La proposta del Consiglio dell’Unione europea (formazione Ambiente) introduce la possibilità di usare crediti internazionali di CO₂ (anidride carbonica o CO2) fino al 5% per conseguire gli obiettivi climatici al 2040, rinviando al 2028 l’entrata in vigore dell’ETS2.
La svolta pragmatica segna il ritorno dei meccanismi di mercato nella strategia europea di decarbonizzazione.
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Decarbonizzazione 2040: la vera svolta sta altrove
Il Consiglio dell’Unione europea, nella formazione “Ambiente”, ha approvato la scorsa settimana la propria posizione sulla proposta di legge climatica che fissa una riduzione del 90% delle emissioni al 2040 (rispetto al 1990).
Non si tratta di una novità: l’obiettivo era già indicato dalla Commissione europea.
La vera svolta sta altrove: l’introduzione della possibilità di utilizzare crediti internazionali di CO₂ fino al 5% per conseguire tale obiettivo oltre ad un ulteriore 5% per i target dei singoli stati membri, insieme al rinvio dell’avvio operativo dell’ETS2 al 2028.
È un segnale politico forte: dopo anni di rigidità normativa, l’Europa apre a un approccio più pragmatico e orientato all’efficienza, proprio mentre la Cop30 di Belém, che in Brasile ha aperto i battenti il 10 novembre fino al 21 novembre 2025, affronta la fase cruciale di implementazione delle regole dell’articolo 6 dell’accordo di Parigi.
Un “tagliando” alla strategia climatica europea
A quasi dieci anni dall’accordo di Parigi, l’Europa si trova di fronte a una revisione necessaria della propria strategia di decarbonizzazione.
Le politiche messe in campo – per quanto ambiziose – hanno generato costi altissimi per tonnellate di CO2 ridotte relativamente modeste.
Lo ha evidenziato in modo inequivocabile lo studio “Zero Carbon Policy Agenda” dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che ha analizzato l’efficienza economica delle principali misure di decarbonizzazione in termini di euro per tonnellata di CO₂ effettivamente ridotta.
I risultati dello studio del Politecnico di Milano
Il risultato è sconcertante: il costo medio supera i 10.000 euro per tonnellata di CO₂, un valore di due ordini di grandezza superiore rispetto ai sistemi di mercato, dove il prezzo della CO₂ – anche nei momenti più alti dell’EU ETS – non ha mai superato i 100 €/ton.
Decarbonizzazione Ue: finora oneri elevati per risultati marginali
Questa sproporzione dimostra che molte politiche europee hanno privilegiato l’imposizione normativa rispetto all’efficienza economica, generando oneri elevati per risultati marginali.
È sempre più chiaro che senza strumenti di mercato, capaci di orientare le risorse dove il costo marginale di abbattimento è più basso, la transizione rischia di diventare insostenibile.
I due elementi chiave della proposta del Consiglio d’Europa
In questo contesto, la proposta del Consiglio introduce due elementi chiave:
- la conferma del target –90 % al 2040, coerente con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050 e di riduzione –55 % al 2030;
- l’apertura all’uso di crediti internazionali di CO₂ fino al 5 %, con un ulteriore margine del 5 % concedibile ai singoli Stati membri.
Si tratta di un cambio di paradigma: da un approccio “chiuso” e autoreferenziale a un modello più interconnesso e flessibile, in cui i meccanismi globali tornano ad avere un ruolo nella strategia europea.
Crediti di carbonio: cosa sono e perché tornano nella policy Ue
Un credito di carbonio rappresenta la riduzione o la rimozione certificata di una tonnellata di CO₂ equivalente.
Questi crediti sono generati da progetti che rispettano rigorosi criteri di misurabilità, verificabilità, permanenza e addizionalità ovvero devono dimostrare che il progetto ed il conseguente beneficio climatico non si sarebbero verificati senza i ricavi da vendita dei crediti di anidride carbonica.
La loro funzione è semplice: spostare risorse finanziarie verso le soluzioni più efficienti, ovunque si trovino nel mondo. È la logica del “a ton is a ton” che ispirò già il Protocollo di Kyoto: conta il risultato, non il luogo in cui si realizza.
La svolta europea sugli strumenti
Progetti naturali (come riforestazione, tutela delle zone umide o agricoltura rigenerativa) e tecnologici (energie rinnovabili, CCS, efficienza energetica, rimozione diretta della CO₂) possono generare crediti validi se conformi agli standard internazionali riconosciuti dallo IETA (International Emission Trading Association).
La svolta europea consiste nel riconoscere che questi strumenti non indeboliscono la politica climatica, ma la rendono più efficiente e sostenibile.
Un mercato ancora piccolo ma destinato a esplodere
Oggi la domanda effettiva di crediti è ancora modesta (meno di 300 milioni di unità l’anno), ma la potenziale domanda – se si considerano tutte le organizzazioni che rendicontano le emissioni al CDP – è oltre 14 volte superiore all’offerta attuale, secondo i dati 2024 della World Bank.
Il prezzo medio, oggi intorno ai 7-8 dollari a tonnellata, è quindi destinato a crescere sensibilmente: le proiezioni per il periodo 2030-2040 stimano valori superiori a 150 dollari.
Per le imprese europee, questo significa che i crediti di qualità saranno pochi, costosi e sempre più strategici.
Chi saprà assicurarseli in anticipo – attraverso progetti proprietari o partnership con fornitori di carbon removal (rimozione di anidride carbonica) – avrà un vantaggio competitivo concreto.
ETS2 rinviato al 2028: pragmatismo o freno
Il nuovo sistema ETS2, che dovrà coprire le emissioni di CO₂, derivanti da utilizzo combustibili nei settori edilizia e trasporti, vedrà la luce un anno più tardi del previsto, nel 2028.
Una scelta dettata da due fattori principali:
- la preoccupazione per gli impatti sui costi energetici e di mobilità, in particolare per famiglie e PMI;
- l’intenzione di evitare che l’ETS2 si trasformi in una “carbon tax mascherata”, mantenendo invece la sua natura di strumento di mercato.
Il rinvio non è quindi un passo indietro, ma un aggiustamento strategico per garantire una transizione più graduale e socialmente sostenibile.
Cop30 di Belém: la decarbonizzazione Ue alla prova dei fatti
In parallelo, la COP30 di Belém in Brasile affronta la fase decisiva dell’implementazione dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, che regola i meccanismi di cooperazione e i mercati internazionali del carbonio.
Dopo la ratifica a Baku (COP29), la conferenza brasiliana dovrà definire le regole operative che permetteranno lo scambio effettivo di crediti tra Paesi.
Per l’Unione europea, che si avvia a riconoscere la possibilità di utilizzare tali crediti per i propri obiettivi, si tratta di un banco di prova cruciale: passare dalle parole alla coerenza operativa.
Se l’Europa saprà allineare la propria ambizione climatica con la logica dei mercati globali, potrà rafforzare la sua leadership.
Se invece manterrà barriere normative o eccessive complessità, rischierà di restare ai margini della nuova geoeconomia della CO₂.
Ambizione alta, strumenti intelligenti
L’Europa mantiene la direzione, ma cambia metodo. La conferma del target -90%, la reintroduzione dei crediti internazionali e il rinvio dell’ETS2 segnano l’avvio di una fase di realismo climatico: ambizione invariata, ma con strumenti più efficaci per raggiungerla.
I crediti di CO₂ certificati diventano il punto di contatto tra misurazione, azione e strategia industriale: un ponte tra politica, mercato e scienza.
Per le imprese, la vera sfida sarà anticipare questa evoluzione, costruendo percorsi di neutralità credibili e trasformando la sostenibilità in vantaggio competitivo.
Perché il futuro della transizione climatica europea sarà scritto da chi saprà combinare ambizione, realismo e azione concreta.










