Nel 2017, Stephen Hawking lanciò un allarme preoccupante al Web Summit sulle tecnologie di Lisbona, affermando che l’AI potrebbe distruggere la nostra società. Un timore senz’altro ancora attuale, ma è necessario considerare che la stessa paura ha sempre accompagnato l’avvento di ogni tecnologia nella cultura e società umana.
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L’AI come companion del designer, non come sostituto
E come già accaduto innumerevoli volte negli anni passati, le nuove tecnologie nel tempo dimostrano di essere ottimi strumenti complementari alle professioni umane.
Ciò vale anche con l’applicazione dell’AI nel mondo del design: essa può infatti essere utilizzata come uno strumento per ottimizzare, efficientare e creare nuovi spazi per la parte creativa del design. In ultima istanza è il pensiero umano a trarne il maggiore beneficio, grazie al maggiore tempo a disposizione, concesso proprio dall’automazione dei task più ripetitivi e “standard”, l’AI si pone così come un “companion”, o un agente: affianca la professione del designer, non la cancella in toto. In questo modo il futuro del design non è minacciato, ma ampliato e il ruolo del designer si modifica dall’essere semplice utilizzatore di strumenti digitali a interprete critico e responsabile delle tecnologie emergenti: un professionista capace di integrare creatività e visione sistemica, e immaginare scenari dove uomo e macchina co-progettano i mondi che verranno.
Nuove professioni emergenti nel mercato del design
Alla luce della rivoluzione tecnologica in cui siamo immersi, quali sono oggi i reali sbocchi lavorativi per chi studia design?
Stiamo assistendo a un incremento sempre maggiore di job title emergenti, che iniziano ad avere reale spazio nel mercato (generando quindi vere assunzioni). Infatti, diverse aziende sono già alla ricerca di persone in possesso di competenze che ampliano e potenziano il ruolo tradizionale del designer, proprio in virtù dei cambiamenti epocali portati dall’AI e da altre tecnologie emergenti: la domanda di tali professioni era inimmaginabile fino a pochi anni fa, ma oggi vediamo aprirsi spazi sempre più ampi.
Figure ibride tra creatività, tecnologia ed etica
Molte di queste figure ibride tra design, tecnologia, data science, filosofia (e molti altri settori) sono state elencate nel Future of Job Report 2025, come ad esempio:
- AI UX Designer: chi progetta interfacce e esperienze utente con l’AI;
- AI UX Researcher: chi studia come le persone interagiscono con sistemi AI;
- MR / Immersive Designer: chi crea esperienze in realtà mista e immersiva;
- Virtual Designer: chi progetta ambienti e prodotti in mondi virtuali;
- Creative Technologist: chi unisce creatività e tecnologia per soluzioni innovative;
- Ethical Designer: chi sviluppa regole e strategie per l’uso etico e sociale delle tecnologie.
La responsabilità etica nell’uso dell’intelligenza artificiale
Come tutte le tecnologie, l’AI mette gli esseri umani di fronte a un enorme potenziale, ma anche una serie di limiti e barriere non indifferenti: potrebbe essere sviluppata sia nel modo più consapevole possibile, sia senza alcuna linea guida etica. E proprio questo tema potrebbe risultare in una nuova linea professionale per i designer: come ridurre gli impatti negativi dell’AI e come utilizzarla in modo consapevole e critico, arginando il rischio che sostituisca il pensiero e aiutando a strutturare un modo migliore per progettarla.
Competenze umane insostituibili: pensiero critico e craft
Niente paura: alcune competenze nel mercato del design non solo restano insostituibili, ma anzi sono sempre più richieste. Il designer è colui che sa osservare ciò che non è apparente, sa dare un senso attraverso il pensiero critico (ciò che viene chiamato sensemaking), e possiede l’abilità di trasformare l’intangibile in qualcosa di utilizzabile (il cosiddetto craft).
E il nodo cruciale sta proprio nel fatto che la tecnologia non sostituisce il pensiero: noi umani possiamo immaginare l’impatto sistemico (positivo e negativo) di ciò che creiamo, possiamo ipotizzare dei futuri possibili e le relative conseguenze, possiamo mettere tutto in discussione. Le macchine invece no. Ma ironicamente i sistemi di AI ci stanno portando verso una strada in cui queste capacità intrinsecamente umane sono sempre più ridotte! Per superare questo ostacolo che incombe sul futuro, l’unica risposta è la formazione: il digitale deve diventare cultura.
Il digitale come cultura e nuova frontiera del design
Preparare i designer del futuro significa andare oltre le competenze tecniche. Se il digitale è ormai cultura, va insegnato come parte integrante della società, con attenzione a sostenibilità, etica e interconnessioni sistemiche. Sarà dunque sempre più necessario inserire nella formazione del design elementi di comprensione della cultura digitale, di pensiero critico, di conoscenza dei sistemi, di immaginare diversi futuri e creare nuovi mondi (l’abilità di worldmaking). Ed è fondamentale che si alleni il “saper fare”, per imparare a sfruttare le tecnologie a disposizione per realizzare qualcosa di utilizzabile.
Se oggi parliamo di design digitale, non possiamo più limitarci a immaginare lo schermo come unico punto di contatto: la vera sfida è ripensare in toto la relazione uomo-tecnologia, in un’ottica di realtà fisico-digitali sempre più integrate, sostenibili, etiche e sistemiche. Gli schermi esistono ancora, ma fino a quando? E soprattutto, come progetteremo i prodotti del futuro, capaci non solo di semplificare la vita quotidiana, ma anche di curare malattie, potenziare l’essere umano e l’ambiente, dando senso alle tecnologie e alla realtà stessa?
Apprendimento continuo e futuro del design
In questo scenario diventa centrale il concetto di Life Long Learning, non più soltanto come adattamento, bensì come scelta continua di aggiornamento e arricchimento del proprio bagaglio di competenze. Esistono oggi moltissimi corsi brevi, ma pochi capaci di collegare davvero gli elementi fra loro, e ancor meno figure professionali che sappiano trasmettere queste conoscenze all’interno del processo di progettazione. È su questa “integrazione intelligente” che si deve lavorare anche in classe e sicuramente è necessario partire dal possedere una base di linguaggio di programmazione e comprensione delle tecnologie esistenti per dare un senso a ciò che progettiamo e al modo in cui vivremo il digitale.
Si tratta di una sfida importante, ma è la strada giusta da intraprendere per rendere possibili gli scenari futuri migliori e i designer, con la loro abilità di worldmaking, sono chiamati proprio a rendere tutto ciò possibile.











