Analizzando l’evoluzione del mercato LegalTech negli ultimi mesi, appare evidente come il settore stia vivendo una dicotomia affascinante: da un lato una spinta inarrestabile verso l’adozione di soluzioni di Generative AI, dall’altro una crescente e necessaria cautela legata all’affidabilità dei risultati.
Mentre i legaltech provider di soluzioni GenAI continuano ad attirare l’attenzione dei capitali di rischio, assistiamo a un cambiamento silenzioso ma sostanziale nel modo in cui studi legali e dipartimenti legali collaborano e integrano queste tecnologie.
Non è un mistero che le startup del settore – siano esse realtà americane, player europei o le sempre più promettenti iniziative italiane – stiano raccogliendo investimenti con cifre che non si erano mai viste prima.
Certo, l’hype legato all’intelligenza artificiale gioca un ruolo fondamentale nel “gonfiare” le valutazioni e spesso non è chiarissimo a quanto ammontino le revenue reali di queste società. Tuttavia, la magnitudo di questi capitali suggerisce che gli investitori istituzionali abbiano intravisto qualcosa di più della semplice speculazione: un impatto strutturale e irreversibile sul mercato dei servizi legali.
Questo articolo analizza i dati più recenti sull’adozione della GenAI, evidenziando come il focus della competizione si stia spostando rapidamente dalla potenza dei modelli alla qualità dei dati e a chi ne detiene il controllo.
Indice degli argomenti
Qualità dei dati nel LegalTech: dalla pianificazione all’azione in Europa
Se il 2023 e il 2024 sono stati gli anni della scoperta e dei progetti pilota, i dati ci dicono che siamo entrati nella fase di operatività diffusa.
Una recente survey condotta dalla Association of Corporate Counsels (ACC), basata sulle risposte di 657 professionisti legali in-house in 30 paesi, fornisce una fotografia nitida dello stato dell’arte.
I risultati rivelano un passaggio decisivo dalla pianificazione passiva all’implementazione attiva: la comunità dei giuristi d’impresa si sta muovendo rapidamente per integrare questa tecnologia nelle proprie attività quotidiane.
Secondo i dati proiettati sul 2025, il 53% dei professionisti legali utilizza già la GenAI nella propria pratica, anche se l’adozione varia sensibilmente tra le diverse regioni geografiche.
Lo scenario in Usa
Ed è qui che emerge il dato più sorprendente, che ribalta la narrazione classica che vede il Vecchio Continente sempre in ritardo rispetto agli Stati Uniti.
Le Americhe, infatti, si attestano leggermente al di sotto della media globale (52%), mentre l’Europa mostra il tasso più alto di utilizzo attivo, con il 61% dei professionisti legali che incorporano già la GenAI nel proprio lavoro.
L’Europa è l’unica regione in cui la percentuale combinata di chi “sta già utilizzando” e chi “sta utilizzando prodotti in beta” raggiunge il 77%, superando nettamente la media globale del 67%.
Questo dato conferma quanto ho potuto osservare direttamente nelle conferenze internazionali e nei tavoli di lavoro degli ultimi mesi: i dipartimenti legali europei non stanno aspettando, stanno agendo.
Ma devono agire con cautela e con una attenta strategia che possa consentire di preservare le competenze sviluppate e le esperienze maturate, aprendo a nuove opportunità di integrazione di quelle skills che saranno assolutamente necessarie nel prossimo futuro, come il pensiero critico, la capacità di validazione degli output complessi e la gestione strategica dei rischi tecnologici.
In un contesto in cui l’automazione guadagna terreno, il valore aggiunto del professionista si sposta dalla mera produzione del contenuto alla sua supervisione qualificata e alla sua contestualizzazione.
Si tratta di una trasformazione culturale prima ancora che tecnica: il giurista deve evolversi da esecutore a vero e proprio “architetto” delle soluzioni legali, l’unico in grado di governare la macchina anziché subirne passivamente l’accelerazione.
Garantendo, soprattutto, che l’efficienza non vada mai a discapito della correttezza giuridica.
Il paradosso della fiducia: meno divieti, più timori sulla qualità
Tuttavia, questa accelerazione nell’adozione porta con sé una nuova consapevolezza critica.
L’incremento vertiginoso di casi di “allucinazioni” riportati in atti giudiziari, pareri e legal advice generati da A.I. ha alzato prepotentemente l’asticella dell’attenzione sulla qualità dell’output.
Il rapporto ACC evidenzia un fenomeno che potremmo definire il “paradosso della fiducia”.
Tra coloro che non utilizzano o non pianificano di utilizzare la GenAI, la preoccupazione più significativa nel periodo 2024-2025 è proprio la mancanza di fiducia nella qualità o nell’affidabilità dei risultati.
Questo timore si è intensificato in modo marcato, balzando dal 45% degli intervistati nel 2024 a un travolgente 82% nel 2025.
Questo indica che, man mano che cresce la consapevolezza della tecnologia, aumentano parallelamente le preoccupazioni sulla sua accuratezza e affidabilità.
Gli operatori del diritto si focalizzano sempre di più sulla capacità di esercitare adeguatamente la propria supervisione umana (human-in-the-loop), comprendendo che l’AI non è un oracolo infallibile ma uno strumento da governare.
Nonostante questi timori, le aziende stanno rimuovendo rapidamente le barriere all’ingresso, spinte dalla necessità di efficienza.
La percentuale di professionisti che cita una policy aziendale che vieta l’uso della GenAI è crollata dal 29% nel 2024 ad appena il 9% nel 2025.
Le organizzazioni, insomma, hanno smesso di dire “no” a prescindere e stanno iniziando a dire “sì, ma con attenzione”.
Qualità dei dati nel LegalTech: perché i modelli contano meno dell’input
Cosa ci dicono questi numeri incrociati?
Ci dicono che le soluzioni GenAI sono ormai entrate nella quotidianità operativa in Europa, ma che la selezione di questi strumenti non si basa più solo sull’effetto “wow” o sulla velocità di esecuzione.
Il vero differenziale competitivo oggi risiede nella capacità di incrementare non solo la velocità, ma la qualità del lavoro.
E per poter fare questo, non basta più costruire sistemi basati sui potenti Large Language Models (LLM) generalisti, che sono ormai diventati delle commodity accessibili a tutti tramite API.
Il vero valore aggiunto si crea nella capacità di addestrare, perfezionare o contestualizzare (tramite tecniche come la RAG – Retrieval Augmented Generation) questi sistemi con dati di qualità.
Ecco perché la competizione tra le startup LegalTech si sta spostando dal software ai dati.
Le soluzioni vincenti saranno quelle capaci di garantire l’accesso a dataset giuridici puliti, aggiornati, strutturati e specifici per giurisdizione.
L’accuratezza dell’output dipende strettamente dalla qualità dell’input: in un mercato in cui l’errore non è un’opzione accettabile, disporre di una tecnologia potente alimentata da dati mediocri è non solo inutile, ma rischioso.
La battaglia per la “knowledge base”: editori giuridici e tech a confronto
Se i dati sono il nuovo petrolio del settore legale, bisogna guardare con attenzione a chi detiene i giacimenti.
Il nostro ordinamento giuridico, storicamente, non è stato costruito “digital by default”.
Per decenni, l’ordine nel caos normativo è stato portato da soggetti specifici: gli editori giuridici.
Questi player hanno investito capitali ingenti per finanziare la ricerca, compilare raccolte razionalizzate della normativa, massimare la giurisprudenza e organizzare la dottrina per settori di riferimento, facilitando la contaminazione e l’approfondimento.
Oggi, questi incumbent si trovano a competere direttamente con i fornitori di servizi LegalTech focalizzati sulla manipolazione del testo e sul supporto operativo all’avvocato.
La sfida nasce da un’aspettativa del mercato sempre più pressante (e forse ancora prematura, considerati i rischi di allucinazione e di filtraggio delle fonti): l’idea che le piattaforme di GenAI possano essere utilizzate non solo per redigere o manipolare testo giuridico, ma anche per effettuare la ricerca legale pura.
Davanti a questa convergenza, si prospettano tre scenari futuri che potrebbero ridisegnare gli assetti di potere del mercato.
Tre scenari possibili nel LegalTech: consolidamento, contenuti, partnership
Polarizzazione e consolidamento Tech: la domanda potrebbe concentrarsi su poche, grandissime società LegalTech che, forti di capitali ingenti, integrino molteplici funzionalità, finiscano per inglobare le realtà più piccole, diventando talmente dominanti da acquisire direttamente gli editori tradizionali (e le loro banche dati).
La rivincita dei contenuti: gli editori storici, forti del possesso del dato grezzo e certificato (e supportati da altre linee di business profittevoli), potrebbero decidere di acquisire la tecnologia e il know-how necessario – comprando una startup LegalTech – per accelerare il lancio di prodotti LegalTech proprietari, performanti al punto da tagliare fuori gli intermediari tecnologici.
L’ecosistema delle partnership: l’ultimo – e forse più probabile – scenario è che si vengano a creare alleanze strategiche tra le principali piattaforme LegalTech e gli editori.
In questo scenario, il costo dell’innovazione ricadrebbe sull’utente finale (l’avvocato), che con larga probabilità dovrà pagare un doppio abbonamento: uno per il “motore” (la piattaforma AI) e uno per la “benzina” (la fonte dati certificata).
Il tesoretto dei dati interni e il dilemma della fiducia
Non dobbiamo però dimenticare un ultimo, fondamentale attore in questa equazione: lo studio legale e il dipartimento in-house stesso.
Esiste un tesoretto di dati di valore inestimabile che ciascuna organizzazione custodisce gelosamente: i propri precedenti, i contratti, i pareri, il know-how accumulato in anni di attività.
La vera scommessa per il futuro prossimo sarà rendere “liquida” questa conoscenza interna per poterla sfruttare con i nuovi strumenti di AI.
Ma qui sorge l’interrogativo cruciale: di quali operatori ci si può realmente fidare?
Integrare le proprie banche dati interne in strumenti LegalTech di terze parti comporta rischi che vanno ben oltre quelli che abbiamo imparato a gestire nell’epoca del Cloud.
La riservatezza e la sicurezza dei dati diventano il paradigma fondamentale su cui si giocherà la credibilità dei fornitori.
Le implicazioni di questa scelta e le strategie che gli studi stanno valutando per decidere se “costruire in casa” (Build) o “comprare fuori” (Buy) le proprie soluzioni di AI saranno determinanti.














