analisi della vittoria

Mamdani sindaco di New York: una strategia digitale efficace



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La vittoria di Zohran Mamdani a sindaco di New York City rappresenta un rinnovamento politico e comunicativo dei tempi digitali. Vediamo perché e che significa anche per l’Europa

Pubblicato il 5 nov 2025

Tania Orrù

Privacy Officer e Consulente Privacy Tuv Italia



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Un giovane democratico-socialista, una metropoli in transizione e una strategia digitale efficace: la vittoria di Zohran Mamdani a sindaco di New York City rappresenta un rinnovamento politico e comunicativo dei tempi digitali.

Vediamo perché.

Back on Fordham Road

Il contesto: New York, una città in evoluzione

Il 4 novembre 2025 la più grande città degli Stati Uniti ha eletto Zohran Mamdani sindaco, segnando vari primati: è il sindaco più giovane da oltre un secolo, il primo musulmano ad assumere quel ruolo nella storia della città e rappresenta una forte apertura generazionale.
Mamdani ha sconfitto nell’elezione generale l’ex governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo (entrato di fatto nella gara come indipendente dopo la sconfitta primaria) e il candidato repubblicano Curtis Sliwa.
Tale risultato assume un rilievo particolare perché arriva in un contesto cittadino caratterizzato da crisi del costo della vita, tensioni sociali, un elettorato che chiede cambiamento e una base demografica sempre più giovane, diversificata e digitale.

Mamdani, cenni biografici e orbitale politico

Zohran Mamdani è nato il 18 ottobre 1991 a Kampala (Uganda), da genitori di origine indiana-asiatica. Si è trasferito negli Stati Uniti all’età di 7 anni e ha vissuto nel quartiere del Queens, a New York. Laureato in Africana Studies presso il Bowdoin College nel 2014.
Prima di candidarsi a sindaco, era membro dell’Assemblea dello Stato di New York per il distretto 36 (Queens) dal 2021.
La sua piattaforma politica lo qualifica come democratico-socialista (ha fatto riferimento alla Democratic Socialists of America) e ha al centro temi quali l’accessibilità economica, l’alloggio, i trasporti pubblici e l’equità sociale.

Il programma: idee chiare e visione progressista

La campagna di Mamdani è stata costruita attorno ad alcuni grandi temi-chiave:

  • abbassare il costo della vita, con particolare attenzione all’affitto, alla spesa alimentare, all’infanzia;
  • investire nel trasporto pubblico e rendere più accessibili i bus della città;
  • sviluppare una politica fiscale che preveda tasse più alte per le fasce più ricche e per le imprese, al fine di finanziare servizi pubblici;
  • comunicazione interculturale e multilingue, per raggiungere comunità spesso marginalizzate nella città di New York.

Questo mix di visione progressista, concretizzazione locale e capacità di parlare a comunità diverse, ha rappresentato un salto rispetto alle campagne tradizionali basate esclusivamente su élite e mezzi convenzionali.

La vittoria a sindaco di New York: il ruolo dei social media e della tecnologia nella vittoria

Uno degli aspetti più significativi della vittoria di Zohran Mamdani è stata la piena padronanza degli strumenti digitali, utilizzati non solo come amplificatori del messaggio politico, ma come architettura organizzativa della campagna stessa. La sua squadra ha adottato una strategia definita flood-the-zone, basata sull’idea di saturare le piattaforme con contenuti coerenti, visivi e narrativi capaci di costruire una presenza costante e riconoscibile. Non si è trattato di una semplice moltiplicazione di post o video, bensì di una narrazione articolata, capace di accompagnare l’elettore lungo un percorso di identificazione e partecipazione: dal like alla donazione, dalla visualizzazione alla militanza.

Particolarmente innovativo è stato l’uso dei chatbot su Instagram, pensati per gestire messaggistica, volontariato e micro-donazioni in modo automatico e personalizzato. Ogni interazione digitale (un commento, una menzione, una risposta a una story) diventava un punto di contatto utile a generare coinvolgimento reale. La tecnologia, in questo senso, ha funzionato come tessuto connettivo della comunità politica, trasformando l’interesse in azione concreta e tracciabile.

Mamdani ha scelto infatti un approccio quasi totalmente organico, evitando la dipendenza da pubblicità a pagamento e puntando invece su uno storytelling coerente e sull’autenticità. I contenuti, girati in prima persona, con linguaggio diretto e formati verticali, hanno saputo sfruttare le regole proprie delle piattaforme, valorizzando l’interazione più che la semplice esposizione. La strategia si è nutrita anche di un tessuto di micro-influencer locali, spesso lontani dal mondo politico, che hanno condiviso e commentato i messaggi del candidato, estendendone la portata in modo spontaneo.

Un tratto distintivo della campagna è stata la sua natura multilingue e multiculturale. I contenuti venivano prodotti direttamente in più lingue (hindi, urdu, bengalese, arabo, spagnolo) e adattati ai codici espressivi delle diverse comunità urbane. Più che tradurre, il team di comunicazione ha scelto di “parlare dal di dentro”, riconoscendo e valorizzando la diversità culturale come elemento identitario della città. È anche grazie a questo approccio inclusivo che Mamdani ha consolidato un consenso trasversale tra le fasce sociali e generazionali spesso escluse dalle dinamiche politiche tradizionali.

Infine, la dimensione digitale non ha sostituito quella fisica: al contrario, l’ha rafforzata. Le piattaforme online hanno permesso di organizzare con precisione eventi sul territorio, campagne di volontariato porta a porta e momenti comunitari che hanno riportato la politica nelle strade. La tecnologia è diventata, in questo senso, uno strumento di mobilitazione civica, capace di integrare la dimensione relazionale con quella algoritmica.

Perché ha funzionato

Il successo di questa impostazione poggia su tre fattori interconnessi.

Il primo riguarda la coerenza tra messaggio e mezzo. Mamdani anziché limitarsi a enunciare principi generali e slogan, ha declinato le sue idee su affitti, trasporti e politiche sociali attraverso formati immediati e riconoscibili: video brevi, dirette informali, grafiche essenziali, un linguaggio accessibile e non mediato. Tutto contribuiva a creare un’identità comunicativa solida, percepita come autentica e coerente. Alcuni analisti hanno definito la sua campagna “una lezione di messaggistica digitale”, sottolineando la capacità di mantenere costanza narrativa e tono umano in ogni canale.

Il secondo fattore è la mobilitazione generazionale. L’elettorato under 40, insieme alle comunità immigrate, ha trovato nella campagna di Mamdani un linguaggio e uno spazio di partecipazione propri. I social media, per molti di loro, sono stati molto più che un canale di informazione, ma una vera e propria arena civica. La partecipazione giovanile è aumentata in modo misurabile e la comunicazione orizzontale, costruita attraverso creator e reti locali, ha prodotto una dinamica di fiducia che le forme tradizionali di propaganda non riescono più a generare.

Il terzo elemento, infine, riguarda la struttura digitale-organizzativa. Comunicare bene non basta: occorre attivare le persone. La campagna ha integrato sistemi di gestione dei contatti, chatbot, moduli di micro-donazione e un coordinamento di volontari altamente digitalizzato. Questo modello ha consentito una raccolta fondi capillare, basata su donazioni minime ma numerose e un’attività territoriale intensa. Gli osservatori hanno stimato che la spesa per il risultato ottenuto sia stata significativamente più bassa rispetto a quella dei principali avversari, segno di una gestione efficiente e data-driven delle risorse (dato confermato anche dal sito della New York City Campaign Finance Board).

In sintesi, la vittoria di Mamdani, oltre ad essere il frutto di un’operazione mediatica ben riuscita, è anche il risultato di un ecosistema politico-digitale coerente, inclusivo e partecipativo. Lì dove altri candidati hanno usato la rete come vetrina, Mamdani l’ha trasformata in infrastruttura di relazione e di mobilitazione, costruendo una nuova grammatica del consenso nell’era digitale.

La Gen Z come nuovo motore politico globale

In termini comunicativi, la campagna di Zohran Mamdani ha fatto leva su un dispositivo doppio: da un lato la scelta strategica dei canali e dei formati digitali, dall’altro la costruzione di un “ecosistema generazionale” che trova perfette analogie nei più recenti movimenti della Generazione Z su scala globale.

Occorre guardare al movimento nepalese del settembre 2025, quale occasione in cui i giovani sono stati protagonisti di una rivolta, fisica e digitale, contro la censura dei social media e la corruzione politica; oltre che agli analoghi e recenti movimenti in altre aree dell’Asia come le Filippine, dove i giovani hanno guidato le proteste contro la corruzione legata ai progetti di ricostruzione post-alluvione. Anche in Indonesia e Thailandia, la Generazione Z ha portato online il dissenso verso le disuguaglianze e le derive autoritarie.

Tutto ciò conferma un tratto comune dei nativi digitali di tutto il mondo: trasformare le piattaforme social in spazi di azione civica, di denuncia e di costruzione collettiva del futuro.

Dalle proteste della GenZ nel mondo, emergono tre elementi che ritroviamo nella comunicazione di Mamdani:

  • il primo, la capacità di usare piattaforme emergenti come spazio di mobilitazione (nel caso del Nepal via Discord, Telegram e hashtag su Instagram);
  • il secondo, la scelta della narrazione peer-to-peer, che riduce la distanza tra chi parla (il candidato) e chi ascolta (la generazione dei nati dopo il 1996), valorizzando micro-interazioni, dirette social, linguaggio informale;
  • il terzo, la visione della partecipazione come pratica «orizzontale», più che come semplice atto elettorale: coinvolgimento, commento, condivisione, attivismo digitale e fisico insieme.

Nel caso di Mamdani, questi elementi si sono tradotti in video verticali pensati per TikTok e Instagram Reels, livestreaming di domande ­e risposte in diretta dagli appartamenti del Queens o da spazi comunitari, e micro-volontariato gestito via chatbot che trasformava i “like” in una tessera mobilitativa tangibile. Lo strumento tecnico (chatbot, CRM, micro-donazioni) ha funzionato come infrastruttura, ma è stata la «disponibilità generazionale» (ovvero la familiarità di questo segmento sociale con modalità di consumo, produzione e partecipazione digitale) a permettere alla comunicazione di diventare vettore di relazione, non solo di informazione.

Sociologicamente, la somiglianza con i movimenti Gen Z internazionali è significativa: i più giovani rivendicano un ruolo attivo nella costruzione del messaggio politico, non si limitano a subirlo. Si tratta di un’interazione forse perfino più forte che in passato con la politica tradizionale. In Nepal, ad esempio, i partecipanti hanno utilizzato chat room Discord come «mini-parlamenti digitali» per decidere nomi, strategie, hashtag e modalità di protesta. Analogamente, la campagna di Mamdani ha saputo creare un “ambiente ibrido” tra social-media e territorio, tra autenticità digitale e presenza reale, abbattendo ciò che per generazioni precedenti era una barriera, e cioè il concetto che la politica venisse da lontano e i cittadini fossero semplici spettatori. Qui, al contrario, la politica assume le forme dell’ecosistema quotidiano dell’elettore.

In questo modo, l’uso dei canali comunicativi si trasforma da strumento di mera diffusione del messaggio a elemento mobilizzativo e culturale. Il giovane elettore non è più solo destinatario, ora è interlocutore. E quando quell’interlocutore sente che il linguaggio, il formato e la piattaforma “sono suoi”, la soglia di partecipazione si abbassa e l’efficacia si innalza.

La campagna, in sintesi, ha utilizzato i social ma rendendoli uno spazio civico, di comunità, di transizione tra engagement digitale e impegno concreto.

Quali insidie e quali nodi restano

Va riconosciuto che la campagna di Mamdani non è stata priva di criticità e di sfide interne. Alcune comunità afro-americane hanno espresso cautela nei confronti della sua piattaforma socialista-progressista, timorose che un’eccessiva radicalità potesse allontanare l’elettorato moderato. Anche il tema della sicurezza pubblica e il rapporto con le forze dell’ordine restano sensibili: da un lato Mamdani ha promesso un approccio riformista e più trasparente, dall’altro ha ribadito la necessità di garantire protezione e fiducia nelle istituzioni.

Tuttavia, più che ostacoli, queste tensioni rappresentano banchi di prova per un modello di governance che punta a coniugare innovazione digitale e coesione sociale. La sfida sarà quella di trasformare la trasparenza e la partecipazione online (elementi centrali della campagna) in strumenti di amministrazione quotidiana: consultazioni pubbliche digitali, processi di data governance aperta, politiche di inclusione fondate sulla misurabilità dei risultati.

Il vero test inizierà il 1° gennaio 2026, quando Mamdani assumerà ufficialmente l’incarico di sindaco di New York. La forza del suo percorso sta proprio nell’avere già costruito un rapporto di fiducia con una comunità giovane, eterogenea e connessa, capace di trasformarsi da base elettorale in laboratorio civico permanente. Se saprà mantenere quella coerenza tra linguaggio digitale e azione amministrativa che lo ha portato alla vittoria, la sua esperienza potrà segnare un precedente positivo per una nuova forma di leadership urbana, aperta, partecipata e orientata ai dati.

Perché questa vittoria è importante anche per l’Italia e l’Europa

La vittoria di Zohran Mamdani offre una lezione anche alle città europee e italiane, dove la comunicazione digitale è spesso trattata come un accessorio e non come parte integrante della strategia politica. La sua campagna dimostra che il digitale può essere infrastruttura di partecipazione, capace di trasformare l’interesse in coinvolgimento attivo.

Per le nuove generazioni (Millennials, Gen Z) la credibilità politica nasce dall’autenticità e dall’interazione continua e non dalla propaganda. Parlare “in codice” ai giovani e alle comunità multiculturali, come Mamdani ha fatto con linguaggi e contenuti inclusivi, è oggi una condizione necessaria per costruire consenso reale.

Anche in Europa, la sfida è spostarsi da una comunicazione di trasmissione a una comunicazione di relazione, capace di unire online e offline, dati e cittadinanza, narrazione e partecipazione. Non servono risorse straordinarie, bastano coerenza, ascolto e la capacità di tradurre la cultura digitale in un linguaggio politico condiviso.

Una politica che guarda avanti

La storia di Zohran Mamdani rappresenta un segnale di cambiamento nella politica contemporanea, poiché dimostra che l’innovazione risiede nella tecnologia ma nella misura in cui si è capaci di usarla per creare fiducia, ascolto e partecipazione.

In un tempo in cui la distanza tra istituzioni e cittadini appare crescente, il percorso di questo giovane sindaco ricorda che il futuro della politica passa dalla capacità di costruire relazioni autentiche, aperte e condivise.

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