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Video lampo e clipper: così i brand conquistano TikTok e Instagram



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Il clipper marketing si afferma come strategia chiave per aziende e brand, che sfruttano brevi video per moltiplicare la presenza sui social. Una pratica rapida e virale che solleva interrogativi su qualità, saturazione e sostenibilità

Pubblicato il 7 ott 2025

Alessio Pecoraro

coordinatore PAsocial Emilia-Romagna, marketing & communication manager



TikTok e DSa social media e reputation aziendale

C’è un nuovo mestiere che sta emergendo con prepotenza nel panorama del marketing digitale: il clipper. Non è il montatore video tradizionale, né lo strategist che studia campagne e posizionamento. È piuttosto un digital worker che lavora di forbici virtuali, tagliando, adattando e rilanciando brevi clip pensate per conquistare TikTok e Instagram, le piattaforme social regine dell’attenzione frammentata.

Negli ultimi mesi, sempre più aziende e brand hanno iniziato ad assumere o ingaggiare freelance specializzati in questa disciplina. La missione è chiara: inondare i social con contenuti brevi, rapidi, talvolta provocatori. Una pioggia di micro-video che rende quasi impossibile per l’utente non imbattersi, prima o poi, in un contenuto legato a una certa azienda e/o brand.

Dal montaggio al “taglio” strategico

Il clipping nasce come attività apparentemente semplice: prendere un contenuto più lungo – un’intervista, un podcast, uno speech singolo, un convegno o persino un webinar – e distillarne frammenti da 30 o 45 secondi, massimo 1 minuto, pronti ad essere diffusi in massa. A prima vista potrebbe sembrare un compito banale, ma nel contesto delle piattaforme social odierne, sempre più veri e propri media, la rapidità e la ripetizione sono armi decisive, quasi più della qualità.

“Siamo in uno scenario diverso dal passato – spiega Nicola Bigi, Presidente di TIWI Studio – quando l’epitesto (tutto ciò che sta a distanza del testo come ad esempio clip, trailer) non impattava sulla costruzione del testo, ed era sempre successivo alla produzione dello stesso. Oggi testo ed epitesto nascono insieme, e questo sicuramente è molto interessante e con un grande potenziale per le aziende”.

Oggi una clip può essere montata in meno di un minuto con strumenti di editing online gratuiti, e persino un account senza follower può far schizzare un contenuto tra i video più visti in rete. Questo è il cuore della nuova tendenza: il potere virale non è più monopolio dei grandi editori o dei profili con più seguito, ma può scaturire da una singola intuizione e da un montaggio ben fatto, anche più del contenuto stesso, a patto che sia particolarmente accattivante.

L’invasione dei contenuti effimeri

Le aziende e i loro brand hanno compreso che puntare solo sui propri canali ufficiali non basta più. I feed degli utenti sono saturi e la concorrenza è feroce. Da qui la strategia dell’“inondazione”: distribuire clip ovunque, moltiplicando i punti di contatto. Non importa se i video partono da account ufficiali, da profili secondari o persino da creator esterni: ciò che conta è la ripetizione, il fiume in piena che trasporta il messaggio del brand ovunque.

“Costruire le clip seguendo i pillar di comunicazione dell’azienda e postarli sui diversi canali può sembrare intuitivo ma non credo sia una pratica abbastanza affrontata, né dalle agenzie di comunicazione né dai brand” spiega Nicola Bigi, Presidente di TIWI Studio che aggiunge: “Se, per esempio, sto costruendo un video per una azienda di meccanica avanzata e che ha come pillar l’innovazione e la tradizione, avrò realisticamente video lunghi che affrontano entrambi i pillar in modo specifico. Il tema per cui può diventare molto interessante e utile il clipping, è riuscire ad estrapolare dal contenuto lungo quante più clip specifiche per tutti i pillar, anche se il video è focalizzato solo su uno. Ovviamente non è un tema di ‘semplice’ estrapolazione, ma è necessario pensare già il video lungo con la logica di clipping”.

In questo modo è possibile costruire video interessanti per una certa nicchia di pubblico interessata ad un tema specifico in ambient YouTube e utilizzare le clip sui social di scroll, Facebook, Instagram, TikTok, per portare gli utenti a scoprire, poi, il contenuto più lungo.

Molti brand non esitano a spingersi oltre, utilizzando contenuti provocatori, ironici o volutamente oltraggiosi. Lo ‘scandalo’ attrae, l’indignazione genera commenti e condivisioni, e in un ecosistema dove l’attenzione dura pochi secondi ogni reazione è considerata un successo.

La nuova arte del racconto in pillole

Eppure, non basta premere “taglia e incolla”. I migliori clipper sanno che il vero valore sta nella capacità di costruire una narrazione. Ogni clip, pur nella sua brevità, deve avere un inizio, un punto di tensione e una chiusura memorabile. È un micro-racconto che, se ben orchestrato, può generare il desiderio di saperne di più, spingere a visitare un profilo o addirittura a cercare un prodotto.

La differenza tra un clipper mediocre e uno di talento si gioca tutta qui: nella sensibilità narrativa. Non è solo questione di saper usare le transizioni o aggiungere sottotitoli dinamici; è la capacità di intuire quale frase, quale espressione del volto, quale momento preciso possa accendere la scintilla dell’attenzione.

Comunicazione istituzionale e pubblica amministrazione

Questo vale per le aziende e i loro brand, ma anche per la comunicazione istituzionale. Domenico Bonaventura, giornalista e comunicatore, co-coordinatore del Lazio di PA Social, però chiarisce: “Anche se la PA deve tenere un occhio sempre aperto sulle nuove tendenze, la strada maestra resta comunque quella della trasparenza e dell’utilità. Dare risposte ai cittadini/utenti è il pilastro imprescindibile, qualunque sia il formato scelto. Di certo, un racconto per pillole video – da calare necessariamente in un più ampio contesto strategico – è una tipologia di comunicazione che va incontro alle ormai consolidate abitudini dei cittadini in tema di utilizzo delle piattaforme, favorendo l’accessibilità alle informazioni. Il tutto, a mio avviso, deve però avvenire internamente, cioè sui profili e sulle piattaforme dell’Ente e con contenuti pensati, realizzati, prodotti e diffusi dallo staff interno. Tanto più che l’approvazione della figura del Social media e digital manager (legge 69/25), prevede e favorisce sempre più lo sviluppo di competenze anche in questo ambito”.

A metà strada invece l’Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile (AESS) che – per quanto riguarda gli eventi della Rete Nazionale delle Agenzie Energetiche Locali (RENAEL) che coordina ha scelto di avvalersi della collaborazione della videomaker Stefania Centonze per diffondere in rete brevi clip emozionali a conclusione dell’evento. Mentre AESS è solita, soprattutto sul suo profilo Instagram pubblicare brevi video accattivanti che puntano molto sul clipping.

Dall’algoritmo al mercato del lavoro

Il fenomeno si intreccia con le logiche degli algoritmi di TikTok e Instagram. Queste piattaforme premiano l’engagement immediato e la continuità di pubblicazione: più clip vengono lanciate, maggiori sono le probabilità di intercettare un’ondata virale. Ecco perché le aziende e i loro brand hanno bisogno di una forza lavoro flessibile e instancabile.

Su marketplace e piattaforme freelance stanno proliferando annunci che cercano “video clippers” a tariffe variabili, spesso abbordabili per le aziende ma appetibili per giovani creativi. Alcuni professionisti raccontano di produrre anche centinaia di clip al mese, spesso con ritmi serrati e richieste di pubblicazione programmata.

Una strategia non priva di rischi

Se da un lato il clipping rappresenta un’opportunità di visibilità straordinaria, dall’altro solleva interrogativi sulla qualità e la sostenibilità di questa pratica. Un’inondazione di video può saturare la pazienza degli utenti, trasformando la curiosità in fastidio. Inoltre, l’uso sistematico di contenuti provocatori rischia di associare le aziende e i loro brand a polemiche difficili da gestire.

“Nella nostra esperienza – spiegano da TIWI Studio – iniziare a immaginare il contenuto lungo già pensando a come poterlo ridurre in clip seguendo i pillar delle aziende e dei loro brand fa la differenza e difende da eventuali rischi, soprattutto di reputation”.

C’è poi un altro elemento: l’effimero. Le clip vivono e muoiono in poche ore. Per mantenere alta l’attenzione serve una produzione continua, quasi industriale, che può mettere sotto pressione i team di marketing e i freelance coinvolti.

Il futuro del micro-video marketing

Nonostante i rischi, l’impressione è che il clipping sia destinato a consolidarsi come uno degli strumenti più potenti del marketing contemporaneo. “Niente di nuovo, è qualcosa che esiste da sempre” l’opinione di Bigi. Il primo trailer, inteso come singolo spezzone del film, è del 1913. Il disco singolo come estratto dell’album è degli anni 50, Whitman pubblicava estratti di Foglie d’Erba per promuoverne la raccolta, nell’800 dei musicisti suonavano ritornelli per vendere gli spartiti, ma anche gli aedi e rapsodi nell’antica Grecia declamavano spezzoni delle opere di Omero.

Le piattaforme social premiano la brevità e la ripetizione; gli utenti, pur lamentando l’eccesso di stimoli, continuano a guardare e interagire. In questo scenario, i clipper rappresentano il nuovo anello mancante tra la produzione di contenuti e la loro viralizzazione.

“Se pensiamo a un futuro, in cui fare contenuti sarà sempre più facile, sarà ancora una volta la rilevanza a far la differenza” l’opinione di Nicola Bigi, Presidente di TIWI Studio.

Forse un giorno la parola “clipper” entrerà a pieno titolo nei dizionari, come accaduto per “influencer”. Per ora resta il nome di una professione emergente che, forbice digitale alla mano, sta ridisegnando le regole della comunicazione online.

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