L’efficienza chimico-meccanica delle celle a combustibile impiegate nei treni a idrogeno – in particolare quelle di tipo PEMFC – può raggiungere valori fino al 61%, risultando significativamente superiore a quella dei motori a combustione interna tradizionali, il cui rendimento massimo si attesta intorno al 45%. Inoltre, l’integrazione con sistemi di frenata rigenerativa consente di recuperare energia durante le fasi di decelerazione, contribuendo a innalzare ulteriormente l’efficienza complessiva del sistema di trazione ferroviaria a idrogeno [32]. Il che significa che, a parità di energia fornita, il treno a idrogeno consuma meno energia primaria. Questo vantaggio può tradursi, con idrogeno sufficientemente economico, in costi operativi competitivi e in un minore fabbisogno di energia rinnovabile per alimentare il sistema (rispetto alla produzione di carburante diesel sintetico). Inoltre, i test in servizio reale hanno dimostrato che l’efficienza rimane elevata anche in condizioni operative variabili: come detto, i sistemi di recupero dell’energia in frenata e l’ibridizzazione con batterie consentono di ottimizzare l’uso dell’idrogeno, riducendo gli sprechi.

In termini di performance operative, i risultati sul campo indicano che i treni a idrogeno sono in grado di garantire livelli di servizio analoghi ai convogli convenzionali. Il Coradia iLint ha accumulato migliaia di chilometri di servizio passeggeri in Germania con una velocità massima di 140 km/h, rispettando gli orari previsti e fornendo affidabilità adeguata. Inoltre, ha dimostrato di poter raggiungere autonomie operative fino a circa 1000 km con un singolo rifornimento, un valore compatibile con il servizio giornaliero su numerose tratte regionali non elettrificate. [1]. Tali autonomie e prestazioni rendono l’idrogeno adatto anche per percorsi relativamente lunghi e con limitate infrastrutture di rifornimento. Un aspetto importante emerso è la necessità di pianificare con cura l’esercizio: i punti di rifornimento devono essere collocati strategicamente per integrarsi nei cicli di servizio senza causare ritardi. Le prove di rifornimento finora hanno mostrato che è possibile fare il pieno in tempi paragonabili a quelli di rifornimento diesel, e che l’handling dell’idrogeno può essere svolto in sicurezza.

Sul versante economico, i risultati quantitativi disponibili suggeriscono che il costo totale di adozione dell’idrogeno va valutato su tutto il ciclo di vita e includendo i benefici esterni. In termini di costi diretti, le evidenze attuali indicano che, confrontando singoli rotabili, i treni a idrogeno a celle a combustibile presentano un costo di acquisto superiore rispetto ai modelli diesel equivalenti, con differenziali che possono raggiungere punte attorno al 35%. [33], ma i costi di esercizio dei treni a idrogeno potrebbero risultare inferiori nel lungo termine rispetto alle controparti diesel, a condizione di una significativa riduzione del costo dell’idrogeno verde. Inoltre, le celle a combustibile, rispetto ai motori a combustione interna, presentano un numero inferiore di parti mobili, con conseguente riduzione dei costi legati a fermo macchina, riparazioni e manutenzione ordinaria [1].

Uno studio ha evidenziato che, considerando i costi esterni evitati, l’adozione di un treno a idrogeno su una linea regionale può generare benefici economici annui dell’ordine di decine di milioni di euro per la collettività [20]. Ciò significa che, da una prospettiva socioeconomica allargata, l’investimento nell’idrogeno ferroviario è giustificabile e auspicabile. Naturalmente, tali benefici non compaiono nei conti dell’operatore ferroviario a meno di meccanismi di internalizzazione: per questo serviranno politiche che rendano conveniente per le aziende adottare l’idrogeno anziché il diesel.

Un ulteriore risultato interessante riguarda il confronto tra soluzioni tecniche: come menzionato, la conversione di un motore diesel all’idrogeno comporta costi iniziali più bassi rispetto all’acquisto di un nuovo convoglio fuel cell, ma mantiene emissioni di NOx e un’efficienza inferiore. Tuttavia, potrebbe rappresentare una soluzione transitoria per decarbonizzare rapidamente alcune linee utilizzando il materiale rotabile esistente. Questo suggerisce che in fase di transizione si assisterà a possibili approcci diversificati (retrofit vs nuovi treni) a seconda delle situazioni specifiche e della disponibilità di budget. In prospettiva di lungo periodo, però, la massima efficienza e zero emissioni locali si ottengono con le celle a combustibile, che costituiscono quindi il target tecnologico finale su cui convergeranno gli sforzi principali di ricerca e sviluppo.

Dalla discussione complessiva dei risultati emerge che i treni a idrogeno non sono una panacea universale, ma una soluzione altamente promettente per un sottoinsieme importante di applicazioni. Laddove il traffico e la domanda giustificano l’elettrificazione, quest’ultima rimane la scelta più efficiente e consolidata; tuttavia, ci sono centinaia di chilometri di linee secondarie in Europa per cui l’idrogeno offre il miglior compromesso tra emissioni zero, flessibilità operativa e costi di infrastruttura. In questo segmento, i risultati ottenuti finora indicano che l’idrogeno può realmente sostituire il diesel senza penalizzazioni sul servizio, realizzando gli obiettivi di sostenibilità.

Condizioni abilitanti per il successo dell’idrogeno ferroviario

Naturalmente, il pieno successo dipenderà dall’evoluzione parallela di più fattori: la disponibilità di idrogeno verde su scala adeguata (che richiede avanzamenti nel settore energetico), la riduzione dei costi tecnologici (grazie all’industrializzazione e all’innovazione), e il superamento delle barriere normative e di sicurezza attraverso standard chiari e formazione. Ulteriori studi in corso stanno approfondendo aspetti come l’analisi del ciclo di vita completo dei treni a idrogeno, includendo la produzione delle celle, dei serbatoi e dell’infrastruttura, per garantire che non vi siano impatti nascosti. Analogamente, progetti pilota forniranno dati reali su affidabilità, manutenzione e prestazioni in esercizio prolungato: queste informazioni saranno cruciali per convincere in modo definitivo operatori e decisori dell’efficacia della soluzione a idrogeno. In definitiva, la discussione attuale in ambito scientifico e tecnico converge sull’idea che l’idrogeno ferroviario rappresenti una opzione valida e complementare nel percorso verso la decarbonizzazione totale, e i risultati oggi disponibili ne convalidano il potenziale, pur evidenziando la necessità di supporto e investimenti continuativi.

L’utilizzo dell’idrogeno come vettore energetico nel settore ferroviario si configura come un elemento chiave per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione in Italia e in Europa. Dal quadro tracciato emergono chiaramente i vantaggi ambientali di questa soluzione: l’azzeramento delle emissioni allo scarico contribuisce alla lotta al cambiamento climatico e al miglioramento della qualità dell’aria, con benefici sanitari e sociali tangibili. Sul piano economico e tecnologico, l’idrogeno offre un’opportunità per innovare il trasporto ferroviario regionale, evitando costose infrastrutture di elettrificazione laddove non sostenibili e aprendo spazi di sviluppo industriale nell’ambito della green economy. I casi di studio discussi dimostrano la fattibilità tecnica dei treni a idrogeno e indicano che, con le dovute condizioni (idrogeno verde disponibile e supporto iniziale), essi possono rimpiazzare efficacemente i treni diesel su molte linee, contribuendo agli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale in modo equilibrato.

Tuttavia, è altrettanto chiaro che per realizzare su larga scala questa transizione sono necessarie azioni mirate e continuative.

In primo luogo, è fondamentale investire nella produzione di idrogeno rinnovabile e nelle infrastrutture di distribuzione e rifornimento, affinché l’idrogeno ferroviario sia davvero a emissioni zero “dal pozzo alla ruota” e sia disponibile in quantità adeguata.

In secondo luogo, servono politiche di sostegno: incentivi all’acquisto di rotabili a idrogeno, meccanismi di penalizzazione del carbonio che rendano più competitivo l’idrogeno rispetto ai combustibili fossili, programmi di ricerca collaborativi pubblico-privati per migliorare le tecnologie (celle, serbatoi, materiali).

In terzo luogo, va sviluppato un solido impianto normativo e di standardizzazione: la sicurezza e l’interoperabilità devono essere garantite da norme tecniche condivise, così da facilitare la certificazione e l’immissione in servizio di nuovi modelli di treni a idrogeno senza ritardi o incertezze regolatorie.

L’Italia e l’Europa, grazie anche alla presenza di industrie ferroviarie leader a livello mondiale, hanno l’opportunità di porsi all’avanguardia in questo campo, trasformando le sfide in occasioni di crescita sostenibile. I progetti pilota in corso saranno cartine di tornasole importanti: il loro successo potrà catalizzare ulteriore fiducia e investimenti nell’idrogeno ferroviario. Viceversa, comprenderne le eventuali criticità servirà a dirigere meglio gli sforzi futuri.

In conclusione, l’idrogeno come vettore energetico per le ferrovie rappresenta un esempio di innovazione sistemica, in cui tecnologie avanzate, politiche climatiche e necessità di modernizzazione del trasporto convergono. Non è la soluzione unica per la decarbonizzazione, ma è un tassello fondamentale di un mosaico più ampio che include elettrificazione, batterie e altre fonti rinnovabili. Se le attuali tendenze proseguiranno, nei prossimi anni l’idrogeno passerà dallo status di tecnologia emergente a quello di componente integrata e affidabile del sistema ferroviario europeo, contribuendo in modo significativo alla sostenibilità ambientale, economica e sociale delle infrastrutture di mobilità. Il percorso richiederà impegno e visione, ma le basi gettate finora indicano che la rotta verso un futuro ferroviario a emissioni zero – in cui l’idrogeno gioca un ruolo di primo piano – è ormai tracciata e realizzabile.

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[12] ALSTOM, «FNM and Alstom present Italy’s first hydrogen-powered train», Alstom, 2023. Consultato: 18 luglio 2025. [Online]. Disponibile su: https://www.alstom.com/press-releases-news/2023/10/fnm-and-alstom-present-italys-first-hydrogen-powered-train

[13] FNMITOR, «H2iseO: primo treno a idrogeno italiano a Rovato, 13/2 presentazione alla stampa», FNM Group, 23 gennaio 2025. [Online]. Disponibile su: https://www.fnmgroup.it/2025/01/23/h2iseo-primo-treno-a-idrogeno-italiano-a-rovato-13-2-presentazione-alla-stampa/

[14] MIT, «Trasporti: presentato il primo treno italiano a idrogeno che viaggerà in Valcamonica | Ministero delle infrastrutture e dei trasporti». [Online]. Disponibile su: https://www.mit.gov.it/comunicazione/news/trasporti-presentato-il-primo-treno-italiano-idrogeno-che-viaggera-valcamonica

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[16] H. Ahmed, P. Adebayo, M. Ahmed, e A. Arbab, «Hydrogen Fuel Cell Technology: Benefits, Challenges, and Future Potential», Journal of Energy Technologies and Policy, vol. Vol 13, No 1 (2023), pp. 48–56, gen. 2023, doi: 10.7176/JETP/13-1-06.

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[18] Y. Sun, M. Anwar, N. M. S. Hassan, M. Spiryagin, e C. Cole, «A review of hydrogen technologies and engineering solutions for railway vehicle design and operations», Rail. Eng. Science, vol. 29, fasc. 3, pp. 212–232, set. 2021, doi: 10.1007/s40534-021-00257-8.

[19] M. Kapetanović, A. Nunez, N. van Oort, e R. M. P. Goverde, «Life Cycle Assessment of Alternative Traction Options for Non-Electrified Regional Railway Lines: World Congress on Railway Research 2022», 2022. Consultato: 19 luglio 2025. [Online]. Disponibile su: https://www.wcrr2022.co.uk/website/938/

[20] M. Genovese, F. Piraino, e P. Fragiacomo, «3E analysis of a virtual hydrogen valley supported by railway-based H2 delivery for multi-transportation service», Renewable and Sustainable Energy Reviews, vol. 191, p. 114070, mar. 2024, doi: 10.1016/j.rser.2023.114070.

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[23] N. D. Popovich, D. Rajagopal, E. Tasar, e A. Phadke, «Economic, environmental and grid-resilience benefits of converting diesel trains to battery-electric», Nat Energy, vol. 6, fasc. 11, pp. 1017–1025, nov. 2021, doi: 10.1038/s41560-021-00915-5.

[24] ANSFISA, Linee guida per l’autorizzazione di veicoli ferroviari ad idrogeno, Linee guida, 2023. [Online]. Disponibile su: https://www.ansfisa.gov.it/documents/20142/1904124/Prot.+0082117_29-12-2023_Linee+guida+autorizzazione+veicoli+ferroviari+ad+idrogeno.pdf/2e81c013-0957-95b9-edd5-4cc4ead8b14a

[25] Regione Autonoma della Sardegna, «Mobilità sostenibile e innovazione energetica. Ad Alghero nasce la prima linea ferroviaria a idrogeno della Sardegna», Regione Autonoma della Sardegna, 2025. [Online]. Disponibile su: https://www.regione.sardegna.it/notizie/mobilita-sostenibile-e-innovazione-energetica-ad-alghero-nasce-la-prima-linea-ferroviaria-a-idrogeno-della-sardegna

[26] Commissione Europea, «European Clean Hydrogen Alliance – European Commission». [Online]. Disponibile su: https://single-market-economy.ec.europa.eu/industry/industrial-alliances/european-clean-hydrogen-alliance_en

[27] Commissione Europea, COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI sulla Banca europea dell’idrogeno. 2023. [Online]. Disponibile su: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52023DC0156

[28] E. Curcio, «Techno-Economic Analysis of Hydrogen Production: Costs, Policies, and Scalability in the Transition to Net-Zero», 17 febbraio 2025, arXiv: arXiv:2502.12211. doi: 10.48550/arXiv.2502.12211.

[29] Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, 2024. [Online]. Disponibile su: https://www.mase.gov.it/portale/web/guest/-/clima-energia-l-italia-ha-inviato-il-pniec-a-bruxelles

[30] Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Strategia Nazionale Idrogeno, Strategia, 2024.

[31] Il Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, «Sesta relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza», 2025. [Online]. Disponibile su: ù

[32] D. Ding e X.-Y. Wu, «Hydrogen fuel cell electric trains: Technologies, current status, and future», Applications in Energy and Combustion Science, vol. 17, p. 100255, mar. 2024, doi: 10.1016/j.jaecs.2024.100255.

[33] Europe’s Rail, «STUDY ON THE USE OF FUEL CELLS & HYDROGEN IN THE RAILWAY ENVIRONMENT», Europe’s Rail, 2019.


[1] Riccardo Gentilucci, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Ufficio di Coordinamento del Dipartimento per le Infrastrutture e le Reti di Trasporto, Via Nomentana 2, 00161 Rome – Italia. Email: riccardo.gentilucci@mit.gov.it; riccardo.gentilucci@uniroma1.it

[2] Per produrre idrogeno molecolare da petrolio o metano si utilizza vapor d’acqua alla temperatura di 800°C in presenza di un catalizzatore (steam reforming): si ossida il C e si libera H2 con emissione di CO2. Col reforming, si ottiene idrogeno molecolare impuro, miscelato con monossido di carbonio (CO), che va eliminato. Il processo industriale è ben noto, ed è realizzato con reattori di elevata capacità [10].

[3] In generale, la produzione di idrogeno molecolare da fonti fossili ha l’inconveniente di generare grandi quantità di CO2, cosicché l’idrogeno prodotto in questo modo, detto anche “idrogeno grigio”, pur essendo utilizzabile in modo pulito, non lo è più a causa delle emissioni generate nel ciclo di produzione, che deve quindi essere ottimizzato dal punto di vista ambientale, riuscendo a catturare e stoccare la CO2 e producendo in questo caso il cosiddetto “idrogeno blu” [10].

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