Sembra quasi uno spot motivazionale, ma gli investimenti, le nuove tecnologie, perfino le competenze non bastano ad accompagnare la trasformazione digitale. Serve la mentalità, la costanza, l’applicazione direbbe un allenatore. Serve un mindset vincente.
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Il ritardo italiano nelle competenze digitali
Certo, negli ultimi anni la trasformazione digitale in Italia ha compiuto notevoli progressi. Nel 2024, il mercato digitale, per esempio, ha raggiunto un valore di 81,4 miliardi di euro con una crescita del 3,4% rispetto all’anno precedente.
Tuttavia, l’Italia si colloca al 23° posto in Europa per livello di digitalizzazione, evidenziando la necessità di interventi operativi e concreti per superare le criticità attuali. Il primo, rinomato, difetto del nostro Paese è che solo il 46% degli adulti italiani possiede competenze digitali di base rispetto a una media Ue del 56%. Con picchi che nel Mezzogiorno scendono al 36%. Inoltre, solo l’1,5% dei laureati ha una specializzazione in discipline ICT e, purtroppo, se il ritmo attuale continua, entro il 2030 solo il 37% raggiungerà tali competenze, lontano dall’80% target UE.
L’adozione lenta di AI e cloud nelle imprese
Insomma, se gli investimenti, lo sviluppo, la ricerca vanno in una direzione ‘digitale’, gli studi, le competenze, i percorsi didattici e professionali no. E infatti – secondo dati diffusi da Microsoft a Cernobbio durante il TEHA – nonostante l’intelligenza artificiale generativa si stia diffondendo velocemente, con un incremento del 66% nell’ultimo anno, solo il 2,3% delle imprese italiane utilizza soluzioni di intelligenza artificiale agentica. Se si parla di IA in generale, i dati dicono che si arriva all’8%, contro quasi il 20% della Germania, mentre appena il 40% ha adottato il cloud. Una situazione che renderà difficile raggiungere l’obiettivo UE del 75% prima del 2040.
Se guardiamo alle pmi, i segnali sono simili, perché due su tre investono nel digitale, ma la meta segnala la mancanza di competenze digitali come ostacolo. E tra i manager non cambia molto, visto che solo il 16% dei leader possiede digital dexterity.
Gap formativo e resistenza al cambiamento
Questo gap formativo richiede interventi immediati per potenziare le capacità tecniche e culturali, fondamentali per una trasformazione efficace. Anche perché studiare e conoscere certe materie abbatte la diffidenza o l’ostilità, che sono forti, visto che l’84% dei progetti digitali fallisce per mancata adozione o resistenza interna.
Ergo, le organizzazioni devono sia adottare nuove tecnologie che sviluppare un mindset orientato all’innovazione e all’adattamento rapido.
In assenza di questo approccio operativo, le iniziative digitali rischiano di restare limitate o di non generare il valore atteso.
Formazione continua e metodologie agili
Per questo, occorre in primis investire nella formazione e nell’aggiornamento continuo. Le aziende dovrebbero lanciare programmi di formazione interna e instaurare collaborazioni con enti specializzati, in modo da tenere il personale aggiornato. Organizzare workshop, webinar e corsi intensivi che combinino competenze tecniche e soft skills diventa essenziale per preparare i team ad affrontare il cambiamento in maniera efficace e proattiva. Parallelamente, l’implementazione di metodologie di lavoro agili si rivela cruciale. Adottare processi che consentano iterazioni rapide e adattamenti costanti permette alle organizzazioni di rispondere in modo tempestivo alle evoluzioni del mercato. E ci sono diversi casi di successo, tra cui per esempio Prysmian, Brembo, Leonardo, Technogym, De’Longhi, Enel, A2A e diverse altre.
Best practice e digitalizzazione della PA
La condivisione delle best practice rappresenta un ulteriore pilastro. Creare network sia interni che esterni, favorendo lo scambio di idee e l’identificazione di soluzioni replicabili, consente alle aziende di imparare dai casi di successo. Ad esempio, studiando il percorso di Elettrotecnica Rold – che ha investito in tecnologie avanzate e nella formazione del personale – le imprese possono trarre preziosi insegnamenti e implementare strategie collaudate.
Anche la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione richiede interventi rapidi e operativi. Accelerare progetti pilota e promuovere partenariati pubblico-privato sono azioni strategiche in grado di rendere la PA più efficiente e reattiva alle esigenze dei cittadini. Tali iniziative, se sviluppate su scala nazionale, possono contribuire a migliorare significativamente la qualità dei servizi offerti.
Monitoraggio e valutazione dei risultati
Infine, per garantire il successo delle iniziative, è indispensabile stabilire un sistema di monitoraggio e valutazione dei risultati. Definire indicatori di performance specifici per ogni progetto digitale e implementare sistemi di feedback continuo permette di misurare l’impatto degli interventi e di affinare le strategie in tempo reale, assicurando così un percorso di trasformazione dinamico e orientato al successo.
Il mindset come DNA aziendale
Ma non basta agire solo su competenze e processi: la trasformazione digitale, per essere davvero incisiva, deve diventare parte integrante del DNA aziendale e istituzionale. È necessario stimolare la curiosità, alimentare il pensiero critico e incoraggiare la sperimentazione, anche a rischio di commettere errori.
In questo scenario, la leadership assume un ruolo determinante: chi guida le organizzazioni deve farsi promotore del cambiamento, ispirando fiducia e senso di responsabilità, e incentivando la partecipazione attiva di tutte le persone coinvolte.
La comunicazione interna trasparente e costante, l’ascolto delle esigenze dei team e il riconoscimento dei risultati ottenuti sono elementi chiave per mantenere alta la motivazione e favorire il coinvolgimento diffuso. Solo così le strategie digitali potranno tradursi in azioni concrete e durature, in grado di generare un impatto positivo non solo sul business, ma anche sul tessuto sociale ed economico del Paese.
La sfida futura: innovazione continua
Guardando al futuro, la sfida sarà quella di mantenere questo slancio verso l’innovazione, coltivando una cultura in grado di evolversi insieme alle tecnologie e ai mercati. È un percorso che richiede visione, coraggio e una costante tensione verso il miglioramento, ma che offre in cambio la possibilità di costruire un’Italia digitale, competitiva e inclusiva, pronta ad affrontare con consapevolezza le opportunità della nuova era.












