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Vendor lock-in del cloud, tutti i rischi e come evitarli



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Vademecum per sapere tutto quello che serve sul vendor lock-in, una situazione che comporta rischi ma che può essere evitata: è importante conoscere a fondo questa condizione per fare le giuste scelte in fatto di cloud aziendale

Pubblicato il 5 dic 2025

Federica Maria Rita Livelli

Business Continuity & Risk Management Consultant, BCI Cyber Resilience Group, Clusit, ENIA



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Il cloud computing offre grandi vantaggi, ma il vendor lock-in può limitare la libertà aziendale e aumentare i rischi economici e operativi. Serve attenzione per evitare dipendenze difficili da gestire.

Il vendor lock-in – nel contesto cloud – si verifica quando un’azienda diventa così dipendente dalle tecnologie, dai servizi o dalle piattaforme di un singolo fornitore da rendere estremamente difficile, costoso o addirittura impossibile cambiare provider o riportare le operazioni in-house.

Vendor lock-in: cos’è e perché è un rischio per il business

Una dipendenza solo tecnica, ma che si estende agli aspetti economici, operativi e strategici dell’organizzazione. Di fatto, il rischio principale del lock-in risiede nella perdita di flessibilità decisionale, ovvero: quando un’azienda si trova in una situazione di lock-in, le sue scelte tecnologiche future vengono fortemente limitate dall’ecosistema del fornitore esistente. Ciò comporta che le innovazioni, le ottimizzazioni dei costi o i miglioramenti della sicurezza possono essere perseguiti solo nei limiti di ciò che il provider permette o offre.

Inoltre, dal punto di vista business, il vendor lock-in può trasformarsi in un vero e proprio svantaggio competitivo: le aziende perdono potere negoziale, diventando vulnerabili a: gli aumenti di prezzo unilaterali; le modifiche delle condizioni di servizio; la discontinuità di servizi critici.

Ancora, in un mercato dove la rapidità di adattamento è fondamentale, essere vincolati a un singolo fornitore può impedire l’adozione tempestiva di nuove tecnologie o l’integrazione con soluzioni best-of-breed disponibili presso altri provider.

Le 3 trappole principali del vendor lock-in nel cloud

Le tre trappole principali del vendor lock-in sono:

  • Trappola tecnologica – I fornitori cloud sviluppano servizi proprietari altamente integrati che funzionano perfettamente all’interno del loro ecosistema, ma che sono difficilmente replicabili altrove. I database gestiti con funzionalità proprietarie, i servizi di machine learning specifici o gli strumenti di orchestrazione nativi costituiscono esempi di come le aziende vengano progressivamente attratte verso soluzioni che non hanno equivalenti standardizzati.
  • Gestione dei dati – I dati aziendali, una volta migrati, possono diventare ostaggi di: formati proprietari; strutture di archiviazione specifiche del vendor; architetture di database non standard. Inoltre, la volumetria stessa dei dati può rendere la migrazione proibitiva in termini di costi di uscita da un cloud (cloud egress fee) e tempi di trasferimento.
  • Carenza delle competenze – Se un’organizzazione forma il proprio personale su tecnologie proprietarie di un fornitore specifico, crea un vincolo umano oltre che tecnologico, dato che le certificazioni, le best practice e le conoscenze accumulate diventano asset non trasferibili, rendendo la migrazione verso altri provider complessa dal punto sia tecnico sia organizzativo.

Quali sono le strategie di lock-in più comuni dei fornitori cloud

I provider cloud, pur offrendo servizi di valore, implementano strategie deliberate per aumentare la retention dei clienti attraverso meccanismi di lock-in e, precisamente:

  • Integrazione verticale dei servizi – I fornitori creano ecosistemi dove ogni servizio funziona meglio con gli altri servizi dello stesso provider, incentivando le aziende a consolidare l’intera infrastruttura presso un unico vendor.
  • Modelli di pricing asimmetrici – L’ingresso nel cloud è spesso facilitato con pricing competitivo, sconti o periodi di prova gratuiti; mentre l’uscita viene resa costosa attraverso egress fee elevate, penali contrattuali o la necessità di mantenere servizi duplicati durante lunghe fasi di transizione.
  • Servizi gestiti proprietari – Si tratta di servizi che, pur risolvendo problemi reali e offrendo valore immediato, creano dipendenze difficili da sciogliere, quali: servizi di database gestiti, piattaforme di analytics proprietarie o strumenti di AI/ML specifici del vendor.
  • Politiche contrattuali vincolanti – Si tratta di politiche che prevedono sconti volumetrici legati a impegni pluriennali, clausole di riservatezza che limitano la comparazione tra provider, oppure, termini di servizio che cambiano unilateralmente, rendendo difficile per le aziende pianificare strategie di uscita a lungo termine.

I rischi economici e di business del vendor lock-in

Il vendor lock-in rappresenta una minaccia significativa per le organizzazioni, considerando che i rischi si manifestano su molteplici livelli, i.e. dalla sostenibilità economica alla capacità competitiva dell’azienda sul mercato. Vediamo in dettaglio di che si tratta.

È doveroso evidenziare che, dal punto di vista finanziario, il lock-in elimina la pressione competitiva che normalmente mantiene i prezzi sotto controllo. Inoltre, le organizzazioni, senza la possibilità di cambiare fornitore, non possono più disporre di potere di negoziazione e ricerche di mercato indicano che sperimentano aumenti di costo anno su anno significativamente superiori alla media del mercato, con incrementi che possono raggiungere il 20-25% in rinnovi contrattuali pluriennali.

Il vendor lock-in, sul piano strategico, invece, limita l’agilità aziendale, impedendo l’adozione rapida di innovazioni disponibili presso competitor o l’integrazione con soluzioni emergenti. Ne consegue che, in settori ad alta velocità di cambiamento tecnologico, tale rigidità può tradursi in perdita di opportunità di mercato o in incapacità di rispondere tempestivamente a nuove esigenze dei clienti.

Costi nascosti e oneri economici a lungo termine

Il vendor lock-in comporta numerosi costi nascosti che spesso emergono solo nel medio-lungo termine. Tra questi:

  • Egress fee (già menzionate) – Il costo del trasferimento dei dati verso altri provider può essere proibitivo.
  • Riprogettazione delle applicazioni – La necessità di riprogettare applicazioni basate su servizi proprietari genera oneri significativi.
  • Costi di transizione – La transizione comporta: costi operativi duplicati; formazione del personale su nuove piattaforme; consulenze specialistiche; possibili periodi di downtime o calo delle performance.
  • Mancate iniziative di innovazione e di crescita – Le risorse impegnate nella gestione del lock-in e nelle migrazioni sottraggono tempo e investimenti a iniziative di innovazione e crescita con conseguente impatto negativo sulla performance dell’organizzazione.

La perdita di autonomia: quando l’azienda non ha più il controllo

Il vendor lock-in riduce progressivamente l’autonomia delle organizzazioni, che finiscono per dipendere dalle scelte di un unico fornitore. Di conseguenza, le decisioni strategiche su tecnologia, architettura e roadmap sono vincolate alle opzioni offerte dal provider.

Tale perdita di controllo si manifesta attraverso: modifiche unilaterali dei termini di servizio; interruzione del supporto di API o servizi utilizzati dall’azienda; cambiamenti di pricing senza alternative realistiche; impossibilità di rispondere a nuovi requisiti normativi che richiederebbero soluzioni non disponibili nel portafoglio del fornitore attuale.

Inoltre, un altro aspetto particolarmente critico riguarda la resilienza operativa, considerando che essere dipendenti da un singolo provider significa essere esposti ai suoi outage, alle sue vulnerabilità di sicurezza e alle sue decisioni strategiche. A testimonianza di ciò diversi eventi recenti che hanno dimostrato come interruzioni di servizio di grandi provider cloud possano paralizzare simultaneamente migliaia di aziende senza possibilità di failover immediato.

Ancora, la perdita di autonomia impatta anche sulle relazioni commerciali: molte aziende si trovano impossibilitate ad accettare clienti o progetti che richiedono specifiche certificazioni di sicurezza, conformità normative o requisiti di data residency non supportati dal loro provider attuale, limitando così le opportunità di business.

Strategie pratiche per prevenire ed evitare il vendor lock-in

Il vendor lock-in nel cloud computing può essere ridotto adottando le seguenti pratiche:

  • Utilizzo di soluzioni basate su standard – Si tratta di soluzioni supportate da numerosi provider cloud e rappresentano una delle strategie più importanti per prevenire il vendor lock-in, impiegando tecnologie open source che non dipendono da un singolo provider o tecnologie cloud-agnostiche come i container, che possono essere facilmente trasferite tra diversi provider cloud.
  • Strategia multi-cloud – Le organizzazioni possono adottare una strategia multi-cloud avvalendosi di diversi provider di servizi cloud per servizi o applicazioni diversi. Ciò può offrire una certa ridondanza e flessibilità, riducendo – al contempo – il rischio di dipendenza eccessiva da un’unica fonte.
  • Portabilità dei dati – Le organizzazioni possono utilizzare servizi e soluzioni per la migrazione dei dati per semplificare lo spostamento dei dati tra i provider cloud. Ciò garantirà che i dati non siano vincolati a un provider specifico e che, se necessario, sia semplice cambiare provider.
  • Accordi sul livello di servizio (SLA – Service Line Agreement) – Le organizzazioni dovrebbero discutere gli SLA con i propri fornitori di servizi cloud per garantire un livello specifico di disponibilità del servizio e, in caso di insoddisfazione del fornitore, consentire una risoluzione agevole (clausola way-out).
  • Piattaforme di gestione cloud – Le organizzazioni, per automatizzare e gestire l’implementazione e la scalabilità delle applicazioni su più provider cloud, possono utilizzare piattaforme di gestione cloud (CMP – Cloud Management Platform) in modo da usufruire di un’infrastruttura più adattabile e scalabile, riducendo al contempo i costi legati al vendor lock-in.
  • Tecnologie open source – Le organizzazioni, per evitare il lock-in con un singolo fornitore, potrebbero adottare tecnologie open source, dato che i programmi open source sono gratuiti e possono essere modificati e non dipendono da un singolo fornitore. Ciò permette di aumentare il grado di controllo che le organizzazioni hanno sul proprio stack tecnologico, oltre a ridurre il rischio di affidarsi eccessivamente a un unico fornitore.

Valutazione e scelta di soluzioni cloud a standard aperti

Gli standard aperti nel cloud computing si riferiscono a linee guida o protocolli accessibili al pubblico e universalmente accettati che promuovono l’interoperabilità, la portabilità e la flessibilità tra diversi provider di servizi cloud e piattaforme. Tali standard consentono agli utenti cloud di passare facilmente da un servizio all’altro, di integrare più soluzioni cloud, di evitare il lock-in con un singolo fornitore, garantendo la compatibilità tra diversi sistemi e applicazioni cloud.

L’adozione di standard aperti nel cloud computing è, attualmente, in rapida crescita, con organizzazioni di tutti i settori che cercano di ridurre la loro dipendenza da un singolo fornitore. Ne consegue che i principali provider cloud – tra cui AWS, Microsoft Azure e Google Cloud – hanno iniziato a supportare più standard aperti per soddisfare la crescente domanda di interoperabilità e flessibilità da parte dei loro clienti.

Si consiglia alle organizzazioni di privilegiare soluzioni basate su standard aperti e ampiamente adottati dall’industria, quali:

  • API (Application Programming Interface) – Le API standardizzate consentono agli sviluppatori di interagire con diversi servizi cloud utilizzando un framework comune.
  • Standard dei container – Tecnologie come Docker e Kubernetes seguono standard aperti che consentono ai container di funzionare in modo coerente in diversi ambientienti.
  • Standard di sicurezza – Protocolli come OAuth 2.0 e SAML garantiscono l’autenticazione sicura e lo scambio di dati tra piattaforme cloud.
  • Formati dati – Standard come JSON, XML e YAML facilitano lo scambio fluido di dati tra i sistemi.

Inoltre, è importante valutare l’ecosistema di partner e integratori, dal momento che fornitori con ecosistemi aperti e numerose partnership tecnologiche offrono generalmente maggiore flessibilità, rispetto a quelli con approcci chiusi e verticalmente integrati.

La migrazione dei dati e dei servizi: i dati Gartner

La migrazione al cloud, a causa della mancanza di un’adeguata pianificazione, può presentare ostacoli, spese impreviste e interruzioni del flusso di lavoro. Pertanto, una strategia di migrazione al cloud ben definita è fondamentale per garantire una transizione fluida, costi ottimizzati e successo a lungo termine.

Secondo il report di Gartner “10 Strategic Data and Analytics Predictions Through 2028”, entro il 2026 il 75% delle organizzazioni adotterà una strategia cloud-first, ma solo la metà realizzerà il valore aziendale atteso. La differenza sta nell’avere una roadmap che allinei l’adozione del cloud agli obiettivi aziendali, riduca i rischi e sfrutti le best practice.

La migrazione al cloud consiste nel trasferire risorse digitali—come applicazioni, dati e servizi—dall’infrastruttura on-premise al cloud. Tale processo può avvenire principalmente in tre modalità.

  • Refactoring (riprogettazione) – Esso implica la riprogettazione completa delle applicazioni per renderle cloud-native, massimizzando le prestazioni e l’efficienza dei costi.
  • Rehosting (Lift-and-Shift) – Esso implica lo spostamento delle applicazioni nel cloud con modifiche minime. È rapido, ma potrebbe non ottimizzare appieno i vantaggi del cloud.
  • Replatforming (Lift-Tinker-and-Shift) – Esso comporta apportare piccole modifiche alle applicazioni per una migliore compatibilità con il cloud, mantenendo al contempo le funzionalità principali.

L’impatto del vendor lock-in sulla sicurezza informatica

Il vendor lock-in ha implicazioni significative anche per la postura di sicurezza informatica delle organizzazioni. Di fatto, la dipendenza da un singolo fornitore concentra il rischio: una vulnerabilità scoperta nei servizi del provider impatta simultaneamente tutte le aziende clienti, creando un single point of failure a livello di ecosistema.

Inoltre, le limitazioni nella visibilità e controllo rappresentano un’ulteriore sfida: le organizzazioni – in ambienti cloud fortemente integrati con servizi gestiti – hanno spesso visibilità limitata sui meccanismi di sicurezza sottostanti, sui log di sistema o sulle configurazioni di rete a livello di infrastruttura. Ciò rende più complesso il security monitoring, l’incident response e la raccolta di informazioni forensics.

Ancora, la conformità normativa può diventare problematica quando si è “locked-in” con un provider che non supporta specifici requisiti di data residency, encryption o audit: regolamenti come il GDPR europeo, il CCPA californiano – o normative settoriali specifiche – possono imporre vincoli che un singolo provider potrebbe non essere in grado di soddisfare in tutte le giurisdizioni operative.

Un altro aspetto spesso sottovalutato riguarda la continuità operativa in caso di incidenti di sicurezza: se l’azienda dipende da un unico provider e questo subisce un attacco, una violazione o deve applicare patch urgenti che comportano downtime, non esistono alternative immediate. Per questo, la possibilità di attivare rapidamente un failover su provider alternativi è fondamentale per garantire la resilienza informatica.

La gestione del rischio e la governance aziendale

Una governance efficace deve trattare il vendor lock-in come un rischio aziendale da gestire attivamente, non semplicemente come una questione tecnica. Ciò richiede l’inserimento del rischio lock-in nei framework di enterprise risk management, con valutazione periodica, quantificazione dell’esposizione e definizione delle soglie di rischio accettabili.

Inoltre, le organizzazioni dovrebbero implementare review periodiche della vendor strategy, valutando annualmente il livello di dipendenza da ciascun provider, i costi di switching e l’evoluzione del mercato, coinvolgendo non solo il CIO ma anche CFO, CISO e business leaders, dato impatto trasversale del lock-in.

Ancora, è essenziale sviluppare e mantenere aggiornati piani di exit dettagliati per i fornitori critici – i.e. documentazione tecnica delle dipendenze, stima dei costi e tempi di migrazione, identificazione di provider alternativi e test periodici della fattibilità delle procedure di exit – dato che non sono solo strumenti difensivi, ma anche elementi di pressione negoziale con i fornitori attuali.

Infine, la contrattualizzazione deve riflettere la consapevolezza del rischio lock-in: clausole specifiche su data portability; IP ownership, transizione assistita, condizioni di exit dovrebbero essere negoziate fin dall’inizio del rapporto, quando il potere contrattuale dell’azienda è massimo.

Il futuro del cloud e le alternative al vendor lock-in

L’evoluzione del mercato cloud sta progressivamente offrendo alternative credibili al modello tradizionale di dipendenza da singoli vendor. Di fatto, la crescente maturità di standard aperti, l’emergere di soluzioni multi-cloud native e la maggiore consapevolezza dei rischi stanno ridisegnando il panorama.

Le tecnologie cloud-native come Kubernetes hanno democratizzato la portabilità dei workload, permettendo di eseguire container identici su infrastructure diverse con modifiche minime. Questo ha abbassato significativamente le barriere tecniche alla mobilità tra provider. L’ascesa dei managed Kubernetes services – offerti da praticamente tutti i principali cloud provider – rappresenta una convergenza interessante: pur trattandosi di servizi managed, sono basati su uno standard aperto che facilita la portabilità. Allo stesso tempo, la comunità open source sta sviluppando sempre più strumenti per l’astrazione delle differenze tra implementazioni.

Inoltre, il cloud sovrano e le iniziative di cloud europeo come Gaia-X rappresentano tentativi di creare alternative che rispondano a esigenze specifiche di compliance, data residency e indipendenza strategica, particolarmente rilevanti per settori regolamentati e pubbliche amministrazioni.

Il multicloud e il cloud ibrido come soluzioni strategiche

L’adozione di architetture multicloud e cloud ibrido stanno emergendo come una delle strategie più efficaci per mitigare il vendor lock-in. Secondo analisi recenti, circa il 85% delle grandi organizzazioni utilizza già servizi di almeno due provider cloud diversi, anche se spesso in modo non pienamente orchestrato.

Multicloud deliberato – Esso va oltre la semplice presenza su più provider: implica la progettazione di architetture che distribuiscono intelligentemente i workload, sfruttando i punti di forza di ciascun provider mentre si mantiene la capacità di ridistribuire carichi di lavoro in base a considerazioni di costo, performance o requisiti normativi.

Cloud ibrido – Esso combina infrastrutture on-premise con risorse cloud pubbliche e private, offrendo un ulteriore livello di flessibilità. Tecnologie come Azure Arc, Google Anthos o AWS Outposts permettono di estendere i servizi cloud all’interno dei datacenter aziendali, creando un continuum di risorse gestibili con strumenti comuni.

Cosa aspettarci

Il vendor lock-in rimane una delle sfide più significative nell’adozione del cloud computing, ma non è inevitabile. Le organizzazioni, con consapevolezza strategica, scelte architetturali accorte e governance attenta, possono godere dei benefici del cloud mantenendo al contempo flessibilità, controllo e autonomia decisionale. Il futuro appartiene alle aziende che sapranno bilanciare l’integrazione profonda con i servizi cloud e la capacità di mantenere opzioni strategiche aperte per evitare il lock-in.

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