L’enshittification è il termine coniato da Cory Doctorow per descrivere un fenomeno che molti utenti percepiscono ma faticano a definire: il progressivo peggioramento delle piattaforme digitali. Non si tratta di un declino casuale, ma di un processo sistematico che trasforma servizi inizialmente promettenti in strumenti di sfruttamento.
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Le radici dell’attivismo digitale di Cory Doctorow
Cory Doctorow non è un intellettuale qualunque dell’ecosistema tecnologico, è scrittore di fantascienza, giornalista, attivista per i diritti digitali e una delle figure più longeve del pensiero hacker. Nato nel 1971 da due insegnanti marxisti a Toronto, Doctorow è cresciuto tra terminali Teletype e computer Apple II, dove ha imparato a programmare insieme all’amico Tim Wu, oggi giurista ed ex consigliere della Casa Bianca per la concorrenza e la politica tecnologica.
Da oltre vent’anni Doctorow è una voce di riferimento dell’attivismo online: è stato direttore della Electronic Frontier Foundation (EFF), co-editor di Boing Boing, autore di romanzi come Little Brother e saggista militante contro il controllo proprietario dei contenuti digitali e il Digital Rights Management. Ha sempre difeso l’idea di una tecnologia al servizio dell’emancipazione umana, non della sorveglianza o della rendita monopolistica.
“Enshittification”: le tre fasi del degrado delle piattaforme digitali
Nel 2022, Cory Doctorow coniò una parola destinata a entrare nel lessico globale: “Enshittification”. Il termine, tanto ironico quanto preciso, descrive il processo sistematico attraverso cui le piattaforme digitali peggiorano nel tempo, passando da strumenti di emancipazione a meccanismi di sfruttamento.
Nel suo nuovo libro, “Enshittification: Why Everything Suddenly Got Worse and What to Do About It” (Farrar, Straus & Giroux, in uscita il 14 ottobre 2025), Doctorow analizza con metodo quasi “clinico” questa deriva in tre fasi.
La promessa
Nella prima, quella della promessa, ogni piattaforma nasce offrendo salvezza, convenienza, efficienza. Ci promette di farci risparmiare tempo, denaro, fatica. È la fase in cui la tecnologia si presenta come un alleato, tutto sembra funzionare, tutto è gratis, tutto migliora.
La cattura
Poi arriva la seconda fase, la cattura. Spuntano gli “upgrade”, piccoli costi, funzioni premium, condizioni d’uso più restrittive. Il servizio diventa meno trasparente e l’utente, ormai dipendente, comincia a pagare, letteralmente e metaforicamente, per mantenere i vantaggi iniziali. Infine, si entra nella terza fase, la rovina.
Il collasso
Quando il sistema ha esaurito il valore da estrarre, non resta che il collasso. Le piattaforme degradano, i costi aumentano, la qualità diminuisce, e gli utenti vengono abbandonati in un ecosistema tossico che non riesce più a sostenersi.
In sintesi, Doctorow sostiene che tutte le grandi aziende tecnologiche stanno diventando progressivamente peggiori, eppure non muoiono, continuano a sopravvivere in forme decadute, lasciando utenti e imprese intrappolati nei loro resti, incapaci di fuggire da un sistema che ha perso la propria vitalità originaria.
Black Mirror e la parabola della tecnologia che consuma
Queste tre fasi trovano un’eco potente nel primo episodio della più recente stagione di Black Mirror, intitolato “Common People”. Nel racconto, un sistema tecnologico offre alle persone comuni la possibilità di salvarsi la vita grazie a una piattaforma che promette protezione e cura. Ma presto arrivano gli aggiornamenti a pagamento, gli “upgrade” indispensabili per restare vivi, per non essere esclusi, per continuare a sperare. Finché il ciclo si spezza, il debito accumulato e il logoramento del sistema rendono impossibile sostenere quella promessa. Chi si era affidato alla tecnologia deve infine morire, vittima della stessa logica che aveva creduto lo avrebbe salvato. È la parabola perfetta dell’enshittification: un sistema che si presenta come salvezza, ma si nutre delle persone che lo abitano, fino a consumarle. Non è una distorsione, è la sua logica più profonda.
Il potere corrotto dei padroni delle piattaforme
Un’ulteriore rappresentazione di questo meccanismo si trova nel film Mountainhead scritto e diretto da Jesse Armstrong, già autore di Succession. Il film racconta un ritiro d’élite tra quattro miliardari della tecnologia nel bel mezzo di una crisi globale alimentata da disinformazione generata da AI.
Durante il weekend emergono alleanze, manipolazioni e scontri di potere, mostrando come il controllo digitale diventi un gioco di dominio e sopravvivenza. Armstrong sposta la prospettiva, non più gli utenti intrappolati nel sistema, ma i padroni delle piattaforme che lo alimentano consapevolmente, costruendo il marciume come strumento di potere.
Strategie di contrasto ai monopoli tecnologici
Il libro non si limita a diagnosticare il problema. Doctorow propone una strategia di reazione articolata che parte dalla necessità di smantellare i monopoli delle Big Tech, regolare le piattaforme come utility pubbliche e favorire l’interoperabilità, ossia la possibilità per gli utenti di migrare liberamente dati e relazioni da un servizio all’altro. È la stessa visione che anima oggi i neo-brandeisiani, movimento ispirato al giudice Louis Brandeis e guidato da figure come Lina Khan, presidente della Federal Trade Commission, che Doctorow cita come esempio di contropotere emergente. La Khan considera il suo lavoro un contributo importante al dibattito pubblico, capace di offrire un quadro chiaro per comprendere ciò che le persone vivono ogni giorno come consumatori digitali.
L’etica hacker come modello alternativo
Dalla critica al DRM ai romanzi distopici, Doctorow non ha mai smesso di difendere l’etica hacker, smontare, capire, condividere, costruire insieme. Nel suo universo, l’antidoto all’enshittification non è un ritorno nostalgico a un passato puro, ma una riappropriazione collettiva della tecnologia. È convinto che la tecnologia possa ancora aiutarci a prosperare, ma teme quanto possa danneggiarci se la usiamo nel modo sbagliato.
Oltre la distopia: perché serve un nuovo patto con la tecnologia
Enshittification è più di una parola di moda, è una diagnosi morale del capitalismo digitale e una chiamata all’azione. Doctorow invita a riconoscere che l’Internet delle origini, aperto, sperimentale, cooperativo, è stato progressivamente sostituito da un ecosistema chiuso, estrattivo e dipendente. Come in ogni buon romanzo di fantascienza, il suo messaggio finale è di speranza, le tecnologie non sono destinate a corrompersi, siamo noi a poterle riscrivere.







