Ci stiamo avvicinando a passi da gigante a quella che Gibson chiama “la singolarità dell’idiozia“, in inglese Singularity of Stupid. Da una parte ci sono quelli che vogliono menare i russi trent’anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e dall’altra ci sono gli Stati Uniti che non sanno decidere se preferiscono una dittatura o una guerra civile, con una crescente possibilità di ottenere entrambe.
In mezzo, c’è una dozzina di tipi oscenamente ricchi e fantasticamente stupidi, che si diverte a bruciare centinaia di miliardi in un culto millenaristico chiamato Intelligenza Artificiale.
E poi ci siamo noi delle colonie, sempre pronti a correre dietro all’ultima moda che viene da oltreoceano.
Ma se per una volta facessimo gli europei, per vedere l’effetto che fa?
Indice degli argomenti
Firefox e i motori di ricerca: una correzione necessaria
Innanzitutto, momento rettifica: ho detto qui che Firefox usa lo stesso motore di Chrome. Non è vero, mi sono confuso. Chrome, Edge, Opera, Brave, Vivaldi e molti altri usano Chromium, un motore open source mantenuto principalmente da Google, mentre Firefox, Safari e una manciata di altri perlopiù in ambiente Linux usano altri motori.
Quello che invece non cambia è che Google è fra i primi sostenitori finanziari della Mozilla Foundation che invece mantiene Firefox. Fine del momento rettifica.
ChatControl: quando la sicurezza minaccia la privacy
Una cosa buona in settimana è successa: per la terza o quarta volta è svanita al Parlamento Europeo la possibilità di passare a maggioranza la legge chiamata ChatControl, il cui scopo è di proibire la cifratura end-to-end delle comunicazioni.
La scusa è sempre la solita: siccome al terrorismo non ci crede più nessuno, il problema da risolvere è la pedofilia, secondo i proponenti dobbiamo tutti assolutamente rinunciare alla segretezza delle nostre telecomunicazioni perché la segretezza abilita reti internazionali di pedofili, e dove andremo a finire signora mia.
L’illusione della sicurezza senza privacy
L’attuale alfiere e stesore della più recente versione di questa idea che possiamo chiamare con il termine tecnico appropriato, cioè idiota, è nientepopodimeno che il ministro della giustizia danese, Peter Hummelgaard.
Agli atti va la sua dichiarazione del 21 agosto al canale danese TV2:
Dobbiamo rompere con la percezione totalmente errata che sia una libertà civile di tutti comunicare tramite servizi di messaggistica crittografata.
Il punto non è che Hummelgaard sembra di quelli che credono che se non hai niente da nascondere non hai niente da temere. Il punto è che Hummelgaard non capisce che il reato è nell’occhio di chi guarda. Come ebbe a dire il cardinale Richelieu,
Datemi sei righe scritte di suo pugno dall’uomo più probo di Francia, e io vi troverò abbastanza da farlo impiccare.
Allora, ci siamo raccontati la volta scorsa di come il rappresentante di Microsoft abbia candidamente ammesso di fronte a una commissione del governo francese, di non poter garantire la sicurezza dei dati conservati da Microsoft in server europei contro la rapacità delle agenzie di intelligence statunitensi.
E prima che qualcuno arrivi con l’importanza dell’intelligence mi permetto di ricordare due cose:
- uno, tutti gli attentati di matrice islamica degli ultimi vent’anni sono stati commessi da gente schedata e sotto “attenzione” dei servizi, tutti;
- e due, gli Stati Uniti (non San Marino, gli Stati Uniti) ci hanno messo dieci anni e la distruzione dell’Afghanistan a scoprire dove stava Bin Laden, uno che poteva nascondersi in qualsiasi grotta sperduta nelle terga dei lupi, salvo andare a fare la dialisi una volta la settimana.
Scusate l’inciso.
Sette anni di occasioni perdute
Ora, non è che il rappresentante di Microsoft abbia detto qualcosa di nuovo. Nel mio archivio, la prima volta che ho parlato di Cloud Act è l’episodio 27 della seconda stagione, 2018. Sette anni fa.
Vi ricordate, sette anni fa? Il grande problema del tech era, quando si dice il caso, un altro con l’aria da fulminato, Mark Zuckerberg, che era partito dalla sua stanzetta nel campus con un’app rivoluzionaria per votare se una studentessa era figa o cozza e quindi sembrava essere destinato a diventare il padrone dell’universo.
Storia vecchia, ma di questo vi dovete ricordare quando si parla di quel personaggio.
Il grande errore del cloud computing
Ecco. Sette anni fa il GDPR era già in vigore, il CLOUD Act era già un problema, e l’intera europa ha deciso di stracatafottersene, per dirla con Montalbano.
Nel frattempo, siccome in Europa non vogliamo farci mancare niente, i nostri CIO hanno smantellato ogni infrastruttura IT in-house, hanno dissipato ogni competenza aziendale in merito, e hanno portato a casa bonus fenomenali vendendo l’idea di quanto è bello conservare i propri dati segretissimi-strategici-preziosissimi-firmami la non disclosure, sul computer di qualcun altro, magari con libero accesso da parte dell’intelligence statunitense.
Perché gli americani hanno le loro colpe, sia chiaro. Ma ogni CIO che ha spinto per passare da infrastrutture in-house a Azure e AWS dovrà andare a Canossa indossando un saio di iuta, con l’intero consiglio di amministrazione in catene e a piedi scalzi.
Questo, se ci fosse un minimo di decenza nel mondo. Che non c’è, quindi quest’inverno li trovate tutti a Cortina accompagnati dall’amante di turno.
Non divaghiamo.
Cloud e AI di Stato nelle mani delle big tech
L’Italia e l’Europa continua a cedere sull’uso di tecnologie USA anche per servizi e infrastrutture strategiche. L’autarchia digitale che vorrebbero è infatti impossibile; troppo forte la dipendenza da tech americana.
DL AI Italia
Il disegno di legge sull’AI che l’Italia approva oggi prevede che, ove possibile, le tecnologie adottate da pubbliche amministrazioni e professionisti debbano essere italiane o europee, ma è stata confermata la possibilità di conservare dati pubblici anche su server extra-UE; in una versione precedente era stata limitata molto.
Poli strategici cloud
Persino il Polo Strategico Nazionale (PSN) in Italia e iniziative analoghe in Francia, Germania e altri Paesi europei che nascono per garantire che i dati più sensibili della Pubblica Amministrazione restino sotto controllo nazionale, sono presi da questo dilemma.
Nonostante gli obiettivi, quasi sempre questi poli si basano su tecnologie statunitensi:
Italia – Polo Strategico Nazionale (PSN)
Il consorzio guidato da TIM, Leonardo, Sogei e CDP Equity ha vinto la gara per il PSN.
TIM, tramite Noovle, è partner privilegiato di Google Cloud, e parte delle soluzioni si basano proprio su queste tecnologie.
Lo stesso vale per le opzioni multi-cloud previste, che includono Microsoft Azure.
• Francia – Bleu (Orange + Capgemini)
Partnership con Microsoft, che fornisce l’infrastruttura tecnologica Azure, adattata per soddisfare i requisiti di sovranità francese.
• Germania – T-Systems Sovereign Cloud
Partnership con Google Cloud, che fornisce la tecnologia alla base.
• Altri casi europei
Anche le iniziative “sovrane” (es. Gaia-X) prevedono forti integrazioni con hyperscaler USA, perché i player europei non dispongono ancora di un portafoglio di servizi cloud paragonabile per ampiezza e maturità.
Redazione
L’America di Trump: una nuova realtà geopolitica
Improvvisamente, l’Europa si sta accorgendo che per quanto riguarda il digitale siamo, per tutti gli effetti pratici, completamente colonizzati. Nel 2018 lo eravamo un po’ di meno, ma volevi mica perderti l’idea meravigliosa del cloud, no?
Sette anni fa il problema era sostanzialmente di principio, perché gli USA erano il fratello grosso, magari un po’ prepotente, ma pur sempre fratello, insomma. Sì, bombardava di qua e interferiva nelle elezioni di là, ma lo faceva agli altri, non a noi.
Con Trump le cose sono cambiate: oggi gli Stati Uniti sono un Paese all’estremo limite inferiore dello stato di diritto.
Tutti noi che speriamo che Trump sia una ubriacatura passeggera ci rifiutiamo di vedere tre cose:
- primo, che i plutocrati statunitensi sono più trumpiani di Trump, e felicissimi di usare il peso economico e militare degli USA per ridurre la concorrenza estera, in primis quella europea; ricordiamoci che tutti i CEO del tech sono andati da Trump con il cappello in mano a pietire assistenza contro le leggi digitali dell’Unione, colpevoli a loro dire di penalizzare e discriminare le aziende statunitensi;
- secondo, l’America profonda è a ranghi serrati al fianco di Trump, pronta a tutto per risolvere finalmente i problemi del Paese facendola finita con nemici come la sinistra e gli immigrati che esistono solo nella fantasia e nella propaganda;
- terzo, Trump è vecchio e tende a prendersi molto sul serio, il che lo rende a volte di difficile gestione; ma JD Vance è il perfetto candidato per il passaggio del testimone. E Vance è una creatura di Peter Thiel, il più defilato fra i miliardari noto per avere detto che secondo lui il capitalismo e la democrazia non sono più compatibili (e lasciando capire chiaramente quale dei due secondo lui andrebbe scartato).
Occorre aprire gli occhi e capire che l’America con cui siamo cresciuti, oggi, non esiste già più oggi, e che nel migliore dei mondi possibili non tornerà per almeno una generazione.
L’illusione dell’Occidente unito al capolinea
Come europei questo ci obbliga ad accorgerci che dalla seconda guerra mondiale ci siamo illusi che esistesse un coro di democrazie liberali chiamato occidente.
Ma il trumpismo ci dice chiaro e tondo che esiste una sola voce che conta: Iùesséi namberuàn.
All’inizio del trumpismo i nostri politici hanno raddoppiato le professioni di fede transatlantica che sono servite così bene nel passato. Fede assoluta nella sconfitta totale della Russia, rivalità gratuite con la Cina, corsa cieca a un riarmo della NATO. Senza capire che indebolire l’Europa è la sola cosa che vede d’accordo i tre giganti mondiali.
E solo adesso che il disastro è alle porte, si levano le prime voci che provano a parlare di sovranità. Sempre poche e rade, ma è un punto di partenza.
Trumpismo, declino americano e illusioni europee
Dal canto loro, i giganti USA del digitale spergiurano di stare creando nuovi data center interamente in Europa, con governance completamente europea, pronti per rendere l’Europa indipendente e sovrana.
Per bersi una bufala del genere, nemmeno tre mesi dopo che il rappresentante di Microsoft ha detto esattamente l’opposto, occorre essere cognitivamente compromessi, ma fra i nostri governanti i candidati non mancano.
Oltre i datacenter: una dipendenza totale
Il guaio grosso è che se il problema fossero solo i datacenter per le infrastrutture digitali, sarebbe ancora poca cosa.
Se vogliamo smettere di essere una colonia digitale statunitense, oltre ai datacenter dobbiamo preoccuparci anche dei flussi monetari, dei sistemi operativi, degli utenti, e della nostra politica tecnologica.
Il controllo dei flussi monetari
Partiamo dai flussi monetari. Oggi i pagamenti con carta di credito se li dividono VISA e MasterCard. Gli altri, briciole.
I pagamenti digitali transfrontalieri si basano senza eccezione su SWIFT, un progetto europeo, belga per la precisione, su cui però gli Stati Uniti esercitano un controllo assoluto, al punto di usarlo unilateralmente come leva nelle sanzioni.
Se per qualsiasi motivo Trump decidesse di forzare la mano all’Unione usando SWIFT, ci accorgeremmo immediatamente che le nostre banche sono in mano agli USA. I BRICS, cioè Brasile, Russia, India e Cina, che questo giochetto lo hanno già subito o almeno ci vedono lontano, hanno creato sistemi alternativi.
Diverse istituzioni bancarie europee hanno accesso a questi sistemi. Ma nessuno sa cosa succederebbe se fossimo costretti a usare solo quelli. Quindi speriamo e andiamo avanti.
L’assenza di sistemi operativi europei
La seconda cosa di cui occuparsi è la completa assenza di una alternativa europea nell’ambito dei sistemi operativi. C’è questa patetica iniziativa “Scale up Europe” da quasi tre anni, che dovrebbe generare una progenie di giganti del tech da 100 miliardi di euro l’uno entro il 2030.
Ma è sostanzialmente un incubatore di startup, e non ti puoi affidare al mercato per demolire trent’anni di duopolio Microsoft/Apple. Senza massicci investimenti pubblici, e senza una decisa politica di sganciamento dagli Stati Uniti, l’Europa non avrà mai alternative ai giganti del tech statunitensi, per il semplice fatto che dopo trent’anni di duopolio Microsoft/Apple non esiste più un mercato dove quella alternativa possa crescere in modo organico.
L’addestramento mascherato da digitalizzazione
La nota più dolente riguarda gli utenti. Quello che per trent’anni i nostri governanti hanno voluto chiamare “digitalizzazione” andrebbe più onestamente chiamato “addestramento”.
Intendo dire che la cultura informatica è rimasta ferma agli anni ’70, e ci siamo limitati ad addestrare i dipendenti pubblici e privati all’uso dei quattro software che hanno in ufficio.
Nella scuola non abbiamo fatto certo di meglio. Le ore di “informatica” sono da sempre ore di “Office” o, dal Covid in poi, di “Google”.
Ai ragazzi insegnamo come fare i grassetti e i titoli senza sapere nulla di cosa sia la struttura di un documento.
I nostri insegnanti credono di fare l’avanguardia tecnologica perché in classe fanno i quiz con Kahoot e danno le dispense in PowerPoint su Google Drive, e il risultato è l’appiattimento dell’insegnamento sui test a crocette, proprio come in America, e lo svilimento della cultura a semplice raccolta di fatterelli buoni per una partita a Trivial Pursuit.
E proprio la scuola ci fa capire che il problema non è generazionale. Un GenZ può parlare mezzora della differenza fra “notes” e “stories” su Instagram, ma usa il software come un ragioniere sessantenne: spostagli un bottone e quello non trova più niente.
Da trent’anni i nostri politici blaterano dell’economia della conoscenza, ma la sola cosa che hanno saputo fare è uno scandalo chiamato ECDL, la famosa patente europea del computer. Adesso si chiama ICDL, International Certification of Digital Literacy, ma resta un certificato di addestramento all’uso di Microsoft Office.
Il risultato sono persone che sanno fare clic sui bottoni giusti, e non hanno idea del perché. I proletari ideali.
L’illusione dell’intelligenza artificiale
E adesso di punto in bianco vorremmo spostare di peso tutti quanti da Office e Google o a, che ne so, LibreOffice.
Ma nemmeno, perché adesso c’è l'”Intelligenza Artificiale”, e non vorremo mica negarci questo svago.
Quindi i datacenter ci servono non solo per continuare a lavorare in cloud visto che in azienda nessuno sa più tenere in piedi una rete, no. Ci vogliono anche per farci pure noi, padroni a casa nostra, i generatori di stronzate noti come “Intelligenza Artificiale”.
E naturalmente, invece di investire in cultura informatica, in pensiero critico, invece di sfatare questa mitologia da adolescenti mai cresciuti e concentrarci su tecnologie che funzionano, ecco che bruciamo fantastiliardi in una tecnologia che non ha nessun caso d’uso realistico e che si esaurisce nella corsa al gigantismo, in una bolla che farà rimpiangere il 2008.
Invece di promuovere competenze tecnologiche trasversali, proponiamo una pioggia di corsi per insegnare a fare “Prompt a prova di allucinazione” sul lavoro a persone che non hanno nessuna idea di essere di fronte a un programma che non può avere allucinazioni, non pensa, non capisce, e che è programmato per generare risposte plausibili, senza alcun vincolo di realtà.
Dopo aver addestrato le persone a fare clic senza pensare, le stiamo addestrando a lavorare senza più bisogno di capire, a lasciarsi dolcemente deprofessionalizzare, a bersi le risposte di un oracolo digitale che esiste solo nella mente dei CEO sotto ketamina della Silicon Valley e nelle loro fantasie adolescenziali di trascendenza digitalizzata.
La strada mancata verso una vera autonomia europea
Fino a quando continueremo a cianciare di sovranità continuando a fare gli indefessi occidentali, i partner allineati a ogni folata di vento oltreoceano, gli americani alla Alberto Sordi, non andremo mai da nessuna parte e anzi finiremo nel gorgo delle allucinazioni millenaristiche, queste sì vere, che sono la vera caratteristica del branco di deficienti che domina il digitale.
Se per una volta, anche solo per vedere l’effetto che fa, come dice Jannacci, provassimo invece a fare gli europei?












