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Corrente del Golfo e clima europeo: cosa succede se l’AMOC rallenta



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Il calore trasportato dall’Amoc permette all’Europa di godere di un clima relativamente mite, specialmente d’inverno, pur trovandosi alle stesse latitudini del Canada e dell’Alasca. Vediamo se la corrente del Golfo può interrompersi e qual è l’effetto dei cambiamenti climatici sui meccanismi principali della circolazione negli oceani

Pubblicato il 6 ott 2025

Roberto Bonino

Volt Europa



I rischi di un’'nterruzione dell'Amoc: l'impatto dei cambiamenti climatici sulla corrente del Golfo e del suo eventuale blocco fit for 55

Gli oceani sono il sistema circolatorio del pianeta: trasportano calore, nutrienti e assorbono CO₂, garantendo equilibrio climatico ed economico globale. Al centro di questo meccanismo c’è l’AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation ovvero Circolazione meridionale atlantica di ritorno), la grande corrente atlantica che regola il clima europeo e mondiale.

Oggi però il suo rallentamento, accelerato dal cambiamento climatico, solleva timori concreti di impatti ambientali, economici e sociali senza precedenti.

Cos’é l’AMOC, la corrente del Golfo

Gli oceani coprono il 70% della superficie terrestre e partecipano in molte maniere al complesso sistema ecologico e sociale, per esempio fornendo una enorme riserva di biodiversità ed assicurando, tramite la pesca, cibo e lavoro a centinaia di milioni di esseri umani.

Il mare è come un sistema sanguigno del pianeta, costituito da flussi intricati che fanno circolare calore, sostanze nutritive e gas disciolti, come CO2 e Ossigeno, assorbendo il 30% del CO2 emesso per l”uso dei combustibili fossili e accumulando gran parte del calore prodotto dall’effetto serra.

La circolazione negli oceani è determinata da due meccanismi principali. Il primo sono le correnti di superficie, create dal vento e, in parte, dalle maree. Particolarmente famosa è la corrente del Golfo che fa circolare acqua riscaldata nel golfo del Messico (o golfo d’America per i lettori di osservanza trumpiana) ed è una componente importante dell’AMOC, il principale sistema di circolazione dell’Atlantico con cui spesso la si confonde.

L’altro meccanismo, molto più lento, è chiamato circolazione termoalina ed è basato sulle variazioni di densità dell’acqua.
Più l’acqua è salata e fredda più è pesante (a parte quando gela) e tende ad inabissarsi causando un movimento generale.

La circolazione termoalina costituisce quello che è stato chiamato il nastro trasportatore globale che ha un flusso corrispondente a 30 volte il flusso di tutti i fiumi del pianeta messi insieme.

La figura 1 mostra in rosso i flussi di acqua calda, che si muovono in superficie, e in blu quelli di acqua fredda che circolano in profondità.

Effetto dell'Amoc (Corrente del Golfo) sui cambiamenti climatici

L’Amoc è il braccio del nastro trasportatore globale che risale dall’oceano Antartico, si riscalda grazie alla corrente del Golfo, e arriva a lambire le coste europee.

Il calore trasportato dall’Amoc permette all’Europa di godere di un clima relativamente mite, specialmente d’inverno, pur trovandosi alle stesse latitudini del Canada e dell’Alasca.

Arrivata ai bordi dell’Oceano Artico, l’acqua ormai raffreddata e soprattutto più salata a causa dell’evaporazione nelle zone tropicali, si inabissa per tornare a sud in un flusso in profondità: è questo il meccanismo che mantiene il ciclo in movimento.

Nel film “L’alba del giorno dopo” il regista Roland Emmerich ha immaginato che il distacco di una gigantesca porzione di banchisa segna l’arresto dell’Amoc e l’avvento in tempi brevissimi di una nuova glaciazione.

Malgrado le numerose critiche per la grossolanità scientifica della trama, il rischio che lo scioglimento dei ghiacci polari possa influire sulla circolazione oceanica con gravi conseguenze sul clima è reale.
Il cambiamento climatico è all’origine dello scioglimento delle calotte glaciali in Groenlandia e nell’Artico, e dell’aumento delle precipitazioni nel Nord Atlantico che causano un aumento del flusso di acqua dolce nella regione.

Questo riduce la salinità e dunque il peso specifico dell’acqua, che ha quindi una minore tendenza a scendere in profondità: si può dire che il “motore ” dell’Amoc perde colpi e rallenta.

Al di sopra di una certa temperatura, questo rallentamento può diventare irreversibile e, nel giro di qualche decennio, la circolazione nell’Atlantico potrebbe scomparire o comunque rallentare in maniera considerevole: ci vorranno poi secoli prima che si rimetta in moto.

Il rapporto Oecd

Un rapporto dell’OECD mostra come l’AMOC giochi un ruolo centrale nell’equilibrio del clima, in quanto collegata a molti altri punti critici come mostrato nella figura qui sotto.

Per esempio, un suo arresto o rallentamento potrebbe contribuire a far ribaltare l’effetto della foresta amazzonica, il famoso “polmone” del mondo, che rischia di passare da assorbitore a produttore di CO2.

Il dibattito scientifico sul tema è molto vivace

Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico IPCC nel suo 6° Rapporto mondiale sul clima scrive che è molto probabile che l’AMOC si indebolisca nel corso del XXI secolo.

L’ipotesi di un arresto viene invece presentata come un evento improbabile, ma dalle conseguenze estremamente gravi.

L’IPCC nota anche che la probabilità di un arresto cresce se si supera il limite dei 1.5°C fissato dagli accordi di Parigi del 2015, limite che stiamo per superare proprio in questi anni.

Studi più recenti però indicano che il rapporto dell’IPCC ha sottostimato i meccanismi che influiscono sulll’AMOC e alcuni ricercatori considerano addirittura che il passaggio del punto critico sia probabile tra il 2025 e la fine del secolo.

Le misure dirette del flusso dell’AMOC, disponibili solo dal 2004, e le analisi storiche sono compatibili con un rallentamento della circolazione. Che ci sia qualcosa che non va è confermato anche da recenti misure relative alla parte del nastro trasportatore che circonda l’Antartide, che indicano addirittura una possibile inversione dei flussi.

Il dibattito scientifico sul tema è comunque ancora molto vivace.

Quali potrebbero essere le conseguenze dell’Amoc sui cambiamenti climatici

Visto che la Terra va riscaldandosi, si potrebbe pensare che fermare un sistema che porta calore sia piuttosto una buona cosa: se tutto va bene un effetto compensa l’altro e non se ne parla più, almeno per i Paesi che attualmente beneficiano del calore dell’AMOC.

Questa è sicuramente un’interpretazione allettante in un contesto politico che sembra interessarsi sempre meno della crisi climatica. Purtroppo la situazione non è così semplice.
I modelli climatici prevedono che l’assenza dell’AMOC causerebbe un raffreddamento diffuso in tutto il Nord Atlantico e nell’emisfero settentrionale in generale, minori precipitazioni nelle medie latitudini dell’emisfero settentrionale, grandi cambiamenti nelle precipitazioni nei tropici, rafforzamento della traiettoria delle tempeste nell’Atlantico settentrionale (Jackson et al. 2015) e riduzione dell’assorbimento del CO2 nell’Atlantico.

Il rallentamento della corrente inoltre causerebbe un aumento del livello del mare di circa un metro sulle coste americane.

La distribuzione di elementi nutritivi nel mare sarebbe scombussolata, mettendo a rischio l’attività ittica in molte parti del mondo.

Lo studio dei climi del passato

La paleoclimatologia, lo studio dei climi del passato, mostra che l’arresto dell’AMOC si è verificato varie volte nei millenni passati, ed ogni volta ha coinciso con cambiamenti climatici violenti.

Si stima infatti che la variazione di temperatura nelle aree implicate sarebbe sui 2 °C per decennio: un cambiamento brutale, anche se molto più lento di quanto ipotizzato nel film di Emmerich.

Per esempio l’aumento di temperatura attualmente osservato è circa 10 volte più lento e già pone enormi problemi di adattamento.

L’impatto economico

Solo recentemente si è cominciato seriamente a studiare l’impatto economico dell’insieme delle conseguenze di un possibile collasso dell’Amoc, sapendo che, anche in assenza di collasso completo, un forte rallentamento avrebbe comunque effetti disastrosi proporzionalmente alla riduzione del flusso.

Per esempio un recente studio del Max Plank Institute basato su un modello integrato di economia e clima, ha stimato un costo compreso tra i 3 000 e gli 8 000 miliardi di dollari solo per quel che riguarda la riduzione dell’assorbimento del CO2.

E questo è solo uno dei tanti impatti previsti. Sicuramente anche il costo per l’agricoltura europea di una forte riduzione delle precipitazioni associata ad aumento dei periodi di siccità e della frequenza di fenomeni meteorologici violenti sarebbe enorme.

Un’analisi britannica ha stimato che i rendimenti agricoli del Regno Unito crollerebbero del 50%.

Per non parlare dell’impatto di altri punti critici che l’arresto dell’AMOC potrebbe scatenare per esempio il cambiamento degli equilibri termici tra gli emisferi Nord e Sud potrebbe determinare lo scioglimento della calotta antartica causando a termine un aumento generalizzato del livello del mare di vari metri.

Che fare

Gli studi scientifici purtroppo non sono sfere di cristallo e non possono predire il futuro con certezza, ma solo indicare probabilità e possibili impatti.

A livello politico, si dovrebbe tenere conto con prudenza delle indicazioni dei ricercatori. Abbiamo già parlato di come ordinarie pratiche di gestione del rischio aziendale applicate alla crisi climatica richiederebbero azioni molto più concrete, perfettamente giustificate da una prudente analisi di costi e benefici. Purtroppo pochi partiti hanno integrato, come Volteuropa, una visione globale che permetta nel lungo termine uno sviluppo economico equo e sostenibile.

La lettera dei 42 eminenti scienziati del clima

Nel 2024 un gruppo di 42 eminenti scienziati del clima ha inviato una lettera aperta al Nordic Council, che raggruppa vari paesi del Nord Europa, la regione più esposta ad un eventuale collasso dell’AMOC (ICOS 2024).

La lettera avverte che un tale cambiamento nella circolazione oceanica è più probabile di quanto precedentemente previsto e avrebbe effetti devastanti e
irreversibili soprattutto per i paesi nordici, ma anche per altre parti del mondo. Riconoscendo che l’adattamento a una catastrofe climatica così grave non è un’opzione praticabile, esortano il consiglio ad usare della propria influenza geopolitica al fine di rimanere vicini all’obiettivo di 1,5°C fissato dall’accordo di Parigi.

Un obiettivo che può essere raggiunto in tempi utili solo riducendo drasticamente l’impiego dei combustibili fossili il che, nell’attuale clima politico
internazionale, sembra sempre più difficile. A nostro rischio e pericolo.

Bibliografia

Sul ruolo degli oceani:

Sulla circolazione termoalina:

La possibilità di un collasso dell’Amoc

Bibliografia sulle conseguenze di un collasso dell’Amoc

La bibliografia sui punti critici del clima

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