Il disegno di legge annuale sulle PMI approvato ieri in Senato (e ora in attesa del passaggio alla Camera) negli articoli sulle recensioni online ha subito alcune modifiche sostanziali rispetto alla proposta iniziale presentata dal Governo lo scorso dicembre.
Il testo, che attua in parte la Direttiva Omnibus europea n. 2019/2161 per regolamentare le recensioni online nel settore turistico e della ristorazione, contro la piaga delle recensioni false (spesso pagate dalla struttura o dai concorrenti), mostra un cambio di strategia.
Indice degli argomenti
Legge sulle recensioni online in pochi punti (testo approvato al Senato)
La norma riguarda solo le recensioni “turistiche”:
- strutture ricettive, termali e ristorative;
- servizi turistici e attrazioni sul territorio italiano.
Recensioni considerate “illecite”
Saranno da eliminare — su richiesta delle strutture interessate, con sanzioni per le piattaforme che non lo fanno — le recensioni:
- pubblicate oltre 30 giorni dopo la fruizione;
- vecchie più di due anni;
- scritte da chi non ha effettivamente usufruito del servizio;
- non pertinenti al tipo di prodotto o struttura;
- comprate o incentivate con sconti, benefici o altre utilità.
Per le recensioni indicate come verificate serve una prova fiscale d’acquisto del prodotto/servizio.
Redazione
Recensioni online, la legge italiana dopo il Senato: via l’obbligo di identificazione
Una modifica sostanziale è evidenziata nell’articolo 13 del testo approvato e che dovrà essere discusso alla Camera. Il testo originale del Governo stabiliva chiaramente che “il consumatore che dimostra la propria identità e l’effettivo utilizzo di un servizio” poteva rilasciare una recensione.
Una formulazione che aveva sollevato immediate preoccupazioni sulla compatibilità con il GDPR e sulla possibile creazione di database centralizzati di identità digitali, con tutti i rischi connessi in termini di protezione dei dati personali e potenziali abusi.
Il testo approvato dalla Commissione elimina completamente ogni riferimento alla dimostrazione dell’identità, sostituendolo con una formula più leggera.
La recensione è infatti lecita se rilasciata da chi ha effettivamente e personalmente utilizzato i servizi o le prestazioni. Lo spostamento è sottile ma cruciale, non presupponendo l’utilizzo di documenti, SPID o altri sistemi di autenticazione, ma solo l’effettivo utilizzo del servizio, evitando alle piattaforme di dover implementare sistemi complessi di verifica dell’identità e tutela la privacy degli utenti.
Badge “verificato” e responsabilità giuridica delle piattaforme
Al di là della questione dell’identificazione il vero cambio di paradigma introdotto dalla Commissione si trova nelle maglie dell’articolo 13 che aggiunge una disposizione non presente nel testo del Governo: “È illecita la recensione online attestata come verificata ove non proveniente da persona fisica che abbia effettivamente utilizzato il servizio o la prestazione”.
Tradotto dal legale, questo significa che se una piattaforma appone il badge “Acquisto verificato” o “Recensione verificata” su una recensione non veritiera, quella recensione diventa automaticamente illecita e la piattaforma può essere sanzionata.
Ciò significa che i vari badge di “Acquisto verificato“, “Soggiorno verificato” o “Esperienza verificata” da semplici elementi di trasparenza volontaria diventano ora atti con valore giuridico per il quale la piattaforma si assume una responsabilità diretta.
Se il badge attesta il falso, la piattaforma rende illecita quella recensione e potrebbe essere sanzionata dall’AGCM per pratica commerciale scorretta ai sensi del Codice del Consumo, con sanzioni che possono arrivare fino a 10 milioni di euro o fino al 10% del fatturato nei casi più gravi.
È uno spostamento dell’onere di enorme portata. Dal singolo utente che deve dimostrare un dato evento (di acquisto o di esperienza), alla piattaforma che, se certifica qualcosa, deve garantirne la veridicità. Un meccanismo che responsabilizza le grandi piattaforme tecnologiche e le costringe, laddove vogliano continuare a fregiarsi del badge, di investire in sistemi di verifica robusti.
Recensioni online, cosa cambia per Google, TripAdvisor, Trustpilot e le altre piattaforme con la legge italiana
Le principali piattaforme di recensioni dovranno ora fare scelte strategiche importanti, perché la nuova normativa le mette di fronte a un bivio. TripAdvisor, che attualmente non ha un sistema di verifica sistematica degli acquisti e permette a chiunque di recensire qualsiasi hotel o ristorante senza dimostrare di esserci stato, potrà continuare a non verificare, ma le recensioni non potranno portare badge “verificato”. Se invece vorrà introdurre un sistema di certificazione, dovrà implementare controlli effettivi attraverso integrazioni con sistemi di prenotazione, caricamento di documenti fiscali o altri meccanismi affidabili. Le recensioni non verificate resteranno comunque lecite se rispetteranno gli altri requisiti previsti dalla normativa.
Trustpilot, che già dispone di un sistema di “Esperienza verificata” basato su inviti automatici post-acquisto, si trova in una posizione intermedia: dovrà dimostrare che ogni badge “verificato” è supportato da prove effettive, implementare controlli anti-frode più stringenti e documentare accuratamente il processo di verifica per eventuali controlli dell’AGCM. Google Reviews, dal canto suo, non verifica sistematicamente gli acquisti per ristoranti e attività locali, e dovrà decidere se introdurre un sistema di verifica con badge per il settore turistico e della ristorazione, magari integrando Google Maps con Google Pay per verificare automaticamente i pagamenti presso le attività, oppure lasciare le recensioni come non verificate.
Portali come Booking.com e The Fork si trovano invece in una posizione di vantaggio competitivo. Gestendo già direttamente le prenotazioni, potranno facilmente verificare chi ha effettivamente soggiornato o cenato, in compliance diretta con quanto previsto dalla norma in discussione.
Più tempo per recensire e lo scontrino come prova
Il testo della Commissione introduce anche altre modifiche pratiche di rilievo. Il termine per pubblicare una recensione passa da 15 a 30 giorni dalla fruizione del servizio, una scelta più ragionevole che tiene conto delle esigenze reali dei consumatori, che non sempre hanno il tempo o la voglia di recensire immediatamente dopo aver cenato o soggiornato. Superato questo termine di trenta giorni, però, la recensione diventa automaticamente illecita, indipendentemente dal suo contenuto o dalla sua veridicità.
No regali
Parallelamente, il testo stabilisce che una recensione è illecita se è “il frutto della dazione o della promessa di sconti, benefici o altra utilità da parte del fornitore o dei suoi intermediari”. Questo divieto rende illegittime pratiche diffuse come gli sconti condizionati alla pubblicazione di recensioni positive o la promessa di benefit futuri in cambio di valutazioni favorevoli.
Scontrino fiscale
Viene inoltre introdotto un meccanismo alternativo alla verifica della piattaforma, cioè la presunzione di autenticità basata sulla documentazione fiscale. L’articolo 13 stabilisce che “si presume autentica la recensione online corredata di evidenze del rilascio di documentazione fiscale”. In pratica, se si allega lo scontrino, la ricevuta o la fattura, si presume che sia stato effettivamente usufruito del servizio.
Questo meccanismo, per quanto elegante sul piano teorico, solleva questioni tecniche enormi. Come si carica uno scontrino su TripAdvisor o Google Reviews? Le piattaforme dovranno creare interfacce dedicate per l’upload di documenti fiscali, implementare sistemi di OCR per estrarre i dati rilevanti, garantire l’anonimizzazione automatica di eventuali dati sensibili presenti sullo scontrino, e validare in qualche modo l’autenticità del documento oppure rinunciare all’utilizzo del badge di verifica, con impatti significativi sui core business aziendali.
Limite di due anni per lasciare una recensione
Il limite temporale di due anni per la validità delle recensioni era già presente nel testo originale del Governo ed è stato sostanzialmente confermato.
Entrambi i testi prevedono che le recensioni diventino automaticamente illecite dopo due anni dalla pubblicazione “in ragione della significativa mancanza di attualità”. L’imprenditore può richiederne la cancellazione senza dover dimostrare alcun miglioramento, bastando il solo decorso del tempo a renderle obsolete per legge.
Rimane insomma il punto centrale che dopo ventiquattro mesi la cancellazione diventa un diritto automatico.
Questo aspetto resta uno dei più controversi dell’intera normativa. Da un lato, si può argomentare che un’attività che ha investito nel miglioramento dei propri servizi non dovrebbe essere penalizzata indefinitamente da recensioni relative a problemi ormai risolti. Dall’altro, c’è il rischio concreto che attività poco virtuose possano semplicemente aspettare due anni e far sparire tutte le recensioni negative senza cambiare nulla nella sostanza del servizio offerto.
Episodi gravi come intossicazioni alimentari, truffe, comportamenti discriminatori o altre violazioni serie sparirebbero nel nulla dopo ventiquattro mesi, cancellando la memoria storica che rende affidabili, nel tempo, i sistemi di recensioni.
L’asimmetria del meccanismo è evidente.
Formalmente le recensioni positive vengono cancellate insieme a quelle negative, ma nella pratica un’impresa può selettivamente richiedere la rimozione solo di quelle che le danneggiano, lasciando intatte quelle favorevoli finché la piattaforma non implementa un sistema di pulizia automatica.
Il rischio concreto è che tra qualche anno le piattaforme mostrino solo recensioni recentissime, perdendo quella profondità storica che oggi permette di valutare un’attività nel lungo periodo e distinguere eccellenze consolidate da meteore passeggere.
Via i codici di condotta AGCOM, spazio all’AGCM: linee guida antitrust
Uno dei cambiamenti più significativi sul piano della governance riguarda l’articolo 15, completamente riscritto dalla Commissione in un’ottica di semplificazione e flessibilità. Il testo originale del Governo assegnava all’AGCOM il compito di disciplinare con proprio regolamento l’adozione di codici di condotta da parte delle piattaforme, con un dettagliato elenco di nove misure obbligatorie che spaziavano dalla dimostrazione dell’identità del consumatore alla prevenzione di punteggi ingannevoli, passando per la trasparenza nella gestione e l’individuazione delle attività fraudolente.
Un impianto abbastanza rigido e prescrittivo che avrebbe richiesto alle piattaforme di adeguarsi a regole molto dettagliate, con tutti i costi e le complessità burocratiche del caso.
Il testo approvato dalla Commissione elimina completamente questo approccio e lo sostituisce con un sistema più flessibile centrato sull’AGCM, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Invece di regolamenti vincolanti con misure predefinite, l’AGCM adotterà infatti linee guida che orientino le imprese nell’adozione di accorgimenti idonei ad assicurare il rispetto dei requisiti di liceità delle recensioni. Si passa quindi da un sistema di cosiddetto command and control, con regole dettagliate imposte dall’alto, a uno più temperato di soft law basato su linee guida generali e monitoraggio annuale.
L’AGCM dovrà inoltre svolgere un monitoraggio annuale sull’applicazione della normativa e sul fenomeno delle recensioni illecite, riferendo alle Camere, e stabilire procedure di vigilanza sulla conformità nel rispetto dei princìpi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità.
Il ruolo delle associazioni di categoria nelle segnalazioni
Una vera novità introdotta dalla Commissione è la possibilità per le associazioni rappresentative delle imprese di ottenere lo status di “segnalatori attendibili” ai sensi dell’articolo 22 del Regolamento UE 2022/2065, il Digital Services Act.
Questo meccanismo prevede che organizzazioni con particolare competenza e affidabilità possano segnalare contenuti illeciti alle piattaforme in modo privilegiato, ottenendo risposte prioritarie e più rapide attraverso canali diretti. Per ottenerlo, l’organizzazione deve dimostrare competenza specifica nel settore, indipendenza dai fornitori di piattaforme, accuratezza nelle segnalazioni passate e procedure trasparenti.
Nel settore turistico e della ristorazione, le candidate naturali sono associazioni (come Federalberghi per gli albergatori e Federturismo Confindustria per il turismo). Queste associazioni potrebbero segnalare in modo massivo recensioni sospette, come cluster di recensioni negative simultanee contro un associato o vere e proprie campagne diffamatorie coordinate, ottenendo dalle piattaforme risposte rapide e prioritarie.
Recensioni online, prossimi passi
Il testo uscito dalla Commissione Industria del Senato rappresenta un compromesso pragmatico tra l’ambizione regolamentare del Governo, che puntava a un sistema rigido e prescrittivo, e le esigenze di fattibilità tecnica emerse nel dibattito pubblico e nelle audizioni con gli stakeholder.
Restano però dubbi sull’introduzione del meccanismo dei due anni, che rischia di favorire la ripulitura periodica della reputazione senza reali miglioramenti.
Il testo è stato approvato in prima lettura dall’Aula del Senato ed ora passa alla Camera dei Deputati. Se la Camera lo approverà senza modifiche, diventerà legge definitiva. In caso di emendamenti, tornerà al Senato per la terza lettura. L’approvazione definitiva potrebbe arrivare entro la fine del 2025 o l’inizio del 2026, con un probabile periodo transitorio per l’implementazione da parte delle piattaforme.
Le piattaforme, dal canto loro, hanno la necessità di valutare le proprie opzioni strategiche, come puntare sui badge verificati assumendosi tutti gli oneri e le responsabilità conseguenti, o rinunciare alla certificazione per evitare rischi legali, accettando che le recensioni non certificate potrebbero essere percepite come meno affidabili dagli utenti.










