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Equity crowdfunding addio: è l’era del digital fundraising



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Il vecchio equity crowdfunding è finito. Al suo posto emerge il digital fundraising: un’infrastruttura integrata che orchestra VC, angel e community capital in un’unica supply chain. Europa e USA convergono verso round blended, piattaforme fintech e strategie orchestrate

Pubblicato il 27 ott 2025

Giancarlo Vergine

Tech Entrepreneur | Crowdfunding Expert



startup (1) digital fundaising

Per anni abbiamo chiamato equity crowdfunding ciò che, a ben vedere, era soprattutto una vetrina: pagine online, un video, qualche claim ambizioso e speranza che bastasse “andare live” per attrarre capitale. È stato rumoroso, a volte superficiale. Un gioco di volume. Ecco, quel modello, che ho vissuto fin dagli inizi, ora è finito. Da almeno 2-3 anni.

E non è un’opinione ma è quello che vediamo, dalla nostra prospettiva privilegiata anche se tangibile per tutti, nei numeri, nei comportamenti degli investitori, nelle scelte dei founder e soprattutto nell’evoluzione delle piattaforme.

Dal marketplace alla supply chain del capitale

La nuova versione di questo settore è un’altra cosa ed io la definisco in due modi digital fundraising e community investing come infrastruttura. Non è alternativa al venture capital e all’angel investing, ma li integra in un’unica supply chain del capitale. I founder più intelligenti non chiedono più “posso raccogliere dal crowd?”, ma “in che punto del round ha senso attivare la community o il mio network per validare, accelerare e comunicare?”. Perché si sa, il “capitale di comunità” non è solo denaro ma è leva, è prova, è velocità.

ECSP: la discontinuità che rende le piattaforme infrastrutture

La discontinuità europea ha un nome e un cognome ed è Regolamento Europeo ECSP. Più trasparenza, più requisiti di idoneità dell’investitore, onboarding più rigido e documentato, product governance, controlli sui materiali informativi e passaporto europeo per le raccolte transfrontaliere. Tradotto in pratica significa meno “offerta generalista” e più processi professionali. Dunque, le piattaforme non sono più (solo) marketplace, ma abilitatori sia regolamentari che tecnologici che offrono appunto infrastruttura, compliance, gestione della cap table, post-campagna e soprattutto la possibilità di raccogliere denaro da una moltitudine di soggetti.

Questa nuova prospettiva ha fatto in modo che le piattaforme si stiano differenziando, da chi utilizza un modello Platform as a Service o white-label per abilitare la raccolta online a club di investitori, aziende, acceleratori e in generale imprenditori; club deal privati o semi-pubblici per attirare investitori professionali e retail; finestre per raccolte in “secondario” da parte di scaleup già VC-backed.

Strategia, non lancio: come si progetta un round blended

Tutto ciò ha fatto si che sia le home dei portali che i round su di esse cambiassero pelle. Oggi non si “lancia su un portale”, si disegna una strategia che comprende una parte di raccolta tramite un portale, ad esempio: lead (VC/angel), tranche retail qualificata, apertura alla community clienti/utenti e chiusura su target istituzionale, mantenendo pricing, tempistiche e disclosure sotto controllo, come fosse una quotazione in borsa. Una forma di raccolta capitali “blended” ossia contenente tutta una serie di sorgenti e di modalità.

Usa: maturità del canale e nuovi prodotti

Se vogliamo capire dove porta questa evoluzione, guardiamo (come sempre direi in tema di Venture Capital) gli Stati Uniti, dove il crowdfunding regolamentato ha fatto un salto di scala che in Europa stiamo solo iniziando a vedere. Nei primi mesi del 2025, i report di Kingscrowd.com fotografano un mercato robusto, dove nonostante un febbraio più cauto (anche per temi contingenti alle dinamiche macroeconomiche e politice – vedi annuncio dei Dazi), marzo rimbalza con decisione (volumi in forte crescita rispetto al mese precedente) e aprile chiude in sprint (anche per lo storico effetto delle scadenze SEC) con Wefunder (uno dei tre portali leader) oltre ~17 milioni di dollari sottoscritti da ~11.000 investitori nel mese e StartEngine (un altro dei tre portali leader) sopra ~9 milioni. In parallelo, Crowdfund Capital Advisors segnala un pattern ormai maturo rappresentato da alcuni eventi e relative reazioni degli investitori: shock macro (es. annuncio dei nuovi dazi USA ad aprile), raffreddamento immediato di afflussi e lanci, rimbalzo nel giro di poche settimane, quando lo scenario si chiarisce. In altre parole, gli analisti finanziari potrebbero definirlo come un canale che sente il ciclo nel brevissimo, ma tiene sul trimestre. E noi lo avevamo visto benissimo appena era scoppiata la pandemia nel 2020.

Dunque negli USA, già da tempo, l’equity crowdfunding non è “la piazza” ma l’infrastruttura che si accende nel punto giusto del round e a riprova di ciò lo conferma anche l’ecosistema che gravita attorno ai top player:

  • Y Combinator ha una sezione dedicata su Wefunder (e Wefunder è esso stesso tra gli alumni YC): segnale fortissimo di integrazione fra accelerazione top-tier e binari regolamentati di raccolta.
  • Republic sta spingendo molto sulla tokenizzazione e sulla differenziazione di prodotto: oltre a Republic Note e alle linee crypto/RWA, ha lanciato operazioni innovative come RepublicX e strumenti “mirror” come l’rSPAX Mirror Note che riflette la performance di un campione industriale come SpaceX. È la prova che le piattaforme si stanno comportando da vere e proprie piattaforme fintech grazie all’infrastruttura per investire in economia reale ed innovazione, nuove classi di prodotto, nuove regole di accesso, nuova user experience per investitori diversi e non necessariamente retail.

Morale, il canale è maturo, selettivo e orchestrato, ed è esattamente la traiettoria che l’Europa sta prendendo, con l’ECSP come acceleratore e la domanda di mercato, dopo gli alti e i bassi che si sta affermando.

Europa 2025: qualità e capitali in crescita

Nel primo semestre 2025 (H1) l’European Equity Crowdfunding Landscape ha rilevato €157 milioni raccolti in 202 campagne pubbliche in Europa, con round medio a €778k, mediano a €530k, circa 40 mila investitori attivati ed una valutazione pre-money media intorno ai €10 milioni (mediana €5,6 milioni). Nel 2024 l’anno si era chiuso a €249 milioni su 319 campagne. Se proiettassimo l’H1, il 2025 potrebbe chiudere a ~€314 milioni e ~404 campagne: +26% di capitale e +27% di operazioni rispetto al 2024. Numeri che dicono una cosa semplice, meno rumore e più sostanza.

La Francia guida l’Europa nell’H1 con €60,6M, grazie a una pipeline di operazioni solide e in larga parte “franco-centriche”; Italia è seconda con €24M; seguono Paesi Bassi (€18,4M), Spagna (€15M) e Irlanda (€7,9M). A livello di piattaforme, la fotografia H1 vede SoWeFund (piattaforma francese), Crowdcube, Tudigo (piattaforma francese), Capital Cell e Invesdor nelle prime posizioni per capitali raccolti. E dato che ci interessa da vicino tra i portali europei Mamacrowd è oggi nella top-10 H1 e CrowdFundMe 10ª, i due principali operatori italiani dentro il ranking continentale. Anche questo è un segnale del cambio di fase.

Sul mix settoriale, l’H1 2025 ha confermato le Life Sciences come primo comparto per capitali raccolti (€40,7M) seguita da Tech (AI compresa) a €31,5M, Food & Agriculture a €29,9M, poi Smart City (€13,9M) e Lifestyle (€11,3M). Da notare la stabilità del Tech e un raffreddamento di Food & Agriculture in Q2 rispetto a Q1, coerente con l’andamento europeo degli investimenti early-stage nel settore.

E le singole campagne? La top-5 H1 per capitali raccolti è indicativa del salto di qualità: Spareka startup di economia circolare ha raccolto €4,98M da 3.526 investitori su SoWeFund, PLD Space spacetech ne ha raccolti €3,72M su Sego Finance, Mosa Meat startup foodtech con angel di grande spessore già a bordo ha raccolto €3,71M da 1.644 investitori su Crowdcube, Kipster agritech invece ne ha raccolti €3,70M da 1.373 investitori su Invesdor ed infine Wandercraft healthtech ne ha raccolti €3,60M su Tudigo. Settori seri, dossier complessi e community che risponde. Una ulteriore riprova che il mercato premia qualità e narrativa industriale, non lo storytelling vuoto.

Stagionalità e “punto di accensione” della community

Dentro l’H1 si notano pattern interessanti. La Francia sostanzialmente stabile sui due trimestri (Q1 €30,6M; Q2 €30,0M), segno di una pipeline che scorre con continuità, trainata da piattaforme domestiche e da un ecosistema VC che usa la componente retail come leva. L’Italia invece ha fatto un ottimo Q1 (€18,9M) e un Q2 più morbido (€5,1M), segno di una “stagionalità classica”, ma anche composizione diversa dei round (più campagne in chiusura nel primo trimestre, più preparazione nel secondo). Spagna e Irlanda mostrano un trend decrescente in Q2, coerente con la pausa estiva anticipata e con un set-up di round che punta a riaccendersi tra settembre e novembre.

La lettura operativa è sempre la stessa, il canale funziona meglio quando la community si accende nel punto giusto della sequenza, con un lead chiaro, un pricing coerente (dicesi valutazione pre-money in linea con il mercato)e milestone ben definite tra “minimo” e “massimo” di raccolta. I round che vanno veloci in Q1 (o a fine Q2) sono quasi sempre quelli progettati all’interno di una strategia di raccolta complessiva; quelli che arrancano sono spesso “lanciati”.

Italia: meno rumore, round più forti

L’Italia 2025 sta facendo una cosa che nel 2021 (anno record per la raccolta nel segmento) non riusciva, ossia alzare la qualità media e mettere a terra round di maggiore interesse. Nel Q1 abbiamo misurato €18,5M su 30 campagne pubbliche (media ~€630k), con Mamacrowd oltre €10M e CrowdFundMe attorno a €5M; in H1 chiudiamo a €24M, “starter più forte + consolidamento, dinamica che, lato operatori, ha un nome, che significa pipeline ordinata. Il fatto che Mamacrowd sia e CrowdFundMe 10ª nella classifica europea H1 per capitali raccolti racconta un’evoluzione vera. Meno listing, più curatela; meno “tutto per tutti”, più verticalità, più integrazione con angel club e VC domestici, o meglio all’interno della “supply chain” del capitale.

Formati in evoluzione: club, community funding e retail allineato

Sul fronte formati, vediamo anche in Italia:

  • Club di angels che usano i portali come launchpad compliance per sindacare le operazioni, con ticket sia da professionali che da retail e governance adeguata.
  • Community funding per startup in fase avanzata che monetizzano la fedeltà della user base (clienti utenti che diventano soci), utilissimo per traction, advocacy, fedeltà e brand equity misurabile.
  • Round blended con VC/angels + retail che no, non “si canibalizzano” ma bensì si rafforzano specie se il retail entra alle stesse condizioni e magari all’interno di un veicolo dedicato.

Piattaforme fintech: tokenizzazione e secondario

La nuova frontiera è e rimane la differenziazione, e infatti le piattaforme stanno diventando fintech a tutti gli effetti. Offrono prodotti diversi per investitori diversi, compliance modulare, motori di onboarding/documentazione e strumenti per il post-investimento per fornire sempre più informazioni e maggiore trasparenza a chi investe. In USA Republic sta spingendo su tokenizzazione ed ha recentemente lanciato operazioni come RepublicX e la rSPAX Mirror Note collegata alla performance di SpaceX, strumenti che portano l’investitore retail vicino ad asset prima irraggiungibili, con paletti e disclosure adeguati. In Europa, le finestre late-stage con opportunità di acquisto di quota in mercato secondario iniziano a comparire con sempre maggior frequenza dal recentissimo caso Bolt su Crowdcube, a Vestiaire Collective sempre su Crowdcube lo scorso anno, fino a Klarna su SeedBlink (prima dell’IPO). Da questa prospettiva si sta consolidando un principio, democratizzazione non significa “apertura indiscriminata”, significa accesso disciplinato a operazioni di alto profilo, con informazioni, soglie e regole allineate agli standard professionali, che prima non erano disponibili ma nemmeno possibili. Per me questo sarà un grande scenario nei mesi/anni a venire.

Casi esemplari e narrativa industriale

I casi Substack e Phatom.AI negli Stati Uniti (community potenti + finestra retail su piattaforme leader) hanno dimostrato come un brand riconosciuto con base utenti attiva possa trasformare una raccolta di crowdfunding in marketing performante e validazione di prodotto in tempo reale. In Italia tra le esperienze più piccole ma ben orchestrate possiamo citare la recente campagna di Wayla. Operazioni come questa vanno nella stessa direzione di quelle precedentemente citate, ossia, community prima, prodotto e KPI al centro, fundraising come effetto di una strategia, non come scopo.

E poi ovviamente ci sono le storie che alimentano l’immaginario, su tutte quella di Revolut, che con l’attuale valutazione stimata oltre $75 miliardi, ha reso (almeno “sulla carta”) molto felici tanti di quei 433 crowdfunder entrati nel primissimo round su Crowdcube. Un caso studio che ovviamente non rappresenta una garanzia di nulla per il futuro, ma è il promemoria di perché questo canale esista e possa continuare a svilupparsi.

UK, Germania, Francia: tre traiettorie, una convergenza

Nel Regno Unito (dove il crowdfunding è nato prima) mercato da sempre migliore in Europa seppur al di fuori dell’ECSP, diversi osservatori hanno parlato rispetto all’attuale situazione di mercato come di un limbo del vecchio modello che effettivamente aveva perso spinta anche lì. Oggi il mercato UK sta riallineando incentivi, trasparenza e fair value con norme come il Consumer Duty, spingendo verso la versione infrastrutturale che stiamo descrivendo. La Francia corre in avanti con piattaforme domestiche molto forti e un ecosistema VC che usa bene la componente retail. La Germania resta un caso “a sé”: i due principali player storici dell’equity locale operano ancora in deroga al perimetro ECSP, ma i grandi operatori internazionali (Crowdcube, Republic, Invesdor, SeedBlink, Capital Cell) stanno entrando e quindi il rischio competitivo costringerà tutti ad armonizzarsi.

Perché questa evoluzione conviene all’Europa (e all’Italia)

Perché disinnesca due problemi cronici del nostro ecosistema: (1) la scarsità di late-stage capital e (2) la debolezza del “go-to-market finanziario”. Un canale retail orchestrato può:

  • Completare round con segnali forti (community attiva, pre-ordini, advocacy), migliorando termini e velocità di chiusura.
  • Ridurre il rischio percepito dagli istituzionali rispetto allo strumento che porterà sempre più dal “crowd vs VC” al più funzionale VC + crowd.
  • Creare una base di investitori domestica in settori strategici (AI, climatetech, medtech), utile anche in chiave industriale e di policy.
  • Aprire spazio al secondario per allineare incentivi lungo la vita della società (dipendenti, early angel, micro-liquidità parziale), evitando la forzatura “IPO o M&A – difficile in Europa – o niente”.

L’Italia, in tutto questo, ha un vantaggio inatteso che potremmo definire come disciplina. Stiamo “imparando” a lanciare meno operazioni mirate e meglio progettate. Il Q1 forte e l’H1 solido, la presenza di Mamacrowd e CrowdFundMe nella top-10 europea nonostante la non attività a livello extra-italico, l’uso crescente del canale da parte di club di angels e VC e Acceleratori, dicono che siamo passati dal “ci proviamo” al “lo orchestriamo” e lo sfruttiamo al massimo.

Il vecchio è morto, il nuovo è già qui (e corre)

Se dovessi riassumere in una riga: l’equity crowdfunding (vecchia maniera) è finito; il nuovo digital fundraising/community investing è sta diventando un’infrastruttura del venture capital. Negli USA lo vediamo nei numeri e nei prodotti (Y Combinator su Wefunder; Republic che spinge tokenizzazione e asset innovativi come l’rSPAX Mirror Note su SpaceX); in Europa lo misuriamo nei €157M H1, nei round medi in crescita, nelle pipeline più curate, nelle piattaforme che diventano piattaforme fintech vere e proprie.

I giochi non sono chiusi, gli USA sono avanti per scala e velocità, ma l’Europa grazie alla regolamentazione europea ed un tessuto di operatori ormai maturi ha tutte le condizioni per colmare la distanza (forse devono solo aggregarsi un po’ operatori dato che in Europa quelli attivi sono circa 30 mentre negli USA i principali sono meno di 10). A patto di ricordarci, come dico spesso ai founder non “lanciate su una piattaforma” ma disegnate una strategia che ne preveda l’utilizzo.

La community è la regina non perché converte in fretta, ma perché incrementa il valore dell’azienda ben oltre la chiusura del round, divenendone un vero e proprio asset strategico. E in un mercato che premia validazione e velocità, è esattamente ciò che serve per trasformare una raccolta di capitali in crescita.

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