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Chi controlla i dati guida il futuro: strategie glocal per la sovranità digitale



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L’Italia rischia di restare spettatrice nell’era dell’intelligenza artificiale. Servono infrastrutture locali, dati curati e competenze diffuse per una vera sovranità digitale

Pubblicato il 14 nov 2025

Roberto Loro

Chief Technology Officer, Dedagroup



sovranita-digitale-agenda-digitale; implementing acts eidas 2.0

L’intelligenza artificiale non è neutra. Tende a polarizzare dove si concentrano calcolo, dati e algoritmi. È un “campo magnetico” che trascina verso pochi hub globali.

Ma l’innovazione che conta non nasce al centro: germoglia nelle zone di confine, dove il contesto è vivo, dove le domande sono urgenti.

Il potere semantico dell’AI e la sovranità digitale

Per questo l’Italia deve scegliere la via della capacità digitale (sovranità dei dati, filiere nazionali, interoperabilità, resilienza): non uno slogan, ma una geografia fatta di infrastrutture di prossimità, dati curati e competenze diffuse.

Per ridurre il rischio di una dipendenza strutturale da modelli e soggetti esteri. È ciò che definiamo AI-Divide: una frattura semantica, prima ancora che tecnologica, tra chi è attore e chi rimane spettatore.

Dati, modelli e potere semantico

L’AI-Divide non è solo una questione di accesso tecnologico, ma di potere semantico: chi controlla i dati e i modelli decide anche il significato delle informazioni. In Italia, solo il 15% delle PMI aveva avviato progetti di IA nel 2022, contro una media europea ben più alta.

Secondo la Strategia italiana per l’intelligenza artificiale 2024–2026, nel 2024 non esiste ancora un dato consolidato, ma il 78,2% delle aziende italiane prevede di adottare tecniche di IA generativa nel breve-medio periodo, soprattutto per assistenti virtuali, ricerca di informazioni, simulazione di scenari e supporto alla creatività.

Questo slancio è promettente, ma il divario resta: il rischio di una dipendenza strutturale da modelli esterni rimane concreto, soprattutto se non si investe in capacità locale e infrastrutture di prossimità.

La sovranità digitale non è un concetto astratto: significa decidere dove risiedono i dati, chi li elabora, con quali modelli e per quali scopi. È una condizione necessaria per la democrazia economica e per la resilienza industriale.

Regole, trasparenza e aderenza ai valori locali

La capacità digitale non si proclama. Si costruisce. Bit dopo bit, nei data center radicati nel territorio. Con la valorizzazione delle competenze di dominio. Con iniziative di co-innovazione che coinvolgano aziende, ricerca e istituzioni.

Significa decidere dove risiedono i dati, chi li elabora, con quali modelli e per quali scopi. Significa garantire che le decisioni automatizzate siano trasparenti, contestualizzate, aderenti ai valori locali e perfettamente integrate nelle normative nazionali ed Europee.

Distribuire intelligenza per creare valore reale

Il potere dell’informazione oggi coincide con la capacità di decidere: distribuire intelligenza significa scegliere consapevolmente dove e come costruire valore reale e industriale.

Intacture: la miniera che diventa fabbrica digitale

Nel cuore delle dolomiti, dentro una miniera, nasce Intacture: un data center che non è solo infrastruttura, ma una mappa di futuro. Immerso nella roccia, alimentato da energia rinnovabile, ad elevata efficienza energetica, progettato per l’intelligenza decentrata.

Un paradigma di prossimità efficiente

Il progetto Intacture rappresenta un paradigma innovativo: un data center immerso nella roccia dolomitica, alimentato da energia rinnovabile, con un PUE tra i più bassi d’Europa. Ma la sua vera forza è l’ecosistema che abilita: un tessuto operativo che unifica DataOps, MLOps e DevSecOps, accelerando la trasformazione da laboratorio a mercato.

Intacture non è solo infrastruttura, è fabbrica digitale: lavora dati, non materie prime, e genera valore industriale con impatto minimo su suolo, traffico e logistica. È un esempio di come l’Italia possa costruire capacità distribuita, integrando competenze locali e modelli aperti.

In un contesto europeo che si muove verso l’edge computing e la decentralizzazione, Intacture dimostra che la prossimità non è vulnerabilità, ma vantaggio competitivo. La distribuzione geografica dei nodi riduce i rischi di guasti centralizzati e migliora la sostenibilità energetica, grazie all’integrazione con reti locali e fonti rinnovabili.

La sua forza non è il cemento, la roccia, ma l’ecosistema che abilita: prossimità con imprese e ricerca, capacità di calcolo efficiente e data residency chiara. È un “acceleratore territoriale” che dimostra come un’Italia distribuita, competente e autonoma sia possibile. Non è scenografia: è mappa.

Un modello glocale per la sovranità tecnologica italiana

Intacture è un esempio concreto di ciò che serve su scala nazionale: infrastrutture distribuite a basso impatto ambientale, piattaforme collaborative, partenariati e competenze.

Un patto glocale per garantire capacità digitale e prossimità alle aziende, alle istituzioni e alla ricerca. Un ecosistema che non rincorre la potenza, ma coltiva la pertinenza.

Reti e politiche industriali coraggiose

Le aziende italiane non hanno le risorse dei giganti digitali. Ma hanno il contesto, la competenza, la capacità di fare rete. E questo può diventare vantaggio competitivo, se supportato da politiche industriali coraggiose.

Pensare glocale

Pensare glocale significa costruire infrastrutture locali integrate in un contesto globale di dialogo, mantenendo controllo, pertinenza e valore sul territorio. Redistribuire l’intelligenza significa non solo adattarsi, ma orientare il cambiamento. E la competenza, oggi, è anche territoriale.

Il futuro digitale dell’Italia è una scelta politica

L’Italia ha le risorse, le idee, il talento. Ma redistribuire l’intelligenza non è un gesto tecnico. È un atto politico. Non per equità astratta, ma per sopravvivenza industriale.
È decidere che il futuro non si compra in cloud, ma si scolpisce nei territori, trasformandoli in infrastruttura.
Che identità vogliamo assumere come Paese e come aziende nel nostro futuro digitale?

È tempo di scegliere chi vogliamo essere nel digitale. E di costruire, insieme, il nostro futuro. Trasformare questa visione in realtà richiede un impegno condiviso tra imprese, ricerca e politica.

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