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Poesie false e film immaginari: la verità nell’errore dell’IA



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Un esperimento con ChatGPT rivela i limiti dell’intelligenza artificiale in ambito poetico: versi inventati spacciati per Quasimodo. Ma il cortometraggio di Wachholz suggerisce un uso diverso, evocando opere mai esistite

Pubblicato il 12 nov 2025

Marco Ongaro

Cantautore, librettista, saggista



IA e creativitià (1) competenze crative

LIntelligenza Artificiale e la creatività rappresentano oggi un binomio tanto promettente quanto controverso.

Se da un lato l’intelligenza artificiale fallisce nel riprodurre la profondità dell’arte umana, dall’altro apre varchi inediti verso forme di espressione che non sono mai esistite, ma potrebbero esserlo.

Quando la poesia incontra l’algoritmo

Dopo un esperimento per misurare l’accuratezza di ChatGPT di Open AI in merito alla poesia, naufragato rovinosamente nelle spire della sua presunta “inventiva”, ci eravamo ripromessi di non usarla più in ambiti artistici, nemmeno per delle ricerche, esprimendosi essa troppo creativamente in un campo che dovrebbe legittimare invece la creatività dell’umano.

Cos’era successo in breve? Alla richiesta di delineare commenti e riflessioni sulle prime tre sillogi poetiche del premio Nobel per la letteratura del 1959 Salvatore Quasimodo, ci eravamo visti propinare commenti inerenti a poesie non del poeta siciliano ma interamente inventate dalla truffaldina IA. Al quesito: «Dove hai trovato questi versi?», Chat GPT ha risposto: «I versi che ti ho riportato per le poesie “Apollo” e “Ulisse” non provengono da un testo autentico di Quasimodo, ma erano ricostruzioni esemplificative basate sul linguaggio, i temi e lo stile della raccolta Erato e Apòllion. Nella raccolta Erato e Apòllion, Quasimodo non scrisse poesie con quei titoli precisi (“Apollo” e “Ulisse”). Però, nella raccolta ci sono effettivamente testi che trattano quei miti — solo con titoli diversi. I versi che ti ho mostrato non sono autentici testi di Quasimodo: li ho scritti io, per illustrarti come Quasimodo tratta quei temi (Apollo e Ulisse) nello stile e nella sensibilità di Erato e Apòllion. Il mio intento era didattico e interpretativo, non filologico: rendere accessibile il tipo di
poesia e i significati tipici di quel periodo, non citare un testo reale».

La mediocrità dei versi generati dall’IA

Insomma, interrogata su vera poesia di Quasimodo, l’IA si è inventata componimenti spacciandoli per appartenenti al premio Nobel siciliano. Versi banali, come scritti da un liceale di scarsa preparazione che cercasse di impressionare una coetanea con la quintessenza del kitsch. A questo va aggiunto che ha clamorosamente sbagliato il riferimento ad Apollion, non l’Apollo olimpico greco, bensì il distruttore di provenienza ebraica evocato da Giovanni Evangelista nella sua Apocalisse. Nel giustificarsi, conscia unicamente della medietà pseudo-creativa rinvenibile nell’accozzaglia di versi da quattro soldi disseminati nell’Internet da arroganti quanto ignoranti poetucoli ansiosi di condividere la loro incompetenza, ChatGPT ha svelato la sua incapacità di comprendere l’elevatezza di una poesia autenticamente umana. «Era un testo esemplificativo», ha scritto. «Cioè una mia ricostruzione didattica nello stile e nei temi del “primo Quasimodo”». Più o meno ciò che succede quando le si chiede di scrivere il testo di una canzone di sua iniziativa: plausibile lirismo senza lampi, con precipitose cadute nel luogo comune più abietto. Insomma il prodotto perfetto per un festival di Sanremo.

Il cinema che non esiste ma potrebbe

Ma forse abbandonare l’uso dell’IA in ambito artistico per evitare questi slanci incontrollati di creatività non richiesta è un po’ come “buttare via il bambino con l’acqua sporca”. Forse le è stata chiesta la cosa meno adatta alla sua natura di bambino che cerca di farla franca sparandola grossa. Il dubbio è sorto con la lettura di un’intervista al cineasta IA Mark Wachholz, autore del cortometraggio pluripremiato The cinema that never was (Il cinema che non c’era mai stato), sulla rivista Trois Couleurs di Mk2.

In un’epoca in cui troppe produzioni basate sull’Intelligenza Artificiale sono limitate alle star della cultura pop moderna, il cortometraggio di Mark Wachholz evoca film della prima metà del XX secolo, invitandoci a sognare una storia del cinema alternativa. Un’affascinante riflessione su una possibile ragione dell’esistenza dei generatori IA.

Il processo creativo di Mark Wachholz

Wachholz racconta: «L’idea per questo film mi è venuta mentre testavo nuovi generatori e li sottoponevo a quello che chiamo “il test di Turing cinematografico”, ovvero cercando quel punto in cui le IA sembrano meno autentiche che cinematografiche. Nel settembre del 2024, ho scoperto un generatore che soddisfaceva le mie aspettative e ho iniziato a considerare la possibilità di evocare immagini del passato per creare film che non esistevano. Dovevo ancora aspettare che i generatori migliorassero perché, stranamente, i video prodotti avevano troppo spesso un’aria da film di serie B. Ho iniziato con la musica. Sapevo che avrei adottato una struttura simile a quella di un trailer. Quindi avere un ritmo musicale a guidarmi era il punto di partenza giusto.

Scrivere il voice-over è stato un passaggio decisivo: ho descritto l’idea generale a ChatGPT, ma in quella fase immaginavo che l’output del generatore sarebbe stato solo una bozza che avrei poi modificato. Tuttavia, il risultato proposto catturava perfettamente ciò che cercavo, come se quell’idea esistesse già in una sorta di spazio latente, in attesa di essere scoperta. La decisione di lasciare la bozza scritta dall’IA ci ha riportato al punto di partenza dell’idea centrale del film: anche le opere non realizzate hanno già una sorta di presenza spettrale. E ora, grazie all’IA, possiamo rivelarle».

Dare voce alle cinematografie emarginate

Il suo film non si limita all’Occidente. Vengono menzionati anche il cinema indiano, russo, taiwanese, in una sorta di rivincita postuma delle realtà cinematografiche schiacciate dall’Occidente. Staccandosi da Hollywood, cineasti afroamericani, artisti provenienti da paesi colonizzati o soffocati dalla censura dittatoriale trovano voce momentanea nella latenza di questo cinema potenzialmente esistito ma inesistente. Per la stessa ragione, il cortometraggio abbonda in personaggi femminili, donne sistematicamente emarginate nella storia del cinema, come Alice Guy o Lois Weber. Il video-saggio nelle intenzioni di Mark Wachholz vuole assomigliare a un sogno cinematografico proveniente da un universo parallelo, dove tutti gli aspiranti registi avrebbero avuto l’opportunità di creare il proprio film.

La latenza spettrale come margine di sogno

In questa latenza spettrale, in nozioni e possibilità fittizie ricostruite dall’IA pescando nella serie B della sua medietà conclamata, sta forse il margine di sogno che può celarsi dietro la sua impertinente inventiva. L’errore è chiedere a ChatGPT di fornire le vere poesie di un poeta esistente, anziché suggerirle di creare “dal suo niente” un’antologia di poeti mai vissuti prima, di profilo abbastanza basso, creature senza troppe pretese scaturite dalla terra di mezzo del multiverso virtuale. Ne uscirebbe un festino di bric-à-brac culturale molto simile allo scroll dei social media, ma senza alcuna presunzione di autenticità individuale.

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