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Auto a guida autonoma, l’Italia rischia grosso se tarda ancora



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La rivoluzione della guida autonoma non riguarda solo il futuro del trasporto pubblico non di linea. Senza campioni europei forti rischiamo un ruolo subalterno in una filiera chiave per economia, ambiente e democrazia. La Camera ha appena approvato alcune risoluzioni per scuotere l’Italia dalla sua inerzia ma è ora di agire davvero

Pubblicato il 9 dic 2025

Andrea Casu

Camera Deputati (PD)



italia guida autonoma ia in auto

La rivoluzione della guida autonoma, secondo il Professor Sergio Matteo Savaresi del Politecnico di Milano nella recente audizione alla Camera dei Deputati, può rappresentare una biforcazione non troppo diversa da quella che abbiamo già vissuto poco più di un secolo fa.

Quando, passando dai cavalli alle auto, abbiamo improvvisamente scoperto come potesse essere possibile separare due aspetti della nostra vita che fino a quel momento avevamo a lungo considerato inseparabili: la funzione del movimento dall’emozione del cavalcare.

Per i nostri trisavoli e bisnonni non deve essere stato facile essere la prima generazione chiamata a rinunciare a quella sensazione unica, quel legame speciale, che per secoli aveva unito uomini e cavalli, cominciando a dare istruzioni direttamente a una macchina, non più a un essere vivente.

Questi due elementi naturalmente non si sono completamente dispersi, ma hanno preso due traiettorie diverse: l’emozione è diventata uno sport, che abbiamo confinato in luoghi e momenti dedicati, mentre il trasporto delle persone e delle merci si è spostato prima gradualmente e poi sempre più rapidamente sulle automobili.

Questo processo ha plasmato a propria immagine l’economia, ridisegnando la geografia, cambiando il modo di lavorare delle persone, la nostra concezione di spazi e distanze e la conformazione delle nostre città, tracciando un’impronta indelebile nella cultura, nella musica, nel cinema, nell’arte.

Quello che prima nemmeno esisteva è diventato il giocattolo più comune tra tutti i bambini, quello che per un uomo o una donna nati prima di allora sarebbe stato fantascienza oggi per noi è storia.

Ma non è l’unica storia possibile, perché come sempre c’è stato un prima e ci sarà un dopo.

Guida autonoma e nuova separazione tra emozione e movimento

Ormai ci stiamo gradualmente abituando a convivere con i primi livelli di guida autonoma, l’assistenza alla guida e l’automazione parziale che le auto più moderne offrono per garantire maggiore sicurezza ai nostri mezzi.

Si tratta di servizi a cui spesso rinunciamo nell’erronea convinzione di essere più al sicuro affidandoci alla spinta inerziale delle nostre abitudini, invece di affrontare lo sforzo cognitivo di modificarle per apprendere nuovi strumenti per proteggerci.

Ma il salto più grande è quello che ci attende tra poco e non potrà essere eluso o disattivato, perché va ben oltre la portata delle nostre scelte di guida.

La stragrande maggioranza di noi non ha ancora messo a fuoco quanto potrà cambiare il mondo la diffusione di auto ad automazione condizionale, alta automazione o addirittura automazione completa, senza più nemmeno un volante.

Rivoluzione della guida autonoma e impatto su città e lavoro

I rischi e le opportunità connessi a questa trasformazione sono immensi, così come le possibili applicazioni, dal trasporto pubblico locale a quello privato, dallo sharing al trasporto merci.

Il futuro industriale, così come la sicurezza stradale e il destino di milioni di lavoratrici e lavoratori, passerà da chi per primo saprà occupare questa nuova frontiera e orientarne lo sviluppo.

Per questa ragione, nonostante la vivacità e la qualità delle esperienze universitarie che abbiamo meritoriamente avviato, il ritardo che stanno accumulando soggetti italiani ed europei nella costruzione di sperimentazioni su larga scala, in grado di competere con i giganti che stanno portando a maturazione l’applicazione pratica di questa nuova tecnologia negli Stati Uniti e in Cina, rischia di rappresentare l’ennesima occasione che non ci possiamo permettere di perdere.

L’Italia e l’Europa tra ritardi e sperimentazioni sulla guida autonoma

In questo senso, l’accelerazione impressa al confronto pubblico nazionale dall’iniziativa avviata già lo scorso giugno a Milano dall’europarlamentare PD Pierfrancesco Maran, con la firma di 60 Sindaci pronti a sperimentare in Italia questa tecnologia, rappresenta un segnale importante.

Lo è insieme all’incontro costruito nella Capitale il 1° dicembre dal capo delegazione in Europarlamento del Partito Democratico Nicola Zingaretti, con la partecipazione, tra gli altri, dell’assessore di Roma Capitale Eugenio Patanè e del Sindaco di Monterotondo e vicepresidente ANCI Lazio Riccardo Varone, insieme alle voci degli esperti, delle imprese, dei lavoratori che stanno vivendo in prima persona l’evoluzione di questo tema.

Queste iniziative rappresentano un segnale importante di vitalità e di reazione. È necessario aprire un dibattito pubblico sul tema per alzare l’asticella di una discussione che sarebbe riduttivo piegare nel ristretto ambito del confronto sul futuro del trasporto pubblico non di linea, ma che riguarda invece tutti e tutte noi.

Senza campioni europei anche in questo ambito cruciale siamo destinati a un futuro da colonia.

Robotaxi, mobilità come servizio e rischi sistemici

Il dibattito sui Robotaxi è solo la punta di un iceberg ben più profondo e pericoloso: stiamo parlando dell’effettiva accessibilità del nuovo paradigma di mobilità come servizio, su cui sono state investite importanti risorse anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Parliamo del numero di auto che saranno presenti nelle nostre città e del loro effettivo utilizzo. L’ultimo rapporto ISFORT ha evidenziato il record di motorizzazione del nostro Paese, per la prima volta superiore ai 70 veicoli ogni 100 abitanti, che però per il 93/95% del tempo restano ferme.

Motorizzazione privata e uso inefficiente delle auto

Questo dato mostra in modo plastico quanto l’attuale modello di mobilità privata sia inefficiente e quanto la guida autonoma, se gestita correttamente, possa contribuire a ridisegnare l’utilizzo dei veicoli, lo spazio pubblico e la nostra relazione con gli spostamenti quotidiani.

Filiera automotive e distribuzione della ricchezza

In gioco c’è l’orizzonte industriale di tutta la filiera dell’automotive e della distribuzione della ricchezza tra chi produrrà le auto e chi avrà le chiavi delle tecnologie necessarie a produrle.

C’è la scelta sul sistema di alimentazione che le farà funzionare e le dirette conseguenze economiche e ambientali di queste decisioni, in un contesto globale in cui la competizione sulle tecnologie pulite e sulla mobilità sostenibile è sempre più intensa.

Cybersicurezza e nuove minacce sul territorio

Fino al livello di cybersicurezza con cui potremo alzare la nostra capacità di difenderci da attacchi che potranno essere mossi direttamente sul nostro territorio, senza bisogno di mettere stivali sul campo.

Sarà sufficiente il controllo dei veicoli già dislocati ovunque, anche a pochi metri da tutti gli obiettivi sensibili, per aprire scenari di vulnerabilità che richiedono una risposta politica e tecnologica all’altezza.

Sovranità tecnologica, lavoro e ruolo dell’Europa

È la grande questione politica di fondo che anima tutto il dibattito sull’indipendenza e la sovranità tecnologica italiana ed europea: nella guida autonoma, e non solo, siamo ancora in tempo per essere in grado di guidare questo cambiamento o dobbiamo solo lasciarci guidare?

Saremo solo spettatori paganti o protagonisti del futuro già iniziato?

L’impegno della Camera, le risoluzioni

Nel Parlamento italiano, dopo mesi di confronto in commissione, siamo riusciti a dare lo scorso 26 novembre un segnale unitario non scontato da parte della Commissione Trasporti, condividendo alcuni impegni contenuti in 4 differenti risoluzioni di maggioranza (grazie all’iniziativa di Fabio Raimondo, capogruppo di FDI) e di opposizione.

Accanto all’iniziativa del Partito Democratico, sottoscritta da tutti i parlamentari della Commissione Trasporti, vanno ricordate quelle a prima firma dei parlamentari Giulia Pastorella (Azione) e Antonino Iaria (M5S).

In particolare, voglio ricordare, al fianco dell’impegno a superare finalmente gli aspetti anacronistici del codice della strada e la costruzione del Piano nazionale in linea con gli orientamenti europei, insieme alle imprese del settore tecnologico, della mobilità collettiva e dell’automotive, l’impegno per cui ci siamo battuti con più determinazione come Partito Democratico.

Non c’è più tempo da perdere: devono essere subito coinvolti in questa discussione tutti i sindacati comparativamente più rappresentativi in tutti gli ambiti coinvolti dalle possibili applicazioni della guida autonoma.

Serve orientare l’evoluzione di questa tecnologia nell’orizzonte della valorizzazione del fattore umano in tutte le fasi dei nuovi processi e della salvaguardia dei posti di lavoro.

Non solo il Partito Democratico, quindi, ma tutta la Commissione Trasporti ha chiesto al Governo di fare una scelta di campo precisa, dare seguito al più presto a tutti questi impegni fondamentali, nella stessa direzione che con determinazione Nicola Zingaretti e Pierfrancesco Maran stanno portando avanti in Europarlamento.

Dobbiamo essere locomotiva delle scelte necessarie a garantire che le innovazioni nella mobilità e nella logistica restino sempre al servizio delle persone.

Ma per farlo non possiamo limitarci ad aprire la porta per comprare da altri le tecnologie: dobbiamo costruire in Europa il mercato unico che abbia le dimensioni e la forza per giocare un ruolo in questa partita così importante.

Serve subito un’Europa più forte, unita e solidale che sappia cimentarsi insieme, con nuovi strumenti, anche con questa sfida.

Chi fa finta che non sia nell’interesse dell’Italia ha già deciso di servire altri.

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