Linux ha percorso una lunga strada dalla sua nascita nel 1991, trasformandosi da sistema operativo per pochi appassionati a soluzione concreta per l’uso quotidiano. Con una quota di mercato che supera il 6% in alcune aree geografiche e distribuzioni sempre più accessibili, Linux sta ridefinendo il panorama dei sistemi operativi per PC.
La mia testimonianza diretta dimostra come sia cambiata la percezione di un sistema un tempo considerato ostico.
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Un percorso personale verso Linux
Utilizzo Linux da una dozzina d’anni, come sistema operativo desktop. E lo faccio perché ritengo che Linux sia il miglior sistema operativo per il mio lavoro: è facile da utilizzare anche per un settantunenne laureato in materie umanistiche, è completo, è flessibile e robusto, ed è più sicuro dei sistemi operativi proprietari.
In precedenza, ho utilizzato sia DOS che Windows che macOS, visto che il primo PC è arrivato sulla mia scrivania nel 1982, pochi mesi dopo l’annuncio da parte di IBM il giorno del mio ventisettesimo compleanno. Poi ho incrociato UNIX, in modo un po’ superficiale, ma a causa delle mie scarse competenze tecniche non ero riuscito ad apprezzarlo, visto che all’epoca si trattava di un sistema operativo molto tecnico, ancora lontano dalle esigenze di un utente di base come il sottoscritto.
Poi ho incontrato il software libero e open source, a circa vent’anni di distanza dal primo PC, quando ero ormai diventato un power user ed ero alla ricerca di una vera alternativa a Microsoft Office. All’epoca c’erano diversi cloni a basso costo, che non giustificavano nemmeno il loro prezzo stracciato, tanto erano scadenti, e poi c’era OpenOffice, che invece mostrava carattere e, nonostante il numero dei bug, la potenzialità di sostituire Office.
Da quel momento in avanti, l’evoluzione verso il desktop Linux è stata lenta ma inesorabile. Prima ho iniziato a usare OpenOffice con Windows e macOS, e poi ho cominciato a provare gli altri software liberi e open source fino a quando è rimasto solamente il sistema operativo proprietario. Linux non era ancora quello di oggi, anche se era molto più user friendly di UNIX, per cui ho cominciato a usarlo sul PC personale, che nel giro di qualche anno – con la crescita di Linux e l’arrivo delle distribuzioni “moderne” – è diventato l’unico PC.
Oggi utilizzo Linux Mint su un laptop che risale al 2019, che nel mondo Windows avrei già dovuto sostituire da tempo per “reggere” il sistema operativo, ma che nel mondo Linux è perfettamente attuale – e lo sarà ancora per qualche anno – perché le esigenze sono completamente diverse, e soprattutto non ci sono le strategie commerciali dei partner hardware da sostenere così come avviene nell’ecosistema Windows.
Ovviamente, il mio percorso non rappresenta un punto di riferimento per il mercato, ma la crescita della quota di mercato di Linux tra i sistemi operativi desktop – che è arrivata a superare il 6% in alcune aree geografiche – mi spinge a pensare che non sia un caso isolato.
Linux: dalle origini all’affermazione nel settore server
Per decenni, Linux ha vissuto all’ombra di Windows e macOS sul desktop, con l’erichetta di “il sistema operativo per esperti di tecnologia”, mentre conquistava il ruolo di sistema operativo dell’infrastruttura internet, diventava il sistema operativo di riferimento sia in ambiente server sia nei laboratori di ricerca più avanzati, come il CERN e la NASA, e veniva adottato sempre più spesso negli ambienti universitàri.
Linux è nato nel 1991 come progetto personale di Linus Torvalds, che voleva un’alternativa gratuita e open source a MINIX, un sistema simile a Unix utilizzato in ambito accademico, e ha rilasciato un kernel che ha dato il via a un movimento. Gli sviluppatori di tutto il mondo si sono uniti, contribuendo con codice, correggendo bug e dando forma a quello che sarebbe diventato il sistema operativo Linux.
Per tutti gli anni ’90 e nei primi anni 2000, Linux è cresciuto rapidamente, in modo particolare nel settore dei server. È diventato il sistema operativo di riferimento per server web, database e applicazioni aziendali. Aziende come Red Hat e SUSE hanno raggiunto dimensioni significative fornendo una versione di Linux ottimizzata per le esigenze infrastrutturali delle aziende.
Ubuntu e il tentativo di conquistare il desktop
La prima spinta verso un’adozione più ampia è arrivata nel 2004, quando Canonical ha lanciato Ubuntu con l’obiettivo di portare Linux sul desktop, puntando su facilità d’uso, rilasci regolari e ampio supporto hardware. Subito dopo, sono arrivate altre distribuzioni ottimizzate per la produttività individuale, anche nelle aziende.
Per la prima volta, era possibile installare Linux su un laptop e aspettarsi che Wi-Fi, audio e grafica funzionassero immediatamente. Tuttavia, l’offerta software non era paragonabile a quella per Windows e macOS, e mancavano applicazioni chiave in alcuni settori. I giochi erano praticamente inesistenti.
Inoltre, la maggior parte dei fornitori di hardware continuava a progettare i propri driver prima per Windows, poi per macOS, e poi – o forse mai – per Linux. A questa mancanza rispondeva, in parte, la comunità open source, che spesso offriva delle alternative funzionanti, anche se non certificate.
La rivoluzione silenziosa: ChromeBook e gaming
Superato il 2010, Linux ha fatto silenziosamente dei passi in avanti importanti, anche se la maggior parte degli utenti non sempre si rendeva conto di utilizzarlo. I ChromeBook sono l’esempio migliore, perché il sistema operativo Chrome OS non è altro che una versione di Linux, ma è talmente semplice e fluido che quasi nessuno pensa che sia basato su Linux. Google ha persino aggiunto un ambiente di sviluppo Linux a Chrome OS, offrendo agli utenti esperti una maggiore flessibilità.
Nel frattempo, la crescita di Proton – un software di compatibilità sviluppato da Valve per Steam – ha cambiato le regole del gioco per il gaming in ambiente Linux. Proton consente agli utenti di eseguire giochi solo per Windows su Linux con prestazioni e stabilità impressionanti. Improvvisamente, è possibile giocare a titoli come The Witcher 3, Elden Ring e Cyberpunk 2077 senza dover avviare Windows in dual-boot. Valve ha raddoppiato questo slancio con Steam Deck, un PC da gioco portatile che esegue SteamOS, che – ancora una volta – è Linux.
Microsoft abbraccia linux con WSL
E poi c’è WSL (Windows Subsystem for Linux), la soluzione Microsoft per portare Linux all’interno di Windows. Gli sviluppatori possono eseguire il kernel Linux dentro Windows, con accesso al terminale, agli strumenti e alle applicazioni GUI. Un segno della crescita, visto che persino Microsoft, un tempo il nemico numero uno di Linux, lo integra all’interno del proprio sistema operativo.
Oggi il desktop Linux è molto diverso da quello delle origini. Distribuzioni come Ubuntu, Linux Mint e Zorin OS offrono interfacce utente che reggono il confronto, e in alcuni casi addirittura superano, Windows e macOS. Il processo di installazione e di aggiornamento è facile, e basta collegare una USB e cliccare su alcuni passaggi per avere un sistema funzionante.
Anche l’installazione delle applicazioni è più facile che in passato, con Flatpak, Snap e AppImage che hanno reso l’operazione molto simile a quella delle app sugli smartphone. Inoltre, molte software house hanno iniziato a rilasciare versioni Linux dei loro programmi, come nel caso di Zoom, Spotify e Slack. Solo Microsoft sembra avere dei problemi, visto che il suo tentativo di rilasciare Zoom per Linux è stato un fallimento, con un’applicazione che non funzionava neanche a martellate.
I vantaggi storici di Linux restano attuali
In ambito gaming, ci sono oltre 10.000 giochi su Steam utilizzabili in ambito Linux. Lo Steam Deck, con milioni di unità vendute, ha normalizzato il gaming su Linux per un pubblico completamente nuovo.
Per concludere, i vantaggi storici di Linux, ovvero la capacità di prolungare la vita dell’hardware di alcuni anni rispetto a Windows (in questo caso, macOS – che ha un kernel FreeBSD, molto simile a quello Linux – rappresenta un’eccezione), visto che il sistema operativo ha pretese inferiori, e sfrutta molto meglio i componenti, con la sola eccezione – in qualche caso – della batteria per i laptop, e la sicurezza, che non ha confronti, e senza telemetria, senza aggiornamenti forzati e con il pieno controllo da parte dell’utente, è un sogno per la privacy.
Quindi, Linux è pronto per il grande pubblico, in tutti quei casi in cui l’utente non utilizzi software proprietari che non sono disponibili in versione Linux, e non hanno un equivalente open source. Una situazione che sta migliorando, ma che non sarà mai perfetta, perché ci sono software house che rifiutano il mondo Linux, come l’odierna Adobe (quella di John Warnock e Chuck Genscke, con cui ho avuto l’onore e la fortuna di lavorare per anni, avrebbe avuto un approccio diverso).
Pronto per il mainstream, ma con limiti
L’ultimo ostacolo all’adozione di Linux sul desktop? La percezione. La gente pensa ancora che Linux sia difficile, e nonostante si tratti di un mito ormai superato, è duro a morire. Voi non avete idea di quante persone mi chiedano quale strana versione di Windows stia utilizzando, e alla risposta che si tratta di Linux Mint, strabuzzano gli occhi bofonchiando: “Ma lei è vecchio, e non è un tecnico, come fa a utilizzare Linux?”. Linux è pronto, gli utenti no.










