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Fuga dei talenti AI da Apple: ecco perché molti preferiscono Meta



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L’addio di Ke Yang ad Apple verso Meta rappresenta una tendenza preoccupante per Cupertino. Meta attrae i migliori ricercatori AI con compensi fino a 200 milioni di dollari e un ambiente aperto, mentre Apple fatica a trattenere i talenti

Pubblicato il 20 ott 2025

Tania Orrù

Privacy Officer e Consulente Privacy Tuv Italia



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La fuga di talenti da Apple verso Meta nel settore dell’intelligenza artificiale sta assumendo proporzioni significative e rappresenta un campanello d’allarme per Cupertino. L’ultimo caso emblematico è quello di Ke Yang, dirigente responsabile dello sviluppo delle tecnologie di intelligenza artificiale applicate alla ricerca web in Apple, che ha scelto Meta nonostante una recente promozione.

Ma dietro questi addii si nasconde qualcosa di più profondo di una semplice questione retributiva.

Un addio che fa rumore nel mondo tech

L’uscita di Ke Yang da Apple verso Meta Platforms ha attirato l’attenzione, infatti, sia per la caratura del personaggio, sia per ciò che rivela sul futuro della corsa all’AI tra le grandi aziende tecnologiche. Yang, che guidava il team Answers, Knowledge and Information (AKI) incaricato di trasformare Siri in un assistente realmente conversazionale, lascia Cupertino dopo poche settimane dalla promozione a capo del gruppo.

Secondo Bloomberg e Reuters, l’addio di Yang sarebbe parte di una tendenza che interessa l’intero gruppo AIML (AI & Machine Learning) di Apple e non un episodio isolato.

La strategia di Meta: compensi da capogiro e cultura aperta

Negli ultimi mesi, infatti, più di un dirigente di alto profilo ha scelto di trasferirsi a Meta, attratto da compensi record e da un ambiente di ricerca molto più aperto.

Meta starebbe conducendo una campagna di assunzioni aggressiva, approvata personalmente da Mark Zuckerberg, con pacchetti multimilionari per i migliori profili AI. Ruoming Pang, oggi a capo dei Superintelligence Labs di Meta, avrebbe ricevuto un compenso complessivo superiore ai 200 milioni di dollari. Sam Altman, CEO di OpenAI, ha confermato che Menlo Park avrebbe offerto bonus fino a 100 milioni di dollari anche a singoli ingegneri o ricercatori di alto livello.

Apple in difficoltà: stipendi inadeguati e morale in calo

Da parte sua Apple, pur avendo iniziato ad aumentare “marginalmente” la retribuzione dei propri team di foundation models, non si avvicina a questi livelli. L’elemento retributivo dà la percezione di un’azienda meno dinamica e più chiusa rispetto alle rivali e ha portato ad uno squilibrio competitivo. Diverse fonti interne parlano di morale in calo e di un dibattito aperto in Apple sull’uso di tecnologie esterne (come quelle di Anthropic o OpenAI) per potenziare Siri.

Due filosofie a confronto: privacy contro apertura

Dietro la cronaca della “fuga” c’è però un nodo più profondo: due filosofie contrapposte sull’intelligenza artificiale. Da un lato la visione chiusa, riservata e centrata sulla privacy di Apple; dall’altro, quella aperta, collaborativa e scalabile di Meta. La migrazione di figure chiave come Yang e, prima di lui. Pang e altri ricercatori del gruppo Apple Foundation Models, racconta un fenomeno che va oltre i contratti e le retribuzioni, ma che è in realtà il riflesso di due modelli culturali e industriali in competizione.

Apple e la sfida del modello chiuso

La strategia AI di Apple riflette la sua cultura storica: controllo, integrazione e privacy.
Il progetto Apple Intelligence, recentemente presentato come “intelligenza personale” integrata nei sistemi operativi Apple, incarna questa filosofia. L’obiettivo è portare l’AI direttamente “on device”, riducendo la dipendenza dal cloud, tutelando i dati dell’utente e consentendo una personalizzazione profonda.

I limiti del modello chiuso per i ricercatori

L’obiettivo di Apple è quello di integrare l’intelligenza artificiale nella quotidianità d’uso. Si tratta di un approccio coerente con la visione di Cupertino, ma che comporta limitazioni tecniche, quali potenza computazionale inferiore, tempi di aggiornamento più lenti e difficoltà nel competere con modelli da centinaia di miliardi di parametri. È quindi anche un modello meno attrattivo per i ricercatori, che spesso cercano ambienti dove pubblicare, condividere e sperimentare con maggiore libertà.

Il dilemma di Cupertino tra privacy e competitività

La filosofia di Apple, fondata sulla riservatezza e sull’attenzione al prodotto finito, si scontra con un mercato della ricerca che oggi valorizza invece apertura, collaborazione e visibilità scientifica. Non stupisce, dunque, che molti ingegneri e ricercatori scelgano di attraversare il fiume e unirsi a un ecosistema più “poroso” e dinamico come quello di Meta.

Meta e la visione aperta della superintelligenza

Meta ha nel tempo trasformato la sua identità passando da social network a hub globale di ricerca sull’intelligenza artificiale.
Con i progetti Llama 3 e Llama 4, l’azienda ha fatti ingenti investimenti in GPU e data center, puntando su modelli “a pesi aperti” che incoraggiano la collaborazione. Pur non essendo open source in senso stretto, questi modelli permettono a università, startup e sviluppatori di costruire applicazioni su una base comune, creando un ecosistema fluido e in rapida espansione.

Per i ricercatori, questo significa maggiore libertà sperimentale, accesso a enormi risorse computazionali e possibilità di pubblicare i propri lavori. Meta offre inoltre una narrazione affascinante, presentandosi come laboratorio di ricerca globale in cui si definisce la prossima generazione di intelligenze artificiali.

Scala contro integrazione: due misure del successo

Se Apple punta sull’integrazione invisibile e sulla protezione dell’utente, Meta investe invece sulla scala e sulla visibilità. È una differenza che si traduce in cultura aziendale, poiché Apple misura il successo nella qualità dell’esperienza, mentre Meta nella quantità dell’impatto.

Una migrazione culturale, non solo economica

Le defezioni da Cupertino (da Yang a Pang, fino ad altri membri del team Foundation Models) rappresentano un fenomeno più profondo della semplice “fuga di cervelli”, in quanto si tratta di una migrazione culturale, dall’AI come tecnologia di prodotto all’AI come piattaforma di conoscenza.

La nuova competizione: trattenere e ispirare i talenti

Le aziende, oltre a competere sull’innovazione, si sfidano oggi sulla capacità di trattenere e ispirare il talento. In un mercato dove le stock option valgono milioni, a fare la differenza sono la libertà scientifica, la possibilità di contribuire alla ricerca globale e la sensazione di essere al centro del cambiamento.

Apple si trova oggi a dover ricostruire un equilibrio, cercando di conciliare il suo modello chiuso con la necessità di mantenere una forza lavoro motivata, creativa e allineata con l’orizzonte aperto della ricerca contemporanea.

Due visioni inconciliabili dell’intelligenza artificiale

La distanza tra Apple e Meta è filosofica.
Per Apple, l’intelligenza artificiale è uno strumento “personale”, integrato e discreto, al servizio dell’esperienza utente e della tutela della privacy. Per Meta, è una tecnologia abilitante, pubblica, destinata a ridefinire la comunicazione e la produzione di conoscenza.

Controllo contro espansione: la scelta dei ricercatori

Nel primo modello prevale la logica del controllo; nel secondo, quella dell’espansione.
Chi lascia Cupertino per Menlo Park cerca sicuramente stipendi più alti, ma soprattutto orizzonti più ampi, ed è qui che sta la differenza tra chi costruisce un prodotto e chi costruisce un laboratorio.

La scommessa di Apple: personal AI locale e privata

Il “terremoto” ai vertici dell’AI di Apple segna un momento di verità per un’azienda abituata a guidare le trasformazioni tecnologiche, che oggi si trova ad inseguirle. Eppure, la sua scommessa, cioè quella di una personal AI locale, privata e integrata nei dispositivi, non è meno ambiziosa di quella dei concorrenti. È sicuramente un percorso più lento e più silenzioso, ma che si mantiene coerente con un’identità definita e fedele a sé stessa.

La vera sfida per Apple sarà trasformare la perdita di talenti in un’occasione di rigenerazione, costruendo una cultura dell’AI che unisca la potenza dell’innovazione alla responsabilità verso l’utente. In un mondo che corre verso l’apertura totale, Cupertino, per proseguire con coerenza sul suo cammino, dovrà dimostrare che c’è ancora valore nella misura, nella riservatezza e nella qualità.

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