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Privacy e compliance: la “verticale” che guida le priorità



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La protezione dati personali richiede integrazione tra risk management e funzione privacy. La verticale privacy applica metodologia Enterprise Risk Management alla compliance GDPR, trasformando obblighi normativi in strumento governance. Attraverso heatmap e risk report, identifica priorità aziendali e strategie mitigazione

Pubblicato il 20 nov 2025

Valentina Paduano

Chief Risk, Compliance & Sustainability Officer, Chief Audit Executive at Dedalus Group

Selina Zipponi

Global Data Protection Officer



privacy, G7 Garanti privacy 2024 (1) Verticale sulla privacy

La verticale sulla privacy integra la protezione dei dati nel framework di Enterprise Risk Management, traducendo obblighi GDPR in priorità di business. È il ponte operativo tra DPO e funzione rischi: un linguaggio condiviso che produce heatmap, roadmap e decisioni più rapide.

Verticale sulla privacy: perché integrarla nel risk management

Nel contesto attuale, la protezione dei dati personali si configura come uno degli elementi cardine della compliance aziendale, assumendo un ruolo di primo piano accanto alle altre aree della compliance regolatoria. L’attenzione crescente verso la tutela dei dati non è solo una risposta alle stringenti normative europee, come il GDPR, ma riflette anche una consapevolezza diffusa circa l’importanza strategica di una gestione responsabile delle informazioni. In quest’ottica, il rischio di non conformità alle norme sulla privacy non può più essere considerato marginale, ma deve essere integrato nell’analisi complessiva dei rischi di compliance che ogni organizzazione è chiamata a svolgere.

Approccio risk-based e benefici per il management

Questa integrazione richiede un approccio sinergico e coordinato tra le diverse funzioni aziendali coinvolte. Da un lato, la funzione di risk management, tradizionalmente deputata all’identificazione, valutazione e gestione dei rischi trasversali all’azienda; dall’altro, il Data Protection Officer (DPO) e il dipartimento privacy, portatori di competenze specialistiche in materia di protezione dei dati personali.

Solo attraverso una collaborazione strutturata e un dialogo costante tra questi attori è possibile costruire un sistema di compliance realmente efficace, capace di anticipare le criticità e di rispondere in modo tempestivo alle sfide poste dall’evoluzione normativa e tecnologica.

Governance integrata tra DPO e risk management

Un esempio virtuoso di questa integrazione è rappresentato dalla cosiddetta “verticale sulla privacy”, un risk assessment sulla compliance alla normativa privacy che sfrutta la metodologia del framework di Enterprise Risk Management (ERM).

Si tratta di un esercizio che prevede l’adozione di una metodologia e di un linguaggio condivisi tra le funzioni coinvolte, così da garantire che anche la valutazione e la gestione dei rischi privacy siano pienamente comprensibili e fruibili dal management aziendale.

Questo adattamento comunicativo non è un mero formalismo, ma rappresenta un fattore abilitante per una governance più efficace ed efficiente dei rischi legati alla protezione dei dati personali, favorendo la presa di decisioni informate e la definizione di strategie di gestione del rischio coerenti con gli obiettivi aziendali.

Verticale sulla privacy nella metodologia ERM

In primo luogo, è fondamentale distinguere la valutazione di impatto privacy (DPIA) prevista dall’art. 35 GDPR dalla verticale sulla privacy descritta dalle autrici. Nel primo caso, infatti, si tratta di una valutazione obbligatoria per legge che deve attuarsi per i trattamenti che presentano rischi elevati per i diritti degli interessati e che è focalizzata, appunto, alla valutazione dei rischi per i diritti e le libertà degli interessati.

Nel secondo caso, invece, si tratta di una valutazione volontaria, focalizzata sul rischio di business o di compliance a cui l’azienda potrebbe essere esposta, in termini di possibili sanzioni, danni reputazionali, inefficienze operative. L’obiettivo è fornire al management una mappa chiara delle priorità e delle strategie di mitigazione, parlando il linguaggio del risk management.

DPIA vs valutazione volontaria

Ma perché serve una “verticale privacy”? Valutare gli aspetti privacy attraverso un approccio risk-based significa ricondurre le esigenze privacy a una metodologia comune che ne facilita la comprensione e la gestione da parte del top management. Le risultanze dell’analisi di rischio sono tipicamente integrate all’interno dei risk report e rappresentate attraverso una heatmap, ovvero una mappatura che rappresenta graficamente criticità e maturità del programma di compliance, consentendo di individuare rapidamente le aree più urgenti su cui intervenire.

Tale approccio aiuta infatti il DPO a definire una roadmap risk-informed, affrontando prima le aree maggiormente esposte a rischio, favorendo decisioni rapide sull’allocazione mirata delle risorse.

Metriche: criticità e maturità del programma

Per impostare la valutazione, il processo parte dalla definizione dell’oggetto, che può essere la realizzazione di un singolo progetto di compliance alla normativa (es. implementazione dei termini di conservazione) o estendersi fino all’intero programma di conformità al GDPR di una società o, addirittura, la compliance globale di un gruppo multinazionale, con considerazione, appunto, anche della normativa extra UE. In secondo luogo, è fondamentale la definizione delle variabili da utilizzare per la valutazione, in coerenza con la metodologia ERM.

Variabili e fattori di contesto

Sul punto, a parere delle autrici è possibile orientarsi attraverso due variabili chiave:
Criticità del tema oggetto di analisi, valutata su una scala di valori (da basso a critico), sul livello di enforcement normativo, l’eventuale impatto reputazionale, la complessità interna, il rischio sanzionatorio, etc.;
Maturità del programma di conformità misurata su una scala di valori (da iniziale a conforme) secondo lo stato di implementazione delle misure GDPR (tra cui la nomina del DPO, la redazione delle informative, il registro trattamenti, l’esistenza di procedure per data breach, la corretta gestione dei diritti degli interessati, la disciplina dei trasferimenti extra UE).

Verticale sulla privacy: dalla heatmap alla roadmap

Tra i fattori esterni e interni da considerare per la valutazione, a parere di chi scrive vanno valorizzati, tra gli altri:
Contesto legislativo, ovvero l’esistenza di normative nazionali, il loro stato di attuazione (ad es. se la normativa è molto datata potrebbe essere modificata e riformata a breve, e quindi tale dato potrebbe essere considerato nella decisione delle priorità), l’esistenza o meno di una autorità di controllo (in alcuni paesi extra UE non è stata ancora istituita); il livello di enforcement, etc.
Complessità organizzativa che deve essere gestita per l’implementazione dei programmi di compliance;
Rischio sanzionatorio, valutato considerando il numero e l’entità di sanzioni irrogate negli ultimi anni dalla stessa autorità per lo stesso tema.

Una volta completata la valutazione, il passo successivo è la definizione di azioni correttive sulle aree risultate a rischio, che spaziano da specifici progetti di compliance, alla formazione del personale, alla revisione di contratti e procedure operative e l’implementazione di sistemi di monitoraggio. L’assessment dovrà essere sottoposto a revisione periodica (almeno annuale) con l’obiettivo di monitorare l’evoluzione dell’esposizione a rischio e l’efficacia delle misure di mitigazione attuate.

In conclusione, la verticale risk sulla privacy è uno strumento strategico per trasformare la compliance da obbligo normativo a leva di governance. Integrare il linguaggio del risk management nei processi di protezione dei dati significa garantire resilienza, ridurre esposizione a sanzioni e rafforzare la fiducia dei diversi stakeholder.

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